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La forza del sax solo: Alberto La Neve parla del suo ultimo disco Nemesi

Un album originale, visionario che esplora tutte le potenzialità del sax solo come strumento non convenzionale. Si presenta così Nemesi, disco che porta la firma di Alberto La Neve, pubblicato dall’etichetta Manitù Records nell’aprile 2016. Un’avventura forse nata un po’ per caso e che ha portato alla nascita di un disco sperimentale e innovativo. Alberto in persona ci ha raccontato la nascita di questo progetto!

Alberto, per cominciare l’intervista una domanda diretta: perché hai deciso di cominciare questa avventura avvalendoti soltanto del tuo strumento?

“L’idea di iniziare quest’avventura è nata un paio di anni fa in occasione di un lavoro commissionatomi. Naturalmente, non ti nascondo che in precedenza avevo già fatto concerti in “solo” ma, fino ad allora, il pensiero di approfondire e lavorare in questa direzione  non mi sfiorava. Mancava circa un mese, così iniziai a concentrarmi su idee musicali costruite “intorno” al sax. Iniziai a comporre brani basati sulle sole sonorità messe a disposizione dal mio strumento e, con un utilizzo mirato dell’elettronica, prese vita nella semplicità più assoluta, questo mio nuovo progetto musicale culminato con il lavoro discografico “Nemesi”. Credo che prima o poi nella vita, nasca l’esigenza di intraprendere un percorso introspettivo e intimistico. Per quanto mi riguarda, la “solitudine” del “solo” mi ha permesso di mettere a nudo e far emergere  le esperienze vissute e interiorizzate. Essere “soli” con il proprio strumento permette di superare linee stilistiche e confini musicali senza necessariamente legarsi a stereotipi radicati ormai da troppo tempo. Essere “soli” con il proprio strumento permette di esprimere la propria arte  senza alcun filtro e permette a chi ti ascolta di cogliere ogni piccola sfumatura che inevitabilmente traspare dalla tua musica. Essere “soli” vuol dire trovarsi in continua sfida con se stessi e lavorare incessantemente sulle proprie capacità comunicative, prerogativa essenziale per  ogni “artista” in quanto tale.”

 Dal momento che manca il supporto armonico di uno strumento come chitarra o pianoforte, quali sono le potenzialità espressive che si possono incontrare suonando, per così dire, in sax solo?

“Questo è uno degli aspetti che mi affascina maggiormente. Lavorare su un progetto in solo ti costringe inevitabilmente a ricercare soluzioni diverse, altrimenti rischi di uniformare il tutto. Concentrarsi sulle sfumature infinite che offre uno strumento musicale, a mio modo di vedere, rappresenta l’aspetto più difficile nell’affrontare un progetto del genere. Non sempre temi diversi o pulsazioni ritmiche differenti creano varietà. Hai la necessità di scovare tutte le potenzialità timbriche, espressive, sonore e ritmiche possibili. Hai la necessità di riaprire cassetti nella mente dai quali scovare una o più peculiarità nascoste del tuo strumento, che diventerà poi il mezzo per far emergere in maniera costruttiva la propria creatività.

 

Parlando del disco non abbiamo potuto fare a meno di notare una componente legata all’elettronica e soprattutto alle loop station: ci vuoi raccontare anche questo altro lato del tuo percorso artistico?

“In realtà, l’idea di intraprendere un percorso in “solo” è nata contestualmente ai miei primi utilizzi dell’elettronica. Infatti, loop station e multi-effetti, sono già presenti (anche se in maniera molto marginale), nel disco “Doppio Sogno” pubblicato nel 2014 insieme al chitarrista Massimo Garritano. Da allora iniziai ad interessarmi alle  possibilità sonore che l’elettronica, abbinata alle differenti timbriche dei sax, ti permette di raggiungere.  Naturalmente, mi piace pensare il tutto al servizio della musica e non viceversa. Non avendo uno strumento armonico a disposizione, le loop station e i multi-effetti mi aiutano a creare in tempo reale quadri sonori e strutture armoniche stratificate ben definite che altrimenti non sarebbero possibili. Mi aiutano a rendere reale l’idea di un pensiero astratto. Le mie composizioni non sono altro che un viaggio nella  mente di un musicista e l’elettronica mi ha sicuramente fornito dei nuovi e interessanti input necessari per la realizzazione di tutto ciò.”

Nonostante l’utilizzo dell’elettronica e delle loop station, in alcuni brani abbiamo avuto la sensazione che sia stato compiuto un viaggio verso la musica tribale e verso le origini del mondo.  E’ soltanto una sensazione, oppure dietro c’è un pensiero ben strutturato?

“Nemesi” rappresenta una sintesi del mio attuale pensiero musicale. Ogni musicista, nelle sue composizioni, riversa il suo personalissimo modo di intendere la musica, ciò che consciamente o inconsciamente ha incamerato durante il suo percorso artistico. Un progetto in “solo” imprime ancor di più queste caratteristiche. Parlare di pensiero ben strutturato che si ricolleghi ad un viaggio verso la musica tribale e le origini del mondo, mi sembra azzardato.  Le composizioni di questo disco toccano miti, leggende, storie e personaggi che oscillano tra vita reale e sogno. Credo che questa particolare caratteristica vada inevitabilmente verso strade ignote che probabilmente rimandano ad un sapore arcaico carico di simboli ed elementi primordiali.”

Spesso la critica musicale si divide tra gli amanti della tradizione e tra chi ama sperimentare: pensi che in Italia per certi versi il jazz sia legato ancora ad una visione troppo convenzionale?

“Domanda interessante! Prima di tutto, credo che il Jazz per sua natura abbia i geni dell’inclusione, della sintesi e della capacità di trasformazione (tanti anni di evoluzione stilistica ce lo dimostrano ampiamente). Pertanto, pensare ad un “concetto” di Jazz ben definito e catalogabile come altri generi musicali, mi viene davvero difficile. Tuttavia, dopo aver fatto questa personalissima premessa, sono ben consapevole che allo stato attuale in Italia esistono due mondi paralleli. Come ben dici, uno legato alla “tradizione” e l’altro legato ad un’idea più “sperimentale” e/o aperto alle contaminazioni. Di sicuro, al momento la parte più “tradizionale” possiede un mercato più ampio, ma negli anni sto notando un cambiamento che lascia abbastanza spazio a progetti fuori da confini musicali e distaccati dai soliti cliché. Diciamo pure che c’è voglia di esplorare nuove forme di creatività musicale. Naturalmente, ognuno è libero di scegliere la propria direzione, di decidere cosa ascoltare e, soprattutto, di decidere come considerare ciò che ascolta. Credo tuttavia, che  per alcuni versi, ci sia la volontà di considerare  il Jazz e l’improvvisazione non più come concetti chiari, definiti e cristallizzati, ma come mezzi espressivi finalizzati al raggiungimento di un’idea molto più ampia riconducibile al concetto stesso di ‘Musica’.”

Un’ultima domanda: progetti per il futuro? Prossime date e soprattutto quali saranno le evoluzioni che potrebbe prendere questo progetto…

“Progetti per il futuro… per il momento ci saranno una serie di concerti in tutte le regioni italiane e qualche proposta dall’estero per presentare questo mio nuovo lavoro discografico. Poi, per il resto, credo che il futuro di un improvvisatore non possa che essere incerto. J Sicuramente, il mio pensiero propenderà verso l’esplorazione e la ricerca di strade non tracciate, mantenendo comunque uno sguardo verso la mia amata terra di Calabria, verso il Sud e il mediterraneo, da sempre fonti di ispirazione e guide indelebili di arcaico sapere.”

 

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