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Quando il Jazz incontra il folk – intervista a Enzo Pietropaoli

Si chiama Duolosophy (SLJC) il disco che vede debuttare come duo Enzo Pietropaoli ed Emanuele Rastelli, rispettivamente contrabbassista e fisarmonicista, ed è sicuramente un lavoro che va al di là di qualsiasi etichetta o di qualsiasi classificazione. E’ una musica, quella che ascoltiamo in questo pregevole lavoro in studio, che richiama le radici popolari (del resto la fisarmonica è uno strumento che associamo facilmente alle feste di piazza o alle tradizioni di paese), fondendole con  il linguaggio del jazz. E l’aspetto più interessante di questo album, che abbiamo ascoltato davvero volentieri, è sicuramente l’incontro fra due mondi paralleli che confluiscono in un unico intrigante concetto. Quello di Pietropaoli e Rastelli è un progetto molto originale, che forse non ha riscosso il giusto interesse proprio per questa trasversalità di fondo e per la mancanza di un pubblico di riferimento. A noi di Jazzinroma è sembrato quindi doveroso dare uno spazio a questa intrigante miscela sonora, e abbiamo raggiunto Enzo Pietropaoli che ci ha raccontato i retroscena, e l’essenza,  di questo lavoro.

Enzo, come è nata la collaborazione con Emanuele Rastelli?

“La collaborazione è nata due anni fa dopo aver parlato con un collega che stimo tanto che è Gabriele Mirabassi. Lui mi parlava di questa persona che aveva sentito suonare e mi parlava di Emanuele Rastelli come un ottimo musicista. Allora ho approfondito il discorso ed è nato questo duo”.

Quale è stata la scintilla che vi ha fatto capire che avreste potuto avviare questo progetto?

“La scintilla è nata dentro di me dopo aver conosciuto ed ascoltato con gran piacere dei progetti legati ad un genere più trasversale, precisamente cose fatte da musicisti come Edgar Meyer e Bela Fleck, con un contrabbasso e un banjo, che si sono cimentati in un repertorio diverso, che spazia tra la musica classica, il folk e il jazz. Quindi mi piaceva l’idea di fare un progetto di questo genere”.

Quindi quale è la filosofia che ruota intorno a questo duo?

“La filosofia di questo duo è rappresentata dalla scelta di fare un duo non in mancanza di un terzo elemento, ma con l’esigenza di sperimentare e di godere degli spazi di questa formazione insolita in tutte le sue sfaccettature e non perché non c’è un batterista o perché mancano altri strumenti”.

Dentro questo lavoro ci ho visto anche molta musica che probabilmente ha delle radici popolari, un linguaggio che si fonde con il jazz: ci vuoi descrivere questo lavoro?

“Le radici popolari vengono dallo strumento fisarmonica che già ti rimanda ad una dimensione popolare e non colta, anche se Manuele è un musicista colto che può fare qualsiasi cosa. Qualcosa di popolare c’è, per esempio, in Danza che sembra un brano di origine irlandese, per esempio, ma c’è anche in altri brani che hanno delle venature di tango, c’è anche la voglia di fare qualcosa di… Colto non è la parola giusta, diciamo qualcosa che vada oltre le etichette. Fare un disco con musiche così differenti fra loro, senza un vera unità stilistica, vuol dire toccare vari settori della musica, per esempio c’è un pezzo nel nostro disco c’è un pezzo classico di Corelli. Questo lo dico perché non essere etichettati è un bene perché ci apre tutti gli orizzonti, però è un problema per lavorare perché quando si chiama un gruppo, si tende a collocarlo in uno spazio preciso. Noi, invece, siamo tante cose e non è facilissimo perché in Italia non si è ancora sviluppato un circuito di questo tipo”.

Come avete composto le musiche di questo CD e messo insieme questi pezzi?

“Alcuni pezzi erano, come si suole dire, nel cassetto da qualche anno e aspettavano a esser suonati in un contesto che lo consentisse, altri li abbiamo composti per l’occasione. Il tutto è adattato a questa filosofia del duo e, quindi, tutti i brani sono suonati pensando a questa condizione”.

Ci sono anche dei brani in cui si percepisce la presenza delle percussioni…

“Si, per esempio c’è un pezzo in cui uso il basso come percussione, a volte anche la fisarmonica funge da percussione; Infatti, io ho iniziato con la batteria e, quindi, ho una passione per il ritmo, anche in altri contesti mi piace avere dei momenti in cui comincio a percuotere il basso”.

Enzo, una domanda per concludere, per quanto riguarda i prossimi spettacoli live, cosa farete?

“In questo momento non abbiamo concerti in vista perché alla crisi generale del mondo aggiungiamo il fatto che questa musica non è etichettabile, per cui le soddisfazioni non hanno una corrispondenza concertistica. Diciamo che oggi non si vuole rischiare molto e, quindi, questo progetto vive in queste difficoltà. Sicuramente questa musica avrebbe degli spazi più adeguati all’estero”.

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