Jazz Agenda

Giuseppe Cistola, un disco e un atto d’amore verso il grande Wes Montgomery

Pubblicato dall’etichetta Emme Record Label, Remember Wes è un disco che porta la firma di Giuseppe Cistola, chitarrista che in questo progetto ha percorso un viaggio nella musica di uno dei più grandi artisti jazz della storia. La band è completata da Fabrizio Ginoble all’organo hammond e Michele Sperandio alla batteria. Ecco cosa ci racconta Giuseppe Cistola su questo disco.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Se dovessi descriverlo in poche parole, direi che questo disco è un atto d’amore verso il musicista che mi ha fatto appassionare prima di qualsiasi altro al jazz e alla figura della chitarra nel jazz.

Raccontaci adesso la storia di questo progetto: perché hai deciso di approcciarti alla figura di Wes Montgomery?

Per me Wes è sempre stato presente in casa. Nella mia infanzia mio padre (anche lui chitarrista) stava passando proprio il periodo di studi degli standards jazz e nello specifico di Wes. Era sempre lì a trascrivere i suoi assoli e i suoi brani…quindi come ho già detto prima, è stato semplicemente un atto di amore e un modo di ringraziarli (Wes e mio padre) per tutto quello che ho ricevuto.

Cosa ha lasciato a tuo avviso Montgomery come linguaggio per le generazioni future?

Dal mio punto di vista Wes è stato un innovatore per quanto riguarda il fraseggio della chitarra jazz. Quando improvvisa, riesce ad avere una liricità talmente spiccata che i suoi soli sembrano siano scritti. Eppure se si ascoltano varie versioni di uno stesso brano ci si può subito rendere conto che era tutto improvvisato. Come se non bastasse ha inventato un fraseggio, un modo di stare sul tempo, le ottave e tante altre tecniche chitarristiche. Wes non si può prescindere dallo studio della chitarra jazz…è un tassello fondamentale del puzzle.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Per quanto mi riguarda, sono convinto che il mio percorso sia differente da quella che è la matrice jazz mainstream. Sono in una fase della mia vita in cui sono molto motivato nel fare ricerca (anche in me stesso) e di provare a continuare a sviluppare idee nel mondo della composizione. Il mio pensiero è quello che dobbiamo cercare perlomeno di vivere i nostri tempi, senza avere la presunzione di essere avanguardisti o di autoproclamarsi innovatori, ma appunto essere recenti. Tutto ciò per dire che questo disco non lo colloco in una linea del tempo, ma piuttosto in un gesto di amore.

Oltre a Montgomery quali sono i tuoi più importanti riferimenti musicali?

Sicuramente molti strumentisti a fiato, perlopiù sassofonisti come: John Colltrane, Ornette Coleman, Joe Henderson, Shabaka Hutchings, Archie Sheep, Albert Ayler, Charles Lloyd e tanti altri. Attualmente però, sto ascoltando parecchia musica indiana tanto che ho contattato un liutaio a Calcutta e mi sono fatto costruire un sitar. Ora sto studiando questo strumento, non con la pretesa di diventare un concertista di musica indiana, ma per cercare di riportare parte di quel mondo nel mio… sia dal punto di vista prettamente strumentale che compositivo.

Quanto ti senti legato alla figura di Wes Montgomery?

Moltissimo. Come detto prima, Wes è stato talmente tanto presente in casa mia che mi sembra quasi di averlo conosciuto di persona. A volte scherzando con mio padre lo chiamo zio Wes.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Fortunatamente abbiamo dei concerti in programma. Mentre per quanto riguarda un nuovo disco al momento siamo indecisi sul fatto di portare avanti un secondo volume tributo a Wes o cimentarci su brani inediti in stile.

Leggi tutto...

Giuseppe Cistola racconta il suo viaggio “Por La Calle Argentina”

Pubblicato dall’etichetta Emme Record Label, Por la Calle Argentina è il disco d’esordio del chitarrista Giuseppe Cistola. Un progetto che spicca per l’innato senso melodico e che allo stesso tempo rappresenta il viaggio di un artista in una terra dal grande fascino e dalle mille contraddizioni. Giuseppe Cistola ha raccontato questo progetto a Jazz Agenda

Giuseppe, Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Innanzitutto, ringrazio Jazz Agenda per l’intervista e l’interesse che ha mostrato verso il mio progetto. L’album rappresenta per me uno spaccato di vita intenso e molto importante. Parte tutto da un viaggio in Argentina che mi ha permesso di conoscere quella che ora è la mia fidanzata e quindi di entrare in contatto con una cultura e uno stile di vita abbastanza diverso da quello europeo. Ammetto di non sapere nel caso non fossi andato in Argentina, se sarei stato in grado di scrivere i 10 brani che compongono “POR LA CALLE ARGENTINA”. Sicuramente, quel viaggio ha lasciato in me molta ispirazione permettendomi di scrivere quasi tutto di getto.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Premetto che ho quasi sempre prediletto il trio a qualsiasi altra formazione, ho sempre apprezzato la libertà che lascia al solista senza costrizioni armoniche. C’è molta più aria e questo rende il lavoro più difficile da gestire ma allo stesso tempo molto più stimolante. Nonostante ciò, ad un certo punto è scattata in me la voglia di mettermi alla prova nella scrittura. Penso si possa fare un vero e proprio paragone con la pittura, mi spiego… Se dovessi dipingere un paesaggio con una tavolozza piena di colori sarei molto più libero e facilitato nel rappresentare, quindi descrivere, ciò che vedo. Ecco questo avviene esattamente allo stesso modo in musica, sentivo la necessità di utilizzare più “colori”, in questo caso strumenti, di quelli che ero abituato ad avere. Chiaramente si può lavorare sotto il punto di vista melodico e armonico quando si scrive, ma la fisicità dello strumento è tutta un’altra cosa. Quindi ho optato per il quintetto con sax, chitarra, piano, contrabbasso e batteria.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Diciamo che rappresenta un po’ tutte e tre le cose. Sicuramente è una fotografia del momento, ma anche un punto di partenza, dato che già sono cambiate molte cose (né in meglio, né in peggio, ma solo cambiate) da quando abbiamo registrato il disco. Sento che siamo in continuo mutamento, sia su l’idea che abbiamo di musica, che sull’interplay, il modo di stare sul tempo, ecc. Ma anche un punto di arrivo per quello che è stato il percorso che mi ha portato a registrare questo album.

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Avendo mio padre musicista, sono nato e cresciuto con i dischi di jazz in casa. Questa situazione mi ha fatto prendere un percorso “insolito” da quello che potrebbe essere l’ascolto di un musicista in fase embrionale. Di solito partono quasi tutti dal rock per poi mano a mano avvicinarsi al jazz o alla musica classica. Ebbene io ho saltato tutta quella fase piena di energia e adrenalina che appartiene al rock, ma senza sentirne la mancanza, perché non ne ero a conoscenza dell’esistenza.  Quindi riallacciandomi a quali sono stati gli artisti davvero importanti per la mia crescita musicale posso sicuramente citare: Wes Montgomery, Dexter Gordon, Miles Davis, Bill Evans e Chet Baker. Questa posso considerarla come la mia base solida su cui poi sono andato a collegare tutti gli artisti che suonavano con loro, tra i quali: Jimmy Smith, Freddie Hubbard, John Coltrane, Scott LaFaro, Stan Getz, ecc.  Ora dedico più attenzione alla musica “attuale”, senza dimenticare quelle che sono le radici del jazz, alternando anche a periodi in cui non ascolto molta musica di altri per potermi concentrare sulla mia e non essere condizionato dall’esterno.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Ultimamente mi sono appassionato ad un argomento che quasi mai è tirato in ballo nella musica di oggi, ovvero il collegamento tra Occidente ed Oriente. Nello specifico mi sto appassionando alla musica indiana e vorrei approfondire tanto da riuscire a riportare qualcosa da quel mondo al mio “mondo” musicale.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

 

A quando pare la situazione post Covid-19 sembra essersi sbloccata con tutte le dovute precauzioni e fortunatamente suonerò in qualche Festival Jazz sia con la formazione del trio, sia in quintetto in giro per l’Italia. Mentre per quanto riguarda lo sguardo al futuro prevedo di registrare un secondo disco. Nel periodo di lockdown sono riuscito a buttare giù delle idee da cui sono usciti 8 brani…non vedo l’ora di registrarli!

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS