Jazz Agenda

The Illusionist, il nuovo lavoro di Stefania Tallini

Stefania Tallini è una pianista molto originale, le sue melodie si colorano spesso di jazz, ma la sua vera impronta è legata alla musica classica, a quella cubana e soprattutto a quella brasiliana. Un’artista, quindi, molto vicina a quel genere che potremmo definire “Di Confine” o “Crossover”, che spesso fonde il linguaggio della musica classica con quello del jazz. “The Illusionist”, pubblicato da Alfa Music, è l’ultimo lavoro che ha appena finito di registrare in studio, un “Piano Solo” ricco di tutte quelle contaminazioni che rendono la sua musica così particolare, un’esperienza importante, forse unica, per una pianista che possiede uno stile inconfondibile. Stefania ci ha raccontato i retroscena di questo nuovo lavoro.

Stefania, una domanda per rompere il ghiaccio: in precedenza hai registrato diversi Cd ed ora hai appena terminato questo lavoro di “Piano Solo”: tutto questo ha un significato particolare per te?

Si, totalmente. Il Piano Solo è una cosa molto, ma molto particolare perché significa essere sinceri fino in fondo, senza nascondersi, senza “affidarsi” agli altri, senza scappare. Ti senti fragile, non hai difese, sei nudo, a pelle viva e con l’esigenza profonda di esprimere quel sentire ma con la paura di non riuscire a farlo. Quindi c’è una totale libertà di essere quello che sei, ma anche una totale costrizione a dover essere quello che sei, senza trucchi, senza fughe di nessun tipo. Il Piano Solo è l’esperienza più difficile, è l’esperienza musicale più completa e può anche essere pericoloso perché, se cancelli il resto del mondo, c’è il rischio che suoni per te stesso senza condividere la musica.

In fondo per chi scrive e per chi compone c’è l’esigenza di esprimersi, di andare verso l’esterno e se non raggiungi questa dimensione rischi di rifugiarti nell’astrazione. Questo lavoro di “Piano solo” è stato molto importante proprio perché l’ho fatto senza sentirmi sola.

Quindi,“The Illusionist” è il titolo e anche un brano di questo tuo ultimo Cd; rappresenta forse un filo conduttore?

In realtà The Illusionist nasce da una dedica, ma alla fine ha dato il senso all’intero Cd. L’illusionista può essere inteso anche come una figura negativa, perché è un essere che ti illude e ti seduce con i suoi trucchi. Io penso che il musicista se vuole può ingannare il pubblico con escamotages virtuosistici o melodici e armonici che però possono non essere sinceri e profondi. Il “gioco” in questo disco è stato quello di provare ad essere un’illusionista che potesse trasformare il suo vissuto più intimo in suono, senza ricorrere a “trucchi musicali”, ma solo – come dico nelle note di copertina – andando “nel cuore del mio cuore”, cioè cercando l’essenza vera di ciò che volevo esprimere.

Quali esperienze musicali sono confluite in “The Illusionist”?

Quando compongo non ho mai degli obiettivi, i miei brani nascono sempre dall’improvvisazione, scrivo sempre ad orecchio e, soltanto quando ho terminato, capisco dove sono arrivata. Comporre mi viene istintivo, è come se fosse un’improvvisazione a rallentatore, tuttavia, gli elementi che utilizzo provengono dalle esperienze che ho fatto in tutti questi anni; c’è la musica colta, c’è la musica cubana e soprattutto molta musica brasiliana di cui sono una grande appassionata. Esiste un mondo di musica brasiliana che in Europa è ancora sconosciuto ed  io mi sono avvicinata a questa dimensione da quando avevo 15 anni. Con il Brasile ho anche un forte legame affettivo e spero di andarci presto per suonare.

Quindi, se consideriamo questa tua grande passione per la musica sudamericana e soprattutto per quella brasiliana, come definiresti le tue composizioni?

Nell’ambiente non sanno mai come definirmi e alla fine concludono dicendo che io faccio una  musica “di confine”, cosiddetta “crossover”. Sicuramente la mia musica non è jazz nel senso classico del termine e forse si avvicina più ad un jazz europeo, un linguaggio che spesso si fonde con quello della musica classica e in cui lo Swing non è obbligatorio. All’inizio vivevo tutto questo con un complesso d’inferiorità per non suonare “come una vera jazzista”… ora, invece, sono fiera di questa caratteristica perché in questi anni – suonando la mia musica e ciò che sentivo più forte dentro – ho trovato un mio linguaggio. 

Adesso si parla molto di Jazz al femminile, e molti esperti dicono che tu sei uno dei maggiori esponenti di questo filone: ti ritrovi in questa definizione?

Beh, mi lusinga questa cosa e ne sono felice, ovviamente! Però per farti capire anche la situazione rispetto all’essere donna nel jazz ti racconto due aneddoti: una volta un uomo che mi aveva sentito suonare mi ha detto: “Accidenti, suoni benissimo per essere una donna!” E un’altra volta un altro ha usato queste parole: “Ma tu componi come un uomo!”. Non so se devo offendermi o se devo rallegrarmi quando sento queste cose, ma per me la musica è una dimensione inconscia, umana; la musica non è dell’uomo o della donna, è degli esseri umani e gli esseri umani sono tutti uguali, anche se diversi. Posso dirti solo che una cosa l’ho notata: che le composizioni delle donne spesso sono più imprevedibili e seguono percorsi molto particolari; mentre quelle degli uomini a volte sono più razionali ed “esplicite”. Ma questo è soltanto un modo diverso di concepire la vita e di essere uomo o donna, però poi fare una separazione netta mi sembra anche una forzatura. In ogni caso ti posso dire che essere donna compositrice in un contesto dove gli uomini sono la netta maggioranza, è stato ed è molto difficile! Molta strada c’è ancora da fare per far sì che certi “complimenti” non siano più quelli…

Stefania, una domanda per concludere: quali saranno i tuoi prossimi progetti?

Per quanto riguarda i progetti discografici, ora sono ancora immersa nella scia del nuovo disco; per i “Live” i prossimi appuntamenti sono venerdì 25 giugno alle 22:30 (alla “Stanza della Musica” di Radio3) e il 7 luglio a Roma, per presentare “The Illusionist” a Villa Celimontana.

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Enrico Pieranunzi: la parola al piano solo

“Si chiama “Wandering” l’ultimo lavoro registrato in studio dal maestro Enrico Pieranunzi. Ed in questo nuovo Cd, edito dalla casa discografica Camjazz, il musicista capitolino esplora luoghi e paesaggi sconosciuti che, attraverso le note del suo pianoforte, vengono trasformati in suoni, musica e colori. Ed è proprio il pianoforte l’unico protagonista di questo viaggio, un pianoforte che dà ampio spazio alla ricerca sonora e alla sperimentazione. Pieranunzi stesso ci racconta i retroscena e la gestazione di un’opera dedicata interamente a questo strumento”.

Maestro, cominciamo analizzando il titolo di questo Cd: ci sono 4 brani chiamati Wandering e questa parola ci sembra che sia il filo conduttore dell’intero lavoro: ce ne vuole spiegare il significato?

“Wandering vuol dire vagabondare ed è una parola che in questo contesto è collegata all’improvvisazione. Le quattro tracce con questo titolo costituiscono 4 esecuzioni in luoghi sconosciuti; per esempio, quando una persona vagabonda, può essere attratta da una via, da un paesaggio o da un panorama trovato lungo la strada. E questa persona, magari incuriosita da un particolare, si avvicina a questo luogo cercando di trovare qualcosa che non conosce. Quindi, Wandering rappresenta l’idea di un viaggio casuale ed estemporaneo collegato all’ improvvisazione”.

Quindi, questa parola può anche rappresentare lo specchio di uno stato d’animo particolare?

“Certamente, tutto il Cd rappresenta un viaggio ed il titolo sottolinea questo aspetto di esplorazione verso luoghi in parte conosciuti e in parte sconosciuti. Tutte queste tracce numerate sono improvvisazioni inventate sul momento. Magari ho visto un luogo che mi affascinava o dal quale ero incuriosito e la musica diventa la metafora per raccontarlo; un accordo mai suonato o combinazioni da approfondire possono diventare i mezzi per costruire una storia. Nel complesso sono tanti piccoli racconti con un unico filo conduttore… Dei racconti di viaggio se vuoi”.

Ci vuole raccontare la storia di questo Cd?

“La maggioranza dei brani è improvvisata completamente, ma alcuni di questi come Fermati a guardare il giorno, Rosa del mare e For my true love esistevano già. Sono dei brani melodici e ho deciso di metterli come contrasto accanto ad altri di linguaggio più complesso. Tutti gli altri, invece, sono improvvisati e, quindi, sono brani irripetibili che io non saprei più rifare. Durante il giorno in cui ho registrato, li ho incisi insieme a molti altri e poi li ho scelti. In genere l’idea di un Cd è quella di un percorso meditato, ma in questo caso, sebbene l’insieme sia voluto, i brani sono quasi tutti improvvisati, come un libro di racconti collegati gli uni agli altri. L’improvvisazione resta sempre un mistero: l’ascoltatore la può manipolare come vuole perché può ascoltare i brani nell’ordine che preferisce, mentre tu che suoni puoi compiere il tuo viaggio personale”.

In questo Cd si percepisce la presenza di una sperimentazione continua: che tipo di ricerca sonora c’è dietro Wandering?

“Nei brani improvvisati cerco e scruto sempre nuovi materiali. Immagina, per esempio, che tu dica ad un bambino di fare un gioco con le parole; gli dici cielo e terra e con questi due termini ci deve costruire un racconto. Io faccio la stessa cosa con la differenza che i materiali che utilizzo non sono le parole, ma i suoni e gli accordi. Quando improvviso cerco di indirizzare questi materiali sfruttandone le potenzialità in forma di racconto”.

Per lei ha un significato particolare incidere un Cd di piano solo?

“Ce l’ha di sicuro! È chiaro che è un ‘esperienza di riflessione che va in varie direzioni; a volte comunichi qualcosa a te stesso e inoltre può essere anche un grosso terreno di sperimentazione e ricerca. Il pianoforte ha questa peculiarità di autosufficienza e si presta a vari tipi di riflessioni e racconti. E’ uno strumento molto particolare mai uguale a se stesso, come un oceano infinito… E’ difficile immaginare di poterlo conoscere tutto”.

Maestro, per concludere ci vuole dire quali saranno i suoi prossimi impegni?

“Probabilmente ci sarà un live importante con musicisti americani”.

Tra i prossimi live di Pieranunzi il doppio appuntamento del Montemartini Blue Note il 7 e l’8 maggio e l’Ischia Jazz Spring del 15 maggio.

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