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Scelti per voi: Flying Horses, estratto dal disco “The Enchanted Garden” di Claudio Filippini

Claudio Filippini è un giovane pianista originario dell’Abruzzo che ha dalla sua parte un talento fuori dal comune e una spiccata maturità artistica del tutto atipica per i ragazzi della sua età. Il suo ultimo lavoro da studio, The Enchanted Garden, pubblicato da Cam Jazz, è la dimostrazione tangibile di quanto abbiamo appena detto, non solo per le capacità tecniche di questo giovane pianista, ma anche per l’eleganza e l’intelligenza con cui vengono proposti brani diversi tra loro, ma simili per approccio e visione. Pertanto vi proponiamo l’ascolto del brano Flying Horses, estratto dal disco The Enchanted Garden, al quale hanno preso parte Luca Bulgarelli al basso e Marcello di Leonardo. Ne rimarrete sicuramente colpiti, quanto lo siamo stati noi.

 

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The Enchanted Garden – Claudio Filippini si racconta

Giovane e talentuoso pianista originario di Pescara, Claudio Filippini è un musicista che nonostante la giovane età dimostra già una maturità fuori dal comune. Il suo ultimo lavoro da studio, dal titolo The Enchanted Garden, pubblicato nel settembre 2011 da Cam Jazz, rappresenta forse appieno il percorso musicale ed interiore che ha portato avanti in questi ultimi anni. Ad acompagnarlo in questa avventura Luca Bulgarelli al contrabbasso e Marcello di Leonardo alla batteria, due musicisti che collaborano con Claudio già da diverso tempo e che saliranno insieme a lui sul palcoscenico della Casa del Jazz, domani 5 gennaio 2012, per presentare questo progetto. Con l’occasione Claudio Filippini ci ha raccontato volentieri la genesi e lo sviluppo di questo suo “giardino incantato”.

Claudio, The Enchanted Garden è il tuo ultimo progetto che ti vede come leader. Come è nata questa avventura?

“The Enchanted Garden” nasce fondamentalmente come un’esigenza, un bisogno di voler finalmente testimoniare il lavoro di un trio iniziato 7 anni fa e che non era mai entrato in studio di registrazione. Quando iniziammo a suonare insieme, nel 2004, ogni concerto era diverso dall’altro; tutto era improvvisato e seguiva un corso molto naturale. Il nostro sound si è formato così, grazie all’improvvisazione ci siamo conosciuti sempre di più. Nell’ultimo anno ho scritto alcuni brani, di lì il passo è stato breve, una volta decisa la musica siamo entrati in studio.”

Il titolo di questo disco ci è sembrato fin da subito molto suggestivo e allo stesso tempo ci ha dato l’opportunità di viaggiare anche un po’ con la fantasia in territori nuovi che forse si nascondono solo nell’anima. Ci vuoi raccontare il percorso musicale ed interiore che ha portato alla nascita di questo tuo “Giardino Incantato”?

“E’ difficile rispondere a questa domanda! Il lavoro di composizione è stato molto lento, ho cercato di mettere insieme un repertorio che rispecchiasse la mia storia ed il mio mondo musicale, in tutte le sue sfaccettare; per fare questo ho deciso di prendermi tutto il tempo di cui avevo bisogno. L’idea del “Giardino Incantato” mi è venuta cercando di mettere in musica le mie ultime esperienze di vita. Da qualche anno abito in una casa in campagna, lontano da tutto e da tutti. Essendo abituato a stare nel caos della città praticamente da quando sono nato, questa mia nuova dimensione mi ha fatto scoprire molte cose nuove. Il “Giardino Incantato” è il posto nel quale torno dopo i vari tour, il mio spazio senza tempo nel quale posso concentrarmi e scrivere musica in tutta tranquillità.”

E le tue fonti di ispirazione?

“Musicalmente parlando sono una persona molto curiosa. Mi piace ascoltare di tutto senza pregiudizi, prendendo ciò che c’è di buono in ogni cosa. A volte scelgo che musica ascoltare in base all’umore, un po’ come quando si sceglie quale vestito indossare. Tuttavia credo che la vera ispirazione venga dalle esperienze che ognuno fa nella propria vita; dai viaggi, dalle passioni, dallo stress, dalle conquiste, dalle sconfitte, dalle gioie e dalle delusioni. E’ difficile che io mi sieda al piano e pensi “Ok, adesso scrivo un pezzo”. La maggior parte delle volte succede che sviluppo una semplice idea che già mi canticchio nella testa, che siano semplicemente tre note o una figurazione ritmica, un intervallo o qualsiasi altra cosa.”

Quali sono stati per te i più grandi maestri, quelli che davvero hanno lasciato il segno in tutta la tua esperienza nella musica?

“Non saprei stilare un elenco di chi abbia lasciato il segno nella mia esperienza musicale. Posso solo dire che nel mio percorso ho avuto la fortuna di incontrare tantissime persone, che hanno contribuito a fare di me ciò che oggi sono. E non parlo esclusivamente di musicisti. Viaggiando molto ho avuto la fortuna di conoscere esseri umani eccezionali, persone di grande cultura, grande carisma e ampie vedute. Spesso basta una frase detta in un modo particolare, un’occhiata, un semplice consiglio, che ci si aprono subito delle porticine. Io ho imparato molto da tante persone con più esperienza di me ma anche da chi con la musica non ha niente a che fare. Spesso si incontrano persone illuminanti quando meno te l’aspetti.”

Come vedi l’attuale panorama musicale italiano? E soprattutto è difficile per un giovane emergere in un periodo forse così difficile?

“L’Italia non sta vivendo un periodo felice di per sé, ci troviamo in un momento storico molto particolare e ovviamente la musica ne risente di conseguenza. E’ sempre più difficile fare musica dal vivo in Italia, ma credo che il problema principale sia il problema culturale. Il musicista in Italia viene ancora considerato come il giullare di corte (se gli va bene), e molti non sanno che per diventare un musicista professionista ci vuole fatica, studio e tanti sacrifici. Molta gente non sa che suonare un concerto per pianoforte e orchestra può avere lo stesso coefficiente di difficoltà che eseguire un trapianto a cuore aperto. Certo, i rischi non saranno gli stessi, di musica non è mai morto nessuno, ma la difficoltà può essere la stessa se non addirittura superiore. La musica è una cosa seria. Gli enti pubblici non finanziano più i festival, le rassegne, le mostre, gli spettacoli teatrali. L’Italia che era la culla delle arti in generale è diventata la patria della mediocrità e del pressappochismo. C’è anche il problema “televisione” che riguarda soprattutto i giovani. Al ragazzino che va ancora a scuola gli viene inculcata l’idea che la musica siano solo i Talent Show, e che vincere “X-Factor” sia il punto di arrivo di chi vuole fare musica nella vita. Il ragazzino non ha idea di come si accordi la chitarra ma a lui non interessa, il ragazzino vuole vendere milioni di copie. Il ragazzino non ha capito che se vuole cantare bene o suonare bene uno strumento e fare un disco deve stare zitto, ascoltare, e schiumare il sangue su quello strumento per anni. E che i risultati si vedono dopo anni e anni di fatica e sudore. La rovina di tutto è questa voglia sfrenata di successo. Per quanto riguarda la professione del musicista, spesso mi chiedono se si può vivere di sola musica. La mia risposta è sì a patto che non si abbiano le fette di prosciutto sugli occhi o ancora peggio nelle orecchie. Bisogna non avere pregiudizi, e cercare di suonare quanta più roba possibile con quanta più gente possibile. Un musicista, o nel mio caso un pianista, se vuole vivere di musica deve saper leggere bene la musica, conoscere gli stili e suonare in molte situazioni musicali diverse tra loro, conoscere l’armonia, avere nozioni di arrangiamento, conoscere gli strumenti musicali (o quantomeno i loro timbri e le loro estensioni), saper accompagnare, saper improvvisare, ma anche saper guidare un’automobile per molte ore di fila, riuscire a dormire 5 ore a notte, saper usare internet in modo intelligente, saper rispondere alle e-mail, avere un sito internet, curare i contatti, fare public relations, saper stare sul palco, essere sempre garbato con gli altri sul posto di lavoro e generalmente non rompere mai le palle se non è strettamente necessario, saper usare software per registrare musica, conoscere un minimo le tastiere e soprattutto avere molta molta pazienza.”

C’è un musicista in particolare con cui prima o poi ti piacerebbe suonare almeno una volta? Diciamo un sogno nel cassetto…

“Bella domanda, ce ne sono tantissimi! In particolare mi piacerebbe suonare con Brian Blade, Avishai Cohen, Wayne Shorter, oppure duettare con Herbie Hancock (in verità è già successo molti anni fa, a Sacile nella fabbrica dei Fazioli) o andare in tour con i Chemical Brothers, con gli Air, con Bjork, con Fiona Apple. Beh, direi che può bastare.”

E per quanto riguarda i prossimi progetti? Stai già pensando a qualcosa di nuovo?

“Sto già lavorando contemporaneamente a due dischi nuovi, sempre con la Camjazz. Il primo l’ho già registrato ed uscirà a Marzo, il secondo lo registrerò a metà gennaio e uscirà quest’estate, ma per il momento non voglio svelare niente!”

Grazie per la tua disponibilità e in bocca al lupo

“Crepi il lupo e grazie a voi di tutto!”

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