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Roberto Tarenzi docente al Fara Music Festival: "Cercherò di infondere soprattutto un sano entusiasmo!"

Non solo concerti ma anche spazio alla didattica che come ogni anno sarà una parte importante del Fara Music Festival. La rassegna si terrà presso il comune di Fara in Sabina dal 21 al 30 di luglio 2017 e porterà alcuni dei più importanti jazzisti a livello nazionale e mondiale. Tra i docenti di quest'anno ci sarà anche il pianista Roberto Tarenzi che ci ha raccontato come verranno strutturate le classi legate al suo strumento.
 
Roberto, per cominciare l’intervista come organizzerai la tua didattica di quest’anno al Fara Music festival?
 
Mi occuperò di basics. Il che non significa che sarà un corso specifico per principianti, ma che parlerò di una serie di aspetti del piano jazz e del jazz in generale su cui spesso si sorvola, ritenendoli assodati. La mano sinistra per esempio, raramente se ne parla in modo esteso, oppure, per quanto riguarda la musica d'insieme, suonare un brano "in due" in modo convincente...e molte altre cose... 
 
Quali sono, quindi, gli input e le conoscenze che cercherai di trasmettere agli studenti che parteciperanno alle clinic?
 
Cercherò di infondere soprattutto un sano entusiasmo, che non si fermi alla abusata espressione "fico!", ma che vada a scavare più a fondo nella storia del jazz e in un secondo momento fornisca ai ragazzi gli strumenti per diventare delle voci riconoscibili nella scena musicale. 
 
Parlando invece degli studenti, in un’esperienza del genere, quale dovrebbe essere l’atteggiamento giusto per carpire più informazioni possibili?
 
Godersi il "viaggio", non avere fretta di realizzare tutto subito, coltivare una profonda e genuina passione per questa musica cercando sempre di utilizzare degli strumenti critici. 
 
E invece parlando dei miglioramenti, un’esperienza come il Fara Music cosa può apportare di positivo nel bagaglio musicale di uno studente?
 
Beh sicuramente un Festival di alta qualità come questo può stimolare e ispirare gli studenti tramite i concerti e le jam sessions. Credo che sia una stupenda occasione per "caricare la molla" dei ragazzi e invogliarli a partecipare alla vita jazzistica delle loro città durante l'anno. 
 
In generale un’esperienza del genere porta gli studenti a confrontarsi. Quanto è importante questo elemento a livello didattico e per la crescita individuale?
 
È più che vitale. Non basta frequentare una scuola o un conservatorio per diventare musicisti. Bisogna vivere la musica con gli altri, nel quotidiano, Fara Jazz può essere un'ambiente protetto all'interno del quale i ragazzi capiscono quanto sia importante poi vivere il jazz nei locali e nelle session con i "colleghi". 
 
Parlando del Festival in generale, quale può essere il valore aggiunto portato dalla presenza degli studenti che partecipano alle jam e che diventano a questo punto parte integrante della manifestazione?
 
Il valore aggiunto lo da lo scambio tra allievi e "maestri". Il jazz è tradizione orale, quindi è importantissimo che i più "anziani" stimolino i giovani, suonando con loro alle jam, ma solitamente accade anche il contrario, quindi non esiste una gerarchia, ripeto, l'importante è lo scambio. 
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