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Beppe Chironi parla degli Ozone Park: “un tuffo negli anni ’70 tra diverse influenze”

Il jazz che si fonde con la musica progressive, con sonorità latine, elettronica passando per il sound tipico delle big band. Fusion Rebirth , opera prima degli Ozone Park pubblicata da Emme Record Label, è un disco che per certi versi rappresenta una vera e propria rinascita di sonorità appartenenti agli anni ’70 che ricevono nuova linfa vitale. La formazione è composta da musicisti sardi quali Alessandro Masala (Drums), Davide Nicola Buzzo (Saxophone & EWI), Gianluca Cossu (Congas, Timbales, Vibraphone), Beppe Chironi (piano, E-bass, Clavi, Organs, Rhodes, Synyhetizers). Quest’ultimo ci ha raccontanto la storia di questo progetto:

Il disco – ci spiega Beppe Chironi - rappresenta un tuffo negli anni ‘70, per giunta in apnea, poiché si tratta di un progetto nato improvvisamente e per puro caso. Come in una vera immersione, infatti, anche l’ascoltatore resta sorpreso nello scoprire un mondo nuovo, abitato da numerose forme musicali che hanno radici in tutto il mondo. C’è l’influenza dei ritmi latini, che si intrecciano con la musica progressive italiana e quella anglosassone. C’è naturalmente il Jazz, a volte nelle sue declinazioni swing, altre volte con ricadute funky. I ritmi sono quasi sempre inusuali, e gli intrecci molto elettronici si alternano e convivono con strutture più tradizionali. Si tratta di un vero minestrone, una globalizzazione dei generi musicali, o almeno un tentativo di convivenza al passo coi tempi che ci pare, a giudicare dai primi riscontri ricevuti, essere ben riuscito. Il disco è sicuramente più orecchiabile di un classico del Jazz, e meno di un qualunque classico dei singoli generi in esso racchiusi, ma speriamo possa incontrare il gradimento anche di coloro che al jazz non si sono ancora avvicinati, rappresentando, crediamo, una porta di ingresso a un genere ancora troppo sottovalutato.

Un progetto nato da un viaggio a new York dove tutti i musicisti hanno partecipato ad un seminario jazz:

Siamo tutti amici – prosegue Chironi  - seppur con bagagli musicali leggermente diversi tra loro. Abbiamo tutti fatto esperienze Funky, Jazz, Swing per almeno due decenni. Questa comune passione ci ha spinto tutti e quattro a New York, per partecipare a un seminario Jazz importante ma estremamente noioso ed abbiamo pensato di rallegrare le serate prenotando una sala prove locale ed improvvisando con gli strumenti presenti ed il sax di Davide. E’ nata quasi subito la struttura del primo brano del cd, Bocius. Subito dopo sono seguite 78 Game e Fusion Rebirth (che da il titolo al disco). E per certi versi questi pezzi rappresntano realmente l’inizio di un percorso oggi molto più evoluto. Negli altri brani infatti, che poi abbiamo composto ed arrangiato una volta rientrati in Italia, abbiamo via via dato man forte al nostro estro progressive con cambi drastici e spesso totalmente imprevedibili e con inserti più complessi rispetto ai primi tre brani. Attualmente lavoriamo a un nuovo disco, e le prime strutture sono ancora più complesse, ma ci piacciono molto. Col passar del tempo diventiamo più affiatati e forse più coraggiosi. Il percorso è comunque appena iniziato, perché abbiamo idee di nuovi brani quasi ogni giorno.”

Un progetto, dunque, che rappresenta senza dubbio un punto di partenza e una risposta allo scenario musicale odierno. A proposito il musicista sardo prosegue dicendo che:

Il disco è l’esito di anni ed anni di lavoro, studio, sacrifici e sogni. Rappresenta la risposta alla musica spazzatura del momento. A nostro parere l’anello di congiunzione tra chi ascolta solo musica commerciale e chi la snobba. Un modo facile per passare dal Pop al Jazz senza faticare troppo. Il disco lo si capisce bene dopo tanti ascolti, come è tipico del Jazz, ma lo si ascolta con piacere fin dal primo momento, come è tipico del Pop. D’altra parte, la musica progressive di oggi non è che la musica Pop degli anni 70. I gruppi progressive italiani di allora, grazie a menti illuminate che ne producevano le idee, facevano concerti nei campi sportivi di quella che allora tutti definivano musica popolare. Questo la dice lunga su quale sia il livello attuale della musica commerciale, se la rapportiamo a ciò che si ascoltava allora. Questa porta, che riteniamo il nostro disco voglia aprire verso un mondo più appagante per l’ascoltatore, è un invito che riproporremo anche nei successivi lavori. Sta di fatto che riteniamo di essere i primi in Italia a presentare un progetto del genere dopo almeno 30 anni, facendo rivivere un genere che tutti ritenevano morto, tenuto finora in piedi solo dalle repliche dei gruppi storici.”

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