Simone Alessandrini racconta Storytellers "Volevo scrivere i brani utilizzando delle storie come cornice"
- Scritto da Jazz Agenda
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Storytellers è il disco d'esordio del sassofonista Simone Alessandrini pubblicato dall'etichetta Parco della Musica Records. La formazione è composta da Riccardo Gola al basso elettrico, Riccardo Gambatesa alla batteria e Antonello Sorrentino alla tromba. Un progetto che traduce in musica alcune storie avvenute nel corso della seconda guerra mondiale. Simone Alessandrini ha raccontato a Jazz Agenda la nascita di questo disco.
Simone, come nasce questo concept e come è stato svilupparlo solo sul piano strumentale?
Non volevo creare delle colonne sonore, ma scrivere i brani utilizzando le storie come cornice. Nasce così questo concept album: un mio brano legato a una vicenda accaduta durante la guerra e un album di foto scattate da mio nonno durante la campagna d'Africa mi hanno aperto la strada alla ricerca di altre storie accadute in quel periodo, con il preciso intento di scriverne dei brani.
Quelle di Storytellers sono storie straordinarie di persone semplici, come tu stesso le hai definite. Giovanni Lindo Ferretti, riprendendo le parole di Beppe Fenoglio, definì questi protagonisti “geniali dilettanti in selvaggia parata”, ma in entrambi i casi si rimane lontani dalla retorica epica di cui spesso si colorano i racconti partigiani.
I miei non sono racconti esclusivamente partigiani, ma di persone comuni e dei loro sentimenti. Dilettanti che, in un momento di difficoltà, sono riusciti a improvvisare.
La Resistenza ha ispirato direttamente e indirettamente un gran numero di artisti. Ci sono delle opere, in particolare, che ti hanno aiutato a raccontare le “tue” storie partigiane (e non)?
No, in realtà il tema dell'album è il lato umano che emerge in quel particolare periodo storico e i racconti che ho scelto non sono estrapolati da opere, ad eccezione del Gobbo del Quarticciolo.
Come sei riuscito a conciliare la musica jazz con la traduzione popolare di questi personaggi?
Quando scrivo non mi pongo delle domande riguardo lo stile. Cerco, piuttosto, di puntare sulla sincerità compositiva, non pensando di scrivere per forza un brano jazz. Successivamente, provo a trovare una coerenza e un equilibrio attraverso la scelta dei musicisti e la sonorità che viene fuori.
Avvicinarti a questi racconti popolari ha portato a una mimesi, facendoti immedesimare con qualcuno dei personaggi da te raccontati?
In ogni racconto, emergono atteggiamenti e reazioni che possiamo riconoscere come nostri, e quindi non empatizzare con i personaggi e loro vicende mi è impossibile: per mia fortuna ho conosciuto personalmente alcuni protagonisti, spero di riuscire a trasmettere le loro emozioni anche a chi ascolterà il disco.
La tua formazione musicale spazia da Ornette Coleman a Frank Zappa. Quali altri ascolti, per te fondamentali, restano “sotterranei”, senza affiorare quasi mai nella tua musica?
In realtà credo che tutti gli ascolti, anche se in modo non evidente, affiorino ed influenzino ogni musicista. Musicalmente sono cresciuto alternando lo studio della classica alla passione per il prog e l'hard rock, ascoltando gruppi per me fondamentali come Led Zeppelin e Deep Purple, che mi hanno spinto per un periodo ad appassionarmi addirittura allo studio della chitarra elettrica. Allo stesso tempo, amo molto il folklore latino americano e, in particolar modo, il tango.
Hai altri progetti in cantiere dopo Storytellers?
Tra le diverse idee che ho in mente, sto preparando un secondo lavoro proprio con gli stessi musicisti. Il mio intento con questa formazione è quello di affrontare, di volta in volta, una tematica diversa sempre utilizzando la forma del racconto.