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Marco Acquarelli racconta Drops: “percepisco questo lavoro come un punto di partenza”

Pubblicato da Filibusta Records, Drops è l’ultimo disco che porta la firma del chitarrista Marco Acquarelli. Un progetto che comprende tracce originali e in cui prevalgono una sperimentazione continua e un jazz dal sapore moderno e avanguardistico. Hanno partecipato alla realizzazione del disco Francesco Ponticelli al contrabbasso, Fabio Sasso alla batteria a Daniele Tittarelli al sassofono. Marco Acquarelli ci ha raccontato questa avventura:

Drops - ci spiega - è il mio terzo album come leader, ed è il primo che contiene esclusivamente materiale originale, senza rielaborazione di brani altrui, le precedenti produzioni erano caratterizzate dall’integrazione di brani non originali che si prestassero ad adattarsi stilisticamente ai pezzi scritti da me che non sono un compositore molto prolifico. E’ stato registrato in un'unica sessione, a parte i brani che contengono interventi elettronici che hanno chiesto un lavoro supplementare mio e di Fabio comunque basato sul materiale registrato in quell’unica sessione. Di base sapevo che non volevo il pianoforte per motivi di suono, volevo che fosse essenziale e volevo partecipare maggiormente anche al livello esecutivo occupandomi anche dell’accompagnamento. Non saprei descrivere i brani che compongo ma credo che con questo repertorio comincino ad emergere tutte quelle influenze assorbite prima e dopo quel periodo di immersione totale nel jazz, che caratterizza molti dei musicisti della mia generazione e che, nel mio caso, ha caratterizzato lo stile dei miei primi due dischi.”

Marco Acquarelli ci racconta anche il percorso che ha portato alla nascita del disco. Alla base di questa sembra esserci l’idea di emanciparsi dalle influenze del periodo precedente:

“L’idea di fare un disco di solito arriva quando ti rendi conto che vivi una situazione musicale che esprime qualcosa che valga la pena di essere fissato, anche se non è sempre e per tutti così. Nel mio caso i brani sono nati principalmente come studi basati su aspetti ritmici, melodici ed armonici che via via sono andato elaborando nel corso degli anni nel tentativo di trovare una strada, di emanciparmi dalle influenze del periodo precedente per accoglierne di nuove. Immagino quanto il pubblico a volte sia curioso di sapere quale misterioso processo ci sia alla base dell’ispirazione, nel mio caso i brani nascono dal rapporto quotidiano con lo strumento, semplicemente ti guardi intorno e cerchi delle cose che ti mancano, che pensi vadano approfondite per fare di te un musicista sempre migliore, alcune delle idee che sfrutti si trasformano in brani di senso compiuto, anche con l’aiuto dei musicisti con cui li condividi. In questo l’apporto di Daniele, Francesco e Fabio è stato fondamentale, nessuno dei brani che sentite nel disco è rimasto com’era quando l’ho portato la prima volta alle prove, come nei miei progetti precedenti l’apporto del gruppo non  si limita al solo aspetto esecutivo, ho bisogno di sapere che i musicisti con cui suono siano coinvolti, che esprimano quello che pensano sulla mia musica e che rielaborino i brani anche profondamente fino a trovare una soluzione che ci rappresenti un po’ tutti.”

Un disco, dunque, che rappresenta anche un periodo particolare della vista artistica e che serve a fissare un momento preciso…

Devo dire – conclude Marco Acquarelli - che nonostante abbia allargato molto le mie influenze soprattutto in anni recenti, nella concezione di fondo rimango legato all’idea che un disco, nel caso di un gruppo di improvvisatori, non può essere altro che un qualcosa che fissa un determinato momento, parziale ed incompleto, del percorso di ricerca dei musicisti coinvolti. Ha un valore profondo come documento, testimonianza e, nel caso del leader, come esperienza che da un senso di compiutezza, anche se illusoria. E’ per me molto faticoso ma allo stesso tempo molto coinvolgente tutto ciò che comporta la realizzazione intesa come post-produzione: il missaggio, l’editing, la scelta della copertina e delle foto e così via. Nel caso di questo disco i tempi si sono dilatati moltissimo probabilmente perché l’assenza di riferimenti dovuta a un repertorio ed a un sound completamente nuovi per me mi ha destabilizzato, ci ho messo un bel po’ a capire che direzione prendere, questo ha richiesto anche il passare molte settimane senza ascoltare nulla, nel tentativo di ripulirsi ed ascoltare con orecchie più fresche. Alla fine credo di percepire questo lavoro più come un punto di partenza che come compimento di qualcosa, è così che mi piace pensarlo.”

 

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