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Donatella Luttazzi presenta Orango Tango “Auguri Papà Lelio”: appuntamento al teatro Testaccio

Venerdì 27 aprile presso il teatro Testaccio Donatella Luttazzi sarà in concerto alla testa del suo quartetto Orango Tango dove presenterà lo spettacolo “Auguri Papà Lelio”. Il concerto, infatti, si terrà proprio nel giorno del compleanno di Lelio Luttazzi, personaggio assai noto nel mondo dello spettacolo e padre di Donatella. Un’occasione per ricordarlo, dunque, e per proporre un concerto fra canzoni d’autore assai note e brani della vocalist triestina. Sul palco ci saranno Francesco di Giovanni alla chitarra, Guido Giacomini al contrabbasso ed Alberto Botta alla batteria. Donatella in persona racconta a Jazz Agenda l’essenza di questo spettacolo:

Donatella, senza dubbio un’occasione importante per questo show che andrà in scena al Teatro Testaccio. Ci vuoi parlare inizialmente di questo show e di cosa porterai in scena?

Si tratta di un concerto di canzoni d’autore. Potrebbe definirsi uno show, ma forse concerto è più appropriato: non vorrei che il pubblico si aspettasse uno spettacolo teatrale. Da quando avevo 16 anni e cantavo al folkstudio di Cesaroni, amo cantare accompagnandomi con la chitarra (mio padre veniva spesso ad ascoltarmi) e anche coinvolgere il pubblico. La cosa che mi dà più soddisfazione è vedere la gente che partecipa sorridendo o addirittura ridendo, e poi se ne va arricchita di qualcosa in più. Dalle folksongs americane con cui ho cominciato,sono passata a scrivere io canzoni, diciamo ironiche e a volte comiche, ma anche serie, e ovviamente a eseguire canzoni di autori importanti, come Paolo Conte, Gianni Ferrio, Tom Jobim, Lelio Luttazzi e altri, oltre alle mie. Quindi un po’ di jazz, un po’ di tango, un po’ di riflessioni sulla vita. Insomma, canzoni da ascoltare.

Non possiamo non parlare di questo spettacolo in particolare senza menzionare la figura di Lelio Luttazzi quanto è stato importante per te e che bagaglio artistico ti ha lasciato?

La data di questo concerto, il 27 aprile, coincide con il compleanno del mio compianto papà. E ovviamente farò anche sue canzoni. Pur non avendo vissuto con lui e non avendomi “insegnato” a suo tempo niente di teoria musicale, devo dire che mi ha trasmesso geneticamente la musicalità, l’ironia, un amore viscerale e struggente per la musica. Solo frequentarlo le volte che ci vedevamo, e che suonavamo insieme, con lui che mi accompagnava in standard come Stella by Starlight o Body and Soul, solo questo per me è equivalso a chissà quante lezioni di jazz che altri giovani meno fortunati di me hanno dovuto imparare nelle scuole. Poi lo swing che aveva lui non è automatico in chi suona jazz. E lo swing, secondo me, non si impara! Era severo con me, non mi faceva spesso complimenti, ma un giorno ha detto “Hai molto swing.” Sulle sue canzoni ho voluto fare un lavoro certosino di studio e di arrangiamento in un progetto per quartetto vocale (le Zebre a Pois) che porto avanti tuttora

Parliamo anche del rapporto padre e figlia: da questo punto di vista come ti piace ricordare questa figura?

Mi piace ricordarlo nella sua comicità, quando mi portava a Fregene, e lì restavamo fino a sera, dove trovavamo Walter Chiari, Sergio Valentini, Ugo Calise, tanti amici. E in auto cantavamo dei riff armonizzati, e lui faceva delle facce e dei gesti da vero comico, come Jerry Lewis. Su questo ho scritto un libro: “L’unico papà che ho – Cosa si prova ad avere un padre famoso, appassionato di jazz e assente” ed. Lampi di Stampa. Basta ordinarlo in una libreria qualunque, prima o poi arriva. Lì racconto del mio rapporto con lui, che assomiglia per certi versi a qualunque rapporto padre-figlia, che è comunque un grande rapporto d’amore.

Per quanto riguarda il tuo progetto, invece, ci vuoi raccontare come è nato Orango Tango e come si è sviluppato nel corso del tempo…

Ti accennavo che a un certo punto mi sono messa a scrivere canzoni: le prime erano “serie” e le eseguivo a trent’anni circa in quintetto con Eddi Palermo, Nicola Stilo, Francesco Puglisi e Claudio Rizzo. I migliori insomma. Abbiamo fatto anche qualche concerto, ma la mia vita musicale è stata discontinua (me lo diceva anche la mia insegnante di canto, rimproverandomi). Poi ho sentito l’esigenza di usare il sense of humour, e devo dire la verità, è la qualità che apprezzo maggiormente nelle persone, e che fortunatamente mio padre mi ha trasmesso.  Per questo progetto, che chiamo Orango Tango, sono affiancata dal bravo Francesco Di Giovanni, e il 27 saremo accompagnati da un contrabbassista e un batterista che sono dei personaggi nel panorama musicale: Alberto Botta è il batterista “ufficiale” di Arbore, e Guido Giacomini che suona spesso con Arbore, ed è anche cantante, appassionato di swing e un po’ entertainer anche lui..

Uno spettacolo, dunque, che ha anche una dimensione teatrale?

Direi di no, come ti accennavo prima. Dimensione teatrale significa battute scritte, scenografia, movimenti di scena particolari. no, niente di tutto questo. Noi siamo estemporanei, inventiamo ogni volta. Il teatro richiede una forma di “rigidità” e passività nel pubblico. La mia scuola è stata il Folkstudio, spesso la gente canta insieme a me, soprattutto col CAN DE TRIESTE.

 

 

 

 

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