Jazz Agenda

Michael Coal e la Soulpeanuts Big Band: “Un sogno tenuto nel cassetto per molti anni”

Venerdì 15 febbraio presso il teatro il Cantiere andrà in scena la Soulpeanuts Big Band, formazione composta da dieci elementi nata nel 2015 da un’idea del batterista producer Michael Coal. Sarà un concerto dedicato alla musica Afroamericana degli anni ’80, dove verranno riproposti alcuni dei più grandi successi di quell’epoca d’oro. A raccontarci questo spettacolo e soprattutto questa avventura è proprio Michael Coal

Michael per cominciare l’intervista raccontaci come si svilupperà lo spettacolo del 15 febbraio presso il Teatro Cantiere e se ci saranno delle novità rispetto ai precedenti live.

La novità principale di questo nuovo appuntamento è il Posto. Fino ad oggi siamo stati nei Locali canonici dove c’era un palco sufficientemente ampio per noi, mentre Il CANTIERE dove saremo il 15 Febbraio, è un grande Laboratorio delle Arti. Ci sono gruppi di Attori, Ballerini e altri che tengono Viva l’Arte attraverso la loro presenza e militanza. Posti così stanno scomparendo nel nostro Paese, eppure sono la Linfa che alimenta i serbatoi della Cultura. E’ in questi posti dove si recano i Talent Scout per scoprire Artisti validi. E’ un vero onore per noi dunque essere al CANTIERE. Quanto al Repertorio presenteremo nuovi brani. Uno in particolare prodotto e arrangiato da Quincy Jones ed interpretato alla voce dalla nostra Mimma Pisto. Poi uno di Bill Summers, percussionista di rango che militò con Miles Davis e Herbie Hancock alla fine degli anni 60. Barry White ……eccetera. Due ore di grandissima musica Afroamericana.      

Parliamo anche della storia della Soulpeanuts big band: tutto è cominciato nel 2015. Ci vuoi raccontare come è nata questa avventura?

Per moltissimi anni ho tenuto nel mio cassetto questo Sogno. Forse ho sbagliato ad avere timore di farlo vivere. Ma un giorno ho vinto le resistenze dentro di me ed anche quelle esterne, e ho cominciato da zero, con la fatica di mettere insieme una orchestra di molti elementi e lottando per farmi spazio nel panorama della musica dal vivo. Ho imparato che l’amore per ciò che si desidera supera molti ostacoli e che la gioia di farlo ripaga qualsiasi difficoltà. Anche economica.

Per quanto riguarda la scelta dei musicisti ce ne sono molti che vengono dal mondo del jazz: perché questa scelta?

Il nostro Repertorio richiede una formazione musicale e tecnica di alto profilo. La musica Afroamericana non è alla portata di tutti. Necessita di sensibilità ed interpretazione anche al di là della stessa preparazione tecnica del musicista. Dal Jazz si ottiene quella sensibilità che va oltre. Quel modo di interpretare che lascia molto spazio alla personalità di ogni musicista.  Soul, R&B e funk sono culture musicali molto legate al Jazz e spesso tra loro fuse. Esempio di questo fu Miles Davis nel periodo fine anni 70.  Molti degli artisti che proponiamo infatti sono stati jazzisti. Come per esempio Maurice White, Leader Earth Wind & Fire, che suonava jazz con Ramsey Lewis negli anni 60. Molte delle partiture che gli EWF hanno scritto riportano al jazz. Per non parlare della linea dei Fiati.   

Il sound della band è senza dubbio legato agli anni ’80, periodo d’oro della musica afroamericana. Quali sono le connessioni tra questo mondo e tra le prime big band legate al mondo del jazz?

Secondo me il paragone alle Big Band degli anni 30 non è musicalmente associabile ma è lo Spirito che è in linea con il progetto Soulpeanuts. Proporre musica Afroamericana soprattutto ballabile, ricca di suoni e di tanti musicisti. Trasferire emozioni dal palco direttamente alla pista da ballo, come si faceva ogni week end nelle Ballroom di New York come il SAVOY sulla Lenox Avenue ad Harlem. Desideriamo far rivivere quel clima gioioso e spensierato dove il pubblico è co-protagonista.

Cosa ti ha affascina di questo “mondo” musicale e cosa ti ha spinto a portare avanti questo progetto di Big Band?

Quello che più mi piace è l’emozione che questa musica ha traferito a milioni di persone in tutto il mondo. Mi ricordo che correvo ogni sabato pomeriggio a comprare i vinili che arrivano a Roma da New York. Dischi che venivano la sera stessa suonati al Piper o al M.A.I.S., che allora erano i luoghi sacri per tutti i giovani dell’epoca.  Ancora oggi ascoltare questi brani mi traferisce le stesse emozioni di quegl’anni. Sono note incredibilmente contagiose. Di gioia e di voglia di vivere. Quelle per esempio degli Ashford & Simpson o di Chaka Khan, Earth Wind & Fire, Benson, Chic, Kool &The Gang, e altri.

A questo punto una domanda personale: parlaci anche del tu percorso musicale…

Ho iniziato a suonare la batteria quando avevo 7 anni. Allora non era facile avere Maestri e media a disposizione per imparare la tecnica. Si imparava sul campo. Ascoltando i dischi e suonandoci sopra. E così ho fatto per moltissimi anni. Poi ho frequentato dei Maestri come Vincenzo Restuccia ed altri che mi hanno dato molto. Non mi definisco un batterista con tecniche da capogiro. Personalmente apprezzo più quelli che fanno meno note ma in un modo che arriva al cuore di ogni ascoltatore.

Chiudiamo l’intervista con una proiezione verso il futuro: prossimi progetti legati a Soulpeanuts Big band?

Il futuro per noi è continuare a suonare il più possibile, cercando di diffondere questa musica soprattutto ai giovani che spesso non la conoscono. Magari partecipare a importanti Festival estivi, sulle grandi Piazze a contatto con migliaia di persone. Vedremo.

 

 

 

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