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Please, Hold on! (Vivere ancora): il nuovo singolo di Mario Donatone scritto durante il primo lockdown

Pubblicato dall’etichetta Groove Master Edition, Please, Hold on! (Vivere ancora) è il nuovo singolo di Mario Donatone. Un brano funky blues, dalle influenze latine e mediterranee realizzato in collaborazione con due grandi artisti internazionali come Chicago Beau e Roberto Luti. Testo e musica sono stati elaborati da Mario Donatone e dal bassista Davide Bertolone nel primo lockdown del 2020. Ecco il racconto di questa nuova avventura che rappresenta senza dubbio un nuovo inizio.

Mario, per cominciare l'intervista parliamo subito del singolo Please Hold On: vuoi descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda parlando del sound e delle influenze?

Si tratta di un brano nel quale abbiamo cercato in parte di modulare la classicità della tradizione blues e soul su un linguaggio ritmico moderno, dinamico ma nel senso dell’evoluzione creativa del nostro modo di vedere questa musica, senza rincorrere una contemporaneità pop che non ci interessa. Come sai anche la scelta di valorizzare le armonie vocali, e di essere una band che oltre a suonare “canta” fondendo voci maschili e femminili, ci porta naturalmente verso un crossover in cui blues, gospel, rock e jazz si incontrano naturalmente. Di nuovo in questo brano c’è l’inserimento attraverso il testo di suoni e parole italiane, un nostro modo di dare una dimensione latina e più profondamente nostra alla musica che vogliamo fare.

Raccontaci adesso la storia di questo brano: sappiamo che è nato durante il periodo più difficile della pandemia da una tua idea con Davide Bertolone: vuoi raccontarci come ci avete lavorato?

Please, Hold on (Vivere ancora) l’abbiamo scritto su What’s up durante il primo lockdown del 2020 io e il bassista Davide Bertolone, un musicista con cui ho una sintonia enorme e antica, visto che abbiamo suonato tantissimo insieme negli anni ’90, accompagnando tantissimi artisti neroamericani di blues e soul, e realizzando anche progetti originali. Dopo tanti anni di pausa della nostra collaborazione, dovuta ad una lunga assenza di Davide dall’Italia, abbiamo ricominciato a produrre musica insieme con una nuova consapevolezza dettata dall’esperienza. L’idea si è poi concretizzata grazie alla produzione in studio con l’ottimo Milo Silvestro, che suona anche le congas sul brano.

Un singolo che si avvale anche della presenza di artisti internazionali con Chicago Beau e Roberto Luti: ci vuoi raccontare anche come è nata la collaborazione con loro?

Con Chicago Beau c’è stata subito l’idea di collaborare attraverso il nostro amico Daniele Bombasaro, storico e instancabile organizzatore musicale con cui lavoriamo da tempo. Lui è una figura storica del blues di Chicago e allo stesso tempo è un personaggio assolutamente moderno, apertissimo alle contaminazioni e storicamente anche legato alla migliore avanguardia del jazz. Il suo contributo è di grandissimo valore sia all’armonica che con il suo talkin’ - rap, che ha dato un sapore unico al brano. L’idea di Roberto Luti è venuta in un secondo momento, man mano che sviluppavamo l’idea del racconto un po’ fantascientifico del video. La bellezza unica del suo suono alla slide che si sente sin dall’inizio credo spieghi da solo come non poteva che essere lui il musicista giusto per creare l’atmosfera che avevamo in testa.

Please Hold On - Vivere ancora: un titolo che rappresenta il tuo legame con la musica black made in USA e anche con il tuo essere Italiano?

Si io credo che la nostra generazione, fatta di musicisti che hanno la radice culturale italiana ancora ben definita, e allo stesso tempo hanno “macinato” tanta musica d’oltremanica, possa e debba oggi mediare in modo naturale e convinto questi due mondi, perché ci appartengono entrambi.

Parliamo anche dei riferimenti musicali che troviamo all’interno del singolo!

Non saprei risponderti con esattezza. Posso dirti che quando ho cominciato a concepirlo stavo pensando ad un antico spiritual che si chiama Hold on!, uno dei primi esempi di questa musica che ho ascoltato da ragazzo, addirittura in una versione di Eugenio Finardi nel doppio del famoso concerto per Demetrio Stratos nel 1978. Ho cercato di combinare questa prima ispirazione con un modo un po’ “latin” di usare la lingua italiana, con frasi brevi e ritmate. La mia vocalità è un punto di incontro, spero credibile, tra quelle voci rock innamorate del soul, come quella di Steve Winwood, e una certa mediterraneità melodica, accentuata dalle mie radici partenopee. Per quanto riguarda il nostro modo di scrivere, direi che si caratterizza per una fusione tra il blues e il soul più classico e il dinamismo armonico di musicisti come Donald Fagen.

Prima di salutarci c’è qualcosa di nuovo a cui stai lavorando con questa formazione di cui ci vuoi parlare?

Questo è il migliore gruppo che ho mai avuto. Nella versione live più completa esso comprende una ritmica eccezionale con Angelo Cascarano alla chitarra, Davide Bertolone al basso e Roberto Ferrante alla batteria e all’armonica, che sono anche dei meravigliosi cantanti. Ad essi si uniscono le voci stupende ed empatiche di Giò Bosco ed Isabella Del Principe. E’ chiaro che questo singolo prelude un lavoro più ampio nella direzione di questo sound, ma gli sviluppi saranno decisi e allo stesso tempo non precipitosi. Abbiamo molto materiale nuovo e vogliamo lavorarci con calma. A gennaio se non ci saranno problemi legati al Covid saremo il 21 al Don Giovanni a Roma e il 22 in un bel festival ad Atina.

Inoltre a febbraio ci sarà una mia doppia uscita molto ghiotta, un disco e un libro per raccontare il blues prebellico e il suo apporto alla cultura musicale contemporanea, uno studio molto approfondito e un progetto acustico collegato ad esso in cui sono in compagnia del solo piano acustico e della cantante Giò Bosco su quattro brani. Si tratta del più importante progetto divulgativo che io abbia mai realizzato, e ne saprete qualcosa molto presto.

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