Francesco Del Prete racconta il disco Rohesia ViolinOrchestra: tra musica e tradizioni locali
- Scritto da Carlo Cammarella
- Stampa
- 0
Si intitola Rohesia ViolinOrchestra l’ultimo disco del violinista Francesco Del Prete uscito il 22 novembre per l’etichetta Dodicilune. Parliamo di un lavoro unico nel suo genere, che ha radici profonde nella cultura mediterranea e nelle tradizioni locali. Tutti i brani, infatti, presenti in due versioni, sono stati scritti per essere accostati ai vini della Cantina Cantele che insieme all’artista ha coprodotto questo progetto. Ecco il racconto di Francesco Del Prete in merito a questa nuova avventura…
Buongiorno Francesco e benvenuto. Per cominciare ti va di descrivere il tuo lavoro ai lettori di Jazz Agenda?
“Rohesia ViolinOrchestra” è un disco pensato, realizzato e coprodotto insieme a CANTELE, azienda vinicola salentina ormai radicata sul territorio nazionale e ampiamente riconosciuta a livello internazionale. Dando per scontate le indubbie qualità della Cantina in questione – originalità e passione su tutte – quel che maggiormente m’incuriosisce ed entusiasma è l’approccio sinestetico messo in atto da tale realtà: rendere i propri vini un’esperienza multi-sensoriale attraverso sapori, fragranze, colori, profumi, strategie di comunicazione…
Da qui il mio desiderio di immaginare vere e proprie colonne sonore dedicate a cinque tra le più prestigiose bottiglie di vino firmate Cantele – Rohesia Pas Dosè, Teresa Manara Chardonnay, Rohesia Rosé, Rohesia Rosso, Amativo – dopo averle degustate e averne studiato le caratteristiche: note gustative, sentori olfattivi, modalità di produzione, colori e sfumature, intensità, corpo, eventuale effervescenza, nome, etichetta…
Quali sono state le tue maggiori fonti di ispirazione?
Nonostante io non ne sia un esperto, sono da sempre affascinato dal vino e da tutto il mondo che lo circonda: la dimensione “naturale” che lo caratterizza, dall’impianto e la cura dei vitigni fino al momento della vendemmia; la trasformazione dell’uva in qualcosa di magico – non per niente definito da tempo immemore il nettare degli dei – attraverso il sapiente lavoro dell’enologo che come un novello alchimista e attraverso interventi mirati inventa “nuove miscele” e in alcuni casi prova anche a correggerne eventuali leggeri difetti; i benefici e gli effetti stimolanti sul consumatore – moderato, ovviamente.
Tale mia fascinazione, lo stupore di fronte a tanta bellezza sono sicuramente sottesi in tutto l’album e mi hanno ispirato costantemente; ma a seconda del vino in questione ho adottato dei percorsi differenti, due esempi su tutti: mentre per il Rohesia Pas Dosé è stato fondamentale sottolinearne musicalmente il suo caratteristico perlage, l'insieme delle bollicine e la sua effervescenza, per il Teresa Manara Chardonnay invece l’avvincente biografia della protagonista – travolta da un destino irruente che l’ha condotta in Salento contribuendo di conseguenza a creare la realtà vinicola familiare – è stata la scintilla ispiratrice più indicata per stimolarmi a scrivere e raccontare questa bottiglia. Ecco perché per ogni vino ho seguito strade, chiavi di lettura e interpretazioni diverse.
L’album ha un doppio binario: le composizioni e il vino, come hanno interagito?
Per quel che mi riguarda, ho già provato a spiegare ciò nella risposta precedente. Ma il mio punto di vista, in quanto artefice del progetto, è relativo; in realtà conto di girare la domanda direttamente al pubblico che assisterà alle future performances. Da parte nostra ci aspettiamo che chiunque ascolti il brano abbia voglia di gustare il vino; o che gustando il vino sia tanto stimolato ed incuriosito da ascoltare il brano; oppure, per essere ancora più ambiziosi, unire le due esperienze e sublimarne il momento magari approfondendo la percezione di sé stessi.
Il doppio binario è anche nelle sonorità, acustiche ed elettroniche, puoi spiegarci la scelta?
Di elettronica in questo disco c’è veramente poco, se non per alcune tensioni ritmico-percussive necessarie per sottolineare determinate esigenze compositive. Invece tengo a precisare che, a proposito di sonorità, ci sono due versioni delle stesse canzoni e ora vi spiego il motivo: inizialmente, dato il numero contenuto dei brani e il minutaggio limitato dell’opera, con l’etichetta Dodicilune abbiamo pensato di realizzarne un Ep; poi invece ho cominciato a riflettere sull’idea di arrangiamento da impiegare e costruire per valorizzare al massimo le mie idee musicali: utilizzando la mia procedura compositiva – che ho deciso di chiamare ViolinOrchestra, termine contenuto anche nel titolo del disco, cioè un’intera orchestra ottenuta sovraincidendo più e più volte un solo violino polifunzionale cioè sfregato con l’archetto, pizzicato, plettrato, percosso con le dita in modo da esaltarne tutte le risorse musicali ed espressive melodiche, armoniche e ritmiche più o meno evidenti – è stato naturale pensare a delle versioni orchestrali ricche di tracce, colori e sfumature diverse; dunque, proprio da qui è nata l’esigenza di proporne delle varianti più asciutte, minimali ed unplugged, ottenendo in tale maniera risultati espressivi totalmente differenti perché orientati verso suggestioni e soluzioni musicali del tutto differenti ma altrettanto efficaci: un brano solo con violino e arpa, un altro con violino, flicorno e violoncello, oppure violino, pianoforte e voce lirica o anche violino e chitarra acustica; ecco quindi edito per voi un Lp (Long Playing) a tutti gli effetti, contenente dieci brani.
Raccontaci anche il tuo personale percorso artistico e come si è sviluppato nel corso del tempo.
Tutto inizia con lo studio del violino classico in conservatorio, ma da sempre mi intrigano improvvisazione da una parte e composizione consapevole dall’altra; jazz e musica etnica quindi come terreni fertilissimi su cui coltivare ed affinare, sperimentando, il mio linguaggio e il mio suono. Ad un certo punto tutti questi percorsi ed interessi si intrecciano al desiderio di andare oltre le ormai note risorse melodiche dello strumento violino, scoprendone ed evidenziandone potenzialità inimmaginabili che in ambito classico non si trovano rappresentate: ecco dunque già pubblicati Corpi D’Arco e Cor Cordis, due album di una trilogia programmata col fine di andare oltre la superficie delle cose per tirarne fuori l’essenza. Rohesia ViolinOrchestra s’inserisce perfettamente in questo mio percorso del tutto personale che propone il violino come una lente interpretativa della realtà che ci circonda; attraverso di esso viene presentata una diversa visione dell’oggetto o elemento in questione che, di conseguenza, si arricchisce di nuovi accostamenti culturali: in questo caso, il violino con il vino. Ma è solo il primo: è mia intenzione proseguire in queste mie proposte alternative e spero di parlarvene presto.
Come porterai live l’album e quali sono gli appuntamenti già fissati in agenda.
Tra qualche giorno presenteremo un nuovo videoclip, a cura di Silvio Bursomanno, di un brano estratto dal disco, e siamo entusiasti della cosa. Per quanto riguarda i live – dimensione necessaria per il sottoscritto – proprio la natura di questo progetto ci impone di non scindere la proposta musicale dalla degustazione dei rispettivi calici al fine di ottenere un completo coinvolgimento del pubblico. Ecco perché con la cantina Cantele stiamo organizzando al meglio degli eventi sinestetici mirati che gli interessati troveranno pubblicizzati sulle nostre pagine social. Ecco perché concludo invitando i vostri affezionati lettori a seguirmi e vi ringrazio per questa intervista: spero di vedervi presto a qualche mia esibizione e – perché no? – con il giusto calice in mano.
Articoli correlati (da tag)
- Esce Rohesia Violinorchestra, l'ultimo disco di Francesco Del Prete - etichetta Dodicilune
- Rohesia Pas Dosé: il nuovo singolo di Francesco Del Prete
- Esce il videoclip di Tempo: estratto dal disco Cor Cordis di Francesco del Prete - etichetta Dodicilune
- Francesco Del Prete racconta a Jazz Agenda il nuovo disco Cor Cordis
- Esce Cor Cordis il nuovo disco di Francesco del Prete