Federica Cerizza racconta il disco Casa: “Niente mi rappresenta di più del piano solo”
- Scritto da Carlo Cammarella
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Si intitola Casa il disco d’esordio della pianista Federica Cerizza uscito per l’etichetta Filibusta Records nel novembre del 2022. Un disco in piano solo elegante, raffinato e ricco di contaminazioni dove il jazz si fonde con la classica e dove la musica diventa il sottofondo per raccontare una storia. Ecco il racconto di questo progetto…
Perché la scelta di fare un disco in piano solo?
Il piano solo è la dimensione più antica e personale che ho, mi accompagna da sempre, dall’infanzia ad oggi. Sedersi al pianoforte con lo scopo di cercare i miei suoni e dar loro senso e logica fino a costruire un discorso è qualcosa di cui ho ricordo dal momento stesso in cui ho messo le mani su un pianoforte. E’ la mia parte più autentica e personale, la cosa più onesta che posso offrire. Quando ho pensato al mio primo album è stato quasi automatico pensare ad un piano solo.
In questi anni ho avuto occasione di suonare in tante formazioni, dal duo a piccoli collettivi di improvvisatori, suonare con gli altri è meraviglioso e fa parte delle esperienze più belle che la musica e la vita possano regalare. Ma per ora nulla mi è più caro e sento più vero e mio dell’immaginario musicale che ho creato al pianoforte nell’arco di questi vent’anni di musica e di studio. E’ la mia fantasia, il mio modo di sentire la musica. In questo momento non c’è niente che mi rappresenti di più del piano solo.
Dopo l’uscita di alcuni singoli, nel 2022 sei arrivata a comporre un album, quale è stato il tuo percorso?
I due singoli usciti prima dell’album, Pastorale e Vibrazioni, sono nati dopo l’incontro con Luigi Bonafede con cui ho avuto l’onore di registrarli. Ma non erano inseriti in un progetto o in un’idea musicale più ampia. Sono riuscita a dare invece una forma al lavoro in piano solo dopo circa un paio d’anni di lavoro intensivo in questa direzione, in questo senso l’incontro con Stefano Battaglia e il lavoro che ho svolto con lui sono stati molto significativi per me.
Come descriveresti il genere e le sonorità di questo album
La musica del disco nasce dall’unione dei mondi musicali che amo di più: il jazz, la musica classica del Novecento, l’improvvisazione libera e alcune atmosfere del rock progressive.
I brani raccontano tue emozioni, raccontano storie?
Dietro ogni brano c’è un piccolo racconto o in generale un significato. Voci di fiume per esempio è il tentativo di ricreare l’effetto acustico di due fiumi che si incrociano, un luogo che esiste realmente e al quale sono affezionata. La bambina nella bolla è un brano dedicato al mondo dell’infanzia e in particolare è ispirato al racconto scritto da una bambina di cui sono stata maestra. Casa invece è un racconto sonoro che parte da atmosfere piuttosto cupe e a tratti meccaniche e man mano si schiarisce in una sorta di viaggio metafisico verso casa, inteso come il ritorno a percepire la propria umanità, ritrovarsi.
I brani sono associati a dei quadri, da dove sei partita, dalle composizioni che avevi in mente o dall’ispirazione visuale?
Prima c’è sempre la musica. Sono convinta che la musica abbia un significato intrinseco in sé, come pura arte del suono e non necessiti di parole per essere spiegata o immagini per essere resa meno astratta. Esiste però un pubblico oltre al musicista e io sono assolutamente convinta della necessità di andare oltre un pubblico di soli amatori o appassionati. La musica deve e può arrivare a tutti, a volte basta poco per superare certe barriere. Con gli house concert che organizzo a casa mia tocco con mano questa consapevolezza, tutti restano affascinati dalla musica e dall’energia che si crea.
Quando ho incontrato Laura Cignacco, l’autrice dei quadri, abbiamo ragionato su questo: dare agli ascoltatori una chiave di lettura in più per immergersi nella musica, pensando soprattutto a un tipo di ascoltatore che magari è sì affascinato dalla musica, che la cerca, ma che non è il classico appassionato di jazz, di classica... Dal mio punto di vista è un ottimo pubblico quello che dal nulla resta colpito da un tipo di musica che non ha mai ascoltato prima. I quadri sono un linguaggio in più e sono pensati per circondare il pianoforte durante i concerti. Laura è stata completamente libera di creare le tele, non le ho dato nessun tipo di indicazione, le ho solo fatto ascoltare i brani finiti. Per me sono quadri bellissimi, ad altissimo impatto visivo.
Da cosa hai preso ispirazione per le tracce dell’album?
Il mio modo di comporre parte dal pianoforte, le idee nascono dalla pratica di tante ore di studio e improvvisazione libera. Poi cerco di condensare il discorso fino a creare un ambiente sonoro specifico che posso collegare a una mia esperienza diretta. Una cosa che mi sta a cuore e che sento mia. L’amore per il mondo dell’infanzia, la casa, il luogo dove si incrociano i fiumi che mi piace visitare, tutte cose molto vicine a me e personali ma che possono essere lette in modo ampio e universale.
Da cosa trarrai ispirazione per il prossimo album?
Non so ancora! E’ tutto da vedere, di certo sarà un disco pensato per una formazione, dal trio in su.
Hai delle date in programma?
Sì, suonerò il 10 dicembre alla Filanda di Martinengo (BG), l’11 dicembre alla Fondazione Piseri a Brugherio (MB) e il 13 alla Pieve a Cologno Monzese (MI). A gennaio suonerò il 14 da Kono Dischi a Biella, il 19 al Libero Pensiero a Lecco e il 25 a Milano nella Sala Devatta.
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