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Introducing Vitantonio Gasparro: “Un approccio melodico e sperimentale alla composizione”

Si intitola Introducing Vitantonio Gasparro, il nuovo album da leader del vibrafonista e compositore pugliese Vitantonio Gasparro pubblicato dall’etichetta GleAM Records. Il vibrafonista ha vinto il premio della critica e del pubblico nel concorso internazionale Massimo Urbani 2023 e del primo premio assoluto nel Dexter Jazz contest 2023. Il trio è completato Giuseppe Venezia al contrabbasso e Giovanni Scasciamacchia alla batteria: due musicisti jazz dalla pluriennale esperienza e dal tocco inconfondibile. Ecco il racconto di questo progetto.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

“Introducing Vitantonio Gasparro” è un album che mi piace descrivere come la materializzazione sonora del mio percorso musicale, sia di formazione che nel senso artistico vero e proprio. Al suo interno la mia estetica musicale trova espressione in varie sfaccettature, per esempio attraverso approcci sia melodici che sperimentali nella composizione, dando voce anche all’indissolubile legame con la tradizione del jazz, come attestato dalla presenza di due standard.”

Raccontateci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

"Questo progetto nasce quasi per caso. Compongo per diletto sin dall’adolescenza, passione che ho sempre affiancato ai miei studi accademici di percussioni classiche prima, e batteria e vibrafono jazz dopo. Ho lavorato ai brani presenti nel disco negli ultimi anni. Volevo togliermi la soddisfazione di sentire i miei pezzi suonati almeno una volta e così ho chiesto a Giuseppe Venezia, contrabbassista, e Giovanni Scasciamacchia, batterista, musicisti dalla grande sensibilità e decennale esperienza, di fare una session in trio ed il risultato è stato sorprendente. È stato Giovanni a darmi l’idea di registrare, mi sono fatto prendere dall’entusiasmo e due mesi dopo siamo entrati in studio. Successivamente ho avuto la fortuna di entrare in contatto con l’etichetta “GleAM Records” ed il produttore discografico Angelo Mastronardi, che ha voluto credere fino in fondo nella realizzazione dell’album vero e proprio, realizzatosi anche grazie al contributo dell’associazione Rosetta Jazz Club di Giuseppe Venezia, che ringrazio per aver sposato la causa sia in qualità di eccellente sideman che per quanto concerne la produzione. Si è da subito creato con tutti un clima di sinergia e collaborazione e di questo sono particolarmente grato."

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

“Il jazz, probabilmente più di ogni altro genere musicale, porta intrinsecamente con sé la peculiarità di fotografare il momento. Questo disco non fa eccezione perché durante la session di registrazione c’è stata molta spontaneità, molto “live” e pochi rifacimenti. Però non posso fare a meno di considerare l’album anche un punto di partenza, essendo il mio lavoro discografico d’esordio e sicuramente un riferimento per guardarmi dentro e capire con più precisione come sviluppare in futuro la mia estetica musicale e la capacità di bandleader.“

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

“Se provo a razionalizzare e mettere in ordine gli elementi che hanno forgiato il mio stile non posso non citare Charlie Parker ed in generale tutta l’eredità e l’approccio improvvisativo del be-bop. Non definirei il mio un album “mainstream” ma vi ci è sicuramente una radice. Andando più nello specifico del mio strumento, il vibrafono, i miei riferimenti sono chiaramente i grandi interpreti del passato, fra tutti Lionel Hampton e Milt Jackson, ma anche moderni, come ad esempio Simon Moullier, vibrafonista della nuova generazione che a mio parere sta portando novità nella concezione sonora ed una differente prospettiva in un formazione poco blasonata come quella del vibrafono trio. Infine, se penso al mio approccio compositivo, sono stato, magari inconsciamente, influenzato anche dal jazz modale di Miles Davis e dal suo modo di concepire lo spazio all’interno dei brani e delle improvvisazioni.”

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

“In futuro mi piacerebbe provare ad ampliare la formazione e farla diventare un quartetto, magari con uno strumento a fiato. Le esplorazioni ritmiche ed armoniche che il vibrafono trio concede sono pane per i miei denti ma trovo estremamente stimolante anche il fatto di dover accompagnare un altro strumento solista durante l’improvvisazione. Dal punto di vista più specificamente estetico, questo primo album è stato un importante banco di prova che mi ha fatto capire cosa perfezionare, ma anche individuare gli elementi più interessanti da sviluppare e che mi auguro diventeranno un tratto distintivo della mia personalità musicale nei prossimi lavori.”

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

“Ho presentato recentemente il disco al Duke Jazz Club di Bari, club giovane ma già tra i più apprezzati ed importanti in Italia e a cui sono particolarmente legato per via della mia collaborazione musicale con il direttore artistico e chitarrista Guido Di Leone, che è stato uno dei primi a credere in me dal punto di vista professionale. Abbiamo altre date in cantiere ma ancora in fase di definizione.“

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