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Fara Music 2010 – Incontro con Enrico Moccia

Portare la musica fuori dai circuiti tradizionali delle grandi città, in provincia, magari sullo sfondo di uno dei borghi medievali più suggestivi del Lazio. Fara Sabina, dove si è appena conclusa la quarta edizione del Fara Music Festival, un evento che ha visto per una settimana la piazza principale del paese aprirsi al Jazz, con un calendario che non è l’unico motivo di interesse di una manifestazione che può contare su una Summer School che, con gli anni, ha attirato sempre più consensi. Venerdì 23 luglio ci siamo recati nella località reatina per assistere all’esibizione del quartetto Ciammarughi-Leveratto-Bandini Fiorentino, e ne abbiamo approfittato per fare quattro chiacchiere con Enrico Moccia, il giovane e determinato organizzatore del Fara Music Festival…

Enrico, una domanda per cominciare, come avete organizzato questa quarta edizione?
“Rispetto alle prime tre edizioni credo che non ci siano grosse differenze: la mattina e il pomeriggio ci occupiamo della didattica e gli studenti studiano con il proprio insegnante dalle dieci all’una. Dalle tre alle sei, invece, vanno ai laboratori di musica di insieme e la sera ci sono i concerti, tutti completamente gratuiti. Abbiamo organizzato anche il “Jazz Live”, un premio molto ambito per il quale concorrono i giovani talenti del jazz europeo e per il quale verrà prodotto un disco in collaborazione con Rai 3; uscirà in tutti i negozi di dischi a partire dal 2011. Durante la sera, invece, ci sono le degustazioni con le più quotate aziende enogastronomiche, e ci sono anche le jam session. Proprio domenica 25, dalle 18 alle 21, c’è stato il saggio finale dei corsi in cui i vari dipartimenti si sono esibiti sul palco delle jam session, che si trova nella parte bassa del paese”.

Quindi, queste aziende enogastronomiche sarebbero i vostri sponsor?
“Diciamo che più che sponsor sono delle aziende che noi abbiamo voluto coinvolgere proprio perché dal punto di vista qualitativo erano paragonabili alla direzione artistica. Infatti, abbiamo scelto delle aziende laziali che sicuramente hanno contribuito ad aumentare la qualità dell’evento. Chiaramente ci sono anche gli sponsor privati e i contributi pubblici perché, essendo un evento completamente gratuito, ha dei costi notevoli”.

Quanti ragazzi hanno partecipato ai corsi della Summer School?
In questi 4 anni ci sono stati 450 studenti in tutto, mentre quest’anno ce ne sono stati 110 provenienti da tutta l’Italia. Molti di loro sono ritornati, altri sono alla prima edizione. Sicuramente sono estremamente soddisfatto di questo risultato, anche perché, come avrete potuto notare, non è così facile arrivare a Fara Sabina”.

La selezione dei musicisti che si esibiscono è molto legata alla Summer School?
“Sì, in parte è legata ai musicisti che insegnano perché l’idea è quella di affrontare un percorso didattico che gli studenti cominciano con il proprio insegnante. Nel pomeriggio l’insegnante segue i ragazzi durante la musica d’insieme e la sera gli studenti possono vedere il proprio insegnante sul palcoscenico. Chiaramente quest’anno abbiamo investito su progetti internazionali che hanno fatto crescere molto il livello del Festival e, quindi, abbiamo avuto artisti come Stochelo Rosemberg, che è il numero uno al mondo di free jazz, gli Yellow Jackets, che sono una delle band di fusion più famose al mondo e, infine, domenica c’è stato il concerto di Rick Margitza. Diciamo che ogni volta che scegliamo i concerti della programmazione stiamo attenti all’aspetto didattico, all’aspetto spettacolare, ma anche al coinvolgimento di realtà internazionali”.

Il fatto che la Summer School sia un aspetto preponderante del Festival è una cosa che è venuta fuori col tempo o siete partiti con questa impostazione fin dall’inizio?
“Diciamo che la mia idea nasce proprio dopo aver fatto molte esperienze di questo tipo in giro per l’Italia e per l’Europa. Essendo io di Fara Sabina, ho pensato che questa poteva essere una realtà congeniale ad un’organizzazione di questo tipo. Quindi, la didattica nelle strutture storiche del borgo, i concerti, tutto all’interno di questo borgo medievale raggiungibile a piedi con molta facilità. Penso che sia stata la scelta giusta soprattutto perché da parte nostra c’era la volontà di rivalutare questo splendido paese che negli anni precedenti era stato un po’ dimenticato”.

Quindi, sono state le tue esperienze professionali a farti capire che volevi creare un evento del genere in questo posto?
“Fondamentalmente sì. Io, essendo musicista, essendo laureato in semiologia della musica ed in scienze della comunicazione, mi sono sempre interessato al discorso dell’organizzazione degli eventi e, quindi, sono sempre stato convinto che un evento culturale di questo tipo potesse essere l’unica soluzione per rivalutare una piccola realtà geografica come Fara Sabina. Quindi non soluzioni economiche, ma soluzioni culturali in grado di trasformare e di far conoscere una realtà come questa. Come avete visto è un paese splendido e ha una struttura degna di realtà molto importanti come quelle dell’Umbria o della Toscana”.

Quindi, lo sfondo architettonico ha un ruolo molto importante?
“Certo, tutto questo discorso didattico ha un senso ancora più forte se svolto in un contesto architettonico come quello di Fara Sabina, se fosse inserito in una città perderebbe molto fascino”.

Un’ultima domanda, secondo te questa esperienza potrebbe costituire un modello?
“Io penso di sì, proprio ora sto portando avanti un progetto che si chiama Italian Music Festival che racchiude una serie di realtà italiane molto importanti, come i Festival Jazz e Blues che non vengono organizzati nelle grandi città. E visto che questi Festival hanno meno forza mediatica, questo progetto tende ad unirli lasciando autonomia ad ogni iniziativa. Quindi, credo che il modello nostro, ma anche quello di altre realtà italiane, sia da imitare e da copiare assolutamente. E’ una vera e propria rete in cui sono state già state coinvolte realtà molto importanti che rappresentano delle tappe fondamentali del Jazz italiano. Noi come Fara Music, abbiamo questa ambizione, di essere fra i primi eventi in Italia per quanto riguarda questo tipo di esperienza, di didattica e di concerti. In parte, nel Lazio lo siamo già, siamo già stati definiti come l’evento più importante della provincia di Rieti soltanto dopo 4 anni. Magari fra altri 4 anni lo saremo ancora di più nel Lazio”.

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