Sesta edizione del Garbatella Jazz Festival – intervista a Pino Sallusti
- Scritto da Carlo Cammarella
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Si è conclusa la scorso sabato la sesta edizione del Garbatella Jazz Festival, evento che si è svolto nella storica Villetta, al civico 26 di via Passina, che già da un po’ di tempo è entrato a far parte della tradizione di uno quartieri più belli della città. In questa tre giorni completamente dedicata al jazz, sono saliti sul palco il duo Duality, il trio Maurizio Giammarco Jazz3 e il Pino Sallusti. Per approfondire l’argomento e per comprendere la forza di un Festival che sembra radicarsi sempre di più nello spirito di un pubblico che comincia veramente ad amare il jazz, abbiamo intervistato Pino Sallusti, musicista, contrabbassista, nonché direttore artistico del Festival.
Pino, per cominciare ci vuoi raccontare come avete strutturato questo Festival?
“L’iniziativa è stata strutturata in tre giorni, con tre concerti, tre formazioni diverse e, quindi, proponendo tre diversi modi di ascoltare il jazz. Durante la prima serata c’è stato il duo di Andrea Beneventano e Nicola Puglielli, che si basa proprio sull’interplay fra pianoforte e chitarra. E nonostante la villetta non fosse adatta ad un concerto di questo tipo, c’è stata una grossa risposta del pubblico sia per la bravura dei musicisti, sia per il coinvolgimento stesso delle persone. In tutte le serate è stato chiesto a gran voce il bis ed è stata una vera sorpresa anche per il duo”.
E durante le altre serate come è andata?
“Durante la seconda serata c’è stato il trio di Maurizio Giammarco con Francesco Puglisi e Marcello Di Leonardo. Purtroppo la temperatura non è stata molto favorevole, ma anche in questo caso, nonostante le minacce di pioggia, la gente ha risposto molto bene anche se abbiamo dovuto spostare il concerto dal palco centrale. Infine nella terza serata ci sono stato io con il mio gruppo che è composto da Claudio Corvini, alla tromba, Massimiliano Filosi, al sax alto, Marco Conti, al sax tenore, Marco Guidolotti, al sax baritono, Andrea Frascaroli, al pianoforte, Gianni Di Renzo, alla batteria; tutte formazioni non convenzionali.”
Quindi, come avete organizzato le serate del Festival?
“Prima di ogni concerto c’è stato sempre un quartetto che apriva la serata, eccetto durante la seconda giornata per motivi logistici, a cui si aggiungeva una cantante con un repertorio di pezzi originali e di standard. Ogni anno c’è sempre una formazione che apre il Festival.”
Avete già in mente qualcosa per la settima edizione?
“Diciamo che questo Festival comincia ad essere una bella realtà, stiamo già lavorando alla settima edizione che vorremmo fare tra giugno e luglio, anche perché ci siamo accorti che è un peccato non utilizzare una cornice così bella come è successo per il concerto di Giammarco”.
Quanto è importante un evento di questo tipo per valorizzare un quartiere come Garbatella?
“Sicuramente il Festival è come un vaso di fiori che abbellisce un salotto già bello. Inoltre, grazie al lavoro di organizzazioni come Cara Garbatella, Altre Vie e grazie anche agli sponsor presenti abbiamo registrato sempre il pieno”.
Quindi, il Garbatella Jazz Festival è un evento che rimane legato alla realtà del quartiere o richiama anche un pubblico che proveniente da altre parti della città?
“Ovviamente richiama la gente del quartiere, ma quest’anno, proprio perché abbiamo cercato alzare il livello del festival, c’è stata una risposta non soltanto dal popolo della Garbalella, ma anche dalla gente degli altri quartieri. Infatti, il prossimo anno vorrei riuscire ad ampliare questo festival da tre sere a una settimana, per arrivare a proporre una rassegna estiva che si sviluppi in più mesi, sempre che continui la mia collaborazione come direttore artistico. Inoltre mi piacerebbe ampliare il discorso con la didattica e i seminari”.
Pino, per concludere, quali sono stati i punti di forza del Festival? In particolare su cosa avete affidamento?
“Sull’entusiasmo soprattutto, io ho organizzato il festival dal letto perché a maggio sono stato operato di tumore. E’ stata una cosa che mi ha tirato fuori da una situazione brutta e devo dire che sono stati tutti disponibili a darmi aiuto. La cosa più bella è che l’ultima sera ho risuonato il contrabbasso in pubblico, una scommessa vinta, anche se le condizioni climatiche non erano proprio perfette”.
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