Luna Nuova, l’ultimo lavoro del Trio Salerno – intervista a Sandro Deidda
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Una musica elegante e molto raffinata, un jazz di chiara matrice europea che esalta la melodia e la lirica. Sono questi gli elementi distintivi del Trio Salerno composto da Sandro Deidda (sassofono tenore e soprano), Guglielmo Guglielmi (pianoforte), e Aldo Vigorito (contrabbasso). Un esordio che risale al 2008 con un progetto dal titolo “Cantabile”, edito dalla storica etichetta capitolina Via Veneto Jazz, e una sperimentazione continua, fatta di innumerevoli collaborazioni, che oggi ha portato alla nascita di un secondo lavoro, “Luna Nuova”. Proprio sabato scorso il Trio è andato in scena all’Alexanderplatz, con special guest d’eccezione, il percussionista Pierpaolo Bisogno. E noi abbiamo chiesto a Sandro Deidda di raccontarci questo nuovo progetto.
Sandro, per cominciare, ci vuole raccontare questo progetto, Luna Nuova?
Luna Nuova è un progetto nato nel 2010 che, a differenza del nostro primo Cd, Cantabile, è composto principalmente da temi noti. Per esempio ci sono brani come “Joy Spring” di Clifford Brown, altri di Ennio Morricone come “Metti una Sera a Cena”, per il quale ci siamo avvalsi della collaborazione dei Solis String Quartet, un famoso trio di archi napoletano, e “Deborah’s theme”, tema centrale della colonna sonora di “C’era una volta in America”. C’è anche un omaggio ad una canzone napoletana, “Passione”, di Valente-Tagliaferri e alcuni brani scritti da noi. “Faber”, per esempio, è una mia composizione dedicata a Fabrizio de Andrè e “Luna Nuova”, la title track, è un altro brano che ho scritto io.
C’è un filo conduttore che unisce queste musiche forse così eterogenee fra loro?
Siamo noi a rendere il tutto omogeneo. Anche se suoniamo musiche eterogenee, alla fine il nostro sound è riconoscibile ed è il risultato del nostro affiatamento e della nostra ricerca. Diciamo che c’è un nostro tocco su brani di provenienza diversa che privilegia la melodia, la liricità, senza però perdere il ritmo. Noi perseguiamo questo fine ed è una cosa che ci viene del tutto naturale.
Quindi, come è nato questo Trio Salerno?
Il nostro trio è nato da un antica amicizia che legava i nostri padri. Loro, anche se facevano altri lavori, erano professionisti e svolgevano un’attività concertistica. Il padre di Aldo, che era un chirurgo, ha cominciato a studiare tardi e, una volta in pensione, ha cominciato a prendere lezioni da mio padre. Diciamo che loro ci hanno trasmesso questa loro passione per la musica e poi le nostre strade si sono indirizzate verso il jazz.
E questa vostra scelta di non utilizzare la batteria…
In pratica la nostra scelta è stata quella di eliminare la batteria che solitamente è un elemento costitutivo tipico di una qualsiasi formazione jazz. Quasi sempre ogni gruppo nasce con la batteria, ma noi abbiamo fatto a meno di questo elemento caratterizzante cercando di ottenere qualcosa di differente dagli altri, un sound personale, molto lirico. Diciamo che fin dal principio la nostra ricerca si è sviluppata con l’intento di esaltare la melodia e l’armonia che ne consegue, tutto seguendo una logica “Cantabile”, che è proprio il titolo del nostro primo Cd, edito nel 2008 dall’etichetta Via Veneto Jazz. Non ci piace la definizione cameristica, però talvolta le nostre sonorità sono talmente sottili che potrebbero riecheggiare quelle classiche.
Il vostro è un gruppo molto affiatato in cui c’è un’armonia ben consolidata. Potremmo dire che per voi è valido il concetto di interplay?
Diciamo che ognuno dà il proprio contributo in modo uguale agli altri. Per esempio Dave Brubeck componeva le sue musiche e gli altri sideman lo seguivano; noi, invece, siamo tre compositori allo stesso livello, tre musicisti che si completano, ognuno complementare all’altro. Per fortuna tra di noi c’è un equilibrio magico che è dovuto soprattutto al numero elevato di prove che facciamo. Inoltre registriamo spesso i nostri concerti e valutiamo le cose che funzionano e anche quelle che non funzionano, un consiglio che diamo soprattutto ai giovani che si avvicinano al Jazz. Per quanto riguarda il nostro repertorio, quello composto da brani originali, diciamo che le musiche vengono composte da tutti e tre ed è una collaborazione paritetica. Non c’è qualcuno che prevale.
Sabato scorso avete suonato all’Alexanderplatz insieme al percussionista Pierpaolo Bisogno. Collaborate spesso con elementi esterni al Trio?
Con Pierpaolo collaboriamo anche in altri progetti ed è spesso uno dei nostri ospiti. L’abbiamo chiamato perché la voglia di sperimentare non ci manca e in questo caso, visto che era un sabato sera, volevamo vivacizzare la nostra proposta rendendola più allegra e frizzante. Questo si unisce alla nostra curiosità di sperimentare l’inserimento di alcuni ospiti nel trio. E’ già successo e continuerà a succedere. Pierpaolo Bisogno è un bravissimo vibrafonista e percussionista che vive a Roma da anni e che abbiamo invitato molto volentieri.
Quindi, vi rivedremo presto all’Alexanderplatz?
Si torneremo presto, il prossimo concerto è previsto per il 10 Novembre
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