Alessandro Deledda racconta il suo progetto Morbid Dialogues: “Tutto nasce dall’esigenza di compiere un viaggio!”
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Si intitola Morbid Dialogues l’ultimo progetto che porta la firma del pianista Alessandro Deledda pubblicato per Emme Record nel gennaio 2016. Un disco che mette in luce l’improvvisazione libera, che rappresenta un vero e proprio cammino di libertà e in cui non manca una buona dose di incoscienza e di follia. Compagni di viaggio per questa nuova avventura sono Ferdinando Faraò alla batteria, Silvia Bolognesi al contrabbasso e Francesco Bearzatti al sax. Alessandro Deledda ha raccontato a Jazz Agenda la nascita di questa nuova avventura.
Alessandro, per cominciare parlaci del tuo nuovo lavoro discografico “Mordid Dialogues”, uscito il 13 Gennaio 2016 edito dall’etichetta Emme Record Label/Delexy?
“Nasce sicuramente dall’esigenza di fare un viaggio, finalizzato alla realizzazione di un progetto che possa mettere in luce un tipo di improvvisazione libera, un modo di lavorare attraverso un procedimento che considero opposto alla composizione: partire dall´improvvisazione libera per arrivare al componimento durante il suo percorso estemporaneo. Prendere una direzione sconosciuta con dei compagni di viaggio che abbiano voglia di intraprendere insieme questo cammino con libertà, un pizzico di follia e una buona dose di incoscienza. Dialogare quindi attraverso dei gesti musicali, dei timbri, delle intenzioni ritmiche o semplicemente dei messaggi “in codice” da raccogliere simultaneamente al fine di creare un qualcosa che possa avvicinarsi quanto più possibile ad una composizione finale.”
Un disco pieno di energia in cui la sperimentazione, mai fine a se stessa, diviene veicolo attraverso il quale esprimere sentimenti e stati d’animo. Qual è lo stile che senti più tuo?
“Credo che tutto ciò che nel quotidiano si fa con la musica e per l’arte, non può non aver a che vedere con il desiderio e l’istinto di voler esplorare nuovi mondi. L’incontro tra l’improvvisazione e la sperimentazione in questo disco, ha rappresentato per me un grande lavoro di esternazione estemporanea di passioni, dedizione, eventi, casualità e direi, anche di disciplina per le regole. Ecco allora che per esempio l’elettronica può aiutare, un suono aleatorio può stimolare, un elemento ritmico può catalizzare nuovi intenti improvvisativi. Credo fermamente che il risultato finale derivato da tali presupposti non possa non produrre un lavoro ricco di energia. Lo stile che sento più mio? Beh, più che di uno stile parlerei di un contenitore di cliché appartenenti a tutti i musicisti che hanno contribuito alla realizzazione di questo disco, senza scelte precostituite, abbiamo creato un’acconciatura improvvisa (tutto sommato inconsueta) che identifica il lavoro in maniera omogenea. Io non credo di avere uno stile ben definito, credo di avere semplicemente cose da raccontare in maniera estemporanea, e soprattutto in maniera non impossibile da ascoltare pur attraverso un processo mentale che definirei assai occulto... in questo disco ciò è accaduto con morbosa voglia di dialogare!”
Un disco tutto italiano ma con un forte respiro internazionale, ricco di tensione musicale. Quanto ti rappresenta?
“Molto se penso alla mia voglia di uscire allo scoperto, di interagire, di pormi al di fuori di qualsiasi schema, di contaminare, di deframmentare la mia mente per costruire qualcosa che funzioni, e al fine di stabilire una relazione con il pubblico che ti ascolta. Credo che questo lavoro sia un compendio di elementi contemporanei, un puzzle di melodia, atonalità, elettronica, improvvisazione radicale, ma anche paesaggi sonori, profumi armonici che però non contrastano fra di loro, derivato oltretutto dalla poliedricità dei musicisti che ne hanno preso parte, che hanno sicuramente dato un contributo determinante ad una tensione che spesso sfocia in distensione in alcuni brani.”
Tre brani che hanno cambiato la tua vita?
“Domanda molto difficile questa. Più che brani ci sono stati pianisti e compositori che mi hanno aiutato a crescere se penso alla grandezza di Ravel, dei compositori europei del primo 900, all’immensità di Bill Evans o Lennie Tristano piuttosto che alle sonorità di Enjoy the silence dei Depeche Mode, o alla sintesi di Murcof, ma se proprio devo risponderti: Morbid Dialogues, Rendez-Vous e Mr. Charlies’s way...sono dentro questo lavoro, ed hanno già cambiato la mia vita!”
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