Un’orchestra di chitarre nell’ultimo disco di Daniele Morelli intitolato Ars Musica
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Si intitola Ars Musica l’ultimo disco del chitarrista Daniele Morelli uscito ad aprile del 2023 per l’etichetta Off Records. Un progetto in cui il chitarrista toscano, trapiantato in Messico da diversi anni, presenta quindici composizioni originali interamente riprodotte con la chitarra. Attraverso il suono di questo strumento che diventa ritmo, melodia e percussione allo stesso tempo, riprendono nuova linfa vitale alcune delle culture più antiche della storia. Un album, dunque, che rappresenta un viaggio verso un mondo ancestrale, tra suoni rarefatti e melodie sospese che spesso trascendono nella psichedelia.
Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?
Ars Musica è un album dedicato alle divinità della musica, dell’arte e della creatività del mondo antico, dai Sumeri all’antico Egitto, dalla Grecia ai Maya. Un album visuale, esteticamente inspirato a varie regioni del mondo cercando, attraverso il suono della chitarra, di rievocare sensazioni sconosciute e perdute nel tempo.
Rispetto alle tue produzioni precedenti cosa c’è di nuovo?
Ars musica è stato registrato completamente con chitarre elettriche, dalle percussioni ai rumori che si possono ascoltare. È il primo album che registro da solo concentrandomi in ogni brano sul suono il ritmo e il concetto de ripetitività richiamando appunto cerimonie e emozioni antiche, quindi ho volutamente trascurato per la prima volta l’armonia. Vi lascio scoprire il resto.
Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?
Volevo registrare un album da solo, solo con chitarre, quindi ho iniziato a immaginare una orchestra di chitarre elettriche ognuna con un compito ben preciso. La prima idea è stata quella di sfruttare la chitarra come strumento esclusivamente ritmico per poi sviluppare delle melodie e improvvisazioni a tema.
Quanto ha influito la tua permanenza in Messico in questo disco?
Il Messico è un paese surreale ancora oggi dove si incrociano tante culture antiche e moderne, una kermesse di credenze direttamente connesse alle culture precolombiane messicane. Dopo tanti anni ancora mi sorprendo di situazioni che in Europa sarebbero improbabili se non impossibili. Poi chiaramente è una zona dove si respira ancora tanta spiritualità o comunque emozioni profonde fonte di ispirazione. Sappiamo molto poco a livello storico sui Maya o gli Zapotechi, quindi le rovine, le piramidi e il sincretismo attuale delle varie etnie lasciano spazio alla immaginazione. Adesso che ci penso ha influito anche ad abbassare il livello di auto giudizio sulla mia proposta musicale, voglio dire che mi aiuta a non giudicar la musica che faccio secondo un criterio occidentale, ma a concentrarmi sull’emozione che il suono provoca.
Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?
Mi piace vederlo come una fotografia del momento. Per me è un omaggio personale ad antiche culture e al fatto che in ogni angolo del pianeta gli esseri umani hanno sempre scelto una figura, a volte semi umana, come rappresentante della musica e dell’arte, divinità che insegnavano a cantare o a far musica e che si trasformano nella musica stessa. Uno sguardo personale al passato.
Raccontaci anche come ci hai lavorato nella registrazione
Come dicevo sono partito quasi in tutti i brani da un’idea ritmica, poi ho sovra-inciso le chitarre melodiche, sempre rimanendo in un contesto modale, e una volta finito il brano ho registrato, sempre con la chitarra e l’uso di alcuni pedali come il Freeze e il Malekko delay, i rumori che fanno da paesaggio sonoro alla musica. Questo per ricreare l’ambiente necessario all’immaginazione auditiva e visuale della divinità o della cultura che ne fa parte. A livello compositivo ho giocato tanto con poliritmi e tempi diversi. È stato interessante usare ritmi diversi, una base in un tempo e una melodia in un altro, suonati insieme, a volte mi sorprendevo io stesso del risultato e immaginavo di scoprire la spiritualità della divinità attraverso l’applicazione matematica sul ritmo, così come possiamo usare la matematica per scoprire la bellezza e le immagini della natura ed era proprio qui che mi sorprendevo dell’emozione che provocano certi poliritmi, prima sconosciuta.
Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?
In generale si, ci sono tanti artisti che sono stati importanti nella mia carriera di chitarrista e compositore, ma per quanto riguarda questo album non saprei indicare qualche riferimento sonoro o compositivo. Mi sembra e spero che sia un album diverso e originale in molti sensi.
Come vedete questo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate aa questa musica?
Su questo ho sentimenti contrastanti, a volte credo che il concetto di questo album si possa suonare liberamente con altri strumenti e in gruppo, a volte immagino che ci vorrebbe una orchestra di chitarristi per riprodurlo come nel disco. Ma a parte le esibizioni live penso che sia un album talmente visuale che potrebbe avere evoluzioni nel cinema e magari in film di animazione.
Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?
Concerti in questo periodo non mancano anche se non sono legati a questo album. Tanti progetti in divenire ma soprattutto sto registrando con altri musicisti già il prossimo album che sarà totalmente diverso e un album in duo con Miguel Alzerreka, geniale vibrafonista messicano.