Jazz Agenda

Manlio Maresca "Manual for Errors" racconta il disco Hardcore Chamber Music

Pubblicato dall’etichetta Auand, “Hardcore Chamber Music” è l’ultimo disco che porta la firma del chitarrista romano Manlio Maresca. Un progetto dinamico e in continuo cambiamento che si avvale di una formazione d’eccezione (i Manual for Errors) composta da Francesco Lento alla tromba, Daniele Tittarelli al sax alto, Roberto Tarenzi al piano, Matteo Bortone al contrabbasso, Enrico Morello alla batteria e Domenico Sanna al rhodes & bass synth. Un’esperienza nuova, dunque, con una formazione duttile con un organico variabile che, a seconda del caso, può dare vita ad espressioni artistiche di diversa natura. Manlio Maresca in persona ha raccontato a Jazz Agenda questa nuova esperienza da leader.

Il Manual For Errors è un progetto che ruota fondamentalmente intorno alla mia persona, una sorta di gruppo in continua mutazione: sia per quanto riguarda l’organico sia per quanto riguarda gli strumenti utilizzati. Si va da un massimo di sei elementi, che si alternano concerto dopo concerto con tromba, sax, piano, contrabbasso e batteria, fino ad un minimo di uno, cioè solamente io con chitarra e computer. Quindi la caratteristica fondamentale è che il repertorio subisce delle continue variazioni, sia di tipo timbrico sia stilistico. Di volta in volta, infatti, ci troviamo sempre a contatto con una materia musicale differente e questo è stimolante. Si passa da un live nel quale si suona in modalità jazz ad uno nel quale le sonorità sono più aspre, fino alla serata nella quale prevale l’elettronica e così via. Questo è una sorta di gioco nel quale mi diverto ad interpretare, in musica naturalmente, personaggi sempre differenti che si adattano alle situazioni più disparate, mantenendo sempre una costante, il germe della scorrettezza, dell’errore per fini creativi.

Hardcore Chamber Music” è un progetto intrapreso dopo diverse partecipazioni in altre band in cui Manlio Maresca ha certamente dato un contributo importante a  livello stilistico, compositivo ed interpretativo. A proposito il musicista romano ci ha raccontato il suo percorso musicale:

"Nel corso degli anni ho lavorato ad album prevalentemente di natura contorta e con sonorità elettriche tutt’altro che accomodanti. Iniziando con i Neo, passando per gli Squartet, fino ad Andy music: tutti progetti che in linea di massima portano la mia cifra stilistica pur non portando il mio nome. Questa volta invece mi sono voluto imbarcare in un progetto a mio nome e dato che ho agito differentemente, cioè non con un gruppo fisso ma con ensemble sempre differenti, ho voluto rendere noto il mio pensiero, scrivendo una sorta di mio personalissimo manuale. Da qui il nome Manual For Errors, che indica la band che mi affianca (titolo che ho preso in prestito dall’album “Manual of Errors” di Snake finger, musicista e compositore inglese attivo negli anni ’70 e ‘80). Inoltre ho cominciato anche a sentire l’esigenza di fare una musica meno spigolosa e più “posata”. Negli ultimi anni mi sono avvicinato molto alle sonorità Nu soul newyorkesi, per cui ho voluto rifare un’esperienza già fatta qualche anno fa con “I Mostri”, album costituito da un organico acustico, di impronta jazz."

Un album importante, dunque, all’interno del quale il jazz si sposa anche con altri linguaggi legati all’elettronica e alla musica contemporanea:

Come ogni mio album – prosegue Manlio Maresca - anche questo risulta essere la rappresentazione di un momento di transito, un periodo didattico, di ricerca, concettuale, istintivo. Ho inserito brani che avevo scritto già qualche anno fa, ma che non avevo mai registrato, come per esempio “Speedball”, così come altri brani appena scritti e assolutamente inediti come “Hardcore Chamber Music” (che dà il titolo all’album), oppure “Esercizi Di Memoria”, come fosse un perno attraversato dal corso della musica che si evolve. Trovo inebriante il fatto di essere riuscito a far confluire in un album apparentemente jazz, delle sonorità che fino ad ora non sono mai entrate in contatto con questa musica. Non mi sono ispirato tanto a John Coltrane piuttosto che a Ray Bryant, ma ho cercato di immaginare come sarebbe stata la loro musica se fossero vissuti fino ai giorni nostri, se avessero ascoltatola musica dei Primus o degli Scellac, o dei Sonic Youth.

 

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