Francesco Mascio e il disco Ganga’s Spirit: “Ho conosciuto la musica indiana tramite John Coltrane"
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Il jazz che si fonde con la cultura indiana e che unisce due mondi, due filosofie musicali apparentemente agli antipodi, ma che hanno diverse similitudini. Si presenta così il disco Ganga’s Spirit che porta la firma di Francesco Mascio, pubblicato dall’etichetta Emme Record Label. Il chitarrista in persona ci ha raccontato il cammino ed i percorsi che hanno portato alla nascita di questo progetto.
Francesco, il tuo progetto Ganga’s Spirit è fortemente contaminato dalla cultura e dalla musica indiana. Come è nata la passione e l’interesse per questo paese così diverso dal nostro?
Ho conosciuto la musica indiana tramite uno dei personaggi chiave della storia del jazz John Coltrane. Studiando la sua biografia ho scoperto che nutriva una profonda ammirazione per Ravi Shankar, straordinario maestro del sitar. Da quel momento sono rimasto folgorato dal suono magico di questo strumento e dalla musica indiana in generale. Successivamente ho deciso anche di approfondire anche la cultura e la filosofia di questo vasto sub–continente.
Alla base di questo disco e della tua musica c’è senza dubbio tanto studio e probabilmente un interesse che è cresciuto nel tempo. Vuoi raccontarci il tuo percorso musicale?
Mi sono avvicinato alla Musica all’età di 6 anni per cui in quasi trent’anni di studi ho avuto la fortuna di vivere tante emozioni, anche se talvolta contrastanti. Quando ho iniziato, non avevo obbiettivi precisi ma semplicemente nella mia mente si era formata l’immagine di un vecchietto che con una chitarra classica che suonava delle musiche per i nipoti che gli giocherellavano intorno. Andando avanti sono poi successe tante altre belle cose che non avevo considerato. Sicuramente una delle caratteristiche del mio percorso è di non essermi mai ancorato ad un'unica formula o stile ben preciso, ma di aver seguito il più possibile il mio istinto, felice di correre il rischio di approdare in sentieri sconosciuti.
C’è stato un viaggio in particolare o se preferisci un incontro, un’esperienza che ti ha messo a confronto con la cultura indiana?
Circa dieci anni fa incontrai una persona più grande di me la quale mi esternò il desidero di voler imparare a suonare la chitarra nonostante fosse totalmente a digiuno di nozioni musicali. Da quell’incontro, lezione dopo lezione, ebbi l’opportunità di imparare tanto poiché questo mio allievo ,avendo lavorato per diversi anni in una radio possedeva una visione che mi stimolò a cercare nuovi elementi musicali
Cosa ti ha appassionato maggiormente della musica indiana?
La cosa che trovo più interessante di questa musica è il fatto che venga percepita come sacra sia da chi la suona che da chi l’ascolta; è ritenuta infatti un tramite per cui è possibile raggiungere dei piani trascendentali. Un’ altra peculiarità è che essa é strettamente connessa con tutti gli aspetti della vita e spesso, come mi è capitato in più occasioni di constatare assistendo a concerti di musica classica indiana, ha un potere catartico sugli ascoltatori possedendo oltre ad una sua estetica anche un valore terapeutico.
Il jazz e la musica indiana: due mondi che sembrano così lontani da un punto di vista musicale. Quali sono secondo te i punti di contatto tra questi due universi sonori?
Sicuramente il punto d’incontro più significativo è che entrambi questi stili sono caratterizzati da una profonda libertà espressiva. Una volta stabilita l’accordatura e il relativo raga (scala musicale) per suonare la musica indiana si fa completo affidamento all’improvvisazione che come tutti sappiamo é una delle caratteristiche principali del jazz.
A questo punto parlaci anche del tuo percorso prettamente jazzistico…
Prendendo in considerazione il mio strumento i primi innamoramenti musicali sono avvenuti con Joe Pass per quanto riguarda gli aspetti armonici e con George Benson per quanto riguarda il fraseggio. Subito dopo sono rimasto fortemente affascinato da altri grandi maestri della chitarra come Metheny, Stern, Schofield, Frisell, Ribot ma la lista sarebbe ovviamente lunghissima. Amo tuttora andare alla scoperta di nuovi musicisti nel panorama jazzistico ma non mi limito solo a questo stile. La musica etnica in genere è per me ad esempio un’ ampia fonte di ispirazione.
E quando hai deciso che questi due percorsi, ovvero quello jazzistico e quello legato alla musica indiana, potevano unirsi?
Dopo il mio viaggio in India si è concretizzata l’idea di fare un disco che unisse il jazz alle sonorità orientali. Cercavo una sorta di veste da poter dare alla mia Musica, e i colori e i profumi dell’India, che in quel momento mi avevano fortemente penetrato, mi sono sembrati gli ingredienti più adatti alla mia ricetta musicale ovvero Ganga’s Spirit.
Prima di lasciarci un’ultima domanda: prossimi progetti in cantiere?
Il 12 e 13 Dicembre sarò in studio per la realizzazione di un nuovo lavoro con i “Jaggae”. Si tratta di un progetto in collaborazione con il chitarrista Emiliano Candida con il quale cercheremo di far convivere in maniera pacifica e gioiosa jazz e reggae. Oltre al duo di base è già previsto qualche ospite alle percussione e alla tromba…ma non voglio rovinarvi la sorpresa.
Un sincero ringraziamento a Carlo Cammarella per le sue preziose domande che mi hanno dato l’opportunità di conoscermi un po’più a fondo.
”Lunga vita a chi sostiene la Musica e l’Arte ...ॐ