JAZZ AGENDA

A+ A A-

Live Report: Stewart Copeland alla Casa del Jazz

mt1_8576-copia
mt1_8603-copia
mt1_8609-copia
mt1_8642-copia
mt1_8719-copia
mt1_8780-copia
mt1_8791-copia
mt1_8817-copia
1/8 
start stop bwd fwd

Ci sono musicisti che anche con il passare del tempo rimangono sempre gli stessi, magari con qualche capello bianco di troppo, ma con la stessa grinta e voglia di esibirsi che sembra quasi appartenere agli adolescenti. Tra questi c’è Stewart Coplend, storico batterista dei Police, che venerdì scorso abbiamo avuto modo di vedere alla Casa del Jazz, in questa splendida cornice che per una notte ha messo da parte il Jazz per “ospitare” un evento molto particolare. E mentre il Sole sta per tramontare, in un venerdì ancora scandito dal traffico cittadino, mentre gli ultimi ritardatari cercano di trovare un improbabile parcheggio molto lontano dal luogo del concerto, davanti al botteghino c’è una fila che sembra non finire mai, tipica di quei concerti che richiamano un gran numero di fan. Entriamo, allora, nel vivo di questo racconto; la pima cosa che possiamo dire è che quello di venerdì non è stato un vero e proprio concerto, ma forse la celebrazione di un personaggio affascinante ed intelligente che ha suonato nelle arene più grandi del mondo, con uno dei gruppi più famosi al mondo, davanti a centinaia di migliaia di persone. 

Usiamo la parola “celebrazione” non a sproposito, perché il concerto di Stewart Copeland non comincia proprio subito. Dopo una breve esibizione del “Copeland Junior”, con i suoi Hot Head Show, infatti, la serata entra nel vivo ed il batterista dei Police, che dopo tanti anni sembra ancora agile come una gazzella, sale sul palcoscenico della Casa del Jazz presentato da Gino Castaldo e Vittorio Cosma. E la prima parte di questa serata ha inizio con la presentazione, fatta tramite intervista, della biografia di Stewart Copeland, “Strange Things Happen”, libro pubblicato da Minimum Fax in cui questo musicista, in maniera forse estemporanea, ripercorre la sua vita e alcune delle sue tappe fondamentali. Da qui vi raccontiamo un aneddoto divertente della serata. La presentazione del libro viene, infatti, accompagnata da alcuni video e in uno di questi Stewart Copeland, probabilmente per girare uno spot pubblicitario, si trova in sella ad un cavallo in mezzo a delle giraffe: “Ci sono voluti tre giorni per girare quei 20 secondi” confessa ridendo davanti al pubblico e raccontando che il cavallo aveva una paura folle degli animali selvatici… Giraffe comprese. Insomma, questa prima parte della serata se ne vola via così, con un batterista che scopriamo essere un intrattenitore anche seduto su di una poltrona piuttosto che su di uno sgabello con il sedile rotondo.

Quindi, al termine di questa breve intervista Stewart saluta per un momento il pubblico, che per la verità stava anche cominciando a sbuffare un po’ per la lunga attesa, ed esce dalla scena per prepararsi a suonare. Pochi minuti ed il concerto vero e proprio comincia. La line-up è composta da  Vittorio Cosma (purtroppo per lui un braccio ingessato), Armand Sabel Lecco, Cesare “Mac” Petricich e Giovanni Imparato; il sound da loro proposto è un misto di rock, reggae, musica popolare, forse salentina, condito da una chiara matrice mediterranea. Sonorità che forse Copeland ha interiorizzato nei suoi lunghi periodi di permanenza in Italia e che ora ripropone attraverso questa nuova formazione. Come special guest della serata si sono alternati sul palcoscenico John de Leo, ex cantante dei Quintorigo, Max Gazzè che per l’occasione ha cantato Don’t box me in dei Police (in un modo che non possiamo di certo definire impeccabile) e Niccolò Fabi che si è cimentato con Does everyone stare. Una performance nel complesso piacevole che, tuttavia, è durata per circa tre quarti d’ora, lasciando gran parte dei fan, che si aspettavano di ascoltare i bani più famosi dei Police, con un po’ di amaro in bocca. Rimane sempre il fatto che la location in cui si è svolto l’evento è la Casa del Jazz, che per noi rimane sempre un luogo accogliente e affascinante, specie quando la bella stagione è ormai sopraggiunta.

Carlo Cammarella

Foto di marco Trombetta

Leggi tutto...

Stefano di Battista women’s land featuring Gino Castaldo inaugura la nuova stagione dell’Alexandeplatz


Quando parliamo di musica, generalmente siamo portati a credere che un compositore per prima cosa scriva la parte melodica. Magari potremmo dire che è stato ispirato da un’immagine, da qualcosa che lo ha attirato, dal ricordo di un viaggio, da un paesaggio particolare, ma è raro che dietro ad un insieme di composizioni (quelle che poi possono dar vita ad un CD) ci sia un pensiero ben strutturato. Forse detto in questo modo, questo concetto potrebbe sembrare un po’ artificioso, ma questo succede soltanto quando parliamo di musicisti che hanno l’estro o l’intelligenza per creare qualcosa con solide fondamenta.

Perché questo preambolo così noioso? Effettivamente basterebbe esporre le cose così come si sono svolte o descrivere uno per uno i brani della serata che stiamo per raccontare, ma a dir la verità la cosa ci è sembrata un po’ riduttiva. E allora partiamo dall’inizio e diciamo che innanzitutto la riapertura dell’Alexanderplatz non poteva che offrire uno spettacolo migliore con il ritorno di Stefano di Battista, sassofonista di fama internazionale, che ha presentato il suo nuovo progetto Women’s Land. Insieme a lui sono saliti sul palco Roberto Tarenzi, al pianoforte, Dario Rosciglione, al contrabbasso, Roberto Pistolesi, alla batteria, e c’è stata anche la partecipazione straordinaria diGino Castaldo, uno dei critici musicali più importanti in Italia.

E così siamo arrivati al nodo cruciale. Ogni brano proposto dal quartetto è stato introdotto da una lettura di Gino Castaldo: sono le donne del passato, quelle che hanno lasciato il segno nella storia, le protagoniste delle composizioni, ognuna legata al suo tempo, alle sue tradizioni, alla sua natura e anche alla musica del periodo in cui è vissuta. Ed ecco svelato il motivo per cui dietro alle musiche di Stefano di Battista c’è un pensiero ben strutturato, perché queste donne, che siano Anna Magnani, Rita Levi Montalcini, o Lara Croft, hanno preso vita proprio grazie all’ispirazione di un gruppo di musicisti che si sono calati, momento per momento, in epoche, mondi e culture diverse.

Dunque, tornando alla splendida serata che venerdì scorso abbiamo avuto il piacere di vedere all’Alexanderplatz, diciamo che il concerto è cominciato con la descrizione di Rita Levi Montalcini; due note di basso hanno accompagnato la voce di Gino Castaldo che ha iniziato raccontando una parte della vita di questa importante scienziata, quella trascorsa negli Stati Uniti. E poi, dopo questo breve preambolo, è cominciata la musica, il sassofono lentamente è salito d’intensità e ha preso il sopravvento; le parole, ciò che resta del mondo razionale, hanno lasciato il posto alla melodia, all’emotività, all’inconscio del suono. Il brano è cominciato con una melodia molto dolce, per poi approdare in un blues, una musica un po’ nostalgica che ci ha trasportato per qualche istante da un’altra parte, in America, magari quando Rita Levi Montalcini era in vacanza o in una delle sue tante lezioni universitarie. E poi sono arrivate le prime variazioni, la musica si è trasformata in improvvisazione pura fino a tornare al tema originale.

Ma di donne su cui parlare bisogna dire che ce ne sono davvero tante. E quindi è arrivato il turno di Molly Bloom, la Penelope di Joyce, è arrivato quello di Anna Magnani, la cui figura è stata accompagnata da una melodia malinconica che ben si lega all’immagine di una donna fragile e triste. E sempre con un po’ di immaginazione, spaziando da un periodo storico all’altro, il quartetto ci ha fatto avvicinare a Lucy, la prima donna del mondo, passando per Lara Croft, associata ad un ritmo ed una musica più moderni ed incalzanti, fino a raggiungere Coco Chanel, elegante come sempre anche attraverso i disegni del sassofono.

Ogni donna ha una sua musica, un suo linguaggio, qualcosa che la rappresenta o che può essere una fonte di ispirazione. Stefano di Battista questo lo ha compreso perfettamente e per questo ha dato vita ad un progetto del tutto originale, capace di spaziare tra musica e lettura. E quindi, lo possiamo proprio dire, per l’Alexanderplatz non poteva che esserci un’apertura migliore, un modo originale per inaugurare una nuova stagione che sicuramente ci darà modo di apprezzare tanti altri musicisti.

Carlo Cammarella

foto di Mauro Romano

Leggi tutto...

Stefano di Battista racconta il suo nuovo progetto Women’s Land

Venerdì scorso avevamo ascoltato all’Alexanderplatz la presentazione del nuovo progetto di Stefano di Battista, Women’s Land, nato dalla collaborazione con Gino Castaldo, uno dei più noti critici musicali italiani. Come abbiamo appreso durante l’esibizione, tutte le musiche sono state studiate per rendere omaggio a quelle figure femminili che hanno lasciato un segno indelebile nella storia. Per capirne la filosofia e i retroscena, abbiamo approfondito l’argomento con Stefano di Battista, leader di questa nuova formazione.

Stefano, come nasce l’idea di fare questo tributo alle figure femminili?

“Nasce perché in questi ultimi mesi ho notato che tutte le compositrici e cantanti donne nella parte creativa hanno sempre qualcosa di diverso dall’uomo. Inoltre, visto che da poco ho avuto una bambina, una femmina, mi sono catapultato nell’universo femminile e mi piace immaginare come potrà essere lei da grande. Ti faccio un esempio: quando ascolto Joni Mitchell o Rita Marcotulli, sia nelle composizioni che nel modo di suonare o di cantare, riscontro un approccio diverso nella parte creativa e nel modo di esprimere la musica. Tecnicamente non saprei dirti cosa c’è di diverso, ma mi arriva un’emozione differente da quella che percepisco quando ascolto un uomo. Tutto questo mi ha incuriosito e ho cercato di prenderlo come stimolo per scrivere delle cose diverse. Da un po’ di mesi stavo componendo sempre le stesse cose, mi annoiavo, per cui ho pensato che immaginare questo tipo di dolcezza delle donne, potesse darmi nuovi stimoli. Inoltre ho visto che quando penso ad un soggetto in realtà mi vengono delle idee e sono ispirato a scrivere cose diverse.”

Quindi, cosa è nato per primo, il pensiero della figura femminile o la musica?

“Diciamo che la prima cosa che mi ha spinto è stata la curiosità, il cercare di capire cosa ci fosse dietro questo differenza. La curiosità mi ha spinto ad immaginare questi personaggi femminili per poi scrivere qualcosa di diverso. Ovviamente tutto questo l’ho condiviso con Gino Castaldo con il quale sono molto amico e, avendo passato del tempo insieme, abbiamo dato vita ad una specie di avventura volta alla ricerca di questi personaggi e della loro storia. In realtà non abbiamo studiato i personaggi da capo a fondo, ma abbiamo cercato di prendere delle suggestioni che potessero essere traslate in musica.”

E questa parte narrata, che abbiamo ascoltato venerdì, sarà presente nel CD?

“Si, noi metteremo questa parte narrata nel libretto, che sarà curato da Gino Castaldo stesso, e quindi, ogni donna sarà raccontata da un uomo, attraverso la visione di noi uomini e attraverso il modo in cui noi l’abbiamo raccontata sia con le parole che con la musica. Tutto questo per dare vita ad un progetto che sprigioni amore nei confronti della donna e nei confronti della figura femminile. Lo possiamo definire tributo, oppure omaggio, ma in definitiva, il fatto che io sia padre di una bimba, e che comunque sia sensibile a un certo tipo di realtà femminile, non fa altro che farmi amare le donne in una maniera che potremmo definire spirituale. Il fatto che una donna possa diventare mamma per me è un fenomeno incredibile.”

Quindi, c’è anche qualcosa di autobiografico in questo lavoro?

“Probabilmente c’è anche questo aspetto autobiografico, ma non è l’unico perché non parlo solo di me, ma anche di un immaginario generale che hanno uomini come me e Gino, per esempio.”

Come è avvenuta l’associazione della musica a una figura femminile, avete pensato ad un genere prestabilito?

“No, a volte la musica accompagna il periodo storico del soggetto. Per esempio Rita Levi Montalcini è stata in America e noi ce la siamo immaginata a New Orleans; la parte iniziale del brano, quella un po’ più dolce, diventa un blues proprio perché abbiamo immaginato che Rita Levi, appena arrivata in America, abbia potuto avere delle esperienze d’amore divertenti, scoprendo qualcosa di sé, magari andando in vacanza a divertirsi. Non lo so, ci siamo immaginati una persona che ha fatto delle scoperte in America e l’abbiamo descritta con un ritmo che per eccellenza si usa nel Jazz, il New Orleans. Questo è un parametro che poi ci permette di tornare alla musica un po’ più dolce nella parte finale, che poi è quella che suoniamo all’inizio. Cerchiamo di seguire un po’ l’andamento della storia di ognuna di queste figure femminili.”

Un’ultima domanda, Stefano, quali saranno i prossimi progetti di questo nuovo quartetto?

“Per quanto riguarda i prossimi progetti, contiamo di registrare un album e siamo già in contatto con Caetano Veloso, per avere una partecipazione, con Pat MethenY, se ci riusciamo, e… Con altri artisti, che ovviamente saranno uomini; sarà sempre un omaggio rivolto alle donne, ma visto al maschile. Per il momento credo che questa avventura non finirà mai perché in realtà continuiamo a scrivere brani ogni giorno; siamo arrivati a quindici pezzi, continuiamo a farne di nuovi e forse questo sarà un disco chiamato volume 1, volume 2 e volume 3. Dopo vedremo, intanto ti posso dire che Women’s land per il momento è il mio futuro”.

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS