Jazz Agenda

Pietro Ciancaglini, Consecutio: “Un disco pieno di energia dove non manca la cantabilità”

Si intitola Consecutio il nuovo lavoro discografico del contrabbassista Pietro Ciancaglini uscito venerdì 8 dicembre per l’etichetta GleAM Records. Il disco è interamente costituito da brani originali che rappresenta il compimento del lungo lavoro di ricerca dell'artista. Un percorso artistico nel quale ha sperimentato diverse sonorità timbriche e particolari combinazioni strumentali. Hanno partecipato alla realizzazione di questo progetto Pietro Lussu al fender rhodes e al pianoforte, Armando Sciommeri alla batteria e alla voce di Chiara Orlando per alcune delle composizione dell'album. Ecco il racconto a Jazz Agenda di Pietro Ciancaglini.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

“Certo. È un disco costituito interamente da brani originali, caratterizzati ciascuno da atmosfere e colori che contribuiscono a realizzare un quadro (se vogliamo utilizzare questa similitudine con la pittura). È un disco di jazz elettrico ed acustico allo stesso tempo, pieno di forza e di energia, ricco anche di molte situazioni diverse e suggestive dove la cantabilità delle melodie non viene mai a mancare.”

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

“Questo è un progetto che ha avuto un percorso, o meglio, una gestazione piuttosto lunga, e questa è forse la ragione per cui è un' opera molto intensa nella sua essenza. C'è tanto di me in questo lavoro e credo sia il disco che mi sia riuscito meglio da diversi punti di vista: compositivo innanzitutto, ma anche stilistico e tecnico. Questo progetto si è evoluto in diverse fasi: 1) il periodo delle composizioni, che hanno visto la luce nel periodo che va all'incirca dal 2014 al 2021 (personalmente scrivo musica quando sento di farlo, non  "a comando", e ci possono essere quindi periodi lunghi in cui non scrivo affatto e periodi invece in cui scrivo tanti brani); 2) il periodo in cui rifletto su quale è l'organico strumentale che può rappresentare al meglio la musica che ho scritto, e in questo caso ci sono voluti circa due anni per capire che dovevo essere io stesso sia solista che accompagnatore; 3) la pre-produzione; 4) la registrazione e la produzione vera e propria; 5) la preparazione dei concerti dal vivo.”

Un disco per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

“Per me un disco è un punto di arrivo e un punto di partenza allo stesso tempo; "Consecutio" rappresenta il compimento di un lungo periodo di ricerca interiore sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista umano e allo stesso tempo è una ripartenza perché, secondo il mio pensiero, l'evoluzione non ha mai fine.”

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

“Sono tanti i musicisti che mi hanno influenzato, non solo bassisti ma anche sassofonisti e trombettisti. Alla fine uno assimila ciò che ha ascoltato e crea il proprio stile negli anni; lo fa con la propria personalità che è sempre distinta da quella degli altri ma per esprimerla bisogna avere padronanza della tecnica del proprio strumento e conoscenza del linguaggio della musica che si suona. Uno dei musicisti che mi ha influenzato maggiormente dal punto di vista compositivo e del linguaggio è Tom Harrell.”

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

“Questo mio progetto ha un grande potenziale e un grande impatto (la soluzione dei due bassi funziona benissimo ed è molto efficace) e spero che venga accolto e ospitato nelle programmazioni di festival, club e rassegne in Italia. Vorrei quindi suonarlo tanto in giro e spero che me ne diano la possibilità. Sto anche continuando a scrivere ed ho già dei brani inediti che talvolta inserisco all' interno dei concerti del progetto Consecutio.”

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

“Il progetto l'ho presentato  nella rassegna Jazz Image al Colosseo e ho già delle altre date in vista: Alhambra jazz club, la Casa del Jazz e altre opzioni che devono essere ancora confermate. Confido sul fatto di poter fare molti concerti! Al momento sono concentrato su questo progetto e quindi aspetterò del tempo prima di pensare ad una nuova registrazione a mio nome. Qualche collaborazione anche discografica con progetti di altri la farò nei limiti del possibile.”

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Alberto Forino e il disco d’esordio Tiny Toys: “Spazio alla libertà e all’improvvisazione”

Pubblicato dall’etichetta GleAM Records i Tiny Toys è il primo album da leader del pianista e compositore italiano Alberto Forino che vede la partecipazione Giulio Corini al contrabbasso e Filippo Sala alla batteria. Una formazione all’apparenza convenzionale che tuttavia con inventiva, spirito di ricerca e libertà espressiva cerca nuove forme di interazione nel piano trio dando largo spazio all’improvvisazione. Ecco il racconto del leader di questo progetto.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Tiny Toys è una raccolta di nove brani scritti nel corso di diversi anni con l’intenzione di sperimentare e giocare con alcuni aspetti dell’improvvisazione. Nella composizione del materiale il principio guida è stato quello di provare ad individuare qualcosa che potesse orientare l’improvvisazione libera senza imbrigliarla in un rigido schema precostituito ma che ne potesse comunque organizzare lo sviluppo e la sonorità. Dopo i primi bozzetti scritti intorno al 2012-2013 si consolidò l’idea dell’uso dell’improvvisazione da diverse angolazioni (modale, melodica, armonica, su insiemi di note...) in un contesto compositivo alternativo alla griglia di accordi che desse una sonorità coerente e ripetibile.

In aggiunta, c’era la volontà che ogni brano avesse un’identità definita e riconoscibile pur lasciando ampi spazi all’invenzione estemporanea dei musicisti coinvolti e alle possibili evoluzioni esecuzione dopo esecuzione.

Raccontateci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

L’idea del trio nasce dopo qualche prova dei primi abbozzi dei brani in varie formazioni: diversi duo, quartetto, quintetto. La formula del trio è risultata essere la più flessibile e pratica sia per motivi logistici ma soprattutto per ridurre al minimo le indicazioni e le parti preparate e lasciare così più spazio e libertà all’improvvisazione. Con Giulio Corini ci conosciamo da tempo. Era capitato di suonare in alcune occasioni meno strutturate, mentre con Filippo Sala non avevo mai suonato, anche se lo conoscevo come musicista per i suoi gruppi e le sue numerose collaborazioni.

Quando ho chiamato Giulio e Filippo ho proposto loro semplicemente di costituire un trio per dei brani che “avevo scritto”. Al momento non accennai nulla al tipo di sperimentazione e ricerca che immaginavo per il progetto. Dapprima abbiamo fatto una prova in duo, con pianoforte e contrabbasso, per verificare la fattibilità di alcuni incastri melodici e armonici. Subito dopo, già durante la prima prova in trio, abbiamo sentito che c’era un bell’equilibrio e una grande energia: non restava che lasciarla risuonare.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

Forse un po’ tutte queste cose insieme: non avendo avuto troppe occasioni in precedenza per fissare la musica che facciamo è stato sicuramente un punto di arrivo importante. Al tempo stesso essendo un progetto in divenire è la fotografia di un istante, di come suonava la nostra musica nelle stanze del Monolith Studio in quei due giorni nel dicembre 2021. La gioia che ci ha dato e che ci dà ci spinge inevitabilmente anche a guardare avanti facendo così del disco un punto di partenza per nuovi orizzonti.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Dal punto di vista soprattutto compositivo ci sono molte figure alle quali sento di dover essere grato per la loro musica e per le loro idee che hanno poi ispirato in un modo o nell’altro la scrittura di questo lavoro. In ambito jazzistico tra i compositori storici sicuramente Thelonious Monk, Charles Mingus, Ornette Coleman, Lennie Tristano, Wayne Shorter, Miles Davis e Cecil Taylor. Tra i contemporanei Franco D’Andrea, Stefano Battaglia (con i quali ho avuto l’onore di studiare) e Tim Berne.
Una forte influenza inoltre arriva anche da alcuni autori del mondo della musica classica come Satie, Debussy, Webern e Ligeti. A questi nomi vorrei però aggiungere i concerti e i dischi di tantissimi colleghi e amici che ho la fortuna di frequentare e che sono di inesauribile esempio e stimolo.

Come vedi il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Nell’immediato vogliamo vedere come i brani evolveranno, muteranno e prenderanno una direzione o l’altra nel corso dei live con la maturazione del nostro suono e dell’interplay collettivo. Oltre a questo nel cassetto sono rimasti, e sono arrivati nel frattempo, altri bozzetti e altre idee per nuove composizioni con le quali vorremmo presto confrontarci.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Questo inverno ci saranno alcune date di presentazione del disco,  durante le quali proporremo il repertorio con qualche nuovo inserimento. Dopodiché comincia ad aleggiare l’idea di una nuova registrazione anche con l’ipotesi di un allargamento dell’organico o la presenza di un eventuale ospite. Un passo dopo l’altro vedremo dove ci porteranno questi giocattolini.

 

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Nugara Trio, Point of Convergency: “Un punto di incontro per sperimentare ed esprimere la diversità”

Un disco variegato, dalle mille sfaccettature in cui confluiscono diversi linguaggi che partono dalla musica classica e romantica, fino a raggiungere il folk, la world music e anche il pop. In questo modo possiamo riassumere Point of Convergency, primo album del Nugara Trio, prodotto da GleAM records, formato da Francesco Negri al piano, Viden Spassov al contrabbasso e Francesco Parsi alla batteria con special guest la straordinaria violinista Anais Drago. Ecco il racconto della band su Jazz Agenda.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Quando ci chiedono di descrivere il disco, ci piace proporre all'ascoltatore di usare l'immagine di una semplice figura geometrica: immaginate di tracciare delle linee a partire dai vertici di un triangolo che si innalzano verso l'alto, intersecandosi in un unico punto, e ricreando, di fatto, una piramide. Immaginate che ogni linea porti con sé un bagaglio fatto di esperienze, musicali in primis, ma anche culturali ed esistenziali, ed ognuna formi e contraddistingua un individuo unico nel suo genere, rendono l'apice della piramide un fertile punto di incontro dove poter sperimentare ed esprimere la diversità di tali individui, stimolando il confronto e la creatività. E' una descrizione un po' evocativa ma secondo noi efficace, che mette in focus il concetto del disco. Per essere più pragmatici “Point of Convergency” è l'unione di tre musicisti, ognuno con il proprio background e la propria storia, che hanno riversato le proprie idee musicali senza porsi limiti di nessun tipo; nel disco sentirete influenze tratte dalla musica classica e romantica, dal folk e dalla world music, il pop, il progressive rock e ovviamente il jazz, vero catalizzatore in grado di chiudere il cerchio. Ci siamo divertiti a confrontarci e a metterci in gioco, a volte anche scontrandoci, ma trovando sempre un punto di incontro che rende il disco vivo e mai banale.

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Ci siamo conosciuti nell'estate del 2021 ai Seminari di Nuoro Jazz, quando siamo stati premiati con le borse di studio destinate ai migliori studenti. E' stata un'edizione particolare per via delle restrizioni sanitarie del Covid e di fatto, ci siamo incontrati solo l'ultimo giorno alle premiazioni. Non ci conoscevamo, ognuno veniva da una città diversa dell'Italia (addirittura Francesco P. studia durante l'anno in Olanda) e ci dissero: “Ok ragazzi, adesso siete un gruppo, ci vediamo tra un anno e ci farete sentire cosa avete combinato”. È stata veramente una sorpresa, considerando il fatto che dal tenere un solo concerto a Nuoro, la faccenda si è evoluta ben oltre le nostre aspettative. Abbiamo cominciato a lavorare nonostante le difficoltà logistiche date dalla distanza; abbiamo trovato i primi concerti con tanto di qualche premio a qualche concorso, vinto un bando Nuovo Imaie che ha finanziato il disco, conosciuto una fantastica persona come Angelo Mastronardi di Gleam Records che ha creduto in noi e guardiamo al futuro con entusiasmo e voglia di suonare la nostra musica!

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

E' il nostro disco di debutto quindi ti direi che tutti e tre vediamo questo lavoro come un punto di partenza si spera, anche se non ti nascondiamo che è anche un bel traguardo che ci rende orgogliosi per la determinazione che abbiamo avuto nel credere nel progetto e in noi.

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Visto la natura del progetto è davvero complesso fare una lista di nomi. Non essendoci un band leader vero e proprio e non avendo posto limiti artistici o di genere, ognuno di noi tre ha i propri musicisti di riferimento che lo hanno influenzato nella scrittura e nell'arrangiamento dei brani e citarli tutti sarebbe davvero fare un bel calderone di bella musica che va dal jazz, alla musica classica, alla musica balcanica, al rock alternativo.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Al momento siamo molto concentrati sul presente, il disco è appena uscito e siamo entusiasti nel poterlo suonare il più possibile, anche perché scopriamo sempre nuove soluzioni o nuove idee nel proporre i brani che abbiamo scritto. Non sempre è facile perché la maggior parte delle composizioni contengono arrangiamenti complessi e ben strutturati ed è un attimo basarsi su automatismi che funzionano e sono “sicuri”. Cerchiamo sempre di dare qualcosa di nuovo soprattutto nei momenti più legati all'interplay e all'improvvisazione; piccole idee, che ci scambiamo ed elaboriamo quando suoniamo; alcune funzionano, altre meno ma è sicuramente un modo valido che abbiamo per tenere sotto esercizio la nostra creatività oltre che rendere la musica che suoniamo fresca e viva. Per il futuro più lontano vedremo, come detto il disco rappresenta un punto di partenza, e non ci dispiacerebbe scrivere qualcosa oltre la formazione in trio, coinvolgendo altri musicisti, un po' come abbiamo già fatto con la featuring di Anais Drago in due brani del disco. Lei è stata fantastica, e noi ci siamo tanto divertiti nell'avere uno strumento in più che arricchisse le nostre composizioni.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Abbiamo un paio di concorsi durante l'estate ma il grosso arriverà in autunno con il tour di promozione del disco che stiamo allestendo. Per adesso possiamo annunciare una serie di date all'estero finanziate dal bando Jazz ITAbroad di Music Italia Export che ci vedrà impegnati in alcuni clubs in Spagna, Inghilterra, Germania, Austria e Bulgaria. Si parte da Cadiz il 22 settembre, nel sud della Spagna e toccheremo città tra le quali Madrid, Berlino, Manchester, Sofia, Vienna ed altre ancora. Insomma ci aspettiamo un bel tour europeo che non vediamo l'ora di iniziare.

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