Jazz Agenda

Jacopo Ferrazza racconta il disco Theater: nuove sonorità possibili per il guitar-trio

Pubblicato dall’etichetta Cam Jazz nell’aprile del 2019 Theater è il secondo disco da leader del contrabbassista Jacopo Ferrazza. Un progetto che rappresenta senza dubbio un seguito al percorso stabilito con l’album d’esordio Rebirth, al quale hanno partecipato ancora una volta Stefano Carbonelli alla chitarra e Valerio Vantaggio alla batteria. Jacopo Ferrazza ci ha raccontato questa avventura.

“Theater è il mio secondo disco prodotto per la Cam Jazz, e segue il primo “Rebirth, uscito due anni fa. Condivido questo progetto con due grandi amici e straordinari musicisti come Stefano Carbonelli alla chitarra e Valerio Vantaggio alla batteria. Con loro iniziammo cinque anni fa a suonare in trio e abbiamo sempre sperimentato arrivando al suono che ora ci caratterizza e ci stimola di più. In Theater, come già iniziato con l’album Rebirth, ho continuato la mia ricerca sulle possibilità sonore del trio con la chitarra e ho ampliato il mio percorso compositivo abbracciando tecniche di scrittura nuove e stimolanti che mi hanno portato a scrivere musica programmatica. Infatti, per la scrittura dei brani mi sono avvalso di copioni e sceneggiature da me create attorno alle quali cucivo addosso la musica, cercando così di raccontare una storia o una sensazione nel modo più descrittivo possibile. Questo processo compositivo, oltre ad altri significati più intimi o esoterici se vogliamo, mi ha portato alla scelta del nome Theater per il nuovo disco.”

Jacopo Ferrazza ci racconta anche il percorso che ha portato alla nascita del disco:

“Tutti e tre condividiamo molti ascolti e passioni musicali. Io e Stefano siamo amanti della musica classica così come lo è Valerio e per tanto tempo ci siamo scambiati consigli e scoperte musicali. Allo stesso modo condividiamo la passione per il rock oltre quella quasi scontata per il jazz che ci ha formato come musicisti. Alla luce dei nostri ascolti mi sono posto la domanda, nel momento della composizione, se fosse stato giusto fare un disco di jazz oppure no e la mia risposta è stata che avrei dovuto scrivere un disco di musica, senza un’etichetta o un’identità precisa che non fosse semplicemente la mia. E’ quindi venuto naturale fare un disco che non abbracciasse uno stile ben preciso ma unisse le molteplicità della musica e i suoi numerosi aspetti, così’ da evidenziare ancora di più quanto sia necessario per me attingere da ambiti differenti e riuscire, anche come risposta alla società e alla politica odierna, a far convivere elementi differenti e apparentemente distanti.”

Un disco che certamente rappresenta un punto di partenza: a proposito Joacopo prosegue dicendo che:

“Theater, come in parte Rebirth, non rappresenta un punto d’arrivo ma di partenza. Quello che ho cercato di fare, con le mie possibilità, è stato trovare delle sonorità è un tipo di scrittura cameristica che raramente ho trovato nei guitar-trio e il risultato che ho ottenuto mi ha molto soddisfatto! Mi ha anche dato la conferma però che le possibilità sono veramente tante e che, continuando la ricerca, scoprirò ancora altre vie e percorsi da battere. Aldilà poi dell’aspetto musicale e compositivo, Theater rappresenta molti miei aspetti e lati personali, storie e esperienze che ho vissuto, persone che hanno lasciato un segno in me e momenti onirici o extra sensoriali che ho voluto trasmettere in musica. Infine, rappresenta il forte legame che ho con Valerio e Stefano e il consolidamento della nostra amicizia, e la mia fortuna personale, di poter condividere questo progetto con loro.”

 

 

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Jacopo Ferrazza in concerto alla Casa del Jazz presenta l’album d’esordio “Rebirth”

  • Pubblicato in Pagina News

Venerdì 3 febbraio ore 21.00, Jacopo Ferrazza presenta in concerto alla Casa del Jazz l’album d’esordio “Rebirth” con il suo trio composto da Stefano Carbonelli alla chitarra e Valerio Vantaggio alla batteria. Ferrazza, classe 1989, si cimenta qui con la sua prima prova da leader in un album nel quale confluiscono non solo le sue già numerose esperienze musicali, ma anche una componente emotiva molto forte che permea le 9 tracce dell’album. Il conceptdel disco sembrerebbe quasi  quello del romanzo di formazione, in questa sua volontà di imbrigliare e spiegare un mutamento esistenziale attraverso la musica. Ciascun brano attraversa, raccontandoli, diversi stati d’animo, per culminare nella “rinascita” raccontata proprio dal brano che dà il titolo all’album.

Ad aprire il disco è Indigo Generation, brano strutturato su un tema molto melodico, in grado però di svilupparsi con una metrica sempre diversa. Ferrazza riutilizza e scompone gli elementi armonici e ritmici in questa composizione che si rivela la più solare dell’album. I successivi Blind Painter e Living The Bridge sono due brani molto particolari che ben illustrano le capacità di questo giovanissimo contrabbassista. Il primo colpisce per le scelte metriche audaci: continuamente cangianti, mettono in luce l’incredibile interplay con Carbonelli e Vantaggio.

Living The Bridge si configura come una delle composizione più intimiste di Rebirth. Il ponte del titolo è quello che collega i momenti di stasi ai grandi cambiamenti della vita, e di quella calma solo apparente sa farsi interprete la musica di Ferrazza. C’è un movimento sotterraneo che ne percorre le atmosfere dilatate, ben scandito dalla batteria di Vantaggio.

Atmosfere cupe in un brano suddiviso in 5 movimenti: After Wien è una continua altalena tra passato e presente. Liberamente ispirato al Prometheus di Alexander Scriabin, la composizione è caratterizzata da diversi temi di chitarra classica che rappresentano i flashback in contrapposizione al “realismo” della batteria.

Notturno e Il Teatro dei Rami sono un tuffo nel mondo onirico di Ferrazza, mai scevro comunque da una particolare tensione, a sottolineare turbamenti e riti di passaggio. Lovers in Gravity, con le sue lunghe fughe per chitarra e contrabbasso ad amplificare una certa cupezza del brano, si caratterizza anche per l’energica batteria di Vantaggio che conferisce alla traccia un appeal quasi rock.

Nel mezzo, Pirandello Madness, unico episodio dell’album a firma di Stefano Carbonelli, una suite perfettamente incastonata in questa sorta di flusso di coscienza ininterrotto.

Lo stesso che trova compimento nell’ultima traccia, Rebirth, non a caso la più lunga del disco, che ne rappresenta il compendio ideale con la sua capacità di raccontare, attraverso la musica, la complessità di un musicista che, nonostante la giovane età, ha vissuto già abbastanza da potersi permettere di rinascere. 

 

FORMAZIONE

Jacopo Ferrazza, bass

Stefano Carbonelli, guitar

Valerio Vantaggio, drums

 

Casa del Jazz

Jacopo Ferrazza “Rebirth”

viale di Porta Ardeatina, 55

Info: 06/704731

Ingresso 10 euro

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Live Report: “The Jazz cries Jimi”: Hendrix riempie il teatro Lo Spazio

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Batteria sullo sfondo, chitarra a sinistra, contrabbasso a destra e Federica Zammarchi al centro. Le note sono molto lente, scandite sopra i piatti che tintinnano. E’ una batteria molto discreta quella che apre il concerto di domenica scorsa (4 dicembre 2011), il teatro Lo Spazio ospita la prima assoluta del progetto “The Jazz cries Jimi”. Si comincia con All along the watchover, Federica accenna un paio di strofe e prepara l’ingresso di Francesco Poeti, chitarrista in jeans e scarpe da ginnastica, in piedi davanti ad un a sedia. Esegue tutto il primo foglio di spartito, a volte leggendo a volte no, l’ha studiata bene la lezione. Applausi sul registro e Federica rientra in voce con un effetto di distorsione in cui note e parole creano una mescita rosso sanguigno, come i suoi capelli e il leggio del contrabbasso. Il secondo brano è già iniziato, suoni più elettrici per Foxy Lady, la voce un po’ si trascina, allunga il suono e la pronuncia di ogni parola e le distorsioni del suo Voiceline Touch, un processore che permette di sfruttare le armonizzazioni e le sovrapposizioni vocali, sono il trait d’union con il chitarrista, Francesco, che ci regala un assolo eseguito tutto per conto suo: fianco al pubblico, fronte alla parete del palco. Dalla sua camicia viola ci spostiamo agli spartiti blu di Federica, ma con molta calma, come la ballad Angel ci suggerisce. Il brano dura “giusto il tempo per salvarci”, a voler parafrasare un verso del testo, alcune note del contrabbasso sono così vicine all’archetto che fanno tremare l’aria dentro i calici di vino dei tavolini in prima fila.

Emanuele Smimmo, il batterista, ha cominciato piano piano a graffiare la membrana di un tamburo con le spazzole in metallo. C’è così tanta pace in questo momento che l’applauso se da un lato fa piacere dall’altro disturba perché richiama alla realtà. Federica spoglia l’asta del microfono e con un suono ora pulito conclude la ballata, riaccompagnando tutti ai propri posti. One, two, three, four…colpi di bacchette d’ordinanza, The wind cries Mary e in un duetto simpatico tra solista e chitarra elettrica le note che sentiamo sono le stesse, ma se da una parte sono tradotte in corde vibranti, dall’asta centrale invece arrivano con un “dum, dii, dip, dop, dìbedi duu”. Tra un gioco di suoni e di vuoti lasciati dalla chitarra il brano si chiude con gli applausi e il sorriso di Federica. Solista in ginocchio, è il momento di una Manic depression con chitarrista di quinta, il contrabbassista Jacopo Ferrazza è immobile, tutti gli occhi sono sullo show di Emanuele: piatti, tamburi, ancora piatti, tamburi, tamburi, poi un ritmo fisso, ripetuto. Parte il contrabbasso e il pubblico in sala gli suggerisce il tempo annuendo un “sì” dietro l’altro, che non è un tic e non è un ballo, ma il segno che tutti sono coinvolti e li stanno seguendo. Assolo di chitarra e graffi elettrici della solista che manipolando il Voicelive emette delle sequenze sonore miste a grida e versi che terminano con un sussurro ed un “thank you”.

Femminilità. Una donna con i capelli rossi che canta in inglese, avvicina e allontana il microfono senza alzare troppo la voce. La canzone è cominciata con tanta grazia, una strofa mormorata che finisce in acuto con contrabbasso e chitarra coinvolti in una scaramuccia a due. “Questo brano è molto poco conosciuto”, commenterà Federica alla fine di Drifting, e seguendo il testo della canzone ci lasciamo trasportare anche noi, per approdare all’ascolto di One rainy wish che accenna appena a voler sfilare sottovoce, quando invece è arrivato il momento di alzare i ton. Jacopo Ferrazza, in bianca camicia, ne suda altre sei nel pizzicare le corde dalla chiocciola del manico al ponticello di quel pancione di legno con due orecchie nere tatuate nel centro. Con Fire il palco lascia esplodere i tre strumenti e le corde vocali tutti insieme, poi uno ad uno lasciano un vuoto nell’amplificatore, la voce sparisce, la batteria percuote, poi sfiora e prima che la frenesia ricominci possiamo marcare le differenze tra i suoni che spinge la chitarra e quelli del contrabbasso.

L’ultimo brano non è presentato perché troppo famoso, ma ci ripensano, è Little wing, le labbra rosse mimano grandi e piccoli cerchi che il microfono ci restituisce come catene di vocali che coprono tutte e cinque le fasi che vanno dalla semibreve alla semicroma. La voce arriva lontano, torna con i piedi sul palco e trova la sicurezza del contrabbasso: dita velocissime finalizzano il senso di quell’abbraccio in movimento, sembrano due amici che borbottano e non discerni lo strumento. Gli applausi pagano il biglietto per il bis, “inatteso” dice Federica, ridono, risuonano e al pubblico va più che bene così. Vi descriviamo dei gesti per darvi l’idea della scena finale. Chitarrista: occhi chiusi, suona e annuisce “sì”. Al contrabbasso: Emanuele, occhi aperti e fa “no”. Il batterista è chino, ha troppe cose cui pensare. Federica è in ginocchio e soffia nel microfono, guizza in piedi e canta Foxy Lady.

Andrea Palumbo

foto di Valentino Lulli

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Ad Officina in Jazz è di scena il duo Corvini – Ferrazza

Una rassegna indipendente che fino ad ora ha visto salire sul suo palcoscenico alcuni dei talenti emergenti più interessanti del panorama musicale capitolino. Questi gli ingredienti di Officina in Jazz, rassegna cominciata nel mese di ottobre del 2013 e che vi terrà compagnia per tutto il mese invernale. Appuntamento, dunque, per giovedì 17 ottobre con il duo Corvini – Ferrazza, composto da Claudio Corvini alla tromba e flicorno e da Jacopo Ferrazza al contrabbasso. Una formazione, generalmente completata da Valerio Vantaggio alla batteria, che ha già all’attivo un lavoro da studio dal titolo Traume e che per l’occasione si presenterà con uno spettacolo brillante ed energico. E sono proprio l’interplay e la forza compositiva il vero cavallo di battaglia di una band che propone un mood fresco, vivace e innovativo. Il suono del trio, infatti, è caratterizzato da atmosfere miste che spaziano dalla musica contemporanea al jazz newyorkese di oggi. Gli aspetti minimalisti e “cameristici” si intrecciano nella musica del duo, formata quasi esclusivamente da composizioni originali, che nel susseguirsi tessono la trama di un discorso profondo fra i tre musicisti. Il repertorio è caratterizzato dalla presenza di “musica a programma” che permette di coinvolgere consapevolmente l’ascoltatore in prima persona nel discorso musicale e nelle trame sviluppate durante l’esibizione.

 

Officina Biologica,

Borgo Angelico 30, zona Borgo Pio

Telefono: 06 683 3897

Tutti i concerti cominceranno alle ore 22:30

L’ingresso è libero

 

Giovedì 17 ottobre

Ferrazza – Corvini duo

Jacopo Ferrazza, contrabbasso

Claudio Corvini, tromba e flicorno

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SPAZIO JAZZ prosegue al MUZAK con il trio Corvini – Ferrazza – Vangtaggio

Una rassegna indipendente che è già al suo secondo anno di vita e che ha come scopo quello di offrire uno spazio in più per i giovani talenti del panorama musicale capitolino. Sono queste le caratteristiche diSPAZIO JAZZ, cominciato lo scorso novembre al MUZAK, e che proseguirà sempre nella stessa location domenica 17 febbraio con una formazione promettente, formata da tre giovani talenti assai attivi nel panorama nazionale italiano. Dunque, a salire su questo palcoscenico, per il consueto appuntamento domenicale,  ci  sarà il “Corvini – Ferrazza – Vantaggio trio”, composto da ClaudiotraumeCorvini alla tromba e al flicorno, Jacopo Ferrazza al contrabbasso e Valerio Vantaggio alla batteria, che presenterà il nuovo progetto dal titolo “Traume”. Dunque, una formazione che fa dell’interplay e della forza compositiva il suo cavallo di battaglia. Il suono del trio, infatti, è caratterizzato da atmosfere miste che spaziano dalla musica contemporanea al jazz newyorkese di oggi. Gli aspetti minimalisti e “cameristici” si intrecciano nella musica del trio, formata quasi esclusivamente da composizioni originali, che nel susseguirsi tessono la trama di un discorso profondo fra i tre musicisti. Il repertorio è caratterizzato dalla presenza di “musica a programma” che permette di coinvolgere consapevolmente l’ascoltatore in prima persona nel discorso musicale e nelle trame sviluppate durante l’esibizione. Se intanto volete saperne di più date un’occhiata al video che abbiamo appena postato in testa all’articolo.

Via di Montetestaccio 38/a

Apertura ore 18:30

Inizio concerto ore 19.30

Ingresso €5

Aperitivo + prima consumazione €10

 

Domenica 17 febbraio

Corvini – Ferrazza – Vantaggio trio

Claudio Corvini – Tromba/flicorno

Jacopo Ferrazza – Contrabbasso

Valerio Vantaggio – Batteria

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Träume: la genesi di un disco raccontata da Jacopo Ferrazza

Quanto è difficile in questo periodo portare avanti un progetto nuovo che esca fuori dagli schemi? Lo abbiamo chiesto a Jacopo Ferrazza che insieme a Valerio Vantaggio e Claudio Corvini ha dato vita al disco intitolato Träume. Una formazione più che mai affiatata che è riuscita a coniugare un proprio linguaggio con un album dal sapore avanguardistico e dallo stile unico.

Jacopo per cominciare una domanda molto diretta: perché la scelta di questo tipo di formazione? Quali sono, dunque, gli universi e le nuove sonorità che si possono esplorare con un trio del genere?

“Diciamo che la scelta del trio senza pianoforte ha inciso molto nella creazione del suono e nella composizione dei brani. Sono diversi anni che io e Valerio Vantaggio suoniamo in trio con la tromba e questo ci ha dato la possibilità di sviluppare un modo di suonare adatto a questo tipo di formazione, forse meno tradizionale ma giusto per colmare i vuoti rimtmici-armonici dati dall’assenza di uno strumento come il piano o la chitarra. Questo ci ha permesso con l’arrivo di Claudio Corvini di esplorare senza freni inibitori molti territori musicali che probabilmente in un’altra tipologia di formazione sarebbero rimasti inesplorati. E’ stato divertente e interessante poi comporre per questo tipo di formazione poiché ho avuto l’opportunità di scrivere con una elasticità armonica unica e quindi alternando rigidità e apertura che poi rendono la musica molto fluida.”

Ascoltando il disco, inoltre, non ho potuto fare a meno di notare un’apertura verso forme e generi musicali diversi dal jazz. Da questo punto di vista, allora, Träume rappresenta per il trio un punto di arrivo oppure un punto di partenza?

“Possiamo dire che Träume  rappresenta un po’ entrambi i punti di vista. E’ un punto d’arrivo per quanto riguarda le nostre esperienze musicali ma è sicuramente più un punto di partenza perché ha alimentato in me/noi la curiosità di esplorare ancora di più e di scendere ancora più nei meandri di questo tipo di musica. Sicuramente poi non possiamo etichettare Träume  come un disco di jazz visto che ogni brano dei 9 presenti fa storia a se. C’è molta musica contemporanea all’interno, ma anche Pink Floyd, Musica elettronica, Bach, Berlioz, Radio Head, Mingus, Debussy, Gil Evans… insomma credo che abbia una sua identità data dalla commistione di molte influenze musicali e compositive.”

E se doveste descrivere questo progetto a qualcuno che non l’ha mai ascoltato quali parole utilizzereste? Quale è secondo voi la vera essenza di Träume ?

“Forse il modo migliore di descrivere Träume è ascoltarlo! più di una volta sicuramente… Mi piacerebbe ogni volta che qualcuno ascolta il disco o il live fare una guida all’ascolto per introdurlo nella materia che ha fatto scaturire questo lavoro. Tutto il disco comunque è basato su un approccio programmatico della musica, intento a descrivere e a rievocare sensazioni e situazioni di stampo onirico. Infatti il titolo “Träume” significa “sogni” e l’intento primario del disco e del trio è di coinvolgere emotivamente l’ascoltatore per portarlo in una situazione onirica e intima con tutto ciò che ne consegue!”

A questo punto visto che ci siamo arrivati vorrei partire dal titolo del disco che tradotto in italiano significa per l’appunto “sogno”. Quale è, allora, il sogno che cercate di raggiungere attraverso la musica e soprattutto attraverso questo progetto?

“Il sogno è quello di arrivare alle persone. La cosa più importante, credo, sia lasciare qualcosa alle persone che si avvicinano alla tua musica o a un tuo disco, per fare in modo che non sia stato lavoro sprecato ma che sa servito a qualcosa, anche solo a una persona! E’ bello pensare che con la tua musica qualcuno possa migliorare la propria giornata oppure possa prenderne spunto per una riflessione, per lavorare su se stesso o più semplicemente per emozionarsi. Penso sia questo il sogno mio di Claudio e Valerio, arrivare con la nostra musica e col nostro “materiale” umano- musicale a più persone possibile, sempre che si lascino coinvolgere!”

Visto il taglio avanguardistico e sperimentale del vostro disco, vi faccio una domanda scomoda. Cosa ne pensate del panorama jazzistico italiano di questo periodo? Quali sono le difficoltà del momento e i punti di forza se ce ne sono…..

“Bella domanda! Pensiamo che in Italia ci sia un fermento musicale enorme.. veramente grande! infatti ci sono tantissime realtà musicali sbalorditive, musicisti straordinari che non hanno nulla da invidiare a quelli americani ed europei e compositori interessantissimi. Basta fare un giro per le jam session della capitale e ti accorgi subito di quanto il livello sia alto. Purtroppo mancano le occasioni e le opportunità per dare voce in modo equo a tutti, ma questo è un discorso molto lungo su cui un mio parere non apporterebbe nulla di nuovo. La musica è bella perché è varia quindi va bene il fatto che in Italia ci siano tanti punti di vista diversi e tante scuole di pensiero musicale.. l’importante è non diventare intolleranti e non giudicare il lavoro altrui.. forse i musicisti dovrebbero iniziare a pensare più come una grande collettività e non più come forze singole.. e allora si che cambierebbe qualcosa!”

E in un momento del genere, dove la cultura non se la passa tanto bene, quanto è difficile creare un progetto nuovo che esca fuori dagli schemi?

“In un momento così è difficile anche creare qualcosa di ordinario, figuriamoci Träume! Bisogna comunque provare e non arrendersi mai perché come già detto prima l’obbiettivo o il sogno è quello di arrivare alle persone. E’ vero che abbiamo incontrato una miriade di difficoltà e tutti i giorni ci battiamo per avere uno spazietto in più per la nostra musica (come tutti i musicisti). Dobbiamo essere fiduciosi, propositivi e soprattutto credere in quello che facciamo.. Se andrà male in ogni caso potremo dire di averci provato!”

Detto questo vi faccio nuovamente i complimenti per il disco e un in bocca al lupo per un 2014 che speriamo sia ricco di concerti anche per voi

“Grazie a te per questa intervista e per l’attenzione! speriamo in un 2014 ricco di musica e di novità! Tanti auguri!”

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