Jazz Agenda

SPAZIO JAZZ prosegue con il trio Procopio/de Seta/Matcovich

Dopo il successo riscontrato nei precedenti appuntamenti anche quest’anno la rassegna SPAZIO JAZZ chiude i battenti dandovi appuntamento al 2013. Location d’eccezione per la serata conclusiva sarà come sempre il Muzak, locale situato nel cuore del quartiere Testaccio, assai attivo nella scena live capitolina, che quest’anno ha aperto i battenti alla scena jazz. Dunque,domenica 2 dicembre non perdete l’ultimo appuntamento con il trio Procopio/de Seta/Matcovich,composto da Federico Procopio alla chitarra elettrica, Adriano Matcovich al basso elettrico e Lucrezio de Seta alla batteria. Il 2012 è il secondo anno di attività per una formazione sperimentale che si muove all’interno di quel contesto musicale che potremmo definire jazz rock, facendo della ricerca del suono e delle sonorità più graffianti il proprio cavallo di battaglia. Nata inizialmente come formazione a nome del chitarrista, il trio si è ora evoluto in una vera e propria band con brani originali a firma di tutti e tre i componenti. Il repertorio proposto, quindi, comprenderà composizioni provenienti dal disco di Federico Procopio “Early Years”, tributi ad importanti musicisti come John Coltrane e Matthew Garrison, e nuovi brani inediti composti “a sei mani”. Come nei precedenti appuntamenti di quest’anno, Spazio Jazz non sarà soltanto una rassegna consacrata al jazz, ma ospiterà al suo interno un’esposizione fotografica che questa volta vuole essere un percorso riassuntivo delle precedenti esposizioni ed un’occasione in più per chi non è potuto esserci. Verranno presentati frammenti del reportage “Modulo Rom” di Francesca Cencetti, realizzato nel 2008 all’interno di quel che era il Casilino 900 (campo nomadi storico nella Capitale sgomberato dalla giunta Alemanno nel gennaio 2010); alcuni tra i bianco e neri metropolitani di Stefano “Uccio” Palena; ed in più gli scatti raccolti da Valentino Lulli, fotografo ufficiale di Jazz Agenda, nel corso della prima edizione della rassegna.

Muzak Roma

Via di Montetestaccio 38/a

Apertura ore 18:30

Inizio concerto ore 19.30

Free Entry Up to you

Aperitivo + prima consumazione €10

 

Domenica 2 Dicembre

Procopio/de Seta/Matcovich

Federico Procopio, chitarra elettrica

Adriano Matcovich, basso elettrico

Lucrezio de Seta, batteria

 

Relazioni con la stampa

Carlo Cammarella: 3204112176  (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. )

www.jazzagenda.com

www.muzakroma.it

http://www.muzakradio.net/

http://www.francescacencetti.it/

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Al Bebop Jazz Club Lucrezio de Seta Quartet in concerto

  • Pubblicato in Pagina News

 

Giovedì 23 aprile sul palcoscenico del Bebop Jazz Club Lucrezio de Seta in concerto presenterà Movin’ On, primo disco che porta la firma del batterista romano di scena per la prima volta presso il jazz club di Testaccio. Ad accompagnarlo in questa avventura ci saranno Ettore Carucci al pianoforte, Leonardo De Rose al contrabbasso e lo special guest Daniele Tittarelli al sax alto: musicisti e compagni di un’avventura cominciata alla fine del 2014 che già all’inizio del 2015 ha aperto diversi scenari musicali. Movin’ On è un progetto in cui confluiscono diverse anime e che senza tradire le radici del jazz puro, partendo proprio dalla tradizione bebop, non disdegna intense incursioni verso la cultura orientale e verso la tradizione mediterranea.

Ed è proprio questo lo spirito che pervade ogni brano del disco, ogni singola nota, ogni inciso, ogni frase musicale. Nulla è lasciato nulla al caso, ma l’interplay non manca e il lavoro collettivo è quella forza nascosta che fa uscire la vera anima di Movin’ On. Da questo punto di partenza prendono forma brani “apparentemente” di diversa estrazione, come Playtime, ballad dal sapore nostalgico e malinconico, come Smatters, in cui a farla da padrone sono i ritmi incalzanti del Bebop, o come Suresh e Vedanta che attingono dalla tradizione indiana e conducono lo spirito in un viaggio verso luoghi lontani, esotici e contemplativi. C’è tempo anche per un viaggio nell’antica Grecia con il brano “Seguendo la Luna Laerte veleggiò verso Levante”, dove il suono delle percussioni ci trasporta ai tempi delle Baccanti e verso una società arcaica, in cui la musica cominciava ad avere un ruolo preponderante.

Movin’ On rappresenta la voglia di andare avanti! – spiega Lucrezio de Seta – Quel  bisogno e quella ricerca che mi portano a voltare pagina, senza dimenticare quel bagaglio culturale che fa parte di me e che mi ha formato nel corso degli anni. E’ un’idea di movimento, una tendenza che mi spinge ad esplorare sempre nuove soluzioni e non fermarmi mai davanti a ciò che “funziona”. Piuttosto sono attratto da tutto ciò che crea squilibrio e da tutto quello che fa innescare un moto perpetuo che porta verso un’evoluzione continua. E’ un vero e proprio balzo in avanti e un cammino nuovo senza rinnegare quelle che sono le mie radici!

 

Bebop Jazz Club

Via Giuseppe Giulietti 14

inizio concerto ore 22:30

Info: 06 575 5582

 

Giovedì 23 aprile 2015

Lucrezio de Seta Quartet presenta

MOVIN’ ON

Lucrezio de Seta, batteria

Ettore Carucci al pianoforte,

Leonardo De Rose al contrabbasso,

Daniele Tittarelli al sax alto (special guest)

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La nascita del progetto Majaria Trio – intervista a Lucrezio de Seta

Pubblicato recentemente dalla Headache Production, il Majaria trio è un progetto che vede accomunati tre musicisti d’eccezione: ovvero il batterista e percussionista Lucrezio de Seta, il bassistaAlessandro Patti e il pianista poli strumentista Primiano di Biase. Insieme hanno dato vita ad un progetto che, partendo dalle musiche popolari e del profondo Sud, si muove verso nuovi territori in cui non manca un intento esplorativo vivace e moderno. Lucrezio de Seta ci ha raccontato in prima persona questa nuova avventura.

Ragazzi, per cominciare una domanda forse un po’ banale che, però, ci incuriosisce. Come è nato il progetto Majaria trio?

“Il gruppo ha inizio da una telefonata di Alessandro Patti (Basso e Contrabbasso) che mi proponeva di vederci per suonare un po’ assieme ad un musicista di sua conoscenza (Primiano Di Biase: Pianoforte, Tastiere e Fisarmonica). Il caso voleva che io avessi conosciuto Primiano qualche mese prima per un gig in trio per un festival romano, per cui fui felice di accettare l’invito. Ci sono voluti da lì circa un anno di prove e concerti per iniziare a capire dove volevamo andare a parare, musicalmente parlando. Le prime prove erano pesantemente caratterizzate da suoni elettrici (synth, basso elettrico) che pian piano sono andati sempre più convergendo naturalmente verso una dimensione più acustica, che ci vede oggi in una configurazione da Trio Jazz classico con l’aggiunta della Fisarmonica.”

Ascoltando il disco ho percepito molte influenze che provengono dalla musica popolare e forse dal profondo Sud: quale è stato il vostro punto di partenza?

“Da subito l’idea di provare a incorporare elementi ‘ethno’ nel nostro linguaggio ci ha convinti tutti, ed è stato il Leitmotiv di tutta la nostra evoluzione degli ultimi 3 anni. Il nostro CD di esordio è sicuramente anche il più ‘colorato’ in quanto a visoni musicali ed estetiche. Ci sono elementi che vanno dalla musica nordafricana, ma anche richiami al fado portoghese  e il tango argentino che, assieme a reminiscenze nostrane delle terre del sud d’Italia, hanno dato l’anima a questo lavoro.”

Oltre a questo, però, non ho potuto fare a meno di notare anche la presenza di sonorità innovative che si potrebbero definire avanguardistiche: alla luce di questo come potreste definire questo progetto?

“Queste non sono altro che espressioni del nostro essere musicisti del 21°secolo… Sarebbe stato poco credibile, per quello che abbiamo tutti e tre come bagaglio musicale e professionale, partire con un progetto di musica Folk acustica… Il bello della nostra continua metamorfosi è proprio il dare il giusto tempo alle naturali evoluzioni che di volta in volta la musica e le nostre esigenze espressive ci suggeriscono. Personalmente credo che sia di estrema importanza rimanere sempre fedeli ai propri principi come alle proprie radici, pur spingendosi sempre più in là attraverso l’esplorazione di nuove modalità compositive e sonore. In questo non saremmo stati onesti verso noi stessi se avessimo creato un gruppo da una idea precostituita, semplicemente affidandoci alle nostre capacità di musicisti professionisti. Quando si ‘tira su’ un progetto, credo sia fondamentale partire da se stessi. Dove poi si può arrivare, non si sa ed è salutare non porre limiti. Ma la base deve essere quella del nostro bagaglio personale.”

Una curiosità: guardando i titoli in copertina, ho letto dei titoli molto particolari e allo stesso tempo evocativi, alcuni dei quali anche in dialetto. C’è un filo conduttore che avete seguito a livello compositivo?

“I titoli dei brani, da sempre sono spesso dei pretesti. A volte invece fanno riferimento ad immagini o suggestioni che hanno dato vita alle composizioni. Nel caso di ‘Harissa’, ad esempio, è evidente il riferimento al nordafrica e le sue ‘spezie’… Altri brani come ‘Ciauru i Mari’ o ‘Vedanta’ fanno invece riferimento a dialetti o concetti astratti. Insomma, i titoli possono dir tutto e niente, ed è anche giusto che l’ascoltatore si senta libero di interpretarne il significato derivandolo dall’ascolto della musica. Questo almeno in un contesto di musica strumentale come il nostro!”

Una mia considerazione personale: non ho potuto fare a meno di percepire delle sonorità decisamente mediterranee. Alla luce di questo, giusto o sbagliato che sia, c’è anche un intento di recupero della tradizione nel vostro disco?

“Se c’è, su ‘Majaria Trio’, questo era ancora una intenzione allo stato embrionale. Come detto prima, da subito abbiamo iniziato a strizzare l’occhio alle sonorità della musica popolare, ma senza mai divenire filologici o attenti al rispetto dei canoni della stessa musica. Diversamente è andata nel caso del nostro secondo CD ‘La Custodia del Fuoco’, uscito da poco e nato dalla collaborazione del Trio con la cantante Eleonora Bordonaro. In questo lavoro abbiamo ‘pescato’ dalla tradizione dei canti popolari siciliani, arrivando a musicare testi del ‘700 oltre a classici del secolo scorso resi celebri dalla divina Rosa Balistreri. Un progetto forse audace, ma di cui siamo tutti estremamente soddisfatti e che ha funto da punto di partenza per la realizzazione di uno spettacolo teatrale, che ha debuttato lo scorso 28 Dicembre a Roma, in collaborazione con la compagnia teatrale ‘La Bottega del Pane’.”

In un periodo come questo, dato che il vostro è un progetto sperimentale, ci sono delle difficoltà oggettive nel proporre qualcosa di nuovo?

“Le difficoltà sono quelle di chiunque oggi cerchi di portare avanti una visione. Questo discorso lo si può applicare tanto alla musica quanto a qualunque altro ambito della vita civile contemporanea. Nonostante questo, e grazie alla perseveranza di tutti i componenti e collaboratori che abbiamo coinvolto, i risultati sono molto incoraggianti. E’ sicuramente vero che proporre novità in questi anni sia una delle cose più difficili da fare, ma è anche vero che spesso ci si ferma al primo imprevisto, o alla prima aspettativa disattesa. Se alla base c’è una idea chiara, o perlomeno una volontà di portare avanti un progetto comune, rispettando i tempi necessari affinché un buon prodotto divenga una realtà oggettiva e riconoscibile, l’impresa è sicuramente meno ardua. Dico questo perché spesso ho contribuito anche io a ‘buone intenzioni progettuali’, che però avevano necessità di realizzare subito un riscontro positivo. Credo fermamente che la musica, o la cultura in generale, sia come un buon vino: Se non si ha la pazienza necessaria per farlo maturare, ci si deve accontentare di un buon novello…”

E allora vi faccio un in bocca al lupo per il futuro, ma prima di lasciarvi volete dirci quali saranno i prossimi appuntamenti in cui potremo ascoltare il trio?

“Abbiamo appena concluso un primo tour al sud, toccando Campania, Calabria e Sicilia. Non è una scelta casuale, ma un consapevole tributo alle terre che, più di altre, ci hanno dato ispirazione attraverso la loro storia e ricchezza. Saremo di nuovo ‘on the road’ da Aprile per una serie di date che riguarderanno tuta la penisola e che saranno intervallate dagli importanti appuntamenti del 15 Maggio all’Auditorium Parco della Musica di Roma e dalla Casa del Jazz in apertura della stagione estiva, durante la quale speriamo di arrichire il nostro calendario con partecipazioni ai vari Festival Italiani e Internazionali. Tutte le nostre attività sono consultabili sul web o sul nostro sito www.majariatrio.com o tramite la nostra pagina Facebookwww.facebook.com/majariatrio e su Twitter @majariatrio”

 

Grazie, per l’intervista, allora, e di nuovo in bocca al lupo!

“Viva sempre il Lupo! ;-)”

Carlo Cammarella

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Lucrezio de Seta racconta il disco Movin ‘On: “Un cammino in avanti senza dimenticare le proprie radici”

Un passo in avanti senza tradire le proprie origini e rispettando un cammino che inizialmente lo ha visto crescere in qualità di session man. Prima o poi, però, quando si parla di jazz quasi tutti i musicisti sentono l’esigenza di un approccio personale alla testa di un progetto. E così è stato anche per Lucrezio de Seta, batterista romano, classe 1970 che ha appena pubblicato il suo primo CD in studio intitolatoMovin ‘On. Un lavoro multiforme che racchiude le esperienza accumulate in 30 anni di musica suonata e vissuta. Lucrezio in persona ci ha parlato di questo disco che forse rappresenta un vero e proprio punto di partenza verso un’avventura totalmente nuova.

Lucrezio, ascoltando questo disco sono rimasto subito colpito dal titolo del tuo progetto. Per cominciare, quindi, volevo chiederti cosa rappresenta per te Movin‘On…

“Il titolo Movin‘On rappresenta la mia personale visione della musica e in particolar modo quella dei miei ultimi 10 anni di attività. Ultimamente, senza rinnegare il cammino che oggi mi ha portato a diventare quello che sono, ho fatto delle scelte radicali tra cui quella di ridurre le mie collaborazioni come session man. Metaforicamente parlando, diciamo che ho deciso di ritirarmi nelle mie stanze per riprendere quella mia interiorità e soprattutto quell’intenzione che a 12 anni mi ha portato a decidere di fare il musicista. In sintesi ho deciso di riprendermi la mia indipendenza perseguendo linee espressive che non fossero limitate al solo lavoro da session man. Un’esigenza personale, che a 44 anni mi ha portato a fare il mio primo disco da leader.”

Ascoltando Movin’ On ho avuto il piacere di ascoltare la presenza di molte contaminazioni. Potremmo dire, allora, che all’interno di questo disco ci sono le esperienze accumulate in una vita?

“Diciamo che all’interno di questo progetto ci sono le esperienze di una parte della mia vita. Movin’ On, infatti, essenzialmente è un disco di jazz. Non mancano però quegli elementi esotici che provengono dalla tradizione popolare e della musica etnica che da subito hanno fatto parte della mia esperienza artistica. Questa frequentazione si è concretizzata poi con l’esperienza dei Majaria trio che si è incentrata nella ricerca all’interno di quella che ci piace chiamare ‘musica del sud del mondo’. Alla fine tutto questo è venuto fuori in maniera quasi spontanea, ma non nascondo che una parte di me affonda le radici anche in forme artistiche molto più semplici e dirette come il punk o il rock di matrice anglosassone.”

E quando hai sentito, allora, l’esigenza di un approccio al jazz?

“L’esigenza di approcciarmi al jazz è nata da subito, ma le opportunità della vita mi hanno visto impegnato per lungo tempo in altri ambienti musicali, così che solo da una decina di anni ho ripreso pazientemente e rispettosamente contatto con quel mondo che avevo lasciato mio malgrado un po’ in disparte. Alla fine, però, le cose che rimandi vengono fuori inevitabilemtne e anche Movin ‘On rappresenta quindi un andare in avanti, ma operato guardando con attenzione alle mie radici, riprendendo quello che avrei sempre voluto fare.”

A proposito ricordi un momento in particolare che ti ha veramente avvicinato a questo genere?

“All’età di 13 anni per caso misi le mani alla colonna sonora del film ‘Round Midnight di Bertrand Tavernier, ispirato alle vite di Lester Young e Bud Powell, e rimasi affascinato da questo disco popolato dalle allora giovani stelle del jazz moderno da Herbie Hancock a Freddie Hubbard e Wayne Shorter. Contemporaneamente conobbi il Jazz Rock dei Weather Report e la Fusion di Pat Metheny. Quindi, invece di partire dal jazz delle origini sono partito da sue forme contaminate, ed è stato come se questi musicisti mi avessero preso per mano accompagnandomi in un viaggio a ritroso verso il jazz più classico del bebop e delle big band. Probabilmente se avessi ascoltato il Jazz delle origini a 14 anni l’avrei trovata poco attraente per cui sono stato fortunato perché dal mio punto di vista è stato fondamentale entrare in contatto con quella musica attraverso suoni che in quel momento riuscivano a comunicare in modo più diretto.”

Il jazz secondo te è il genere di musica che riesce a far esprimere al meglio le potenzialità di un musicista?

“Diciamo che fra tutti i generi musicali il jazz, non potendo prescindere dal concetto di improvvisazione, è sicuramente considerato generalmente come uno stile che presuppone grande libertà, ma credo che la creatività sia presente in tutte quelle forme espressive che non escludono la possibilità di rinnovarsi di continuo. Tuttavia per quello che riguarda me il jazz è senza dubbio lo stile che da sempre tocca le mie corde più intime e a maggior ragione in questo momento in cui ho intrapreso l’impegnativo cammino da leader. Ti confesso però che quando si parla di generi musicali ho sempre un po’ di timore dato che considero da sempre la Musica come un corpo unico. Le classificazioni stilistiche, pur necessarie ai fini di una più profonda comprensione accademica, sono più che altro un modo per orientare l’ascoltatore verso una cosa piuttosto che un’altra, ma non dovrebbero mai portare alla separazione, o peggio, alla segregazione di alcuni generi rispetto ad altri. La Musica è per tutti, sia in quanto ascoltatori che musicisti, e bisognerebbe essere molto attenti nel non usare le classificazioni per fare valutazioni di merito. La cosa bella avviene proprio quando un ascoltatore occasionale, dopo un concerto, ti si avvicina per dirti che, pur essendo capitato lì per caso e non essendo un appassionato di jazz, si è emozionato ascoltando la tua musica. Per me questo vuol dire che c’è stato uno scambio reciproco e che sei riuscito nel tuo dovere di musicista!”

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