Jazz Agenda

Mario Donatone racconta il disco “Blues is my bad Medicine”: un’indagine sulle origini del blues

Pubblicato dall’etichetta Groove Master Edition, Blues is My Bad Medicine è l’ultimo disco di Mario Donatone. Un viaggio verso le origini del blues e verso un mondo sconosciuto che ha lasciato un retaggio importante nella musica moderna. In parallelo a questo lavoro, realizzato con la partecipazione di Gio’ Bosco, è uscito anche il libro Blues Che Viaggiano in Prima classe - la lunga strada della musica del diavolo dalle paludi del Delta al mondo del rock'n'roll. Un progetto quest’ultimo che rappresenta un’indagine verso una musica mitica partendo dallo studio del suo linguaggio e analizzando quei legami invisibili con il rock, il jazz e tutte le altre espressioni più attuali. Ne abbiamo parlato con Mario Donatone

Mario, per cominciare l’intervista ci vuoi raccontare la storia di questo progetto. Come è nata l’idea di dar vita a questo nuovo lavoro intitolato Blues is My Bad Medicine?

Sentivo da anni l’esigenza di approfondire come interprete musicale il mondo affascinante del blues delle origini. La libertà e l’intensità che emanavano i primi artisti che hanno inciso questa musica, (da Blind Lemon Jefferson a Lonnie Johnson e tanti altri) ha sempre esercitato un forte ascendente su di me. Inoltre ritengo che sia importante fare i conti con l’approccio estremamente autentico ed emotivo del blues di quell’epoca, che ha ancora molto da insegnarci. Si tratta di una filosofia sonora cruda e apparentemente semplice in grado di esprimere una creatività a briglie sciolte che nel blues più elettrico e moderno non è più così spiccata, perché subentrano degli schemi che anticipano i codici comunicativi della musica di massa. Il rock, da cui molti della mia generazione provengono, ha soprattutto questo retroterra alle sue spalle.

Parliamo adesso del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

E’ un disco totalmente acustico. Gli unici strumenti sono il mio pianoforte, la mia voce, e quella di Giò Bosco su quattro brani, (due duetti e due assoli). Ho voluto, dopo quarant’anni di percorso musicale, esprimere un mio punto di vista artistico esaltando le possibilità di stile e di atmosfera che è in grado di materializzare uno strumento come il pianoforte, che nonostante sia meno considerato rispetto ad esempio alla chitarra, (in questo genere musicale), ha in realtà una capacità unica di rappresentare l’aspetto più percussivo e “africano” del blues.

Allo stesso tempo ha la capacità di essere un sostegno e un elemento dialogante estremamente stimolante e complementare rispetto alla voce, facendone risaltare in un modo unico le sue sfumature. Il pianoforte attraversa in modo importante e insostituibile la lunga storia della musica afroamericana, dal ragtime, al gospel, al boogie-woogie, ed io ho cercato di far rivivere questi aspetti mettendoli al servizio della poetica dei singoli brani.

Come cantante ho cercato di esprimere con la massima naturalezza e autenticità possibile il cuore di questi brani, dando la mia lettura di quello che è l’immediatezza e allo stesso tempo la sofisticazione dell’atto del cantare il blues. Il disco è stato registrato all’Arcipelago Studios dall’ottimo Stefano Isola, e una cosa che mi preme sottolineare è che ogni brano è stato videato in tempo reale, alimentando un’idea di espressione musicale nuda e cruda. I video saranno presto messi su Youtube.

Vuoi aggiungere qualcosa sulla scelta del repertorio?

Non sono tutti dei blues, vi sono brani più gospel come “ Nobody’s fault but mine”, o più modali come “I’m so glad”. Vi sono blues-rag come “Cocaine blues”, o ballate come “Tomorrow night”. C’è anche un mio brano originale che esprime la filosofia che è alla base di questo disco, e che si chiama “Blues is my bad medicine”.Una particolare luce sul blues femminile viene data dalla partecipazione di Giò Bosco, che rivisita con passione e naturalezza brani di Bessie Smith, Clara Smith e Sister Rosetta Tharpe. Inoltre io mi sono tolto il vecchio sfizio generazionale di suonare il mitico Honky Tonky Train Blues.

Tutti questi brani hanno avuto delle importanti versioni nel mondo del rock e del soul degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e l’idea era quella di mettere in luce lo stretto legame tra questi due mondi, e questo è anche il tema principale del mio saggio storico-letterario “Blues che viaggiano in prima classe”, la mia prima opera come scrittore e didatta concepita insieme a questo disco e collegata ad esso.

Cosa possiamo trovare invece all’interno delle pagine del libro e soprattutto come hai affrontato il percorso didattico?

Si tratta di un’ipotesi di metodo per uno studio di alta formazione sul blues. L’escamotage di analizzare il percorso storico e stilistico di 15 brani nati nell’epoca del blues prebellico, (gli stessi che ho inciso nel disco), mi ha permesso di attraversare gli aspetti più importanti di questo fenomeno estremamente vario e complesso. Si parla di eventi storici fondamentali come il Folk Revival, L’Harlem Reinassance, il festival di Woodstock, la psichedelia, ma anche degli stili e delle individualità più importanti di un secolo di musica, indagando il loro linguaggio attraverso le varie versioni storiche di questi brani, e cercando di cogliere continuità e discontinuità di un’evoluzione artistica multiforme ed epocale.

In base a quale criterio hai scelto i brani che lo compongono?

Volevo offrire una panoramica il più possibile completa e problematica di quel mondo. Il blues delle origini non contemplava solo una serie di personaggi solitari e sradicati che suonavano agli angoli delle strade o nei raduni campagnoli, ma era caratterizzato da tendenze, stili, scuole ed esperienze artistiche importanti ed innovative che diedero idee e linfa vitale a tutta la musica neroamericana fino a confluire nel grande fenomeno musicale ma anche sociale e di costume del rock. La radice dei suoni di oggi è tutta lì, e ci sono molti studiosi che lo hanno messo in risalto., ma nessuno che ha affrontato questo tema in un modo organico. Non voglio dire che io ci sia riuscito, ma ho provato a lanciare il classico sasso.

Chiudiamo anche con una proiezione verso il futuro: ci sarà modo di vedere una presentazione live di questo progetto?

Diverse. A Brescia allo Strampalato l’1° aprile, al C.M. di Varasso (Varese) con l’organizzazione del Jazz Club di Varese il 2 aprile, e il 3 aprile a Milano, dove nel pomeriggio terrò una masterclass alla School of blues e la sera suonerò allo Spirit de Milan. Inoltre il 9 aprile sarò al centro Baraonda a Nettuno, e il 12 maggio farò uno spettacolo al Teatro Golden di Roma, e mentre scrivo si stanno aggiungendo altre opportunità live che potrete apprendere seguendomi sui social.

 

 

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Please, Hold on! (Vivere ancora): il nuovo singolo di Mario Donatone scritto durante il primo lockdown

Pubblicato dall’etichetta Groove Master Edition, Please, Hold on! (Vivere ancora) è il nuovo singolo di Mario Donatone. Un brano funky blues, dalle influenze latine e mediterranee realizzato in collaborazione con due grandi artisti internazionali come Chicago Beau e Roberto Luti. Testo e musica sono stati elaborati da Mario Donatone e dal bassista Davide Bertolone nel primo lockdown del 2020. Ecco il racconto di questa nuova avventura che rappresenta senza dubbio un nuovo inizio.

Mario, per cominciare l'intervista parliamo subito del singolo Please Hold On: vuoi descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda parlando del sound e delle influenze?

Si tratta di un brano nel quale abbiamo cercato in parte di modulare la classicità della tradizione blues e soul su un linguaggio ritmico moderno, dinamico ma nel senso dell’evoluzione creativa del nostro modo di vedere questa musica, senza rincorrere una contemporaneità pop che non ci interessa. Come sai anche la scelta di valorizzare le armonie vocali, e di essere una band che oltre a suonare “canta” fondendo voci maschili e femminili, ci porta naturalmente verso un crossover in cui blues, gospel, rock e jazz si incontrano naturalmente. Di nuovo in questo brano c’è l’inserimento attraverso il testo di suoni e parole italiane, un nostro modo di dare una dimensione latina e più profondamente nostra alla musica che vogliamo fare.

Raccontaci adesso la storia di questo brano: sappiamo che è nato durante il periodo più difficile della pandemia da una tua idea con Davide Bertolone: vuoi raccontarci come ci avete lavorato?

Please, Hold on (Vivere ancora) l’abbiamo scritto su What’s up durante il primo lockdown del 2020 io e il bassista Davide Bertolone, un musicista con cui ho una sintonia enorme e antica, visto che abbiamo suonato tantissimo insieme negli anni ’90, accompagnando tantissimi artisti neroamericani di blues e soul, e realizzando anche progetti originali. Dopo tanti anni di pausa della nostra collaborazione, dovuta ad una lunga assenza di Davide dall’Italia, abbiamo ricominciato a produrre musica insieme con una nuova consapevolezza dettata dall’esperienza. L’idea si è poi concretizzata grazie alla produzione in studio con l’ottimo Milo Silvestro, che suona anche le congas sul brano.

Un singolo che si avvale anche della presenza di artisti internazionali con Chicago Beau e Roberto Luti: ci vuoi raccontare anche come è nata la collaborazione con loro?

Con Chicago Beau c’è stata subito l’idea di collaborare attraverso il nostro amico Daniele Bombasaro, storico e instancabile organizzatore musicale con cui lavoriamo da tempo. Lui è una figura storica del blues di Chicago e allo stesso tempo è un personaggio assolutamente moderno, apertissimo alle contaminazioni e storicamente anche legato alla migliore avanguardia del jazz. Il suo contributo è di grandissimo valore sia all’armonica che con il suo talkin’ - rap, che ha dato un sapore unico al brano. L’idea di Roberto Luti è venuta in un secondo momento, man mano che sviluppavamo l’idea del racconto un po’ fantascientifico del video. La bellezza unica del suo suono alla slide che si sente sin dall’inizio credo spieghi da solo come non poteva che essere lui il musicista giusto per creare l’atmosfera che avevamo in testa.

Please Hold On - Vivere ancora: un titolo che rappresenta il tuo legame con la musica black made in USA e anche con il tuo essere Italiano?

Si io credo che la nostra generazione, fatta di musicisti che hanno la radice culturale italiana ancora ben definita, e allo stesso tempo hanno “macinato” tanta musica d’oltremanica, possa e debba oggi mediare in modo naturale e convinto questi due mondi, perché ci appartengono entrambi.

Parliamo anche dei riferimenti musicali che troviamo all’interno del singolo!

Non saprei risponderti con esattezza. Posso dirti che quando ho cominciato a concepirlo stavo pensando ad un antico spiritual che si chiama Hold on!, uno dei primi esempi di questa musica che ho ascoltato da ragazzo, addirittura in una versione di Eugenio Finardi nel doppio del famoso concerto per Demetrio Stratos nel 1978. Ho cercato di combinare questa prima ispirazione con un modo un po’ “latin” di usare la lingua italiana, con frasi brevi e ritmate. La mia vocalità è un punto di incontro, spero credibile, tra quelle voci rock innamorate del soul, come quella di Steve Winwood, e una certa mediterraneità melodica, accentuata dalle mie radici partenopee. Per quanto riguarda il nostro modo di scrivere, direi che si caratterizza per una fusione tra il blues e il soul più classico e il dinamismo armonico di musicisti come Donald Fagen.

Prima di salutarci c’è qualcosa di nuovo a cui stai lavorando con questa formazione di cui ci vuoi parlare?

Questo è il migliore gruppo che ho mai avuto. Nella versione live più completa esso comprende una ritmica eccezionale con Angelo Cascarano alla chitarra, Davide Bertolone al basso e Roberto Ferrante alla batteria e all’armonica, che sono anche dei meravigliosi cantanti. Ad essi si uniscono le voci stupende ed empatiche di Giò Bosco ed Isabella Del Principe. E’ chiaro che questo singolo prelude un lavoro più ampio nella direzione di questo sound, ma gli sviluppi saranno decisi e allo stesso tempo non precipitosi. Abbiamo molto materiale nuovo e vogliamo lavorarci con calma. A gennaio se non ci saranno problemi legati al Covid saremo il 21 al Don Giovanni a Roma e il 22 in un bel festival ad Atina.

Inoltre a febbraio ci sarà una mia doppia uscita molto ghiotta, un disco e un libro per raccontare il blues prebellico e il suo apporto alla cultura musicale contemporanea, uno studio molto approfondito e un progetto acustico collegato ad esso in cui sono in compagnia del solo piano acustico e della cantante Giò Bosco su quattro brani. Si tratta del più importante progetto divulgativo che io abbia mai realizzato, e ne saprete qualcosa molto presto.

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Al Nuovo Teatro San Paolo di scena il Soffio della Libertà: parla Mario Donatone

Uno spettacolo che ripercorre la storia dell’emancipazione nero-americana attraverso la musica. Questa l’essenza del concerto teatrale Il Soffio della Libertà – Il blues di Martin Luther King che andrà in scena presso il Nuovo Teatro San Paolo venerdì 15 e sabato 16 novembre 2019. Per la prima volta sul palco Fabrizio Poggi & Enrico Polverari per la prima volta con Mario Donatone, Gio’ Bosco & World Spirit Orchestra. Mario Donatone ci ha raccontato questa nuova esperienza…

Per prima cosa parliamo dello spettacolo che si terrà al teatro San Paolo: Potete descriverlo brevemente per dare un’idea ai lettori di Jazz Agenda?

Il Soffio della Libertà è uno spettacolo che ha come sentimento e idea guida quella di voler raccontare la musica e la storia insieme. Parliamo di una musica come quella nero americana che soprattutto in un certo periodo è stata un’alleata fondamentale del percorso di emancipazione di un’intera comunità. Se pensiamo che oggi la musica sta diventando quasi un accessorio come un altro e che la storia si studia sempre meno, raccontare la musica e i fenomeni sociali ad essa legati diventa una cosa importantissima.

Il Soffio della libertà è uno spettacolo di Fabrizio Poggi che per la prima volta incontra il Coro World Spirit Orchestra diretto da Mario Donatone e Gio’ Bosco: quali saranno le novità che vedremo il 15 e il 16 novembre?

È un incontro particolarmente felice tra Fabrizio Poggi, un musicista che vanta un importante è profondo rapporto con la più autentica tradizione del folk blues americano per le tante collaborazioni (una per tutte quella con il grande Guy Davis,che gli è valsa una nomination per il Grammy del blues in America) il suo fantastico sodale Enrico Polverari, io e Gio' Bosco, che con la World Spirit Orchestra da anni facciamo un lavoro culturale credo importante sulla vocalità nero americana e popolare in genere. Sarà un incontro all'insegna del feeling e dell’amore per la musica dell’anima.

In questo concerto teatrale si parla dell’emancipazione dei neri negli Stati Uniti: quali sono le principali tappe che ripercorrete di questa storia?

Certamente l'epopea di Martin Luther King e gli avvenimenti legati alla sua figura sono al centro del racconto musicale ma ci sono anche riferimenti al passato e ai tempi correnti.

Quali sono invece i principali brani attraverso i quali ripercorrete la storia dell’emancipazione nera e raccontateci anche i motivi di questa scelta!

Ci sono spiritual con I’m on my way, I heard the angel singing, Freedom, legati per la loro forza simbolica alle lotte dei diritti civili in quegli anni, ci sono ballate meravigliose sulla libertà come I shall be released, blues coinvolgenti come The blues it’s all right. Insomma, è uno spettacolo anche pieno di ritmo e vitalità. Si batte il tempo quasi sempre.

E’ proprio vero, dunque, che attraverso la musica possono nascere delle vere e proprie rivoluzioni culturali che possono contribuire a cambiare il corso della storia?

La musica aiuta a dare sentimento e umanità ai conflitti sociali che possono essere duri e drammatici. La musica aiuta a dare un senso.

Un’ultima considerazione personale: molti dei brani della cultura afro americana, dagli spiritual al blues, nascono spesso in situazioni di disagio come ad esempio la schiavitù. Secondo voi, musiche così belle come possono nascere da una situazione così estrema come quella vissuta dai neri americani?

Spesso anche dalla sofferenza individuale può nascere una nuova luce, quindi si, rispondo che questo è vero anche a livello collettivo!

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Mario Donatone racconta Black History: "la musica neroamericana attraverso momenti simbolici"

Si intitola Black History il disco d'esordio della World Spirit Orchestra pubblicato nel dicembre del 2018, in concomitanza dell'omonimo spettacolo teatrale andato in scena presso il teatro Trastevere. Il lavoro rappresenta un viaggio nella musica nero americana che attraverso la musica rivive alcune delle sue principali tappe storiche. L'ensemble è composto da otto elementi ovvero Mario Donatone, piano, voce, arrangiamenti, Riccardo Biseo, pianoforte, presente in qualità di special guest e come arrangiatore di un brano, Gio' Bosco - voce, Sonia Cannizzo - voce, Isabella Del Principe - voce, Luna Whibbe - voce, Angelo Cascarano - chitarra, basso, voce, Andrea Mercadante - tastiere, voce e Roberto Ferrante - batteria, voce. Mario Donatone ci ha raccontato questa avvantura:
 
Mario, partiamo subito dal disco: I brani che lo compongono appartengono a grandi autori molto diversi tra loro quali Duke Ellington, Oscar Pterson, Curtis Mayfield, Randy Newman fino a raggiungere i Procol Harum. Esiste, dunque, un filo conduttore in questo disco?
 
Guarda, cominciamo col dire Black History è un disco nato a margine di uno spettacolo teatrale, quindi il filo conduttore è il racconto storico dello sviluppo della musica neroamericana attraverso momenti simbolici importanti per la visione che ne abbiamo noi che siamo al di là dell'oceano. La musica neroamericana come fulcro di tutta la musica del Novecento con la quale ci siamo formati e che rappresenta ormai il nostro linguaggio e la nostra ricerca quotidiana. Ad esempio un brano come Halleluyah Time, scritto da Oscar Peterson, che nasce come uno swing strumentale, in questa nostra versione un po' funky e un po' "vocalise", acquista una vita nuova in modo molto spontaneo.
 
Ci vuoi motivare, dunque, la scelta di questi brani? Ad esempio Sail Away è di Randy Newman, un autore bianco, mentre a Salty Dog è dei Procol Harum. Perché inserirli in un progetto come "Black History" dove si parla di musica afro-americana?
 
I brani che abbiamo scelto fanno parte di quello che vogliamo raccontare e inoltre credo che anche il riverbero sugli autori bianchi sia un'aspetto importante della stessa musica neroamericana. A salty dog, per esempio, è un brano che amavo sin da bambino e nel contesto del nostro racconto vuole evocare un particolare episodio di ribellione al colonialismo europeo, l'ammutinamento del Bounty. E' un riferimento al nostro passato ma anche un messaggio preciso, che si ci può ribellare a certe logiche che si fanno sistema e diventano il triste presupposto di ingiustizie di massa. Randy Newman, invece, con la sua ironia tipicamente ebraica, racconta in un modo irresistibile le bugie del sogno americano e per finire sia dal punto di vista letterario che musicale è un artista che esprime un punto di vista onesto nella sua rivisitazione di schemi e accenti della musica nera che conosce e ama. 
 
In questo disco, vista la presenza di ben otto cantanti, spiccano in maniera prepotente gli arrangiamenti vocali. Alla luce di questa caratteristica ci vuoi descrivere questo disco Black History?
 
E' il disco di una band vocale, nella quale anche gli strumentisti cantano sia parti corali che solistiche. Siamo un gruppo di persone che in questa e in altre situazioni lavorano da anni insieme, quindi credo che i nostri arrangiamenti mettano in luce sia una spontanea amalgama corale che un'alternanza-interazione dei solisti complementare ed espressiva. Abbiamo cercato di tirare fuori la sostanza profonda di questi brani che amiamo e gli arrangiamenti sono stati una buona base per far esprimere sia il gruppo che i vari solisti, con tutte le sfumature di stili e passioni musicali diverse che ognuno di noi ha macinato negli anni. Vorrei anche spendere due parole sul sound strumentale, creato da me al piano, Angelo Cascarano alla chitarra e al basso in alcuni brani, Roberto Ferrante alla batteria e Andrea Mercadante alle tastiere. E' un sound a tratti da organ quartet,a tratti da gospel band ed esprime un punto di incontro di vari stili, riuscendo ad aprire con disinvoltura sia al rock che al jazz senza forzature e mantenendo la radice soul. In questo contesto anche le nostre cantanti, ovvero Gio' Bosco, Sonia Cannizzo, Isabella Del Principe e Luna Whibbe sono portate ad essere parte di un tessuto strumentale vocale estremamente coeso e ad esprimere con facilita' la loro unicità interpretativa. Il disco è poi impreziosito dal pianoforte e dal mirabile arrangiamento di Riccardo Biseo dell'ellingtoniano Come Sunday ed è interessante sentire come delle voci rock-soul-jazz quali le nostre possono dare uno smalto particolare ad una scrittura come questa che fonde jazz e tradizione polifonica europea.
 
Parlaci a questo punto del lavoro da studio: come avete arrangiato i brani e che tipo di approccio avete avuto in fase di registrazione...

L'approccio in sala di registrazione che ci è più congeniale è quello live, tipo "buona la prima". E' stato facile sia per la bravura del tecnico del suono Milo Silvestro, ben coadiuvato da Alexander Candfield, sia perché avevamo preparato già molto bene i brani in un ciclo di prove precedenti. Poi quando si registra succedono sempre delle cose in tempo reale che danno un tocco di novità e di magia. Ad esempio il brano Freedom è un momento di forte estemporaneità emotiva.
 
Facciamo adesso un passo indietro: come nasce il progetto World Spirit Orchestra e raccontaci soprattutto il percorso che ha portato alla nascita del disco Black History? 
 
Il coro nasce come World Spirit Choir a meta' degli anni 2000 per la volontà mia e di Gio' Bosco di proiettare una didattica vocale e una ricerca musicale sul linguaggio corale moderno, che comprende il gospel che avevamo praticato con molti gruppi e solisti neroamericani residenti o in tournée in Italia, e altri interessi che avevamo, come il jazz e la world music. Nel 2009 dopo un lavoro di circa due anni legato alla didattica musicale con gli immigrati nel centro di accoglienza Baobab sulla Tiburtina, abbiamo inciso un disco intitolato "A Christmas card of peace" e uscito in quattordici lingue, con la partecipazione di musicisti come il carissimo e compianto Rodolfo Maltese del Banco del Mutuo Soccorso, Henry Cook e San Jay dell'Orchestra di Piazza Vittorio. Poi nel 2011 grazie all'appoggio affettuoso e sempre lungimirante di Giampiero Rubei, che in quel momento presiedeva la Casa del Jazz a Roma, abbiamo sviluppato lì il nuovo progetto World Spirit Orchestra. La Casa del Jazz è stato un buon trampolino per noi, anche se la nostra permanenza li' è durata solo tre anni. Sono stati sufficienti per proiettare il coro in molte strade artistiche, concerti, lezioni concerto, spettacoli di teatro musica di cui alcuni prodotti da noi (Black History prima maniera alla Casa del Jazz nel 2012) trasmissioni televisive come Neripoppins con Neri Marcore'.
 
Per quanto riguarda te, invece, da dove nasce l'interesse verso questo immaginario e verso tutta quella produzione musicale che possiamo definire in breve musica afro-americana?

Sono stato attratto dagli stili popolari della musica neroamericana (blues, gospel) sin da adolescente negli anni '70, quando i miei coetanei ascoltavano solo rock e non si trovavano neanche i dischi di questi generi. Sono stato scoperto a ventidue anni dal compianto Francesco Forti che era un musicista di jazz classico ma anche un importantissimo divulgatore radiofonico e studioso del jazz e della musica nera in genere. Nel 1990 fondammo insieme il primo gruppo vocale di gospel e spiritual, primo a Roma e tra i primi in Italia, il Gruppo Spiritual di Roma. Poi tutta la mia storia musicale, sia come pianista accompagnatore che come solista e arrangiatore di cori e gruppi vocali è segnata da un amore e una ricerca dentro la musica nera e attraverso tutte le sue coordinate,interne ed esterne. 
 
A questo punto lasciaci pure le coordinate: cosa farete nell'imminente futuro a livello di concerti?
Per il momento saremo in concerto domenica 10 febbraio presso la Scuola Popolare di Musica di Testaccioa partire dalle ore 18:30. Poi stiamo valutando una serie di concerti di presentazione del disco. Tenetetevi informati sulla nostra pagina facebook World Spirit Orchestra!

 

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Mario Donatone Trio feat. Eric B. Turner in concerto al Cotton Club

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Un tuffo nell’America anni ’50, tra una miscela di blues, soul e doo-wop. Sabato 24 novembre salirà sul palcoscenico del Cotton Club il trio del pianista cantante Mario Donatone che vedrà la partecipazione speciale del vocalist afro-americano Eric B. Turner. Cantante e attore di grande presenza, quest’ultimo è senza dubbio una delle voci più brillanti dell'attuale panorama soul e della musica neroamericana in genere. 

Eric Turner, infatti, vanta il ruolo di voce solista nello storico gruppo dei Drifters e con importanti formazioni del gospel contemporaneo. Una serata, dunque, che ci riporta ad un immaginario tipico dell’America del dopo guerra, che fa riferimento ad alcune pellicole storiche come American Graffiti, e con un forte richiamo alla musica doo-wop che in quegli anni dominava lo scenario d’oltre oceano. 

A completare la formazione coinvolta in questo viaggio ci saranno il chitarrista, bassista e cantante Angelo Cascarano, e il batterista e cantante Roberto Ferrante. Musicisti versatili e virtuosi che offrono alla band sonorità diverse, caratterizzate da intriganti e calde armonie vocali, e da una forza propulsiva costruita due piani strumentali diversi. Non a caso, infatti, la band offre una grande presenza scenica che ha già all’attivo diverse partecipazioni nei più importanti Festival della penisola.

ERIC TURNER oltre alla vita musicale ha intrapreso anche una fruttuosa carriera di attore. Ha infatti preso parte a molte serie televisive diventate famosissime anche nel nostro Paese, come "Law and Order" o "CSI - New York", e non sono mancate nemmeno le interpretazioni dei film al fianco di grandi interpreti, come "Synecdoche, New York" di Michel Gondry e Spike Jonze (2008) e "American gangster" di Ridley Scott (2007). Eric è stato anche attore e musicista in Rent, Sunfish - Il Musical, Ain't Misbehavin e Lil Shop of Horros, tutti musical di Broadway. Ha cantato con Mariah Carey, Antony Hamilton, Anita Baker, Karen Clark-Sheard. Si è inoltre esibito al Ballo Inaugurale del 2009 al cospetto dell'ex Presidente degli Stati uniti Barack Obama.

MARIO DONATONE è uno dei più apprezzati pianisti e cantanti di blues e jazz in Italia. Ha collaborato con vari artisti italiani importanti ed ha accompagnato tantissimi cantanti e gruppi neroamericani in tour in Europa e ha partecipato a importanti rassegne e festival: tra questi citiamo Pistoia Blues, Umbria Jazz, Trasimeno Blues, Porretta Soul, Roma Jazz Image. ha collaborato con artisti quali Federico Zampaglione, Tiromancino, Neri Marcorè, Harold Bradley, Eddy C.Campbell, Linda Valori, Mario Biondi, Riccardo Biseo, Eddy Palermo, Mario Corvini, Claudio Corvini, Tony Scott, Cicci Santucci, Tom Sheret, Velotti-Battisti Ensemble, Lino Muoio & Mandolin blues, Jonas Blues Band, Linda Young, Beverly Watson, James Wheeler, Les Getrex, Robin Brown, Peaches, Charlie Cannon, Joy Garrison, Cheryl Lewis, Kay Jay Forest, Michael Allen, Herbie Goins, Jho Jenkins, Jimmy Holden,e molti altri.

COTTON CLUB
via Bellinzona, 2 (Angolo con Corso Trieste)
info e prenotazioni:
0685352527
www.cottonclubroma.it
INGRESSO: 10€
Inizio concerto ore 22:30

Line-up
Mario Donatone, piano e voce
Angelo Cascarano, basso, chitarra e voce
Roberto Ferrante, batteria e voce
Special guest: Eric B. Turner, voce

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Porgy And Bess al Teatro Testaccio: dirige Mario Donatone

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Un tuffo nell’universo afro-americano degli anni ’30 con uno spettacolo in chiave moderna del grande capolavoro di George Gershwin. Si presenta così la rivisitazione di Porgy & Bess, con la World Spirit Orchestra, diretta da Mario Donatone e Gio’ Bosco che andrà in scena in una prima assoluta al teatro Testaccio dal 2 al 4 marzo. L’opera, che si avvale degli arrangiamenti del pianista compositore Riccardo Biseo, verrà riproposta per la prima volta in una versione vocale - corale in stile blues, jazz e gospel con un coro ed una band di altissimo livello. Porgy & Bess è senza dubbio una delle opere più importanti di Gershwin perché rivela l’intento di mettere in comunicazione i valori musicali della giovane ed intraprendente cultura americana nella tradizione artistica europea.

Per raggiungere questo obiettivo l’autore ha raccolto le melodie tipiche del blues, dello spiritual e del jazz e le ha inserite nel mondo musicale e narrativo del melodramma, avvicinandole in questo modo alla tradizione musicale del vecchio continente. Non è un caso, infatti, che molti grandi del jazz quali Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Ray Charles, Cloe Laine e Joe Henderson abbiano dato vita a delle interessanti e fruttuose riletture dell’opera. A queste aggiungiamo anche questa nuova rivisitazione che renderà omaggio a George Gershwin mettendo in luce le voci soliste e corali che, con il loro ritmo vitale e con quel tipico suono suono verace ed espressivo, raccontano una storia popolare, ricca di vita e di significati attuali.

Porgy & Bess è considerata la prima american folk opera: una storia che si svolge negli Stati Uniti e che ha come sfondo, metafora e soggetto recitante la comunità neroamericana descritta durante il suo traumatico passaggio dall'età rurale, con i suoi valori antichi e solidamente collettivi, all'era metropolitana, caratterizzata da un disperato individualismo. I personaggi, dai protagonisti della tormentata storia d'amore, come Porgy, l'instabile Bess ed il cinico Sportin' Life hanno tutti un ruolo simbolico rispetto alla rappresentazione di una realtà storica in forte movimento. La vitalità dei protagonisti e la realtà in mutamento sono alla base di questa rivisitazione che porterà con sé tante novità narrative a partire dalla struttura stessa, pensata come un racconto musicale ricco di monologhi e animazioni teatrali, fino all'esecuzione moderna di alcuni dei brani più importanti di Porgy and Bess.  Non a caso parteciperanno all’eccezione dell’opera musicisti di grande livello quali lo stesso Riccardo Biseo al piano, Mario Donatone al piano e alla voce Gio’ Bosco, Sonia Cannizzo, Isabella Del Principe e Luna Whibbe alle voci, Andrea Mercadante voce e tastiere, Angelo Cascarano voce, chitarra e basso, Roberto Ferrante voce e batteria.

La World Spirit Orchestra, diretta da Giò Bosco e Mario Donatone, è un'orchestra di voci, un coro moderno nato alla Casa del Jazz di Roma nel 2011 e dedito a tutti gli stili della vocalità corale. Ha alternato una ricca produzione di spettacoli musicali ad importanti esperienze televisive e teatrali collaborando con personaggi come Harold Bradley, Linda Valori, Neri Marcorè, Mario Biondi, ecc. Dal 2013 collabora al progetto anche il maestro Riccardo Biseo, arrangiatore di primissimo piano del nostro jazz, che ha suonato e arrangiato per i più importanti nomi della musica nazionale ed internazionale.

I concerti inizieranno alle ore 21:00

Ingresso 15 euro + 2 euro tessera associazione

Teatro Testaccio, via Romolo Gessi 8

 

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Mario Donatone dirige la World Spirit Orchestra al Cotton Club

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Sabato 30 dicembre al Cotton Club di Roma andrà in scena la World Spirit Orchestra diretta da Mario Donatone e Giò Bosco, un coro moderno nato alla Casa del Jazz di Roma nel 2011 e dedito a tutti gli stili della vocalità corale. La formazione, impreziosita dalla presenza di grandi musicisti quali Isabella del Principe, Angelo Cascarano e Roberto Ferrante è un progetto unico nel suo genere. Il suo repertorio, infatti, spazia dal gospel di varie epoche, al soul, jazz, world e pop d’autore. La band ha alternato una ricca produzione di spettacoli musicali, ad importanti esperienze televisive e teatrali collaborando con personaggi come Harold Bradley, Linda Valori, Neri Marcorè, Mario Biondi, Hajnal Nemeth, Claudio Boccaccini eccetera. Si avvale per gli arrangiamenti, della collaborazione del maestro Riccardo Biseo, pianista e arrangiatore di grande prestigio del jazz italiano.

Mario Donatone è uno dei più apprezzati pianisti e cantanti di blues e soul in Italia ed ha alle spalle una lunga carriera sia come solista che come accompagnatore soprattutto di artisti blues e gospel neroamericani in tournée in Europa. Ha inoltre inciso diversi dischi come solista, partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche, e a rassegne e festival, tra cui citiamo Pistoia Blues, Trasimeno Blues, Porretta Soul, Roma Jazz Image e altri. Tra le principali collaborazioni quelle con Federico Zampaglione, Neri Marcorè, Mario Biondi, Neri Marcorè, Harold Bradley, Eddy C.Campbell, Linda Valori, Riccardo Biseo, Eddy Palermo, Mario Corvini, Claudio Corvini, Tony Scott, Cicci Santucci, Tom Sheret, Velotti-Battisti Ensemble, Lino Muoio & Mandolin blues, Jonas Blues Band, Linda Young, Beverly Watson, James Wheeler, Les Getrex, Robin Brown, Peaches, Charlie Cannon, Joy Garrison, Cheryl Lewis, Kay Jay Forest, Michael Allen, Herbie Goins, Jho Jenkins, Jimmy Holden e molti altri.

Cotton Club Roma
via Bellinzona, 2
00198 Roma
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Inizio concerto ore 22:30
Ingresso 5 euro

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Rock & Soul Explosion live al Cotton Club: con GREG, Enrico Ciacci, Mario Donatone

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Venerdì 27 ottobre al Cotton Club di Roma appuntamento da non perdere con Rock & Soul Explosion, quintetto che porterà in scena i più grandi classicirock’n’roll, county e soul. Sul palcoscenico una band di grande livello formata Enrico Ciacci, storico chitarrista e fratello del grande Little Tony, Greg, musicista, cantante, comico, attore e conduttore radiofonico conosciuto al grande pubblico sotto molteplici punti di vista, e dal vocalist e pianista Mario Donatone, da tempo attivo sulla scena romana e leader di diversi progetti. La formazione è completata da una storica sezione ritmica composta da Danilo Bigioni al basso elettrico e Roberto Ferrante alla batteria. Una serata coinvolgente, dunque, per un viaggio verso la musica d’oltreoceano a cavallo di diversi generi musicali che ancora oggi continuano a fare tendenza e a raccogliere gruppi di appassionati.

Dalle splendide note di Ray Charles che ha incantato il mondo che le sue celebri composizioni, alle struggenti melodie di Johnny Cash che hanno commosso il vecchio e nuovo continente, passando per la grinta grandi artisti quali Elvis e Chuck Berry. Energia allo stato puro che nella performance da palcoscenico trova il suo ambiente perfetto e la sua naturale valvola di sfogo. Location ideale per il concerto sarà il Cotton Club di Roma che da anni ormai è uno dei centri della musica live capitolina dove si alternano band di grande livello che strizzano l’occhio al jazz, allo swing, al rock’n’roll e a tutta la buona musica che ha attraversato l’oceano Atlantico per raggiungere l’Italia.

Rock & Soul Explosion

Venerdì 27 ottobre live al Cotton Club

Sul palco Greg, Enrico Ciacci e Mario Donatone

 

Cotton Club

Via Bellinzona 2

Ingresso 10 euro

Inizio concerto ore 22:00

 

Line Up

Enrico Ciacci, chitarra elettrica

Greg, voce e chitarra

Mario Donatone, voce e piano

Danilo Bigioni, basso elettrico

Roberto Ferrante, batteria

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Mario Donatone presenta il tributo a Ray Charles a Villa Celimontana

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Venerdì 21 luglio Mario Donatone salirà sul palcoscenico di Villa Celimontana dove andrà in scena con il suo omaggio al grande Ray Charles. Un progetto attraverso il quale il pianista vocalist romano si approccerà con il repertorio di uno dei più grandi musicisti della storia regalando grande importanza all'approccio vocale. La formazione è, infatti, in sestetto con Mario Donatone al piano e voce, Giò Bosco e Isabella del Principe alla voce, Angelo Cascarano, chitarra elettrica e voce, Andrea Mercadante all’organo e Roberto Ferrante alla batteria. Una band, dunque, composta da strumenti e voci che si presenta con una ritmica ben calibrata grazie alla presenza di chitarra, piano, organo e batteria e con un contesto sonoro che dà ampio spazio alle voci. Il repertorio spazia tra le varie coordinate stilistiche della musica di Ray Charles passando dal Jazz, al Blues, fino a raggiungere il Soul ed il Gospel.

L’idea è infatti quella di recuperare il sound sanguigno del primo Ray Charles, prima che eleggesse la big band a definitivo strumento di accompagnamento della sua voce. Non si tratta però di un ricalcare filologico ma di una interpretazione attuale e corale, in cui il dialogo e l’interazione tra le tante voci del gruppo, in evidenza anche solisticamente, dà un tocco del tutto originale a questa versione nostrana del “supersound” americano del “genius” di Albany. Solo così si può infatti definire una combinazione in cui il gospel dei cori si integrava con il soul-jazz dei fiati e con il blues della chitarra che scandiva gli spazi per un piano e una voce che erano una sintesi unica di tutti questi stili.

Artista poliedrico e versatile, con alle spalle innumerevoli collaborazioni Mario Donatone è un pianista cantante che ha collaborato con artisti quali Federico Zampaglione, Tiromancino, Neri Marcorè, Harold Bradley, Eddy C.Campbell, Linda Valori, Mario Biondi, Riccardo Biseo, Eddy Palermo, Mario Corvini, Claudio Corvini, Tony Scott, Cicci Santucci, Tom Sheret, Velotti-Battisti Ensemble, Lino Muoio & Mandolin blues, Jonas Blues Band, Linda Young, Beverly Watson, James Wheeler, Les Getrex, Robin Brown, Peaches, Charlie Cannon, Joy Garrison, Cheryl Lewis, Kay Jay Forest, Michael Allen, Herbie Goins, Jho Jenkins, Jimmy Holden e molti altri.

 

Venerdì 21 luglio

Mario Donatone Plays Ray Charles

Live Villa Celimontana

Via della Navicella, 00184 Roma

Ingresso free - inizio concerto ore 21:30

Line Up

Mario Donatone, piano - voce

Giò Bosco, voce

Isabella Del Principe, voce

Angelo Cascarano, chitarra elettrica - voce

Andrea Mercadante, organo

Roberto Ferrante, batteria

 

 

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Mario Donatone - World Spirit Orchestra live alla Biblioteca Leopardi

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Mercoledì 21 giugno la World Spirit Orchestra diretta da Mario Donatone andrà in scena presso la Biblioteca Leopardi di via Makallè. Un’occasione imperdibile per ascoltare un ensemble di grande livello al quale prendono generalmente parte musicisti del calibro di Isabella Del Principe, Angelo Cascarano e Roberto Ferrante. Un’orchestra di voci, dunque, e un coro moderno nato nel 2011 presso la Casa del jazz di Roma e ancora oggi aperto a tutti gli stili della vocalità corale. 

Il suo repertorio, infatti, spazia a 360 gradi partendo dal gospel di varie epoche, passando per il soul, il jazz, la world music ed infine il pop d’autore. La World Spirit Orchestra ha alternato una ricca produzione di spettacoli musicali, ad importanti esperienze televisive e teatrali collaborando con personaggi come Harold Bradley, Linda Valori, Neri Marcorè, Mario Biondi, Hajnal Nemeth, Claudio Boccaccini. Si avvale per gli arrangiamenti, della collaborazione del maestro Riccardo Biseo, pianista e arrangiatore di grande prestigio del jazz italiano.

Mario Donatone ha collaborato con artisti quali ,Federico Zampaglione,Tiromancino,Neri Marcorè, Harold Bradley, Eddy C.Campbell,Linda Valori,Mario Biondi,Riccardo Biseo,Eddy Palermo,Mario Corvini,Claudio Corvini, Tony Scott, Cicci Santucci,Tom Sheret,  Velotti-Battisti Ensemble,Lino Muoio & Mandolin blues,Jonas Blues Band,Linda Young, Beverly Watson , James Wheeler, Les Getrex, Robin Brown, Peaches, Charlie Cannon, Joy Garrison, Cheryl Lewis, Kay Jay Forest, Michael Allen, Herbie Goins, Jho Jenkins, Jimmy Holden,e molti altri

 

Biblioteca Leopardi

Via Makallè

 

Mercoledì 21 giugno

Mario Donatone - World Spirit Orchestra

Inizio concerto 20:30

Dirigono l’orchestra Mario Donatone e Gio Bosco

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