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Salvatore Lazzara racconta “Un Cerchio Perfetto”: la sintesi di vari percorsi musicali

Pubblicato da Filibusta Records, Un Cerchio Perfetto è il settimo disco che porta la firma del progetto Pensiero Nomade. Un lavoro che rappresenta la sintesi di un percorso durato anni in cui si percepisce una velata dose di malinconia e in cui si percepiscono le idee compositive di Salvatore Lazzara e di come si sono evolute nel corso del tempo. Proprio con lui abbiamo parlato di questa nuova avventura che, probabilmente, rappresenta un punto di arrivo e allo stesso tempo un punto di partenza.

Per cominciare l'intervista Salvatore, parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Un cerchio perfetto rappresenta la sintesi dei vari percorsi musicali seguiti e delle sperimentazioni fatte con il progetto Pensiero Momade in più di dieci anni. Questo credo sia vero sia da un punto di vista strettamente compositivo e musicale, che come ricerca estetica complessiva. È un punto di arrivo per me, e rappresenta in pieno l’idea che ho sempre avuto di “musica nomade” e che solo adesso sento di avere raggiunto compiutamente.

Raccontaci adesso il tuo percorso musicale: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Pensiero Nomade nasce circa 12 anni fa, con un cd chiamato “Per questi ed altri naufragi”. In quel periodo avevo da poco concluso l’esperienza con il gruppo neo progressive dei Germinale, e credo che quel lavoro rappresentasse anche un tentativo di trovare strade musicali alternative a quel tipo di tradizione e di stile. Lo studio della chitarra acustica contemporanea e del jazz comincia proprio da quel cd, che però ha anche influenze di elettronica, ambient e minimaliste, e di certo avant-rock. Da lì in poi i lavori successivi hanno sempre avuto delle “oscillazioni stilistiche”, fra musica acustica (Tempi migliori, Imperfetta solitudine) e sperimentazione elettronica, jazz e minimalismo (Materia e memoria, Da nessun luogo). In mezzo a questi cd ci sono state anche delle collaborazioni più marcatamente sperimentali (Guided by noise, Appunti per una teoria delle maree) che esploravano percorsi “laterali” a Pensiero nomade. Ci sono stati anche molti cambi di etichette. Oggi quasi tutto il mio catalogo può essere raggiunto tramite Filibusta records.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

Trovo che il titolo sia molto evocativo: questo cd chiude il cerchio di molti discorsi attorno al mio modo di fare musica, di comporre e di arrangiare. Certo questa sintesi felice è anche il frutto di una perfetta collaborazione con i miei compagni di musica: Andrea Pavoni (piano, tastiere, composizione e arrangiamenti), Davide Guidoni (batteria e percussioni), Luca Pietropaoli (contrabasso), Michela Botti (voce), Edmondo Romano (fiati). Il loro lavoro in questo cd non è stato solo “aggiungere” elementi ma fonderli insieme. Sono molto felice del risultato sonoro e dell’immagine complessiva delle tracce.

Nella tua ricerca musicale cosa è cambiato rispetto ai precedenti dischi? Ci sono delle novità di cui ci vuoi parlare?

Come ti dicevo mi sto lasciando alle spalle molte influenze “disturbanti”, cercando di sintetizzare finalmente una proposta musicale del tutto mia. E per fare questo mi sono prima di tutto concentrato sugli strumenti che sento più miei, le chitarre, che ho sempre suonato con un’attenzione alla “narrazione”, più che alla tecnica fine a sé stessa. Questo è un disco essenzialmente acustico, ma credo che rappresenti un cambio di passo generale rispetto al mio modo di suonare la chitarra, sempre meno elettronica, meno rumoristica, diciamo che oggi suono in maniera “pacificata”.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le altre evoluzioni di Pensiero Nomade?

Senza dubbio sul solco di questo lavoro, magari anche un po' più elettrico, in alcuni momenti, ma sicuramente orientato al racconto, alle storie, alle mie radici mediterranee. Ci sono poi delle influenze che mi hanno marcato indelebilmente, come il jazz nordico ECM, certo rock di avanguardia, dalle quali non mi allontanerò mai veramente, e che sono certo di ritrovare anche nel futuro.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: concerti a parte, date le difficoltà del momento, c’è qualche novità di cui vuoi parlare?

Ci sono già progetti aperti, con vecchi e nuovi compagni di strada, ma come accade a tutti coloro che non vivono di musica, e forse anche a causa della situazione attuale, è difficile dire ora quando e come prenderanno forma. Di sicuro non guardo al passato con nostalgia e non amo restare fermo troppo a lungo.

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