Voci che resistono al Vento: l’omaggio di Serena Marchi alle donne della tradizione dolomitica
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Pubblicato dall’etichetta Emme Record Label, Voci che Resistono al vento è un disco della flautista e compositrice Serena Marchi, musicista di formazione classica e contemporanea che in questo lavoro si trova alla guida del Serenismar Ensemble. Un progetto in cui la musica jazz s’intreccia con le leggende delle Dolomiti, diventando la voce di alcune figure femminili della tradizione e del mito. Ecco il racconto di Serena Marchi.
Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?
Il disco è un omaggio musicale personale ad otto figure femminili della mitologia dolomitica e si compone di altrettante tracce. La cultura dei popoli arcaici delle Dolomiti infatti è di origine matriarcale e nonostante le evoluzioni storico religiose abbiano portato profonde trasformazioni a scapito soprattutto dei ruoli femminili primordiali ho voluto, con la mia musica, valorizzare il fatto che siano comunque rimasti degli elementi culturali che riportano al matriarcato. Da qui il titolo Voci che resistono al vento: un omaggio a quelle voci che i venti del destino non sono riusciti a sopraffare.
Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?
Questo progetto è nato come tesi di laurea al Biennio di composizione Jazz. Volevo che i brani che stavo scrivendo fossero accomunati da un tema che al contempo risultasse identitario per me. Complice la quarantena forzata ho iniziato a cercare sul web informazioni sulle anguane e da loro è partita tutta la tematica.
Per l’orchestrazione, ho cercato di perseguire l’idea di sviluppare una sorta di “Jazz da camera” sia per gusto personale che per i “limiti sonori” del flauto traverso in contesti più grandi come la big band dove viene impiegato solo in determinate situazioni. Dopo aver registrato 5 brani con questa formazione, a completamento dell’album ne ho scritti altri 2 per quintetto e uno per sestetto.
Per la registrazione ho coinvolto musicisti con i quali ho un bellissimo rapporto di amicizia e di stima che hanno saputo dare un valore aggiunto a quanto ho scritto (Emiliano Tamanini alla tromba, Matteo Righetti al sax contralto, Andrey Pletnev al sax tenore, Demetrio Bonvecchio al trombone, Giorgio Beberi al sax baritono, Olmo Chittò al vibrafono, Jacopo Moschetto al pianoforte, Martino De Franceschi e Andrea Ruocco al contrabbasso e Alessandro Ruocco alla batteria). Sul piano tecnico mi sono affidata alla maestria del fonico Marco Sirio Pivetti di Metrò Rec.
Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?
Significa tutte queste cose contemporaneamente. Nel senso che è sia il punto di arrivo di un percorso accademico che mi ha “scoperto” compositrice, sia una fotografia della mia personalità musicale fino ad ora, ma anche punto da cui partire per farmi conoscere, per far conoscere la mia musica e per fare altri progetti sia con il quintetto che con l’ensemble. Considerata la difficoltà di portare in giro un gruppo numeroso, è anche una sfida “ai venti del destino”…
Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?
Dal punto di vista compositivo, mi sento fortemente riconoscente a Paolo Silvestri, il quale mi ha fatto riconoscere la mia natura creativa nonché mi ha dato solide basi di arrangiamento e di orchestrazione e a Rita Ninfa Collura che, chiedendomi di sviluppare quelle poche battute assegnatemi, ha inconsciamente dato avvio a questo progetto. Devo riconoscere ex post che anche la possibilità di suonare con Maria Schneider ha avuto un forte impatto sulla mia musica.. fresca degli studi classici presso il Conservatorio mi stavo avvicinando al jazz e in quel momento ero rimasta affascinata dal suo modo di lavorare.. col tempo ho capito la sua influenza musicale è stata molto più importante e di valore.
Anche i frequenti confronti con Michael Rosen ed il suo approccio creativo- compositivo e personale nell’improvvisazione sono tuttora di fondamentale importanza.
Per quanto riguarda i riferimenti musicali, di sicuro il background classico ha inciso fortemente sul mio gusto musicale e talvolta mi escono citazioni o richiami a brani di questa tradizione in modo quasi spontaneo. Del mondo jazz, oltre ai musicisti “della tradizione” mi sono sentita ispirata da Chick Corea, Wayne Shorter, John Coltrane, Modern Jazz Quartet, Avishai Cohen (contrabbassista), Stefano Bollani, Frank Wess.. ci sono poi la bossa nova ed il choro brasiliani e la musica latin.
Di base comunque sono una persona curiosa che si fa attrarre da musiche che muovono la sua anima a prescindere dai generi.. anzi provo un certo gusto nel mescolare le diverse sonorità.
Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?
Non volendo avanzare aspettative che vengano poi disattese, mi piacerebbe portare questo progetto (in quintetto o addirittura con l’ensemble!) all’estero forte del suo valore sia musicale che folcloristico non legato per forza al jazz o alla territorialità delle Dolomiti, ma per il suo potere evocativo… le figure femminili citate sono un modo indiretto per parlare personalmente dell’ambiente montano e associare la mia sensibilità musicale al messaggio culturale che queste donne hanno cercato di diffondere: una lezione sull’amore e sul rispetto dei ritmi di vita imposti dalla montagna e delle manifestazioni della natura che non è sempre possibile volgere a proprio favore… ed in questo periodo risulta più che mai attuale.
Sono comunque consapevole che avere due binari possibili da percorrere è al contempo un valore aggiunto e una sfida a non alimentare eventuali posizioni preconcette.
Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?
Mi piacerebbe innanzitutto continuare a lavorare col quintetto perché ci troviamo molto bene sia musicalmente che a livello di relazioni e vorrei sfidare il nostro interplay in contesti sempre meno “strutturati”… poi vorrei sperimentare altri organici.
Riguardo questo progetto, lo suoneremo in estate in due posti meravigliosi all’aperto: la sera del 5 agosto in quintetto al Garda Jazz Festival nel borgo di Canale di Tenno con una spettacolare vista sul lago di Garda; a mezzogiorno del 6 agosto con tutto l’ensemble in quota, al cospetto delle Dolomiti di Fassa. Il posto esatto è in fase di definizione con l’organizzazione del JMMJ Festival- Val di Fassa Panorama Music quindi invito a tenere d’occhio i miei social.