Filippo Loi racconta Teju: “Un disco di jazz che si lascia influenzare dalla musica rock”
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Pubblicato dall’etichetta Emme Record Label, Teju è il disco d’esordio del trio capitanato dal chitarrista Filippo Loi che vede la partecipazione di Carlo Bavetta al contrabbasso e Lorenzo Attanasio alla batteria. Un progetto in cui iljazz si sposa con il Mediterraneo e con le tradizioni locali lasciando entrare la musica rock. Ecco il racconto di questa nuova avventura.
Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?
Salve a tutti! Teju è il nostro primo lavoro insieme. I temi e le armonie hanno preso la loro forma nel corso di un anno e mezzo ricco di avventure, prove, concerti. E’ un disco che sicuramente parte da un’esperienza jazzistica e d’improvvisazione ma si lascia influenzare dalla musica rock e dalle ampie composizioni.
Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?
Ci siamo conosciuti ai corsi di musica d’insieme del conservatorio di Milano. Circa due mesi dopo è scoppiata la pandemia. Filippo ha impiegato parte del suo tempo chiuso in casa a comporre le tracce del disco. Già durante il lockdown, grazie a internet, abbiamo iniziato a provare i brani con i software di registrazione musicale. Non appena abbiamo avuto la possibilità di rincontrarci di persona, abbiamo iniziato a suonare insieme e fare i nostri primi concerti a Milano fino all’ approdo nei cataloghi di Emme Record Label.
Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?
Sicuramente è un punto di partenza. L’ emozione di entrare in uno studio di registrazione come il Tube Recording Studio e di sentire il nostro primo disco su supporto fisico ci può spingere a continuare a lavorare insieme sul nostro suono, sulla nostra idea di trio e sulla musica che proveremo a comporre in futuro.
Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?
Essendo un trio composto da chitarra, contrabbasso e batteria, i riferimenti più importanti vengono dai moderni maestri indiscussi di questo strumento. Pat Metheny è un chiaro esempio non solo per le sue capacità strumentali ma anche come compositore. Scott Henderson e John Scofield per la maestria con il quale hanno saputo fondere la chitarra rock con il linguaggio jazz. Ma anche i grandi compositori come Wayne Shorter e Miles Davis, che ha influenzato le tracce più vicine al jazz di questo album.
Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?
Questo è difficile da dire adesso. Speriamo di continuare sia in trio ma anche con qualche aggiunta in funzione di composizioni più ampie. Magari un piano, delle voci, qualche fiato.
Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?
Attualmente stiamo scrivendo nuova musica. Vogliamo fare il nostro meglio ed è giusto dedicare il tempo necessario alla stesura di qualcosa che ci soddisfi e ci rappresenti, senza rischiare di cadere in manierismi e ripetizioni forzate. Attualmente stiamo organizzando qualche concerto nei festival jazz nazionali, dalla primavera in poi. Sarà nostra premura avvisarvi tramite i nostri canali social.