Jazz Agenda

Nico Morelli racconta Unfolkettable Two: “Il Jazz si è sempre divertito a mescolare le diversità”

 

Un progetto trasversale che fonde il jazz con il folk, con la tradizione pugliese, con una cultura che appartiene al Sud dell’Italia. Si presenta così Unfolkettable Two disco che porta la firma di Nico Morelli, pugliese di nascita e ora jazzista di spessore trapiantato a Parigi da diverso tempo. Insieme a lui abbiamo parlato di questa ultima opera, spostandoci poi su temi di attualità e facendo un’interessante parallelismo tra Italia e Francia.

Unfolkettable Two è senza dubbio un disco in cui compaiono diverse culture, alcune appartenente al folklore del Sud Italia, altre appartenenti al jazz moderno: per cominciare l’intervista come descriveresti questo progetto?

“Direi che è la seconda puntata del mio disco precedente “UnFOLKettable, Pizzica&Jazz Project” 2006 – con delle differenze rispetto a quello: nel primo c’era una ricerca sonora più vicina alla terra, all’autenticità del carattere folk, anche grazie al fatto che vi facevano parte musicisti di reale estrazione popolare che avevano apportato un suono più tradizionale antico. In quest’ultimo album le sonorità sono più eleganti direi, meno grezze, più raffinate, grazie al suono individuale di ogni componente.”  

Quanto è importante in questo momento storico e culturale la commistione di stili e la fusione dei diversi linguaggi della musica?

“Riflettendo sulla tua domanda, la musica è forse quella forma d’arte che nei secoli se n’è sempre infischiata delle differenze storiche, culturali,. . . e soprattutto delle differenze fra i popoli. Almeno nel Jazz è sempre successo questo. Il Jazz è probabilmente quel genere musicale che si è sempre divertito a mescolare insieme le diversità. . . di tutti i tipi. Non penso che questo sia SEMPRE avvenuto con il preciso scopo di mostrare nulla di ché, se non quello di creare con degli ingredienti sempre nuovi un’idea di bellezza artistica. Se poi vogliamo a tutto ciò dare per forza un significato di unione fra i popoli e culture questo ci fa onore, e di sicuro nulla ci impedisce di pensarla anche in questa maniera.”

Quali sono, quindi, le ragioni per le quali hai deciso di riprendere questo tuo bagaglio culturale mescolandolo con il linguaggio del jazz contemporaneo? Da dove nasce questa esigenza?

“Da sempre, da quando mi sono avvicinato al Jazz, e quindi ormai da 30 anni, mi son fatto delle domande; 1) Il jazz è una musica che trae le sue origini dal popolo, dalla terra – 2) E’ una musica che nel suo percorso storico ha sempre mescolato e inglobato generi e stili diversi – 3) Ha avuto inizialmente terreno fertile di sviluppo negli Stati Uniti per poi espandersi in tutto il mondo – 4) Continua ad evolversi ancora oggi in questo suo riflesso naturale di inglobare altre culture e altri linguaggi musicali; . . . di conseguenza ho sempre avuto la curiosità e l’immaginazione di vedere il linguaggio del jazz affiancato o fuso in quelle che sono le sonorità della musica popolare della MIA di regione, con gli strumenti, le voci e gli stili tipici di essa. Tutto parte da una curiosità e divertimento, nella speranze che un esperimento del genere possa anche dar luogo a nuove avventure musicali.”

Più in generale quali potrebbero essere, invece, le evoluzioni del jazz moderno? In altre parole quanto contano adesso le contaminazioni?

“Difficile immaginare in quali direzioni il jazz andrà, ci ha sempre sorpreso e continuerà a farlo. Forse una possibile direzione potrebbe essere l’uso dell’elettronica o di nuove tecnologie affiancate alla musica. Invece quella di far confluire più linguaggi e stili musicali nel jazz è da sempre una delle prerogative essenziali, sin dai suoi esordi di inizi ‘900. Quindi difficile immaginare che non accada più.”

In questo progetto non possiamo fare a meno di notare le tue origini culturali che appartengono al Sud dell’Italia. Quanto sono importanti per te e soprattutto quanto si ripercuotono nelle tue composizioni?

“Le mie origini parlano di me come essere umano che attraversa questo pianeta. Mi contraddistinguono e di conseguenza mi rendono unico come essere umano e come artista. Inevitabile quindi sottolineare quanto siano importanti e fondamentali nel mio percorso umano ed artistico, tant’è che si ripercuotono molto nella mia musica e spero che questo avvenga sempre di più in maniera ancora più visibile e profonda nei miei prossimi lavori.”

Ora una domanda di attualità. Dal momento che sei nato e cresciuto in Puglia volevo chiederti quale è secondo te le situazione culturale e soprattutto musicale di questa regione. Rispetto a qualche decennio fa si sono fatti dei passi avanti? Oppure è ancora tutto stagnante?

“Non mi sento di dire che sia mai stata “stagnante” la situazione musicale pugliese, specialmente nel jazz poi! La puglia è da anni una regione che vede avvicendarsi generazioni di jazzisti di grande levatura, e non faccio nomi per non offendere chi non nominerei. Questa tua domanda mi permette anche di elogiare l’organismo “PugliaSounds” che è nato supportato dalla Regione Puglia proprio per valorizzare e produrre lavori musicali discografici e non al fine di amplificare la visibilità culturale di questa regione. . . . . Riuscendoci!!! . . . . sono quasi 20 anni che vivo in Francia. Quando ci arrivai 20 anni fa pochissima gente francese aveva sentito il nome di questa regione. Oggi dire “Puglia” in Francia è come dire Venezia, Firenze, Roma. . . . tutti ne hanno sentito parlare o ci sono stati addirittura. Il lavoro svolto dalla Regione Puglia negli ultimi anni è stato eccezionale, e l’operazione “PugliaSounds” ha sicuramente aiutato questo processo. Questo vuol essere anche un messaggio per il nuovo governo pugliese che sentivo dire stava cercando di smantellare l’iniziativa “PugliaSounds”. Sarebbe un vero peccato.”

A questo punto inevitabile anche un parallelismo con la situazione culturale e musicale della Francia: che ne dici di fare un parallelismo?

“La Francia é un paese "felice" rispetto ad altre nazioni europee per quel che riguarda le condizioni di vita degli "artisti" e non solo musicisti. Ma non é l'unico. Anche Belgio, e paesi del nord Europa permettono con le loro leggi di offrire un sistema di vita agli artisti decoroso che annovera il loro operato in quello che comunemente viene definito con la parola "lavoro". Assurdo forse pensare questo per un cittadino medio italiano che spesso resta incredulo quando ponendo la domanda "che lavoro fai" a qualcuno si vede rispondere "musicista" - Ebbene si, in Francia quello del musicista viene considerato un vero e proprio "lavoro" e non é solo una questione di immaginario collettivo o culturale. Lo stato dispone di organismi atti a preservare con finanziamenti l'attività degli artisti. Ovvio che per poter ottenere tali finanziamenti bisogna rispondere a determinate condizioni. In altre parole bisogna appunto "lavorare"!. . . più si lavora più il sistema ti aiuta a poter ottenere sussidi finanziari che aiutano gli artisti nella loro quotidianità. E come dicevo stessa cosa o simile accade anche in altri paesi del nord Europa. L'Italia purtroppo é fuori da tali dinamiche pur essendo il paese che tanto ha dato all'arte nel mondo. La quantità di lavoro per artista resta comunque subordinata alle capacità dell'artista stesso e alla sua intraprendenza. Riguardo il pubblico penso che non ci siano tantissime differenze nella fruizione. Quel che vedo di diverso forse in Francia é l'attitudine "associativa" della gente. Nascono e vivono tante piccole associazioni artistiche spesso costituite da appassionati che mossi da spirito di iniziativa ottengono fondi da enti pubblici per organizzare eventi. Tali associazioni basandosi sulla sola presenza dei propri soci ottengono il tutto esaurito agli eventi organizzati. Vedo spesso questa cosa in Francia e continuo a rimanere sorpreso ogni volta. In Italia mi capita meno spesso di osservare fenomeni di questo tipo.”

Un’ultima domanda prima di lasciarci: quali sono le possibili evoluzioni che potrebbero svilupparsi attraverso questo disco e soprattutto nell’immediato quali saranno i vostri impegni per questo progetto…

“Nell’immediato stiamo costruendo la tournée che prenderà tutto il 2017 per il momento. Riguardo altre evoluzioni difficile rispondere. Spero che un’operazione del genere sia da sprono anche per altri artisti a avventurarsi in direzioni simili.”

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“Unfolkettable Two”, il nuovo progetto discografico di Nico Morelli

  • Pubblicato in Pagina News

 

Pubblicato ufficialmente il 13 maggio 2016 dall’etichetta Cristal Records e disponibile sulle principali piattaforme digitali, Unfolkettable Two è il nuovo episodio discografico firmato dal pianista jazz e compositore Nico Morelli. In questo disco il musicista parigino d’adozione e d’azione si affida a un ampio  parterre costituito da Barbara Eramo (voce), Davide Berardi (voce e chitarra), Raffaele Casarano (sax soprano), Camillo Pace (contrabbasso), Mimmo Campanale (batteria) e Vito De Lorenzi (percussioni).

La tracklist del CD è formata da dieci composizioni originali frutto dell’ispirata vena creativa del leader, ad eccezione di Lu Rusciu De Lu Mare, Sta Strada, Bella Ci Dormi e All’Acqua appartenenti alla tradizione popolare. L’intento manifesto di Morelli, attraverso il suo disco, è quello di creare una singolare commistione tra il folk del Mezzogiorno d’Italia e il jazz contemporaneo, per valorizzare un crocevia di culture volto ad abbracciare svariate contaminazioni stilistiche. Unfolkettable Two è un album concepito a cavallo tra world music e contemporary jazz, dal quale trasuda il desiderio di affermare le proprie radici geo-culturali. 

 

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