Jazz Agenda

Carlo Cammarella

Carlo Cammarella

Andrea Bonioli e il nuovo disco Figli Forever: “Sono attratto dal jazz post moderno”

Si intitola Figli Forever l’ultimo album del batterista Andrea Bonioli recentemente uscito per l’etichetta Filibusta Records. Un lavoro eterogeneo, ricco di contaminazioni che pur mantenendo un linguaggio jazzistico apre la strada al pop e al rock e a tante altre declinazioni. In questo modo l’autore prosegue con la linea del concept album già sperimentata nei precedenti “Today. The commercial album“ e “Pop”. Ecco il racconto di Andrea Bonioli.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Ciao, “Figli Forever” penso sia un disco  piuttosto eterogeneo con  diverse contaminazioni provenienti da differenti ambiti musicali come la word music, la musica per immagini, il cosiddetto pop, il rock, il tutto declinato con il linguaggio jazzistico. Ci sono brani in piano trio, altri in quartetto, altri in sestetto, ci sono momenti “lirici” per così dire con due viole che si intersecano, c’è un mantra iniziale affidato alla voce  che sugella l’idea del disco stesso. In ogni brano si evince quasi sempre il concetto della “dualità”, tema che da qualche anno vivo costantemente io nella vita privata ( ho avuto due gemelli) e che ho voluto in qualche modo tradurre tematicamente in musica.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Il concetto portante del disco, come il titolo chiaramente espone, è la permanenza nello stato di “figlio” anche quando si diventa genitore. In qualche modo capire che si ha sempre necessità di un conforto, di una guida anche quando tu devi essere ciò per altri. Il che non vuol dire penso una non evoluzione verso una completa maturità, perché penso che accettando questa condizione, invece, si possa maturare meglio e con più serenità. Era una cosa a cui pensavo da molto tempo, ed ora è tempo di tradurla musicalmente. Credo sia questa l’evoluzione di questo pensiero, almeno la mia, poi ognuno può naturalmente rifletterci come vuole!

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

Per me rappresenta una fotografia del momento, come anche gli altri due dischi precedenti lo sono stati, di un concetto che appunto maturavo da qualche anno, oggi penso questo, domani si vedrà!

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Chi mi conosce sa della mia passione per i Floyd (presente una cover, mentre nel precedente disco un brano si intitola proprio Pink Floyd direttamente). Per me sono stati un faro, ovviamente non solo. Jazzisticamente sono attratto dal  jazz post moderno, continentale, nord europeo, fatto di melodia, atmosfere, interplay più che da stilemi bebop, di cui riconosco l’importanza, ma i miei ascolti degli ultimi 10 anni sono davvero stati trasversali. Amo la musica inglese, David Sylvian, Brian Eno per citare solo due giganti. Avendo poi io suonato con Ennio Morricone per più di 18 anni trovo in questo genere di musica ( non solo la sua) una familiarità molto forte. Mi fa pensare, forse nasce per questo, ma credo che la forza vera della musica per immagini si celebri quando funziona anche senza immagini!

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Parallelamente a questo ultimo disco ho elaborato un altro progetto di musica elettronica, (Bonniemusic) senza improvvisazione, secondo me la mia naturale evoluzione sarà improvvisare su aree tematiche non propriamente jazzistiche, credo sia la cosa che mi venga meglio, quella che più mi appartiene.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Abbiamo fatto in Trio un bellissimo Tour nord europeo di 7 date, è stato molto intenso, c’è stata una bella risposta del pubblico, questo mi spinge a continuare a guardare anche fuori dai confini nazionali, ma non solo, in autunno presenteremo il lavoro alla Casa Del Jazz a Roma. Penso che chiunque faccia ancora dischi non li faccia per averli a casa, l’intento è far conoscere il proprio messaggio, quale esso sia, da vivo, suonando. Quindi mia intenzione è cercare di suonare il più possibile, ovunque la mia proposta sarà accettata!

 

Lasciami cadere, l’ultimo singolo di Lisa Manara: “Un sospiro ingombrante in una stanza vuota”

Si intitola Lasciami cadere l’ultimo singolo di Lisa Manara uscito il 5 maggio su tutte le piattaforme digitali. Un brano personale e autobiografico che racconta le sensazioni di un periodo di vita e che rievoca il rapporto ambivalente con il padre, figura che rappresenta l’incontro con il mondo esterno e allo stesso tempo un ponte tra la famiglia e la società. Protagonista di questo brano è il pianoforte, strumento centrale che fa da contrappunto a una voce ricca di sfumature e che accompagna in modo delicato le parole del testo. Parliamo infatti di un brano intimo, evocativo che visto l’utilizzo minimale degli strumenti mantiene la sua essenza originale. Ecco il racconto dell’autrice.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del singolo: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

“Lasciami cadere” è un sospiro ingombrante in una stanza vuota, un grido incastrato tra i stomaco e gola, un foglietto che nascondi in un libro in modo che venga poi letto, un film di cui non hai visto l’inizio. Ho scritto questo brano ad acquerello perché non avesse contorni definiti ma prendesse la forma dei pensieri di chi lo ascolta.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Lisa Manara è un percorso, un’evoluzione continua di certezze da sgretolare man mano e ricrearne delle nuove, un addensato di tutto ciò che, come una valigia, mi porto dietro. Dagli ascolti della musica classica, ai nostalgici canti capoverdiani, alla passione per la visceralità del blues, alla melodia della canzone italiana; ma la musica non è fatta di generi, è fatta soprattutto di vita con le sue gioie e sofferenze che si rincorrono.
“Lasciami cadere” l’ho scritto quasi tre anni fa ma ancora non era il momento giusto per portarlo alla luce. Come tutti i brani finora scritti è nato mentre ero seduta a un pianoforte, la melodia che esce libera dalla mia bocca e le parole che giorno dopo giorno si fanno più nitide, scritte su qualche foglietto di carta o tra le note del telefono. In quel periodo mi è stato vicino il batterista Youssef Ait Bouazza che mi ha aiutata nel definire la struttura del brano e nella ricerca dei suoni che più si accostassero alla mia personalità artistica. È stato un lavoro di avvicinamento a me stessa, trovare la mia dimensione naturale per essere più sincera possibile.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?
“Lasciami cadere” rappresenta un brano iniziatico, un lasciarsi andare verso il nuovo e allo stesso tempo un “eterno ritorno”, una chiusura e apertura di un cerchio, non soltanto perché è la prima release di un brano scritto da me ma perché richiama due temi che ritornano nella mia vita: da una parte parlando del rapporto con il padre, che rappresenta una figura precipua per la crescita di una bambina e poi c’è anche il pianoforte, lo strumento con cui ho incontrato la musica all’età di 4 anni, e con cui tuttora compongo i miei brani. Quindi è stato come riappacificarmi con ciò che mi ha forgiata artisticamente e personalmente per farne poi una nuova partenza.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?
I miei riferimenti artistici sono moltissimi e cambiano continuamente. La mia prima musa ispiratrice fu Janis Joplin che mi folgorò con questa emotività travolgente; nel tempo ho avuto diversi innamoramenti musicali da Nina Simone, a Cesaria Evora, Fatoumata Diawara, Lhasa De Sela, HER per poi arrivare al cantautori italiani come Elisa, Dalla, Battiato. Mi piace curiosare e lasciarmi ispirare da giovani cantautori come Emma Nolde, Rares, Venerus e tanti altri che mi fanno vibrare le corde giuste.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?
La Lisa del futuro deve vivere tanto per raccontare altrettanto. Dietro all’artista ci deve sempre essere l’umano, le sue esperienze e non una fabbrica di canzoni. Perciò quello che mi aspetto è che il percorso di scrittura e composizione si affini e arricchisca sempre di più. Mi piacerebbe portare sul palco la mia verità senza la presunzione di farmi ascoltare da tutti ma che qualcuno si insinui tra le parole e note dei mie brani per stare bene.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?
Quest’estate sarò farò tappa in diversi Festival in tutta Italia cui proporrò un progetto live a cui sono molto affezionata “L’Urlo dell’Africanità” e poi chissà dove mi porterà questa nuova avventura. Sicuramente dopo l’estate arriveranno altri brani e poi album o Ep. Mi piacerebbe portare la mia musica anche dal vivo magari aprendo qualche concerto ad artisti che stimo.

 

 

 

Dialolgue’s Delight: “Quando la musica celebra la bellezza della connessione umana”

Si intitola Dialogue’s Delight il nuovo disco del duo composto dalla pianista e cantante Olivia Trummer e dal batterista Nicola Angelucci pubblicato il 5 maggio 2023 da A.D.A. Music Italy/Warner Music Italy. Una formazione atipica, per certi versi sperimentale, che attraverso le sue composizioni esprime gioia e libertà ma senza mai dimenticare il rispetto per quella tradizione che è sempre dietro l’angolo. Special guest d’eccezione in questo progetto è Luciano Biondini alla fisarmonica che impreziosisce alcuni dei brani presenti in questo lavoro. Ecco cosa ci hanno raccontato i protagonisti di Dialogue’s Delight.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco. Dialogue’s Delight prima di tutto esprime gioia e sottolinea senza dubbio la bellezza del dialogo. Vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Attraverso la musica riusciamo sempre a sentire ed esprimere un senso di gioia e libertà. "Dialogue’s Delight" non è un incontro tra due strumenti ma tra due personalità che hanno trovato nella musica una dimensione ideale per celebrare la bellezza della connessione umana. Una connessione che tra di noi è nata sin dal primo incontro, in modo molto naturale.

Una domanda per entrambi: il fatto di non avere il basso o contrabbasso, che viene sostituito dal pianoforte alla perfezione, vi ha consentito una maggiore libertà?

Non pensiamo al nostro duo come un trio senza basso. Il progetto è nato più come un piano e voce solo arricchito dalla presenza della batteria, che aggiunge ritmo, colori e dinamica ma, soprattutto, crea la possibilità del dialogo come continua fonte d’ispirazione. Ci divertiamo molto perché abbiamo tanto spazio per esprimerci e non siamo costretti a ruoli prefissati. È una sfida che ci fa crescere molto musicalmente.

A livello compositivo, quindi, cosa cambia e come vi siete comportati durante la fase creativa?

Una parte del compito nel costruire il nostro repertorio è stato scegliere i brani che potevano funzionare per il duo. Infatti, alcuni di essi li avevamo già, altri li abbiamo scritti appositamente, con l’idea di usare e dare spazio a tutti “colori” a disposizione, inclusa la fisarmonica del nostro ospite speciale, Luciano Biondini. Il titolo "Dialogue’s Delight" ha anche ispirato la creazione di alcuni testi, provando a creare un filo tematico: Incoraggiare il dialogo tra le persone.

Un duo piano e batteria è senza dubbio una formazione insolita: cosa ha reso attraente per voi, a livello musicale, questo incontro?

Potremmo dire l'idea di "Less is more"! In realtà, il nostro primo pensiero non sono stati gli strumenti ma il motore di tutto è stata solo la voglia di creare qualcosa insieme.

Questo progetto nasce nel 2016 dal vostro incontro. Raccontateci a questo punto anche il vostro percorso artistico…

Il nostro incontro musicale è iniziato quando io (Olivia) sono venuta in Italia per la prima volta per fare dei concerti. Mi proposero di suonare con una ritmica italiana e scelsi Nicola come batterista. È stato un incontro molto intenso sia a livello musicale che personale, che nel corso degli anni si è approfondito e si è trasformato in progetti e albums, come “Changes” in quartetto a nome di Nicola, "For You” in trio a nome mio ed ora quest’ultimo, "Dialogue’s Delight", che condividiamo in tutto e per tutto e del quale siamo orgogliosissimi.

Dialogue’s Delight rappresenta per voi un punto di partenza o un punto di arrivo?

Tutt’e due! È un punto di arrivo poiché siamo riusciti a creare un progetto molto equilibrato dove siamo "co-leader", contribuendo alla pari anche a livello compositivo, e trovando insieme ogni soluzione. Allo stesso momento è un punto di partenza poiché, finalmente, possiamo condividere con il pubblico questo risultato esibendoci live e ogni concerto è una esperienza che ci fa crescere. Sentire la reazione della gente, spesso commossa e sorpresa, ci sprona a continuare a credere in questo nostro progetto.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Ora pensiamo a lavorare su "Dialogue’s Delight" nel migliore dei modi, è appena uscito e ci piace concentrarci su questo. Le evoluzioni potrebbero essere tante, abbiamo già altra musica pronta su cui lavorare, vedremo quale strada prenderà!

Avete anche qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Dopo l’uscita del disco abbiamo suonato a Roma, all’Auditorium, e poi a Berlino, a Stoccarda e domenica 21 al Blue Note. Porteremo Dialogue’s Delight anche a Umbria Jazz l’11 luglio e in diverse altre città, non solo italiane. Il cammino è appena cominciato. Nel frattempo continuiamo anche gli altri progetti e le altre collaborazioni. E’ un futuro intenso, di cui daremo notizia via via, anche sui nostri canali social.

 

B.I.T. e il nuovo album Equilibrismi: “la ricerca dell’espressività melodica”

Pubblicato dall'etichetta Filibusta Records, Equilibrismi è l'ultimo progetto discografico del duo B.I.T, composto dalla pianista Manuela Pasqui e dalla sassofonista Danielle de Majo, uscito il 28 aprile del 2023. ll procedente lavoro discografico, con il quale la band ha esordito, era incentrato sulla rivisitazione di materiale proveniente dal repertorio classico. Questo secondo album è invece composto esclusivamente da brani originali. Un terreno fertile sul quale poter approfondire la dialettica fra i due strumenti e l'espressività melodica. Ecco il racconto di questa seconda avventura attraverso protagoniste.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Questo nostro secondo album è composto esclusivamente da brani originali, scelta determinata dalla necessità di condividere un terreno fertile sul quale poter approfondire la dialettica fra i due strumenti e l'espressività melodica; è frutto di una continua e profonda ricerca sia compositiva che improvvisativa; è cuore e fondamento del nostro lavoro e può essere perfettamente riassunto da questa parola: EQUILIBRISMI. Cercare e trovare l'equilibrio tra i molti elementi in gioco, mo(vi)mento dopo mo(vi)mento, istante dopo istante. Ci muoviamo così, come trapeziste su di una corda, alla continua ricerca di quell’equilibrio che fa dimenticare la paura del vuoto.

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Lavoriamo sul duo da circa quattro anni; già dal nostro primo incontro è scaturita una grande sintonia, l'evidenza di una condivisione di obiettivi artistici che ha dato la scintilla ad un vero e proprio “ricercare” . Il primo disco del duo B.I.T. era incentrato sulla rivisitazione di materiale proveniente dal repertorio classico e su brani originali, con l'intento di costruire un sound specifico e di sviluppare un linguaggio comune; il risultato lo potete ascoltare su COME AGAIN (Filibusta Records). La storia prosegue con EQUILIBRISMI (sempre Filibusta Records) e perchè privarvi del piacere della scoperta? Ascoltate anche questo secondo disco e dateci una vostra opinione!

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Sicuramente una fotografia del momento, dato l'approccio totalmente live dell'incisione, ma ne' un punto di partenza (siamo già in viaggio da 4 anni) ne' uno di arrivo. Abbiamo intenzione di continuare ad andare avanti!

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Il musicista di riferimento di Danielle è senza dubbio suo marito, Giancarlo Maurino, con il quale condivide la vita privata ma anche musicale. Giancarlo è un musicista di grande peso nella scena italiana (ha collaborato con musicisti del calibro di Mingus, Don Cherry, Elsa Soraes, Rava, Fresu, e molti molti altri); I riferimenti di Manu sono svariati, e nei confronti di tutti la stessa intensa gratitudine: primi amori pianistici sono stati per Chopin, Skryabin, Grieg, Bach e poi Pieranunzi, Marcotulli, Venier, Tylor.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Come dicevamo precedentemente, abbiamo intenzione di continuare ad andare avanti. Aspettatevi un nuovo lavoro presto, sempre con Filibusta.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Molti concerti, seguite la programmazione sui nostri siti personali o su IG o FB. Il prossimo concerto a giugno al Writer Monkey di Monterotondo, vi aspettiamo!

 

Il gioco del semaforo di Letizia Brugnoli

Pubblicato dall’etichetta Irma Records, Il gioco del semaforo è l’ultimo singolo di Letizia Brugnoli che anticipa la pubblicazione del disco. Un brano ironico e divertente, con un testo acuto che abbraccia lo stile latin jazz e che racconta il temuto sistema a colori adottato dal governo per definire le zone in base al loro livello di rischio, nel periodo di pandemia. Ecco il racconto di Letizia Brugnoli

Per cominciare l'intervista parliamo subito del singolo: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Il gioco del semaforo è un brano latin Jazz che richiama, nel suo titolo ironico, il sistema “a colori” adottato dal governo per definire le zone in base al loro livello di rischio, nel periodo di pandemia. Più in generale, possiamo dire che nell’immobilità forzata ognuno ha comunque la grande opportunità di fare i conti con sé stesso e di prendere, se ne avrà il coraggio, le scelte migliori.

La nostra vita, in fondo, è un gioco del semaforo, in cui a volte ci si ferma, per volontà o necessità e poi si riparte. Altre volte si decide di ripartire autonomamente, lasciando indietro chi, alla fine, non è mai riuscito davvero a seguirci o semplicemente ci accorgiamo che è arrivato il momento di fare da soli.

Raccontaci adesso la storia di questo singolo: come è nato?

Il brano è stato scritto ed arrangiato dal compositore Roberto Sansuini, con cui ho un bel rapporto di amicizia che dura ormai da anni. Lui un giorno mi ha inviato una traccia audio ed una partitura, intitolata in un modo leggermente diverso e che mi ha fatto davvero molto ridere “una vita da semafori”.  Di solito ascolto il brano, scrivo il testo, in italiano o in inglese e poi cambio il titolo. Questa volta, però, ho voluto mantenere l’intenzione iniziale, chiara ed ironica, in esso contenuta,  perché davvero lì era racchiuso un lungo periodo che avevamo appena vissuto.  E così, è nato Il gioco del Semaforo.

Cosa rappresenta per te il singolo? E’ un punto di partenza o una fotografia di un momento particolare?

Lo considero sicuramente un buon punto di partenza, in vista del secondo singolo, più Jazz, che uscirà a luglio e dell’ album che uscirà a settembre per Irma Records.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

Guarda, mi sono avvicinata a questo genere musicale ascoltando praticamente tutta la discografia dei Manhattan Transfer, già da quando ero in seconda media e da li, tutto delle Regine del Jazz, Sarah, Ella, Carmen e Lady Day.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

Questo non posso saperlo con esattezza ma  sicuramente continuerò su questa strada e ho gia nuove idee per la testa. Sai, alla fine si cerca sempre di migliorare e raggiungere quello che più si possa avvicinare a noi stessi, nella vita, certo, ma anche nella musica che vogliamo ci rappresenti.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Come ti dicevo qualcosa di nuovo è già nato e spero di poterlo registrare dopo l’uscita di questo album.

Per quanto riguarda i concerti, ho già fissato alcune date, che a breve comunicherò sul mio sito e nei vari social network. Stiamo poi preparando i vari concerti che accompagneranno l’uscita ufficiale del disco a settembre.

 

La Tempête il nuovo singolo del Dos Duo Onirico Sonoro di Annalisa de Feo

Pubblicato dall’etichetta Filibusta Records, La Tempête è l’ultimo singolo del DOS Duo Onirico Sonoro, progetto ideato dalla pianista, vocalist e artista a tutto tondo Annalisa de Feo che anticipa la pubblicazione del prossimo disco. Un brano cameristico, cantato in francese, dove i suoni contemporanei si mescolano con la musica classica, con i ritmi balcanici e con l’elettronica in un unico flusso sonoro. Ecco cosa ci ha raccontato Annalisa de Feo.

Ciao Annalisa cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Ciao, questo nuovo singolo prende spunto da un concetto di duplicità che a mio avviso accomuna l'essere umano con la natura. Il titolo La Tempête è  piuttosto emblematico, per cui mi piace individuare in questo fenomeno naturale un'evoluzione che potrebbe essere paragonabile a quella di una forte emozione, positiva o negativa che sia. A livello più strettamente musicale il brano è caratterizzato da un ritmo serrato di piano e percussioni che improvvisamente lascia spazio ad una dilatazione sonora in cui si manifesta il canto sui versi di Jean Philippe Descoins; un gioco di alternanza tra quiete e tempesta, tra movimento e stasi.

Come tutti i tuoi brani anche questo è contaminato da vari stili. Rispetto alle tue composizioni precedenti cosa c'è di diverso in questo?

Si anche qui ci sono contaminazioni, a partire dalla pulsazione ritmica  del pianoforte che ricorda quella tipica del tango argentino, ai suoni elettronici che simulano sonorità più orientali.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Il progetto DOS nasce con brani pensati essenzialmente per piano, voce e percussioni; l'idea del contrasto, delle contrapposizioni e delle sovrapposizioni è sempre stata centrale; con il tempo poi, e con il desiderio di sperimentare, si sono aggiunte sonorità più elettroniche da una parte (sintetizzatori e altre strumentazioni) e acustiche come gli archi, dall' altra.

E parlaci anche dalla tua storia artistica personale. Sappiamo che hai viaggiato molto...

Sì, il tutto è iniziato nel 2011, quando ho deciso di realizzare il classico sogno nel cassetto che ognuno di noi ha in serbo; e cioè quello di soggiornare per un periodo all'estero. Credo che viaggiare sia un tipo di esperienza ben diversa dal soggiornare. Nel primo caso tutto appare perfetto; una situazione ideale! Nell'altro invece, ci si confronta realmente con il quotidiano, con la vita di tutti i giorni, nel bene e nel male.

Artisticamente l'aver trascorso diversi anni fuori dall'Italia; prima a New York, poi negli UAE e infine a Berlino mi ha dato tanto: in primis aver fatto una scorpacciata di live pazzeschi; quando ero a New York capitava di vederne anche tre al giorno; in secondo luogo ho avuto la possibilità di rendermi conto personalmente delle realtà artistiche e musicali del luogo in cui mi trovavo al momento, a livello internazionale;

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

Ce ne sono alcuni che mi hanno incuriosito più di altri; tra questi posso citare: Bjork, Sakamoto, i Portishead, Jun Miyake.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

Uno dei prossimi passi sarà la pubblicazione di un nuovo brano inedito, per proseguire con la realizzazione del mio il mio terzo album con l'etichetta Filibusta Records. Sul piano musicale ho in mente di aprirmi a nuove collaborazioni, anche per ampliare sempre di più il sound e l'immaginario del DOS.

Tape Songs, il disco d’esordio di Dario Troisi nasce dalla passione per il nastro

Pubblicato da Filibusta Records, Tape Songs è l’album d’esordio del pianista Dario Troisi. Un album che nasce dalla passione per il nastro, partendo dal sound tipico degli anni ’50 e ’60 che rappresenta le sue radici musicali. Insieme a lui hanno partecipato alla realizzazione di questo progetto Giuseppe Talone al contrabbasso e Massimiliano De Lucia alla batteria. Ecco il racconto di Dario Troisi a Jazz Agenda.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Il disco nasce dall’idea di recupero di materiale musicale da me composto negli anni, e tradurlo in un progetto discografico. Tape songs che letteralmente tradotto significa “canzoni a nastro” sta ad indicare la passione per un tipo di tecnica di registrazione utilizzata negli anni ’50 e ’60. Proprio per questo l’intento è quello di partire dal sound di quegli anni per poter sviluppare un’idea personale.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Come spesso succede nella musica jazz, ci si trova a suonare in contesti lavorativi senza necessariamente conoscersi, senti subito se un musicista è affine al tuo linguaggio. In questo modo ho scelto i due componenti che formano la ritmica di questo disco. Giuseppe Talone al contrabbasso e Massimiliano De Lucia alla batteria. Le prime esibizioni sono state fatte in alcuni locali romani e da lí è nata l’idea di incidere un disco.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Come detto in precedenza per me questo disco rappresenta l’organizzazione di materiale composto negli anni. Anni in cui si sono alternati periodi in cui questa musica veniva suonata meno a periodi in cui, invece, veniva utilizzata continuamente per essere modificata ogni volta fino a trovare quella che per me è considerata una giusta linea.

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Per quanto riguarda l’aspetto compositivo autori come Paul Bley e Thelonious Monk hanno influito molto. Per quanto riguarda l’idea di suono che volevo ottenere sicuramente lo sguardo è rivolto verso quei musicisti degli anni ’50 e ’60 che più mi hanno influenzato (ne dico alcuni poiché sarebbe impossibile nominarli tutti): Bill Evans, Winton Kelly, Red Garland, Kenny Barron, Bill Charlap, Bud Powell, Bobby Timmons, Tommy Flanagan, Hampton Hawes, Cedar Walton.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

Non so, mi piace pensare di mantenere questo sound e cercare di evolverlo e svilupparlo nel tempo cercando nuovi stimoli attraverso generi che conosco meno.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Per ora stiamo organizzando dei concerti di presentazione ma ancora niente di definitivo.

 

La Tempête: il nuovo singolo del DOS Duo Onirico Sonoro - Filibusta Records

È in uscita il 7 aprile 2023per l'etichetta discografica Filibusta Records (distribuzione digitale Believe), La Tempête, nuovo singolo del DOS Duo Onirico Sonoro, progettosperimentalee trasversaledella compositrice Annalisa de Feo. Un brano cameristico, cantato in francese, dove i suoni contemporanei si mescolano con la musica classica, con i ritmi balcanici e con l’elettronica in un unico flusso sonoro. Già le prime note descrivono uno stato di tensione, che piano piano lascia spazio a un ritmo incalzante   caratterizzato da un’alternanza tra quiete e turbamento, tra movimento e stasi. Una duplicità con la quale l'essere umano deve inevitabilmente fare i conti, rispecchiandosi nel macrocosmo della Natura, come in una tempesta che porta con sé un forte cambiamento. Alla fine di ogni temporale l’ambiente circostante non è mai lo stesso e i colori sono sempre più accesi, l'aria più fresca e i profumi più intensi. E lo stesso avviene quando si provano delle emozioni intense che insieme a loro portano sempre qualcosa di nuovo e di imprevisto che ci rende diversi dall’attimo precedente.

BIO: DOS muove i primi passi tra Roma e Berlino, città, quest'ultima, in cui l'artista risiede dal 2011 al 2014 e dove sperimenta nuove sonorità e collaborazioni. Nuovamente in Italia dal 2015, vanta numerosi concerti in Italia e all'estero (Germania, Danimarca, Slovenia) con la partecipazione a festival e club, alcuni di questi tra i più significativi della scena musicale (Auditorium Parco della Musica, Alexander Platz Jazz Club, Lucca Jazz Festival, Berlin Art Carrè... e molti altri.). Due dischi all'attivo: l'omonimo disco DOS Duo Onirico Sonoro (2016) autoprodotto e "Jouer et Danser" (2018) per l'etichetta discografica Filibusta Records, nominato tra i migliori dischi italiani del 2018 per la classifica su Roma Suona di Gianluca Polverari.

Dopo numerose recensioni (SentireAscoltare, OndaRock, Suono, Rockerilla, Rockit, Rockon, Musicalnews e altri) interviste radiofoniche e televisive (Battiti RadioRai3, Tv 2000, NSL TV, Radio Kaos, Radio Elettrica, Radio Luna, Radio Godot, Empoli radio ed altre) svariati anche i premi ricevuti in questi anni  tra cui la semifinale all'Arezzo Wave contest nel 2017 il premio della giuria del pubblico al XIV Festival Pontino del Cortometraggio con il videoclip “ Jouer et Danser” per la regia di Renato Chiocca, presentato anche al Festival europeo "Video Migration – Care Courts" in Francia nella città di Bordeaux;

Il premio della critica al Festival CARE di Barcellona. Il singolo uscito ad Aprile 2022 Ondeter Waltz in collaborazione con la ballerina e art performer argentina Marcela Szurkalo rappresenta un ponte fra quello che c'è stato e quello che verrà dopo il periodo di fermo forzato, nella musica del DOS; ad Agosto 2022 l'ingresso nel campo cinematografico, incidendo e creando interamente la colonna sonora del docufilm del regista Gianfranco Pannone “Le terre dei Caetani”. Il futuro album, di prossima uscita (estate 2023 per Filibusta Records)sarà il frutto di unulteriore processo di introspezione che ha portato l'artista a riscoprire il suo amore originario per la musica da camera, avvalendosi del percorso di  ricerca e sperimentazione portato avanti fin qui, e oltre; in un immaginario che esplora ora nuove visioni e mondi paralleli.

 

Spotify

https://open.spotify.com/album/0Ku5Wdpidx8jsJdQQrFkai

 

Dos Duo Onirico Sonoro Social Page

https://www.facebook.com/duooniricosonoro

https://www.instagram.com/dos_duooniricosonoro/

 

Filibusta Records Facebook Page

https://www.facebook.com/filibustarecords

 

Annalisa De Feo, voce, pianoforte, elettronica

Nick Valente, batteria

Composizione originale di Annalisa De Feo

Arrangiamenti di Annalisa De Feo e Nick Valente

 

 

Testo originale di Jean Philippe Descoins

La tempête roule , défie le ciel et se courbe;

La tempesta corre sfida il cielo e si piega

 

La tempête roule, épaisse et libre en fumant;

La tempesta corre, spessa, libera e fumante

 

La tempête gronde et le temps se fige un instant

La tempesta rimbomba e il tempo si arresta un istante

 

Comme le vent s'enroule et se berce doucement;

Come il vento si avvolge e si culla dolcemente

 

Comme le vent s'engouffre et tremble à présent;

Come il vento si intrufola e trema

 

Les longue perles du temps s'absentent et dansent un moment;

Le lunghe perle del tempo si assentano e danzano per un attimo

 

Les longues perles du temps ont pris la fuite à présent;

Le lunghe perle del tempo sono fuggite

 

 

 

Ars Musica è il nuovo disco di Daniele Morelli - etichetta Off Record

Un viaggio verso un mondo ancestrale, tra suoni rarefatti e melodie sospese che spesso trascendono nella psichedelia. Si presenta così Ars Musica, nuovo disco di Daniele Morelli in uscita il 7 aprile 2023 per l’etichetta Off Record. Un progetto in cui il chitarrista toscano, trapiantato in Messico ormai da dieci anni, presenta quindici composizioni originali interamente riprodotte con la chitarra. Attraverso il suono di questo strumento che diventa ritmo e melodia allo stesso tempo, riprendono nuova linfa vitale alcune delle culture più antiche della storia. A descriverle è il suono rigorosamente analogico che pur spaziando tra loop e pedali mantiene una purezza quasi primordiale, atavica che raggiunge le radici di tante civiltà. L’ispirazione arriva da luoghi scomparsi e da suoni ben lontani dalla cultura moderna, nascosti all’occhio dei meno curiosi. Tutte le composizioni, infatti, pur presentando caratteristiche diverse, sono dedicate a delle divinità quasi sempre riconducibili all’arte e alla creatività.

Pertanto, questo viaggio si sviluppa in diversi luoghi geografici, partendo dalla mezzaluna fertile in Mesopotamia, passando per l’Egitto fino a raggiungere l’antica Grecia. Ogni brano parte da semplici idee ritmiche per creare nuovi paesaggi sonori ed è sempre arricchito da rumori della natura interamente riprodotti con la chitarra. Ascoltando le tracce del disco si ha come l’impressione di immergersi nel passato in una musica che, nonostante l’utilizzo di strumenti moderni, fuoriesce da un mondo sepolto popolato da dei ormai sconosciuti. Tra questi c’è Enki, dio mesopotamico dell’acqua, della conoscenza e della creazione, descritto in un gioco di poliritmie che sovrapponendosi creano un paesaggio sonoro sconosciuto. Marimba è invece una divinità africana appartenente al culto degli Akamba dalla quale si dice derivi il tipico strumento africano e messicano e che in questo brano viene descritta attraverso un suono sfuggente, fluido, aperto alla psichedelia. Kinich Ahau è riconducibile alla cultura Maya e rappresenta un omaggio alle civiltà precolombiane attraverso una musica più geometrica, aperta ad ogni tipo di interpretazione.

Biografia: Chitarrista e compositore italiano, nato in Toscana nel 1984, originario di Forcoli, inizia a studiare il piano classico a 7 anni e la chitarra a 11 nel mUsic Artwork Village di Ponsacco, e in seguito jazz a Siena. Inizialmente influenzato dal blues, partecipa nell'Orchestra Atmaniam che lo avvicina alla world music e soprattutto alla musica africana, turca e indiana. Nel 2004 nasce il suo primo progetto personale di rock progressive intitolato Milvus con cui registra due album, uno in studio "Milvus" e uno dal vivo "Impronte Analogiche". Dopo varie presentazioni e collaborazioni artistiche multi-disciplinarie in Italia, il gruppo viaggia in Olanda e si stabilisce ad Amsterdam per un anno, dove si presenta regolarmente in fori della città. In seguito, Daniele trasloca in Francia ed entra al Conservatorio Nacional de Lyon per proseguire la sua formazione jazz. Nei viaggi in Francia ha conosciuto e suonato con gitani e musicisti di jazz manouche imparando così il repertorio gyspy jazz. Ha studiato con il chitarrista Philippe Roche, amico di Michel Petrucciani e ha partecipato alle masterclass di Barry Harris e Jonathan Kriesberg.

Da Lyon, nel 2010 si muove a Bruxelles per partecipare al Bij Den Roge Trio e ad altri progetti di teatro e jazz. In questo periodo si forma il secondo progetto personale: Morelli Electric Quartet che presenta regolarmente tra Belgio e Olanda per due anni fino al momento in cui viene contrattato per un mese di tour in Messico. Daniele ha vissuto gli ultimi anni tra Città del Messico e Oaxaca presentandosi in festival e jazz club con i suoi nuovi progetti, ovvero “Daniele Morelli standard trio”, “Dada Beat Orchestra”, “Grupo tsikuaki”, una formazione che fonde musica wirarika del deserto messicano e jazz, e altri progetti musicali. Tra i principali progetti, il tour del Morelli Electric Quartet da Amsterdam al Messico. Ultimamente ha registrato tre album a suo nome pubblicati con OFF Record label di Bruxelles. "Mision azul", "La valigia dei sogni" e "Ars Musica".

Etichetta discografica Off Records

Pagina facebook: https://www.facebook.com/daniele.morelli.372
Spotify: https://open.spotify.com/album/4JB8rw1QWJR6of5Lj3Jpok

Tracklist
Enki
Arubani
Marimba
Chìa
Ala
Kinich Ahau
Oshun
Kokopelli
Minerva
Xochipilli
Hatar
Benzaiten
Bragi
Apollo
Huehuecòyotl

 

 

Syntax Quartet e il disco d’esordio: “Esplorare i diversi linguaggi dell’improvvisazione”

Pubblicato dall'etichetta Emme Record Label, Studio di Curvatura è il disco d'esordio dei Syntax Quartet, band formata da quattro giovani jazzisti emiliani, ovvero Michele Zanasi alla chitarra elettrica, Pietro Vecchi al sax tenore, Francesco Masetti al basso elettrico e Francesco Mascolo alla batteria. Un progetto dall’innato lirismo che trae spunto dai grandi maestri del passato dando vita a composizioni moderne, limpide e dirette. Ecco il racconto dei musicisti a Jazz Agenda.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Studio di Curvatura è un disco di sei canzoni improvvisate. Credo abbia senso chiamarle canzoni, perché l’identità di ogni brano è contenuta nella melodia, che ha in sé una logica narrativa. Lo sviluppo successivo è invece sempre improvvisato, ma ogni volta con un approccio diverso. Elegia per un Vinto ha uno sviluppo di tipo dialogico, Fuoriluogo sfocia in un’esplorazione timbrica, Metropolìte si concentra sull’espressività di tipo emotivo… naturalmente sono categorizzazioni che faccio ora a posteriori, quello che abbiamo fatto è stato semplicemente scrivere delle melodie e suonarle nel modo che ci sembrava più sensato.

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Il progetto è nato all’interno del Conservatorio di Parma, in realtà all’inizio come trio, senza il sax. Eravamo tre studenti alle primissime armi con il jazz, e di fatto abbiamo imparato insieme cosa significasse improvvisare. Dopo qualche esperimento più o meno riuscito, abbiamo capito che tipo di musica ci piaceva suonare, come improvvisarla e come comporla, e nel frattempo abbiamo aggiunto un quarto elemento.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Senz’altro un punto di partenza. Personalmente incidere il disco mi ha fatto riflettere parecchio sulla mia idea di musica, e nel periodo successivo alla registrazione ho avuto l’esigenza di scrivere subito qualcosa di nuovo. In effetti, non credo che nessun musicista sia mai uscito dallo studio con l’idea di aver fatto il proprio lavoro definitivo…

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

In primis c’è sicuramente Kenny Wheeler, trombettista e compositore che per noi è stato una grandissima fonte d’ispirazione. Il brano Elegia per un Vinto è dedicato a lui. Wheeler sosteneva che si raccontano troppe storie sui vincitori e troppe poche sui vinti, che sono molto più interessanti, e nei quali si immedesimava di più. Infatti il suo primo disco, Windmill Tilter, uno dei miei preferiti in assoluto, è dedicato a Don Quixote.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

In questo momento credo che la nostra attenzione sia focalizzata sull’esplorare diversi linguaggi di improvvisazione. In Studio di Curvatura ci sono momenti di improvvisazione collettiva o contrappuntistica, e sono modi di suonare che mi interessa molto approfondire. Credo che siano sentieri molto meno battuti rispetto all’improvvisazione solistica, e su cui si rischia meno di scivolare nel manierismo.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

In questo periodo stiamo partecipando al progetto EncodER del Centro Musica di Modena, che ha selezionato Syntax 4tet per sostenere il nostro percorso artistico. Nel corso del 2023 avremo modo di registrare un nuovo disco, e soprattutto di collaborare con una/un artista importante (di cui per ora non possiamo fare il nome). Comunque, non appena potremo annunciare ufficialmente i nostri prossimi passi lo faremo sul profilo Instagram @syntax4tet.

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