Jazz Agenda

Pepper Trumpet jazz Fest: parla il direttore artistico Angelo Olivieri

Jazzagenda intervista il trombettista e compositore, quest'anno in veste di direttore artistico della prima edizione del Pepper Trumpet Jazz Fest, dal 28 al 30 luglio a Vitorchiano, in provincia di Viterbo. Una 3 giorni di jazz a ingresso gratuito: concerti, seminari, mostre, visite guidate, presentazione di libri e degustazioni.

Da dove nasce l'idea di questo Festival dedicato alla tromba?

Da un po' di tempo mi sono ri-appassionato al jazz di New Orleans, quello di King Oliver e Louis Armstrong, dove la tromba era la voce centrale e probabilmente anche per questo l'aspetto melodico era determinante. La nostra musica, quella italiana, è centrata sulla melodia e ho pensato che la tromba potesse essere un buon elemento di congiunzione tra la cultura mediterranea e quella afroamericana.  Poi è vero che nel jazz moderno, altri strumenti sono diventati predominanti rispetto alla tromba - basta vedere il numero dei sassofonisti e degli allievi di sassofono - ma è anche vero che se vuoi narrare la storia del jazz con due icone, quelle sono Armstrong e Davis. Poi io amo Coltrane e credo che il miglior musicista in attività sia Wayne Shorter, ma se c’è uno strumento che accompagna il jazz e la sua storia, quello è la tromba. In più... sono trombettista.

Quale taglio hai voluto dare alla direzione artistica di questa manifestazione?

L’obiettivo del festival è quello di portare il jazz e la musica d’arte in piazza. Portare tra le persone una musica che non è cornice di un evento, ma ne è la sostanza. In più, come dovrebbe essere per i piccoli festival, questa rassegna cerca di mettere in luce i musicisti e le realtà musicali di valore, meno note al grande pubblico.

Come racconteresti il tessuto artistico e culturale di Vitorchiano?

Vivo a Vitorchiano da pochi anni, ma fin da subito mi sono reso conto che si tratta di una cittadina che ha una certa attenzione per la cultura in genere. L’idea è nata discutendo tra vari attori della vita politica e culturale del territorio e ha trovato riscontro nell’amministrazione, ma non solo. Direi che la voglia di cultura è piuttosto trasversale. L’associazione IANUS che è uno dei soggetti che organizzano l’evento ne è un esempio. Se è vero infatti che per organizzare un evento serve l’impegno dell’amministrazione (e qui c’è), è anche vero che se non c’è condivisone nel territorio non si riesce a venire a capo di nulla.

Raccontaci i protagonisti di questo Festival. 

La prima sera (28 Luglio) c'è il trio di Flavio Boltro. Lui è uno dei più grandi trombettisti italiani e ha fatto parte per anni del quintetto di Michel Petrucciani, Flavio è uno di quelli veri. Sale sul palco, in qualsiasi situazione e suona la musica che ha in testa. Tanti anni fa - avevo lasciato da parte la tromba per l'altra mia passione, la ricerca - andai a vedere un concerto dell'orchestra Nazionale francese di jazz e Flavio fece un paio di soli che mi fecero venire la voglia di ricominciare. In qualche modo lo devo anche a lui se oggi sono un musicista di jazz.  La seconda sera ci sarà il mio progetto su Lester Bowie. Sarò insieme a  Mario Corvini, trombonista e arrangiatore di livello assoluto, e al Collettivo Artistico della Tuscia (CAT).  Il progetto è stato presentato in anteprima al Teatro Vascello di Roma, dove ha riscosso un grande successo di pubblico e critica. I musicisti del collettivo, peraltro, sono musicisti paradossalmente molto più noti e considerati altrove che nel proprio territorio. Dentro a questo festival c’è anche la volontà di sfatare il mito che nessuno possa essere profeta in patria. Le realtà culturali del territorio vanno valorizzate. Fresu non sarebbe il personaggio che è senza la sua Sardegna e in Sardegna non ci sarebbe il movimento incredibile di musicisti che c’è se non ci fosse stata da parte delle istituzioni culturali del territorio l’attenzione che c’è stata per i talenti locali. L’ultima sera sarà una festa con una jam ed un dj set dedicato ai trombettisti sempre a cura del CAT.

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COSE dell’altro… Jazz

Sperimentazione, avanguardia, improvvisazione, nuovi incroci musicali e, ovviamente, tanto jazz. Questi gli ingredienti di COSE, la “rassegna che non si rassegna”, la cui quarta edizione partirà nei prossimi giorni. La prima sezione della manifestazione, (totalmente autofinanziata e sostenuta da Associazione Controchiave, Live Sound Development, Scuola Popolare di Musica di Testaccio e Centro di cultura sperimentale Rialto) si svilupperà ogni settimana, dal 4 novembre al 16 dicembre, presso la sala concerti (Sala Mangiatoia) della Scuola popolare di musica di Testaccio, all’ex mattatoio di Roma (Area MACRO Future). Piccole formazioni provenienti da tutto il mondo, recital solitari, inediti connubi e molto altro ancora, si daranno il cambio per tutto l’inverno stravolgendo con le loro performance, assolutamente uniche, le notti romane. Si parte giovedì 4 con Il volto di infiniti passi: il duo formato dal clarinettista basso Marco Colonnae dal batterista Ivano Nardi incontra la fotografia di Alessandro Serranò in un progetto dedicato ai migranti, alle loro storie, al loro continuo ed inesorabile movimento. Giovedì 11 si esibiranno invece il pianista australiano Chris Abrahams e il polistrumentista inglese Mike Cooper. Esibitisi per la prima volta insieme a Sydney nel 2005 per la registrazione dell’album “Oceanic feeling – Like”, il duo ha pubblicato l’anno scorso un secondo album, “Live in Sydney”. Il 18 novembre  doppia serata all’insegna dell’incontro anglo italiano. La prima parte del concerto vedrà l’esibizione in solo del pianista e compositore di colonne sonore Steve Beresford, musicista londinese di primo piano nell’ambito della scena improvvisativa europea. Membro di spicco della London Improvisers Orchestra, Beresford al pianoforte fonde lo stile pirotecnico ad alta energia con sprazzi di delicato lirismo intervallati da momenti di sottile umorismo. La seconda parte del concerto vedrà l’esibizione di un quartetto; Alberto Popolla e Noel Taylor ai clarinetti, Roberto Raciti al contrabbasso e lo stesso Steve Beresford al pianoforte. Venerdì 26 spazio al Chicago Underground Duo formato da Rob Mazurek e Chad Taylor. Il primo si divide fra cornetta, flauto e programmazione, il secondo prende per mano bacchette, percuote il vibrafono, disegna linee al basso, utilizza la sua mbira e martella il pianoforte oltre a prendersi cura di elettronica e bellezza varia assortita. Il primo appuntamento di dicembre, giovedì 2, ci porta in India, con una performance video-musicale dedicata a uno dei luoghi più sacri e fondativi della mitologia religiosa del subcontinente. Siamo nella città di Tiruvannamalai, nel sud, in una zona dell’interno piuttosto arida. dove sorge una montagna di circa 800 metri, Arunachala, simbolo di Shiva, la montagna sacra per definizione, ombelico del mondo. A esibirsi sul palco saranno il sassofonistaEugenio Colombo, il batterista Ettore Fioravanti e il pianista Luigi Bozzolan, coadiuvati dai cineasti Salvatore Piscicelli e Carla Apuzzo. Il 9 dicembre il progetto People Places & Thingsstudierà e reinventerà parte di un repertorio poco conosciuto dal pubblico del jazz, quello cioè della scena di Chicago della seconda metà degli anni ’50. On Stage Mike Reed (batteria, piano), Tim Haldeman eGreg Ward (sassofoni) e Jason Roebke (basso). Si conclude, provvisoriamente, con ACQUA “Suite Multimediale per Improvvisatori“, con Angelo Olivieri alla tromba

Silvia Bolognesi al basso e la parte visuale affidata a Koreman. Gli artisti proveranno a tradurre in musica ciò che evoca l’acqua: il suo movimento (come una danza), i suoi tempi complessi (il poliritmico battere della pioggia sui vetri) e la sua libertà, la stessa del jazz.

Ciccio Russo

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