Jazz Agenda

Summer school e tanto Jazz a Fara Sabina

Quarta edizione per il Fara Music Festival, una sette giorni all’insegna del Jazz e della didattica. Fiore all’occhiello della manifestazione ospitata dallo splendido borgo medievale alle porte di Roma è, come sempre, la Summer School, costituita, come gli anni scorsi, da cinque dipartimenti. In primo luogo iseminari di chitarra (diretto da Fabio Zeppetella e Umberto Fiorentino),pianoforte (diretto da Ramberto Ciammarughi e Greg Burk), basso elettrico e contrabbasso (diretto da Dario Deidda e Pietro Leveratto) e batteria (diretto da Ellade Bandini e John B. Arnold).

C’è poi Vocinsieme, unico seminario in Italia nel suo genere a dare ai partecipanti una visione a tutto tondo dello strumento voce, attraverso l’esplorazione, l’analisi e la pratica di diversi stili e tecniche come il gospel, il rock, il jazz, il canto popolare e il musical, partendo da un consolidamento della tecnica vocale di base fino a gestire l’energia e il movimento durante la performance (stage presence). Il corso sara’ diretto da Raffaella Misiti (Tecnica vocale), Claudio Fabro (canto corale), Susanna Stivali (improvvisazione jazz),  Gabriella Aiello (canto popolare), Bernardo Nardini (stage presence), Livia Corelli (logopedia) e Federica Felici (Tecnica Alexander). ll seminario di canto moderno è invece guidato dai cantanti Elsa Baldini, Antonio De Lillis e dal pianista Muzio Marcellini.

Il quarto seminario, il terzo dedicato al canto, è invece diretto da Cinzia Spata, che guiderà gli allievi alperfezionamento Jazz. Durante il laboratorio verranno affrontati argomenti legati alla “Performance nel Jazz”, e si spazierà dall’adeguata sonorità da utilizzare nel canto Jazz, al rispetto e alla conoscenza delle più importanti strutture armoniche all’ interpretazione dello standard e alla gestione del trio di base (piano, basso, batteria). C’è infine il laboratorio di trio, guidato da Umberto Fiorentino e Fabio Zeppetella, che affronterà tutti gli argomenti inerenti alla performance in trio (improvvisazione, interplay, il ruolo della sezione ritmica…). Per quanto riguarda i concerti, tutti a ingresso gratuito, vedremo esibirsi gli Shifting Point Quartet, con la partecipazione di Fabio Zeppetella, i Blue Noise, i quartetti Deidda-Arnold-Burk-Fiorentino (con Cinzia Spata ospite dietro il microfono) eCiammarughi-Leveratto-Bandini-Fiorentino, Stochelo Rosenberg con il trio di Salvatore Russo, gli Yellow Jackets e il Rick Margitza Quartet, al quale spetta il compito di chiudere la manifestazione.

Tutte le informazioni sul sito ufficiale del festival.

Ciccio Russo

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Un’estate in rosa per Villa Celimontana

Parte oggi, con l’esibizione del trio del contrabbassista Ares Tavolazzi, accompagnato da Danilo Rea al piano edEllade Bandini dietro le pelli, la diciassettesima edizione del Villa Celimontana Jazz Festival, che ci terrà compagnia fino al prossimo 4 settembre con un calendario di appuntamenti, al solito, variegato e di qualità. E’ il colore rosa a dominare la locandina del festival, in onore del trombonista Marcello Rosa, che il 20 agosto festeggerà nel migliore dei modi, cioè on stage, i suoi settantacinque anni, e, soprattutto, delle “Donne di Jazz” che animeranno una rassegna a loro dedicata che ospiterà nomi del calibro diStefania Tallini, Rossana Casale e Antonella Vitale. Altre rassegne da non perdere saranno “Piano Players From Usa”, che partirà il 3 agosto con il l’esibizione del trio diAaron Goldberg, e “Django Jazz”, omaggio all’indimenticabile Reinhardt. Anche quest’anno ce n’è davvero per tutti i gusti. Si va da colonne del genere  come Javier Girotto e Roberto Gatto a star internazionali come Toquinho e Mike Stern, dai toni pop della giovane rivelazione Malika Ayane alle sonorità blues di Roberto Ciotti e del quartetto capitanato da Mario Donatone e Federico Zampaglione, leader dei Tiromancino, al quale è affidata la chiusura della manifestazione.

Il programma completo lo potete consultare qua.

Ciccio Russo

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“Summertime” alla Casa del Jazz

Ritorna, come ogni estate, da domenica 27 giugno, Summertime, la rassegna di concerti all’aperto nello splendido parco della Casa del Jazz. “Nel segno che contraddistingue la programmazione della Casa del Jazz ci saranno autentiche star – spiega il direttore artistico Luciano Linzi presentando la manifestazione – protagonisti storici del Jazz mondiale come il trombettista Tom Harrel ed il sassofonista Steve Grossman, il contrabbassista Eddie Gomez, il batterista Joe La Barbera; i nuovi protagonisti del Jazz contemporaneo come il trio Fly (Mark Turner/Larry Grenadier/Jeff Ballard) o il trio del pianista Vijay Iyer (per la prima volta a Roma); alcuni dei migliori musicisti italiani come il sassofonista Rosario Giuliani e i batteristi Roberto Gatto e Lorenzo Tucci, il pianistaDado Moroni. Ma molto spazio verrà dedicato anche ai giovani:per il secondo anno consecutivo daremo vita ad una 2 giorni dedicata ai“Giovani Leoni Europei” in collaborazione con le Ambasciate svedesi ed olandesi ed all’Istituto Culturale Tedesco Goethe. In questo ambito,quest’anno daremo vita ad una vera e propria produzione originale con un workshop che creerà una band con elementi provenienti da tutti i Paesi coinvolti. E inoltre presenteremo il giovane gruppo rivelazione dell’anno in Inghilterra il Portico Quartet, presente quest’estate nei più importanti jazz festival europei. E particolare attenzione alle cosiddette “contaminazioni” con la presenza dei migliori musicisti norvegesi, come il chitarrista Eivind Aarset ed il sassofonista Hakon  Kornstad, del duo afro/francese di Ballake Sissoko e Vincent Segal o del progetto Omparty di Leon Pantarei. Il via alla manifestazione verrà dato il 27 giugno da un evento speciale il Franco Ferguson Improring Day: sotto questo pseudonimo vive il fermento di un collettivo d’improvvisazione totale che riunisce alcuni dei più importanti musicisti di quest’area. Un vero happening che avverrà dislocato in vari punti del Parco. Il tutto si concluderà ad agosto con l’ormai tradizionale Roman Classic Jazz Festival”.

Aprirà l’edizione 2010 di “Summertime” Franco Ferguson, un collettivo formato da musicisti/e che condividono un approccio critico, creativo e non ortodosso al jazz ed alle musiche ad esso correlate. Un vero happening che avverrà dislocato in vari punti del Parco dalle ore 18 alle 24.

Mercoledi 30 e giovedì 1 luglio, spazio ai “Giovani Leoni Europei” in collaborazione con le Ambasciate svedesi ed olandesi ed all’Istituto Culturale Tedesco Goethe. In questo ambito, quest’anno si darà vita ad una vera e propria produzione originale con un workshop che creerà una band con elementi provenienti da tutti i Paesi coinvolti. “Giovani Leoni Europei” presenterà:  mercoledì 30 giugno, tre concerti; ad aprire le danze il Piero Bianculli Trio(Olanda), a seguire Elin Larsson Group (Svezia), in chiusura di serata la rappresentanza italiana, conFrancesco Diodati Neko Quartet (Italia).

Giovedì 1 luglio, JazzPottery (Germania), a seguire, Christoph Spangenberg Trio + Heiko Fischer (Germania), a chiudere la serata una vera e propria produzione originale, International Jazz Workshop Band, un gruppo con elementi provenienti da tutti i Paesi coinvolti.

Lunedi 5 luglio, per la prima volta a Roma, il trio del compositore e pianista tra i più innovativi della scena jazz attuale,Vijay Iyer, al quale le più importanti riviste specializzate di jazz come Down Beat e Musica Jazz, hanno recentemente dedicato la copertina. Nato in America da immigrati indiani si forma negli ambienti jazz americani collaborando con musicisti dalle più svariate origini e tradizioni, come il sassofonista Steve Coleman che a metà degli anni ’90 gli offrirà il posto di pianista nella sua band. La musica di Iyer accoglie in effetti una vasta gamma di influenze che provengono sia dall’oriente che dalla tradizione afro-americana.

Il suo ultimo progetto discografico, osannato dalla critica, si intitola Historicity ed è il suo album d’esordio per la prestigiosa etichetta tedesca Act. Un album in trio che presenta fra altri una serie di cover di Stevie Wonder, Leonard Bernstein, Andrew Hill, che ridefinisce in maniera sublime le nozioni classiche del trio jazz alla maniera molto personale dell’artista. Nella sua musica tutta la tradizione jazz e le più nuove influenze d’avanguardia sono filtrate attraverso le proprie radici indiane.

Venerdi 9 luglio, Rosario Giuliani Quartet, che presenterà il nuovo disco”Lennies Pennies”, pubblicato dall’etichetta francese Dreyfus Jazz; uscito a fine marzo.Il disco ha ottenuto straordinari consensi dalla critica. Disco del mese su Musica Jazz e accolto entusiasticamente dal francese Jazz Magazine. A conferma dello status internazionale di questo grande musicista romano. Con lui saliranno sul palco musicisti d’eccezione come il pianista Dado Moroni, premiato all’ultimo Top Jazz come miglior pianista dell’anno, il leggendario batterista di Bill Evans, che raramente è possibile ascoltare in Italia, Joe la Barbera e il contrabbassistaDarryl Hall.

Lunedi 12 luglio Il gruppo Fly, un collettivo che vede riuniti tre fra i più creativi e avanzati jazzisti della scena jazzistica attuale, il sassofonista Mark Turner, il bassista Larry Grenadier e il batterista Jeff Ballard, in una sintesi riuscita e pienamente compiuta tra totale conoscenza del linguaggi improvvisativi, tecnica sopraffina, interazione perfetta tra le rispettive intenzioni musicali di ogni musicista e l’esito espressivo del gruppo nella sua interezza, che risulta caratterizzato da intensità, carisma e rigore inusuali. A dieci anni dai suoi esordi Fly è uno dei progetti musicali più intensamente creativi e rigorosi della scena jazzistica mondiale, capace di dare vita a esiti di valore assoluto continuando a distinguersi per integrità e profondità dalla classe cristallina. Il loro ultimo album su etichetta ECM e’ stato accolto con enorme favore critico nel mondo.

Martedì 13 luglio, Lorenzo Tucci presenta «Touch Three», il suo nuovo progetto che coinvolge anche il tastierista Luca Mannutza e il sassofonista Paolo Recchia. Capace di spaziare da un genere all’altro, Tucci si trova a suo agio sia quando reinterpreta gli standard dei grandi del jazz che quando affronta sonorità latine o repertori più sperimentali. Il concerto alla Casa del Jazz è l’occasione per ascoltare la sua musica e in particolare i brani tratti dall’ultimo album del batterista che propone un variopinto mondo musicale in cui tutto è possibile ed ecco che il jazz degli anni ’60 va a braccetto con il pop e con lo swing senza dimenticare groove gonfi di ritmo.

Lunedi 19 luglio,uno dei grandi protagonisti del jazz internazionale:Tom Harrell. Nel corso della sua carriera ha raccolto una messe di premi e riconoscimenti che pochi musicisti oggi viventi possono vantare, sia come trombettista che come compositore classificatosi per ben tre volte come miglior trombettista di jazz dell’anno dalla rivista Downbeat Magazine. Tom Harrell, sebbene affetto da una profonda disabilità psichica svolge la sua carriera sui palcoscenici di tutto il mondo. Prima di dedicarsi alla carriera solista ha registrato e suonato con il gotha del jazz mondiale. Ricordiamo tra gli altri : Stan Kenton’s orchestra, Woody Herman’s big band, Horace Silver Quintet, Lee Konitz Nonet, George Russell, Charlie Haden’s Liberation Orchestra Bill Evans, Dizzy Gillespie, Bob Brookmeyer, Lionel Hampton, Phil Woods Quintet . Ha registrato a proprio nome con le più prestigiose etichette mondiali come Pinnacle, Blackhawk, Criss Cross, SteepleChase, Contemporary Records, Chesky, and RCA. In questo concerto alla Casa del Jazz si presenta col suo quintetto con: Wayne Escoffery al sax, Danny Grissett, al pianoforte, Ugonna Okegwo, al contrabbasso e Johnathan Blake,alla batteria, con cui presenterà il materiale del suo ultimo disco “Roman Nights”, titolo premonitore di questo straordinario concerto.

Martedì 20 luglio un trio stellare con David Kikoski, pianoforte, Eddie Gomez, contrabbasso eRoberto Gatto, batteria. David Kikoski è da molti anni uno dei più completi e efficaci pianisti in attività, e vanta un curriculum impressionante. Il suo stile trae ispirazione da svariate fonti e presenta un distillato sapientemente equilibrato della storia del piano jazz, vista attraverso l’ottica di un musicista che ne vive l’evoluzione costantemente in prima linea da oltre due decenni sulla scena di New York. Tutto ciò, insieme a un bagaglio lessicale jazzistico apparentemente inesauribile, porta David Kikoski a fornire invariabilmente dal vivo un set di grande forza espressiva e peso specifico, che risulta assolutamente convincente. Eddie Gomez è uno dei più brillanti contrabbassisti della storia del jazz. Grande virtuoso del proprio strumento, si è da sempre contraddistinto per il suono altamente personale attraverso il quale sa esprimere una cavata possente e ricca di drive che genera un walking impeccabile, nonché per la ricchezza di idee e l’audacia melodica e armonica di cui riesce a dar prova nelle sortite da solista, il tutto sempre all’insegna di una grande sensibilità musicale e di una classe davvero notevole. Alla batteria l’eccellente Roberto Gatto, brillante ed eclettico musicista da vari decenni attivo ai massimi livelli del jazz italiano, che ha collaborato tra gli altri con Michael Brecker, John Scofield, Bob Berg, Richard Galliano, Paolo Fresu e Enrico Rava.

Lunedi 26 luglio è la volta del Portico Quartet. Chi ama il jazz sognante, la musica classica e quella minimale, meglio se prodiga di citazioni etniche (a confermarlo la passione smodata per le percussioni balinesi), non può non lasciarsi sedurre dal quartetto di South London che, per il secondo album, “Isla”, è approdato alla Real World di Peter Gabriel.

Martedì 27 luglio, Ballakè Sissoko & Vincent Segal. Un incontro straordinario tra due musicisti che, provenendo da esperienze diversissime, quasi opposte, si integrano alla perfezione. La tradizione popolare griot di Sissoko e la formazione colta, classica di Segal dialogano in modo sublime, producendo una sintesi musicale che è nettare per le orecchie. Djelimoussa “Ballake” Sissoko viene dal Mali ed è un custode della tradizione, uno scrigno contenente i tesori della storia e della cultura mandengue. Appartiene infatti ad una famiglia di griot, ed è tra i più̀ grandi interpeti della kora del suo paese. Ballaké Sissoko è figlio di Djelimady Sissoko, grande maestro della kora mandinga, nella cui scuola iniziò a studiare lo strumento fin da bambino; suona nel prestigioso Ensemble Instrumental National du Mali e accompagna vari cantanti maliani, prima di giungere sulla scena internazionale grazie alle collaborazioni con Toumani Diabate in New Ancient String e Taj Mahal nel progetto Kulanjan. Strumentista di straordinario talento, Sissoko si ispira alla tradizione, forgiando uno stile personale ed innovativo sempre aperto a nuove esperienze musicali.

Mercoledi 28 luglio, Eivind Aarset “Sonic Codex”, uno dei protagonisti più creativi e interessanti dell’underground scandinavo. Il norvegese Eivind Aarset, uno dei padri del nu jazz europeo, è fautore di una musica carica di energia ma allo stesso tempo misteriosa e decisamente contemporanea. Eivind Aarset ha anche collaborato a molte registrazioni e con musicisti diversi come Ray Charles, Dee Dee Bridgewater, Ute Lemper, Ketil Bjornstad, Mike Mainieri, Arild Andersen, Abraham Laboriel e Django Bates. Sonic Codex mantiene la cifra stilistica “noir” del leader, ma sembra spingersi maggiormente verso il rock più duro allontanandosi dalla sonorità aurea e visionaria del precedente Connected. La formazione da qualche tempo si è stabilizzata e vede in Audun Erlien (contrabbasso) e Wetle Holte (batterista dei Wibutee, formazione effervescente della scena norvegese) due complici ideali.

Giovedì 29 luglio, Leon Pantarei & Omparty con ospiti Hakon Kornstad e Luca Aquino. Leon Pantarei, multipercussionista calabrese guida il progetto Omparty, che pone all’attenzione del mondo del jazz e “dintorni” una nuova proposta discografica e live che si caratterizza per originalità ed impatto. Il progetto muove da Miles e dalla rilettura del modale, ma, grazie anche all’impianto percussivo di Leon (composto da tabla, bendir, darbouka, doira, bass djembè, tambora tiger e tambora conga, assemblati in un contesto jazzistico originale e, per certi versi, sorprendente), percorre, con assoluta originalità, anche i fascinosi territori del “Folklore immaginario”.Due prestigiosi ospiti del concerto:Håkon Kornstad, sassofonista,una delle figure centrali della scena musicale norvegese,che nel corso della sua carriera ha seguito percorsi diversi operando in un ampio campo di esplorazione ed espressione: dall’elettronica passando per collaborazioni importanti (Pat Metheny, Paal Nilssen-Love, Axel Dörner)e Luca Equino, recente vincitore, come miglior nuovo talento, del Top Jazz, promosso dalla rivista Musica Jazz.

Venerdì 30 luglio Steve Grossman Quartet. Un grandissimo interprete del jazz mondiale, che non ha bisogno di presentazioni, in un concerto imperdibile. Steve Grossmann ha unito le stilistiche diametralmente opposte di John Coltrane e Sonny Rollins in un suono inimitabile.Al fianco di Miles Davis, tuttavia, si dedicò soprattutto al sax soprano. Il grande musicista, infatti, lo volle in formazione appena diciassettenne. Dopo questo folgorante inizio seguì un’esperienza di grande prestigio che prese il nome di “Jazz Machine”. La sua fama è poi divenuta mondiale grazie a decenni di collaborazioni con musicisti del calibro di Chet Baker, Art Taylor, Barry Harris e Michel Petrucciani. Micheal Brecker ha detto di lui : “E’ il migliore di tutti noi”. Sarà accompagnato dal Danilo Memoli trio con cui costituisce una delle migliori sezioni ritmiche d’Europa.

All’interno del programma di Summertime inoltre sono previste alcune serate che vedranno protagonisti i giovani musicisti che partecipano ai concorsi indetti da alcune delle più importanti scuole di musica di Roma: Saint Louis College Of Music e Felt Music School.

Ciccio Russo

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Torna il Vinòforum Jazz Festival

Seconda edizione per il Vinòforum Jazz Festival, la rassegna (inclusa nel programma della manifestazione enogastronomica Vinòforum) che, dal 28 maggio all’11 giugno, farà incontrare, nei giardini tra il Lungotevere Marcello Diaz e la Farnesina, gli amanti del buon vino con gli estimatori del buon jazz. Posto che le due categorie possano escludersi. Fra i musicisti che si esibiranno in uno spazio di 1.000 metri quadri che comprende l’area concerti, un’area eventi, un cocktail bar, un ristorante e un’area ospitalita’, si segnalano Ron Seguin (28 maggio), Gianni Sanjust & Riccardo Biseo (29 maggio), Max Ionata, Battista Lena, Roberto Gatto e Marco Fratini (30 maggio), Emanuele Urso (2 giugno), Federica Zammarchi (3 giugno), Silvia Manco (4 giugno), Giampaolo Ascolese (5 giugno), Luca Velotti (6 giugno) e Riccardo Biseo & Elisabetta Antonini (10 giugno).

Ciccio Russo

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Jazz e vino sulle colline romane

Sempre meno musica per un pubblico ristretto e, almeno ad occhi profani, elitario, sempre più contorno di eventi, esposizioni e sagre. Commercializzazione o occasione per far conoscere il Jazz ad un pubblico sempre più vasto? Un interrogativo che richiederebbe un dibattito più ampio. Fatto sta che i “luoghi del Jazz” nella capitale continuano a moltiplicarsi.

Colline Romane, nell’ambito della XIII edizione di Giochi d’Acqua e di Verde, ha presentato “DiVino Jazz nelle Colline Romane”, una serie di concerti che si svolgeranno nei comuni intorno all’Urbe. Si parte domenica 23 maggio con il concerto gratuito dell’Antonio Flinta Trio nel centro storico di Monte Porzio Catone, località che ospiterà il 6 giugno, a Villa Mondragone, anche Rossana Casale. Sabato 19 giugno sarà la volta di Javier Girotto, che si esibirà a Frascati con l’Atem Sax Quartet. Chiusura affidata, il 27 giugno, all'”Organ Project” dell’iperattivo Roberto Gatto, sempre nella cornice frascatese di Villa Torlonia. I concerti saranno accompagnati da degustazioni di vini.

Ciccio Russo

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A Campo de’ Fiori il Jazz incontra il cinema italiano

Quattro film tra i più rappresentativi della storia del cinema italiano reinterpretati in chiave Jazz. E’ il programma della prima edizione di “Jazz al Centro“, manifestazione che si propone di portare la musica nei luoghi storici di Roma e del Lazio. La location è uno dei luoghi dello spettacolo e della cultura dell’Urbe: quel Cinema Farnese, a Campo de’ Fiori, che ha ospitato le esibizioni di Aldo Fabrizi e Renato Rascel, di Macario e Wanda Osiris. E’ qui che, ogni giovedì di maggio, alle 22:30, la grande musica e la settima arte dialogheranno in uno spettacolo diviso in due tempi da quaranta minuti, come un vero film: un esperimento originale non solo nella formula, ma anche nell’obiettivo di diffondere la cultura in spazi non convenzionali.

Si parte il 6 maggio con uno dei simboli della scena Jazz capitolina: Enrico Pieranunzi che presenterà, in una conversazione con Vittorio Castelnuovo, il suo nuovo album “Wandering”. Nel “secondo tempo” Marcello Rosa (leader della Jac Band, formazione nata proprio in occasione di questa manifestazione) e Riccardo Biseo renderanno omaggio ai “Soliti Ignoti” di Monicelli, capolavoro della commedia all’italiana musicato da Piero Umiliani. Una settimana dopo sarà la volta dell’Afro Hammond Jazz di Ivan Vicari, accompagnato da Mauro Salvatore alla batteria e da Alessandro Tomei al sassofono. Alle percussioni un ospite davvero d’eccezione come lo statunitense Karl Potter. Sul palco saliranno poi Riccardo Fassi e Antonello Salis, che reinterpreteranno “Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, uno dei temi più celebri scritti da Ennio Morricone. Il 20 maggio spazio alle contaminazioni. Il primo tempo verrà affidato agli Acustimantico, band che, con i suoi “Concerti del Silenzio”, ha fatto della ricerca di spazi alternativi per l’espressione musicale parte integrante della sua filosofia artistica. Si prosegue con le sonorità Klezmer della Gabriele Coen Jewish Experience, che si cimenteranno con Nino Rota e “Otto e Mezzo”, l’onirico capolavoro di Federico Fellini. Il 27 maggio “Jazz al Centro” ci dirà arrivederci con un’esibizione del Trio Filante Mazzeogrottelligwis e con il debutto dal vivo della Jac Band, che farà calare il sipario con una jam session ispirata alle musiche di Armando Trovajoli tratte da “Il viaggio di Capitan Fracassa”.

Ciccio Russo

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La Centrale Montemartini apre le porte al Jazz

Con la rassegna “Montemartini Blue Note”, partita lo scorso 9 aprile, ha aperto al pubblico della capitale lo Spazio Eventi della Centrale Montemartini, straordinario esempio di archeologia industriale che, dopo essere diventato sede permanente delle collezioni di più recente acquisizione dei Musei Capitolini, continua ad offrire nuovi spazi alla cultura e allo spettacolo. La nuova area è stata ricavata dal riallestimento della sala macchine dell’ex centrale termoelettrica. La manifestazione(organizzata da Zètema Progetto Cultura in collaborazione con Rai Nuovi Media, per la direzione artistica di Federica Gentile) ha visto finora esibirsi, sullo sfondo della turbina a vapore e dei colossali motori diesel della struttura, formazioni come lo Stefano di Battista Jazz Quartet e il Remo Anzovino Trio. Ma gli appuntamenti con il grande jazz italiano proseguiranno, ogni venerdì e sabato, fino al prossimo 5 giugno.

Venerdì 7 maggio e sabato 8 maggio doppio appuntamento con il pianoforte di Enrico Pieranunzi solo (ore 20.00) e in duo (ore 22.00) con Luca Bulgarelli al contrabbasso. In occasione della Notte dei Musei, sabato 15 maggio toccherà al GeGè Telesforo Quintet  (GeGè Telesforo voce e percussioni, Max Ionata sax tenore e soprano, Alfonso Deidda piano, flauto, sax alto e baritono, Dario  Deidda basso acustico & hollowbody e Amedeo Ariano alla batteria). Venerdì 21 e sabato 22 maggio si esibirà invece il Maurizio Giammarco Jazz Quartet, con Maurizio Giammarco ai sassofoni, Luca Mannutza al pianoforte, Francesco Puglisi al contrabbasso e Marcello Di Leonardo alla batteria) mentre venerdì 28 e sabato 29 maggio sarà la volta di Danilo Rea, al piano la prima sera e in trio la seconda. Chiuderà la rassegna jazz venerdì 4 giugno e sabato 5 giugno il Roberto Gatto Quartet, con Roberto Gatto alla batteria, Daniele Tittarelli al sassofono, Luca Mannutza al pianoforte e Luca Bulgarelli al contrabbasso.

Ciccio Russo

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Federica Zammarchi racconta Jazz Oddity

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Jazz Oddity, ultimo progetto da studio della vocalist Federica Zammarchi, è un disco che ci ha incuriosito fin da subito, anche prima di ascoltarlo. E’ un lavoro originale in cui la cantante senese ha ripreso uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, David Bowie, e ha riproposto alcuni dei suoi brani più famosi riadattandoli in chiave Jazz. Il risultato è stato, secondo noi, molto convincente, e per questo abbiamo deciso di approfondire l’argomento con Federica, che ha risposto volentieri alle nostre domande.

Federica, per cominciare volevamo chiederti come nasce questa esigenza di confrontarsi con un musicista così importante come David Bowie?

“Beh, non lo definirei un confronto, piuttosto un omaggio, un ringraziamento ad un artista che mi ha “tenuto compagnia” ed ispirata da sempre. Bowie è un genio, trasversale, che ha reinventato in continuazione il suo modo di fare musica, di comunicare con il pubblico. Il motivo per cui ho deciso di riadattare alcuni suoi brani a nuove sonorità non è altro che una grande dimostrazione di affetto e di ammirazione verso il suo lavoro.”

Quindi, perché hai deciso di arrangiare questi brani in chiave jazz?

“Questo dipende dal mio mondo musicale, ho sempre ascoltato rock e pop prima di intraprendere la strada del jazz, che è quella che in qualche modo ancora seguo. Ho voluto portare un repertorio “diverso” all’interno di un genere che ha sempre attinto dalla musica di ascolto di tutti i periodo storici. Oltretutto di certo non mi considero una “jazzista” pura, amo la contaminazione, quello che faccio nasce semplicemente da come io mi approccio alla musica, di qualunque genere. Non so nemmeno se si possa parlare di chiave jazz, i puristi probabilmente non sono d’accordo, è una chiave “nostra”, che dipende soprattutto dalle personalità dei musicisti coinvolti nel progetto.”

Ascoltando questo disco abbiamo potuto vedere come hai riarrangiato alcuni dei più grandi successi di David Bowie in maniera molto originale e senza stravolgerne il senso. Quale è stato il tuo approccio verso questi brani?

“Esattamente quello hai detto tu: ho cercato di metterci del mio, anche stravolgendo armonia e ritmo a volte, tenendo però sempre ben a mente l’originale e lasciando la melodia perfettamente riconoscibile. Ho mantenuto nei limiti del possibile la “forma-canzone” dei brani, che forse è l’aspetto che maggiormente differenzia il mondo del rock/pop dal jazz, dando sempre grande importanza al testo, per lasciare gli spazi improvvisativi il più possibile aperti ed inseriti in un contesto emotivo. Il resto dipende esclusivamente dalla grande coesione ed intesa della band…”

E come avete lavorato per adattarli a delle sonorità così particolari?

“Sicuramente quando ho iniziato a scrivere per questo progetto avevo in testa un certo tipo di suono, di mood, che ho esposto al gruppo durante le prove. Poi suonando sono uscite delle cose nuove, a volte diverse, convincenti, che hanno iniziato a caratterizzare il nostro sound portandolo in una direzione estremamente riconoscibile. Sono stata molto fortunata ad avere un gruppo di musicisti non soltanto bravissimi ma estremamente partecipi, che hanno lavorato con me fin dall’inizio proprio per fare in modo che queste sonorità caratterizzassero il nostro lavoro.”

Quindi, secondo te, il Jazz può essere in generale un filo conduttore per mescolare stili e sonorità così diverse?

“Non so…non amo particolarmente parlare di “jazz”, piuttosto di “musica” in senso lato. Io credo fortemente che quello che chiamiamo jazz sia una forma di approccio al repertorio, un “modo” di eseguire qualsiasi brano, ma è una mia personalissima opinione. In questo senso sì, certamente il jazz può essere un fenomenale filo conduttore. Ma forse è più giusto parlare di incontro musicale tra cinque personalità molto diverse, provenienti da esperienze varie, ma estremamente capaci di interplay e che mettono costantemente la loro musica al servizio del brano. Come etichettarlo non lo so, probabilmente non è poi così importante…”

E per quanto riguarda i progetti futuri, c’è qualcosa di nuovo a cui stai lavorando?

“Sto lavorando su tantissime cose: un disco in duo con Enrico Zanisi, un progetto sui brani di Shorter con Emanuele Smimmo, una follia su repertorio di varia natura (anche originali) col vibrafonista Andrea Biondi e sto scrivendo pezzi nuovi. Sicuramente inizieremo presto a lavorare ad un “Jazz Oddity vol. II”, dato il successo del primo e la forte volontà di tutto il gruppo di continuare a collaborare, che probabilmente presenterà numerose sorprese (come aggiunte all’organico). Abbiamo anche in mente di eseguire alcuni live con strumenti sinfonici (archi ecc). Intenzioni impegnative, vedremo cosa succede!”

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Il Jazz fra due mondi – intervista a Lucio Ferrara

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E’ un progetto dal chiaro sapore internazionale quello che abbiamo avuto modo di ascoltare ieri allaCasa del Jazz, un disco che racchiude anni di viaggi e di lavoro ricchi di entusiasmo. Parliamo dell’ultimo lavoro del chitarrista Lucio Ferrara, “It’s all right with me”, presentato ieri in una delle location più belle della capitale. Insieme a lui c’erano Nicola Angelucci (batteria) e Luca Mannutza(hammond) due musicisti che Lucio conosce bene, con i quali ha condiviso molte esperienze e che hanno preso parte ad un progetto cominciato dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti. Dunque, un disco a cui hanno partecipato, oltre ai nomi appena citati, artisti come Lee Konitz, Antonio Ciacca, Ulysses Owens, Kengo Nakamura e Yasushi Nakamura. Lucio Ferrara ci ha raccontato in prima persona questa esperienza.

 Lucio, per cominciare volevo parlare dalla genesi di questo progetto: “It’s All Roght with me”. Come mai è stato registrato luoghi diversi, tra Sorrento, Roma e lo stato del New Jersey?

“Diciamo che non c’è un motivo preciso. Quello che ho scelto sono state le formazioni con cui preferisco sonare come il quartetto con pianoforte, il trio con lo hammond e il quintetto con il sassofono. La scelta vera e propria è stata l’idea di registrare un disco a New York, ma alla fine ho preferito aggiungere due brani con due musicisti, Nicola Angelucci e Luca Mannutza, con cui sono tutto l’anno. Con loro c’è un vero e proprio rapporto di amicizia perché ci vediamo continuamente, mentre le esperienze con i musicisti americani sono momenti occasionali in cui ci si incontra una volta all’anno a New York”.

foto di Valentino Lulli

Quindi, potremmo dire che in questo progetto c’è un’anima internazionale?
Esattamente, diciamo che in questo progetto viene fuori questa mia internazionalità legata ai rapporti di lavoro e ai viaggi continui. E’ un aspetto che effettivamente rappresenta gli ultimi anni della mia carriera.

E il titolo di questo tuo progetto è forse legato ad un tuo stato d’animo particolare?
“Sicuramente è legato a quella positività che incontro quando lavoro con gli american negli Stati Uniti e a quell’incoraggiamento che loro hanno verso la vita. Questo progetto rappresenta tutta quella positività che sento quando vado in questo paese. E’ un momento in cui sento un’altra aria e in cui respiro in un altro ambiente. Con questo titolo ho cercato di descrivere apertamente questo stato d’animo”.

Il fatto di non avere una formazione stabile è forse legato al fatto di considerare la musica come qualcosa in continuo cambiamento?
“Si, sicuramente c’è il vantaggio di suonare con diversi musicisti e di scoprire come la musica viene fuori in maniera sempre differente. Ovviamente la cosa ideale sarebbe quella di suonare con una band fissa con cui lavorare per tutta la vita perché soltanto in questo modo raggiungi un Interplay unico, però ci sono anche gli aspetti legati alle novità. Suonando con diverse persone Impari da tutti e collezioni esperienze che ti aiutano a crescere”.

Quindi, potremmo dire che l’approccio con i musicisti con cui suoni è legato proprio al concetto di Interplay?
“Credo di si, io lo vivo così. Il mio modo di suonare dipende anche dagli altri musicisti, dagli imput continui che mi trasmettono e dal continuo sviluppo del l’idea di Interplay”.

E il fatto di aver viaggiato tanto quanto può avere influito sulla tua musica?
“Sicuramente ha influito tantissimo. Viaggiare è fondamentale perché a un certo punto, quando pensi di sapere tutto, scopri che ci sono delle novità. Per crescere hai bisogno di cercare sempre nuove esperienze”.

E se dovessimo fare un parallelismo fra un’esperienza dal vivo in America ed una in Italia…
“Diciamo che il pubblico americano in generale è molto entusiasta e senti la sua presenza continuamente. E’ un pubblico attento che conosce bene la storia del jazz e al quale non hai bisogno di spiegare la musica che suoni. Quando ti esprimi con un bambino usi un determinato linguaggio e quando ti trovi in America è come se parlassi ad un adulto che ti capisce bene”.

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Caterina Palazzi presenta Sudoku Killer alla Casa del Jazz

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Caterina Palazzi è sicuramente una musicista che si sta rivelando uno dei talenti emergenti del panorama jazzistico italiano. Contrabbassista romana, amante del Jazz, ma anche del rock, ama far confluire nella sua musica molteplici influenze che derivano da un back ground sicuramente ricco e aperto alla sperimentazione. Qualche giorno fa Caterina ha presentato in via ufficiale il suo nuovo lavoro, Sudoku Killer, alla Casa del Jazz (un concerto che a quanto pare è stato molto gradito dal pubblico) e noi, che non neghiamo di essere rimasti davvero incuriositi, l’abbiamo raggiunta per farci raccontare la filosofia che si nasconde dietro un progetto tanto interessante quanto sperimentale.

Caterina, quanto c’è del tuo background in questo nuovo CD, mi riferisco alle diverse sonorità a cui hai attinto?

“Di base questo è un Cd che possiamo definire di Jazz, anche se contaminato da altre sonorità. Io sono partita dal rock di Jimi Hendrix, dei Rolling Stones, dei Red Hot Chili Peppers e anche dei Nirvana. E’ stata la mia passione fino ai 20 anni, poi c’è stata una fase jazzistica e adesso sto mescolando le influenze per scrivere una musica che definisco “la mia”. Ovviamente non può essere un lavoro che riprende le musiche degli anni ‘40 perché, essendo una musica composta da me, è normale che vengano altre influenze. Io, infatti, sono appassionata di rock, anche di musica elettronica e il disco è così contaminato proprio perché volevo seguire un mio percorso. Quindi, ho fatto inconsciamente leva su tutto quello che ho ascoltato in questi anni.”

Il titolo di questo lavoro “Sudoku killer” cosa rappresenta?

“Sudoku killer è un gioco matematico, una variante di quello normale, diciamo un Sudoku assassino perché è un gioco davvero “scervellotico”. Quindi, ho scelto questo titolo, primo perché sono appassionata dei giochetti di logica e, visto che la sera ne faccio tanti, è un cosa che rispecchia una parte della mia personalità. Secondo, ho deciso di usare questo nome perché i miei pezzi sono storie che apparentemente non sono collegate, ma che hanno un filo conduttore ben preciso. Il Sudoku, infatti, è un incrocio di numeri che messi insieme hanno uno a loro logica, quindi Sudoku Killer è un parallelismo fra logica e numeri che danno una coerenza a questo prodotto e alle canzoni che lo compongono.”

E questi titoli così inquietanti?

“Sicuramente sono appassionata di cinema e ho attinto ampiamente da questa tradizione. E poi il disco ha sonorità cupe, tutti minori, con i titoli collegati ad un’atmosfera che si avvicina al noir, ma con una buona dose di ironia.”

Quindi, quali sono gli scenari che dipingete attraverso la vostra musica?

“Principalmente partiamo dai film, anche dai libri, e poi sicuramente da stati d’animo della mia vita. Un titolo, per esempio, è Berlino Est ed è nato perché, quando sono stata a Berlino per la prima volta, ho avuto delle sensazioni che ho trasformato in musica senza sapere che erano collegate a quella visione. Ispirazioni, libri, cinema, atmosfere, qualunque cosa mi colpisca esce fuori attraverso un brano musicale.”

In alcune tue dichiarazioni hai affermato che suoni con spirito Punk, vuoi commentare questa frase?

“Il discorso è… Va bene che tutti siamo musicisti di professione, con massima serietà, però il jazz forse si prende troppo sul serio. A me, invece, piace sdrammatizzare, fare dell’ironia su quello che si fa, suonare con grinta anche se può essere che sbagli una nota. Anche se faccio due accordi, ci metto grinta e il messaggio arriva comunque.”

Può essere una nuova frontiera del Jazz il fatto di utilizzare nuove sonorità, come le chitarre distorte che richiamano anche la musica psichedelica?

“In realtà quello che noto nel jazz italiano, dal quale mi discosto, è che è un po’ influenzato dal jazz moderno americano, senza ritmiche rock e con un uso limitato degli effetti. Per esempio le chitarre elettriche sono poco sfruttate perché chiaramente il piano acustico è migliore di una chitarra acustica. Io, invece, mi sento vicina al jazz nord europeo che va verso una direzione molto interessante, senza tempi dispari o armonie molto complicate. Infatti, sono più melodica e gioco sul suono più che sul fatto di complicare un pezzo. Meglio due note con un suono pazzesco che con mille accordi come faceva John Coltrane.”

E questa sperimentazione è venuta fuori da sé? Quanto sono stati importanti i componenti del tuo gruppo?

“Loro sono fondamentali nel suono del disco. In realtà è già da tre anni che esiste questo gruppo, abbiamo iniziato con un’impronta jazz e, a furia di studiare insieme siamo cresciuti e abbiamo capito che suonare gli standard ci andava stretto. Avevo l’esigenza di fare un mio suono e per questo ho cominciato a proporre cose mie, loro mi hanno seguito, erano sulla mia lunghezza d’onda, forse prima più guidata, mentre adesso hanno chiaro quello che voglio. Adesso il gruppo è ben rodato. Inoltre a me piace fare delle piccole Suite, con molte variazioni, mi diverto a scrivere e, secondo me, è molto importante che un tema abbia la sua logica.”

Continuerete con questo progetto o è soltanto una parentesi?

“Certo, io sono determinata a portare avanti questo progetto, mi sembra che il pubblico sia entusiasta e vedere che cento persone sono rimaste senza biglietto alla Casa del Jazz, non può che farmi piacere. Abbiamo girato in Italia, continueremo a farlo e questo progetto lo continuo, cascasse il mondo! E’ un percorso difficile e originale, ma per adesso siamo stati ripagati ampiamente. Chiaramente continuerò con gli stessi componenti, ma non posso garantire per il futuro, a volte i percorsi di dividono.”

Un ultima domanda, quali saranno i tuoi prossimi impegni?

“Dopo questa presentazione ufficiale alla Casa del Jazz, anche se in realtà il Cd uscito a febbraio, a fine novembre saremo in Veneto, a fine dicembre in Lombardia e Liguria. Una settimana al mese di tour in Nord Italia, l’idea è questa. Inoltre abbiamo proposto due pezzi nuovi alla Casa del jazz e sono piaciuti anche più di quelli vecchi. Certo, per quanto riguarda un secondo CD, ora ti dico che  mi sto godendo il primo e non ho fretta. L’obiettivo è quello di suonare il più possibile per promuovere al meglio questo lavoro.”

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