Jazz Agenda

Bosso e Girotto presentano “Latin Jazz” al Roma Jazz Festival

Tecnicamente impeccabile, ciò che più colpisce di Fabrizio Bosso è la creazione di una grafia personale, in cui la dinamica del suono non è mai scontata, il senso dello swing è spinto agli eccessi, la tensione creativa è costante anche nell’interpretazione di standard. Girotto è uno dei musicisti più sensibili e capaci in circolazione. L’ambiente musicale è quello del jazz ma anche quello della musica argentina, del tango in particolare, di cui è uno dei principali esponenti in Europa sin dalla metà degli anni Novanta quando pubblicò il primo di nove dischi con gli Aires Tango, una delle formazioni di riferimento di quella rilettura del tango con elementi jazzistici. Sono loro a portare al Roma Jazz Festival un omaggio alla contaminazione “latina” del jazz! Il concerto, infatti, si terrà domani, sabato 26 novembre, presso la sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica.

26 novembre Sala Petrassi

Inizio concerto ore 21

Biglietti: posto unico 15 euro

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Live Report: al Roma Jazz Festival la Musica è Nuda

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Basterebbe dire Musica Nuda per lasciare almeno intendere la variante di emozioni ed esperienze sensoriali che un concerto, come quello di sabato 19 all’Auditorium, può riservare. E non sarebbe comunque abbastanza. Ferruccio Spinetti (contrabbasso) e Petra Magoni (voce) sono quello che non ti aspetti. Lei, algida musa nella sua giacca di pelliccia appena sale sul palco, si rivela nel corso del concerto una donna ironica (ed autoironica) dall’estro imponente. Lui si nasconde timido dietro il suo contrabbasso, ma una volta rimasto solo in scena non perde occasione di interagire col suo pubblico, o di imbracciare scherzosamente lo strumento a mo’ di chitarra. Insieme formano una coppia completa ed eccentrica. Si definiscono un gruppo pur essendo un duo, e di questo gliene diamo atto. Dal 2004 a marzo di quest’anno si esibisco in cover dalla rivisitazione del tutto personale, pubblicando 5 dischi di successo. Il loro ultimo lavoro, invece, vede la prevalenza di pezzi originali e varie collaborazioni; da Max Casacci (chitarrista dei Subsonica) a Sylvie Lewis, ad Alessio Bonomo e Pacifico. La “nudità” della loro musica lascia spazio all’immaginazione ed allo spettacolo, che entrambi intessono con il proprio strumento. Spogliati di ogni eccesso ed orpello stilistico, i brani si rivestono di abiti nuovi. 

Prendiamo il caso di Bocca di Rosa: frenetica, soffocante, ben descrive musicalmente il testo della canzone. Petra Magoni abbandona la malinconia originaria data da De Andrè, per dare un corpo alla storia e alla donna, al suo tormento. Immancabili Came Together, Eleanor Rigby e Dear Prudence, omaggio beatlesiano dovuto ed acclamato. Un po’ jazz, un po’ canzone d’autore, un po’ rock e infine anche musica classica. Il suono originalissimo di Petra e Ferruccio si insinua in ogni composizione e le restituisce vita nuova. Ciò che ci ha affascinati maggiormente è la capacità di questo gruppo/duo di prendersi in giro, raccontare aneddoti di vita vissuta e, perchè no, di metterli in musica. Come inProfessionalità; scherzoso battibecco di una coppia alle prese con la poca serietà di alcuni manovali. I bis, a fine serata, sono tre, tra cui la più richiesta,  Il cammello e il dromedario, e la prima canzone suonata assieme, una romantica e coinvolgente Guarda che luna…che ben sostituisce la mancanza de La canzone dei vecchi amanti.

Serena Marincolo

foto di Valentino Lulli

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Bollani & de Holanda al Roma Jazz Festival

Nel 2006 la rivista Musica jazz proclama Bollani (di scena lunedì 21 novembre all’Auditorium) musicista italiano dell’anno e il suo Piano solo è il disco dell’anno. Nel 2007 il referendum di Downbeat lo vede ottavo fra i nuovi talenti del jazz mondiale e terzo fra i giovani pianisti, i critici della rivista All About Jazz lo votano fra i cinque musicisti più importanti, accanto a mostri sacri come Ornette Coleman e Sonny Rollins. Nel 2008 la Regione Toscana gli conferisce la massima onorificenza: il ‘Gonfalone d’argento’. Nel 2009, durante il North Sea Festival di Rotterdam, riceve il “Paul Acket Award”. Dopo aver realizzato il disco Bollani Carioca, ha collaborato con diversi artisti della nuova scena brasiliana fino al grande Caetano Veloso. Il suo ultimo lavoro per la ECM è il disco Stone in the water (2009). Il carisma, la forza comunicativa, un tocco impeccabile e pieno di sofisticata creatività fanno di Hamilton de Holanda uno dei musicisti di maggior rilievo nella nuova generazione di interpreti e compositori della musica contemporanea brasiliana. Hamilton si ispira tanto al repertorio classico quanto a quello del jazz o della musica popolare brasiliana, sviluppando una polifonia completa e un’espressività sonora e percussiva ricca di sfumature. La sua carica inventiva è inesauribile e il suo suono potente e preciso.

21 novembre Sala Santa Cecilia ore 21

Biglietto: platea 25 euro, galleria 20 euro

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Ibrahim Maalouf al Roma Jazz Festival

Ibrahim Maalouf, che sta sera, sabato 19 novembre avremo il piacere di vedere presso la sala Petrassi dell’Auditorium nell’ambito del Roma Jazz Festival, è considerato uno dei trombettisti di maggior talento della nouvelle vague del jazz mediterraneo. Classe 1980, Ibrahim Maalouf ha un background artistico multiculturale che spazia dalla musica classica a quella tradizionale araba. Nato in una Beirut devastata dalla guerra civile, ha lasciato presto il Libano per trasferirsi in Francia ed è diventato una figura rilevante nel panorama musicale internazionale grazie al suo grande talento. Con una profonda passione per la musica “colta” ma anche per quella tradizionale libanese, suona una tromba speciale, da lui stesso inventata per riprodurre i modi melodici della musica tradizionale araba. Diagnostic è il terzo e ultimo capitolo del trittico musicale del trombettista, iniziato nel 2007 con Diasporas, e proseguito con Diachronism due anni più tardi. Più che un proseguimento, questo album è il risultato di una ricerca al confine delle armonie, delle dinamiche tonali e dei ritmi nel punto di incontro tra differenti stili musicali. Nel disco convogliano infatti le marching bands balcaniche, le batucadas brasiliane, il Latin Jazz, l’heavy metal.

19 novembre Sala Petrassi

Inizio concerto ore 21

Biglietto: posto unico 15 euro

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Live Report: The same korean girl – Youn Sun Nah al Roma Jazz Festival

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Youn Sun Nah sale sul palco del Teatro Studio all’Auditorium evidentemente emozionata, dopo un omaggio a Morricone da parte del chitarrista che l’accompagna, Ulf Wakenius (già chitarrista di Oscar Peterson. Capace di riprodurre linee di basso e percussioni e di ottenere grandi effetti dal suo strumento senza l’ausilio dei pedali). In un italiano zoppicante (ma sorprendente) ci spiega che è la prima volta che si esibisce in Italia, e a Roma poi! Insomma, una ragazza dalla voce sottile e i modi gentili che alla fine di ogni brano ringrazia sempre per ogni applauso ricevuto e per la nostra presenza. Ride spesso, e questo la rende ancora più simile ad una bambina un po’ impacciata. Eppure la carica del suo fascino aleggia nell’aria ancor prima che cominci a cantare. Nessuno tra il pubblico si aspetterebbe di assistere ad una metamorfosi tale. Wakenius intona i primi accordi dell’inconfondibile Message in a Bottle, e la timida ragazza coreana in casacca blu davanti a noi si trasforma in una donna ammaliante dalla voce possente. Il duo, atipico già dalla presentazione (una coreana che canta in francese ed un chitarrista norvegese), dimostra di avere un tipo di affiatamento che sposa il gioco, l’intesa immediata e quel tipo di complicità da coppia di lunga data. Youn Sun Nah plasma la sua voce sul suono della chitarra, completandola. 

I suoi vocalizzi non sono per nulla scontati o ridondanti. Accompagnandosi con gesti delle mani sembra suonarsi come un theremin; sembra disegnare la musica nel vuoto o scuotersi come una percussione. Gli omaggi sono tanti: da Nat King Cole, Egberto Gismonti, Randy Newman, a Tom Waits, Leo Ferré, Carla Bley, Sergio Mendes e addirittura una piccola perla come Enter Sandman dei Metallica. Inoltre, il legame con le sue radici viene enfatizzato nel riarrangiamento di Gwangondo Arirang, brano del folklore coreano. L’annuncio poi di un pezzo tutto italiano: Estate di Bruno Martino. Youn Sun Nah ritorna impacciata nel presentarla, sperando ci piaccia. La risposta non tarda ad arrivarle, assieme al lungo scroscio di applausi, fischi e “brava”. Lei si commuove intimidita. Fa tenerezza vederla con le mani alla bocca, stupita del successo riscosso. C’è spazio anche per lo standard My favourite things in cui è lei stessa a suonare una kalimba, antico strumento africano a percussione. Che non è certo l’unico strumento singolare utilizzato durante la serata! In Moondog spunta un kazoo, ed in Same Girl un carillon; mentre Ulf Wakenius utilizza la sua bottiglia d’acqua per suonare la chitarra. Il pubblico è entusiasta al punto di non volerla lasciar andare. Il bis è doppio ed il tempo che passa alla fine degli applausi finali è lungo!

Serena Marincolo

Foto di Valentino Lulli

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Roma Jazz Festival presenta “Musica Nuda”

Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, sabato 19 novembre all’Auditorium, daranno vita a un duo coinvolgente che dialoga con la platea e che con simpatia si racconta attraverso aneddoti particolari sulla propria carriera e sulle canzoni proposte. Musica Nuda è una prova di come jazz e pop possono contaminarsi e completarsi a vicenda, creando una magica alchimia. La cantante Petra Magoni e il contrabbassista Ferruccio Spinetti si dedicano a un esperimento: spogliare la musica per arrivare al nucleo delle emozioni. Un esperimento riuscito perché i due artisti, con una lunga appartenenza al mondo della musica classica, del jazz e del pop, quasi a ripercorrere le tappe della propria carriera, interpretano, con grande disinvoltura e senza eccedere in inutili virtuosismi, i brani più diversi. Dalle note dolci-amare di Eleanor Rigby all’intensa Roxanne per arrivare alle arie di Monteverdi e ai classici della canzone d’autore italiana.

19 novembre Sala Sinopoli

Inizio concerto ore 21

Biglietto: posto unico 20 euro

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Il Roma Jazz Festival presenta Roberta Gambarini

Roberta Gambarini, che sarà di scena all’Auditorium domani, 18 novembre, nell’ambito del Roma Jazz Festival, è una cantante jazz italiana che, dopo aver vinto una borsa di studio, a vent’anni si è trasferita negli Stati Uniti. Nel 2006, a due anni dal suo debutto, è stata candidata per un Grammy Award che, per una giovane cantante in erba, rappresenta un primo grande passo verso il successo. Artista dinamica e virtuosa, ottiene sempre splendide recensioni, grande sostegno e apprezzamento da parte di pubblico e critica. Il suo approccio strumentale e il suo caldo timbro vocale, il timing e l’intonazione impeccabile, la sua incredibile tecnica oltre alle sue innegabili capacità improvvisative, che esprime anche nello scat-singing, sono qualità che vengono ampiamente espresse nella esecuzione di standard jazz e classiche songs provenienti dal grande songbook americano.

18 novembre Sala Petrassi

Inizio concerto ore 21

Biglietto: posto unico 15 euro

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Roma Jazz Festival News: Dee Dee Bidgewater in concerto

Dee Dee Bidgewater, che domani 17 novembre sarà di scena all’Auditorium nell’ambito del Roma Jazz Festival, è considerata una delle poche eredi delle grandi voci femminili del jazz. Nei primi anni ‘60 canta con l’Orchestra di Thad Jones e Mel Lewis, collaborando contemporaneamente con artisti del calibro di Dexter Gordon, Dizzy Gillespie, Max Roach e Sonny Rollins. Nello stesso periodo fa un’importante esperienza cantando nel musical The Wiz, per il quale vince un Tony Award come miglior attrice protagonista in un musical. In Italia la notorietà presso il grande pubblico arriva con la partecipazione a due edizioni del Festival di Sanremo, quella del 1990 vinta assieme ai Pooh e quella del 1991. Il progetto che presenta al Roma Jazz Festival vuol essere un omaggio a Billy Holiday, “Lady Day” appunto. Dee Dee Bridgewater è abituata alle sfide impegnative: anni fa si è cimentata con il repertorio di Ella Fitzgerald e questa volta va a ripescare il mito di Billie Holiday eseguendo brani contenuti nell’album “To Billie With Love: A Celebration of Lady Day”.

17 novembre Sala Sinopoli

Inizio concerto ore 21

Biglietto: platea 30 euro, galleria 25 euro

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Live report – Roma Jazz Festival: Roberto Gatto ci racconta il prog inglese

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Questo progetto fa parte di uno dei sogni nel cassetto che coltivo da diversi anni. Personalmente ho sempre amato le sfide e come sempre, mosso dall’entusiasmo, ho accettato di tentare anche questa”. E dal 2008, anno in cui ha visto la luce il progetto Progressivamente in un album registrato dal vivo alla Casa del Jazz, sono state diverse le occasioni in cui Roberto Gatto ha dimostrato di aver vinto totalmente questa sfida. Accompagnato da musicisti del calibro di Fabrizio Bosso alla tromba, Luca Mannutza alle tastiere e piano, John De Leo (ex voce dei Quintorigo), Roberto Rossi al trombone, Francesco Puglisi al basso, Maurizio Giammarco al sax e Roberto Cecchetto alla chitarra, venerdì 11 novembre Gatto ha regalato al pubblico dell’Auditorium il suo omaggio al rock progressive, nelle rivisitazioni di brani tratti dai dischi dei King Crimson, Genesis, Matching Mole, Robert Wyatt e Pink Floyd (oltre ad un brano originale di John De Leo). “Ho voluto coinvolgere musicisti che come me avessero vissuto quel momento musicale in quegli anni, ma anche musicisti più giovani, che magari avessero un punto di vista e una chiave di lettura differenti”. La sala Petrassi è gremita, ed il pubblico decisamente vario!
 
I musicisti salgono sul palco inizialmente senza John De Leo, che solo dopo i primi due brani spunta -letteralmente- da dietro la batteria ad intessere un gioco di suoni con la sua voce; una serie di “vocalizzi” che si incalzano, creando una buffa parentesi che non tradisce le capacità e la bravura di questo artista. De Leo gioca altrettanto col microfono, complementare e necessario nel far cogliere le molteplici sfaccettature sonore che lo stesso riesce a darsi. Differentemente Bosso usa il microfono per distorcere il suono della sua tromba, inscenando un botta e risposta di identici accordi che risultano come due voci diverse. Quello dei tre fiati poi, è uno spettacolo non solo sonoro, ma anche visivo; simili e sincronizzati i loro gesti danno la percezione che la musica -in quel momento- li abbia davvero uniti in un’unica melodia. Roberto Gatto ci spiega la scelta dei brani, ce ne racconta la genesi, cadenzando così l’ora e mezza trascorsa assieme. Si emoziona parlando di un’amica musicista scomparsa poche ore prima del concerto; aprendo uno squarcio (purtroppo) malinconico di vita personale. Anche in questo modo la musica ci parla, riesce a strappare un’emozione diversa ad ognuno di noi, a non rendersi fine all’ascolto e basta. L’inquietante romanticismo di Sea Song (potete immaginare quanto l’abbia reso tale la camaleontica voce di John De Leo), la poesia (arte a cui, del resto, si ispira) di Watcher of the Skies, o la chiusura con la splendida Trilogy (la cui prima parte è stata lasciata esclusivamente a Luca Mannutza e Maurizio Giammarco), sono solo una parte del racconto di una storia -quella del prog inglese- che gli abili narratori ci hanno restituito in musica.
Serena Marincolo
foto di Valentino Lulli
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Roma Jazz Festival News: Danilo Rea e Flavio Boltro in “Opera”

Danilo Rea, la cui vera passione è sempre stata “il poter improvvisare dall’inizio alla fine”, sembra aver realizzato il proprio desiderio con il suo primo album in solo, Lost in Europe, che avremo la possibilità di ascoltare martedì 15 novembre all’Auditorium presso la Sala Sinopoli. Il disco, registrato interamente dal vivo, è nato durante un tour di nove concerti tenuti dal pianista nei principali festival d’Europa. In solo, Danilo Rea mette ben in luce la sua capacità, che era già stata delineata nei progetti di Doctor 3, di fusion tra jazz e “pop”, intrecciando in totale, ispirata libertà, le emozioni delle melodie note e meno note della musica “leggera”. Con il progetto “Opera”, Rea improvvisa sui più noti temi di arie liriche tra cui Mascagni, Puccini, Verdi, Bizet. Flavio Boltro fa parte della scena jazzistica internazionale da più di 15 anni. Diplomato al conservatorio di Torino, si è esibito accanto a musicisti di grande levatura come Cedar Walton, Bob Berg, Don Cherry, Billy Hart e Billy Higgins. A partire dal 1990 ha participato a numerosi festival e tournée in veste di sideman di Freddie Hubbard e Jimmy Cobb, prima di diventare un componente del gruppo di Laurent Cugny e di suonare con Aldo Romano. Dopo aver fatto parte stabilmente per quattro anni dell’Orchestre National de Jazz, e in seguito del sestetto di Michel Petrucciani, è stato componente del gruppo Di Battista-Boltro Quintet.

15 novembre Sala Sinopoli 

Inizio concerto ore 21:00

Biglietto: posto unico 15 euro

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