Quando parliamo del Brasile pensiamo subito alla samba, alla bossa nova, pensiamo ad una terra che ha prodotto tanta musica che oggi viene apprezzata ed ascoltata dappertutto. Sono melodie molto raffinate, che stanno facendo il giro del mondo e che oggi stringono la mano al Jazz mescolandosi con uno dei linguaggi più complessi della musica. Certo, che questi due generi siano confluiti in un unico discorso è un fatto più che assodato, un fatto che forse non stupisce neanche più di tanto, tranne quando ascolti alcuni geni che ti lasciano davvero senza parole. Parliamo del quartetto Michael Rosen Tricolor, quello che proprio ieri abbiamo avuto il piacere di ascoltare nella cornice di Villa Celimontana.
Lui, Michal Rosen, newyorkese trapiantato in Italia dal 1987, più che un musicista è un’istituzione, un mago del sassofono che ha alle spalle collaborazioni con artisti del calibro di Mina, Celentano, Renato Zero, Danilo Rea, Roberto Gatto, Stefano Bollani, Enrico Rava e Danilo Perez. E gli altri non sono da meno.Alfredo Paixao, bassista di Rio de Janeiro, ci viene subito in mente perché ha collaborato con Pino Daniele, mentre Israel Valera, il batterista del quartetto, è un giovane promettente di origine messicana capace di tener testa a dei colossi come quelli già citati. E infine c’è l’argentino Natalio Mangalavite, pianista, compositore, arrangiatore che, soltanto per citare qualche nome, ha collaborato con Fabio Concato, Ornella Vanoni, Javier Girotto e Peppe Servillo.
E veniamo al nostro concerto. Se pensate che questi musicisti, provenienti da diverse parti del continente americano, abbiano problemi di comunicazione, forse avete sbagliato concerto. Qui parliamo di gente che non ha bisogno di parole, che sale sul palco e con un’occhiata riesce a far convergere il linguaggio della musica dove meglio crede. Gente che ha studiato, cha ha passato la vita davanti allo strumento, che ti trasporta in mondi lontani con semplicità. Ieri i musicisti hanno deciso di trasportarci in Brasile, di farci atterrare nell’aeroporto di Rio, magari salutando la statua del Cristo Redentore, e così è stato. Inizialmente hanno suonato qualche bossa nova molto raffinata, poi si sono cimentati in ritmi più incalzanti, di quelli che ti fanno venire voglia di battere il piedi e di metterti a ballare; il tutto senza trascurare la genialità dell’improvvisazione. Michael Rosen, con il sassofono è capace di una potenza inaudita, riesce a far muovere le sedie quando prende un acuto, ma anche di far uscire suoni delicati ed armoniosi. E sono proprio questi crescendo e diminuendo i protagonisti della serata, sono le improvvisazioni, l’alternarsi di brani lenti con altri molto più accesi.
Ma oltre ai ritmi sudamericani c’è anche qualcos’altro, qualcosa che ci ricorda la nostra terra, che ci appartiene, che ci fa respirare le atmosfere degli anni ’50 e, perché no, magari quelle di un film di Fellini con un bel sottofondo musicale; non a caso un brano del repertorio, peraltro uno dei più belli, si chiama “Un Film Italiano” e un altro ancora “Fotografia”, titoli e musiche azzeccate che colpiscono dritto al cuore, che ti fanno rilassare, che ti immergono nel passato attraverso i ritmi dell’America Latina. E poi Alfredo Paixao sa anche cantare bene, compie dei soli vocali all’unisono con il suo strumento e a volte il suo basso, brillante e molto presente, sembra quasi avvicinarsi alle sonorità (o magari alla filosofia stessa) di una chitarra elettrica. Quindi, verso la fine Paixao, canta “Anna Verrà”, una canzone di Pino Daniele, che per l’occasione viene proposta con una bossa nova che ci si sposa davvero bene. Il concerto si conclude con un samba, “Bala Com Bala”, un ritmo incalzante e veloce, di quelli che veramente ti fanno venire voglia di alzarti in piedi e di iniziare a ballare.
Dunque, quella di ieri è stata una serata che ci ha fatto vivere per un po’ l’atmosfera del Brasile, una serata da non dimenticare sotto il cielo di un’estate romana che da sempre ci regala forti emozioni.
Carlo Cammarella