Roma Jazz Festival, Giovanni Guidi and The Unknown Rebel Band all’Auditorium
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Il progetto di Giovanni Guidi, che abbiamo avuto il piacere di ascoltare giovedì scorso all’Auditorium, è molto coraggioso, quanto i protagonisti di cui tratta: i ribelli sconosciuti, quelli che ricordiamo perché hanno fatto parte di importanti processi di liberazione, ma a cui non sapremmo dare un volto. Ed è all’Unknown rebel per antonomasia che si ispira Guidi: lo studente cinese davanti ai carri in piazza Tienanmen. Gli eventi narrati nei brani, infatti, arrivano fino ai giorni nostri, con quella che ormai a tutti è nota come l’Onda studentesca. Passando per i desaparecidos argentini, la Primavera di Praga, la Liberazione d’Italia, la legge Basaglia (che sancì la fine della segregazione per migliaia di malati psichici) e le lotte anticolonialiste in Sudafrica ed Algeria.
Così veniamo accompagnati in un viaggio nel tempo e nel Mondo, ben reso dalla commistione di generi tutt’altro che scontata. Con un’impronta da colonna sonora, che rafforza ancor più l’idea di base al progetto, nel jazz fluiscono le sonorità più disparate: si passa in tal modo da un’impostazione da banda ad una fanfara; da motivi anni ’20 e atmosfere decadenti a danze scatenate.
Ed è per questa varietà che Guidi sceglie di farsi accompagnare da musicisti attivi in diversi ambiti; dal jazz alla musica contemporanea: Mauro Ottolini (trombone, bombardino), Giovanni Maier(contrabbasso), João Lobo (batteria), Michele Rabbia (percussioni), Fulvio Sigurtà e Mirco Rubegni (tromba e flicorno), Daniele Tittarelli (sax contralto e soprano), Dan Kinzelman (tenore, clarinetto e clarinetto basso), David Brutti (sax baritono e basso).
Ancor prima che i musicisti salgano sul palco abbiamo la certezza, dalla disposizione degli strumenti, che a dominare la scena saranno i fiati. Ed infatti il nostro intuito non ci tradisce! Sono proprio loro a dare personalità ad ogni brano. Giocano letteralmente con la musica, ammaliando il pubblico con i loro virtuosismi e la loro versatilità. Ma ciò che più fa piacere scoprire, è che stasera a raccontarci la storia saranno dieci giovanissimi musicisti (definiti tra i dieci più interessanti talenti dello scenario musicale italiano), che nelle loro t-shirt colorate e nei loro jeans, nulla hanno a che vedere con la convenzionale compostezza del jazz.
I brani sembrano avere una scansione “vitale”, dove il predominare degli strumenti a fiato narra l’eroismo delle gesta di questi uomini e donne. Gli assoli al pianoforte di Guidi, come sempre appassionanti, ben ne descrivono il dramma. E l’intenso crescendo musicale, rende perfettamente l’incalzare degli eventi.
Quando la tensione scende, i fiati in prima fila al centro, calano anch’essi letteralmente, creando così un’involontaria coreografia.
In questo modo il concerto tocca punte di estremo divertimento, in cui i suoni sono esplosivi e trascinanti e di velata malinconia, dove a farla da padrone è il pianoforte che, un po’ in disparte in altri momenti, non si risparmia affatto in questi casi, lasciandoci addosso una forte emozione.
Ancora: quasi volesse far rivivere l’Uomo in carne ed ossa davanti a noi, Michele Rabbia si cimenta nella fine costruzione di “rumori” con le sue percussioni e con oggetti innalzati a strumenti per l’occasione: come l’utilizzo della carta argentata. Rievocandone i passi, i gesti, le azioni.
Alla fine noi siamo estasiati e loro stanchi e senza respiro, ma ci regalano comunque uno stoico bis!
Serena Marincolo
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