Esperanza Spalding, astro già nato nel jazz e oltre…
- Scritto da Jazz Agenda
- Stampa
- 0
Ci sono artisti che vengono catalogati come il fenomeno del momento, piccole stelle nascenti che bruciano la loro indole geniale in pochi attimi, estro creativo e furore artistico che si libera in un attimo sonoro. Esiste poi un’altra categoria di artisti la cui musica vorremmo portare con noi sempre, negli anni a venire sempre foriera di note nuove. Questo è senza dubbio il caso diEsperanza Spalding, classe 1984, musica nelle corde del suo contrabbasso e nella sua voce dalle radici africane e ispaniche. Una breve presentazione è necessaria per cesellare attorno alla giovane musicista un panorama variegato pluri-culturale e ricco di contaminazioni.
Auditorium Parco della Musica di Roma, il substrato è un trio d’archi, tappeto su cui si posano elementi che richiamano il folk, il jazz e la world music. Esperanza sul palco mima un istante di meditazione e relax assaporando un rosso rubino, poi la sua musica. Il viaggio di “Chamber Music Society”, nuovo disco itinerante, inizia con un intro musicale leggero, soffuso, quasi per saggiare l’attenzione del pubblico.
A seguire ascoltiamo nuovi brani di un progetto in divenire che sfocerà nel 2011 con il suo rovescio della medaglia, ovvero “Radio Music Society”. Piccoli saggi di come si può intrecciare la dissonanza jazzistica con la purezza vocale giungono da brani come “Little Fly”. Mentre gradevole ricerca di suoni si propagano attraverso “Knowledge of good devil”. Una breve pausa e Esperanza muove i suoi passi scalzi nell’America del Sud, scende in Argentina per una “Chacarera”, danza di coppia tradizionale, pura e passionale. Si accendono ritmi di mani sul contrabbasso e piano e voce, assonanze e passaggi doppiati archi e corde vocali. A seguire “Wild the Wind”, il brano che fu di Nina Simone prima, reinterpretato poi da David Bowie, ma scritto daDimitri Tiomkin. La musicalità cinematografica di questo artista e compositore di origine Ucraina sembra essere passata nelle melodie della Spalding che ha saputo rieducare voce e contrabbasso per un pezzo dalle mille emozioni.
Altro cameo che pone l’accento sul grande amore per la musica brasiliana è “Inutil Paisagem” diAntonio Carlos Jobim. Qui la voce di Esperanza si fa strumento a fiato e doppia le note e si accompagna con suoni di basso, velluto, samba. Verso la chiusura si passa per l’idea di combinare strumenti di stampo classico con le note blu e tutto d’un fiato arriva ai timpani un brano già ben descritto nel titolo: “Short and Sweet”. Ma il genio creativo di Esperanza arriva a toccare anche melodie di canzone americana, e cinema e nevicate su New York. Seduta e ancora scalza canta la sua “Apple Blossom”; melodia e orecchie non addomesticate ringraziano. Come un germoglio, arriva “As a Sprout”, come in musica nasce un fiore e percorre attimi intensi di vita e vitalità. Chiude Esperanza con “Winter Sun”, per un inverno capitolino che stenta ad arrivare tra contraddizioni e contaminazioni.
Foto: Federico Ugolini
Articoli correlati (da tag)
- Standards, Originals, Jazz: live Auditorium Parco della Musica
- La NTJO nominata “Orchestra Residente dell'Auditorium Parco della Musica”: parla Mario Corvini
- All'Auditorium Parco della Musica Jazz music so hard, so cool
- All’Auditorium prima assoluta per lo spettacolo “La Corda”: parla Paola Crisigiovanni
- Roma Jazz Festival: a novembre parte la 40esima edizione