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Live Report: “Body & Soul”, si apre il festival della Casa del Jazz

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L’apertura, martedì 21, del “Casa del Jazz Festival”, porta sul palco un evento davvero speciale: a ridosso dell’uscita nelle sale cinematografiche del film documentario di Michael Radford, Michel Petrucciani “Body & Soul”, un omaggio a questo eclettico artista da parte di alcuni musicisti che l’hanno accompagnato durante la sua carriera. Giampiero Rubei, direttore del festival, è riuscito a cogliere nell’organizzazione, ciò che avrebbe fatto sentire a proprio agio tutti i tipi di cultori del jazz; dai “classicisti” alle nuove generazioni, usufruendo del prato antistante con il palco come anello di congiunzione. È proprio da questo particolare che si può già intuire la varietà di pubblico che l’evento è riuscito ad attirare: c’è chi è arrivato molto presto per accaparrarsi i posti più vicini ai musicisti, chi aspetta seduto ai tavoli del bar sorseggiando un aperitivo, chi cena sulla terrazza del ristorante, chi fa la fila per mangiare un kebab (Già, un kebab! Ottimo e di poco intralcio rispetto al vassoio della tavola calda, se ad un certo punto fossero finiti i tavoli e bisognasse sedersi dove capita), e chi chiacchiera direttamente sdraiato sul prato in attesa che comincino a suonare. Questa è, a grandi linee, l’istantanea che abbiamo “scattato” appena varcato il cancello d’ingresso. Non che prima non fossimo riusciti ad intuire che rilevanza avesse l’avvenimento, data la fila di macchine e scooter parcheggiati lungo tutte le mura Aureliane. Però è nel momento in cui li vedi tutti insieme, lì sul quel prato e non più chiusi e “smistati” nei vari jazz club, che ti accorgi di quanto questo genere sia diventato popolare. Ed è solo pescando dal background di ognuno che si riesce a creare un’atmosfera piacevole per tutti come quella di martedì.

L’arrivo, alle 21, ti permette di godere del giardino ancora illuminato e di passeggiare liberamente alla ricerca del posto migliore. L’allestimento ci risulta semplice ed elegante: gran parte dei posti a sedere partono quasi dal cancello d’ingresso, arrivando fin sotto al palco. Tuttavia si ha la possibilità di camminare ed eventualmente sedersi (sull’erba) sia di lato che dietro ad esso. Più giù sono stati sistemati due gazebo con una tavola calda e gli spiedi dei kebab (dove la fila è nettamente maggiore!), mentre la zona bar è subito di fronte l’entrata dell’edificio; i tavolini già pieni da parecchio. Si fa la fila per mangiare o bere qualcosa di modo da non rimanere vincolati a concerto iniziato, si chiacchiera o ci si ferma a guardare il trailer del film (rigorosamente sottotitolato e senza audio per non disturbare il concerto) proiettato in loop su un muro del complesso. Alle 22 il palco si anima ed apre con una breve intervista ad Alexandre Petrucciani, figlio di Michael presente per l’occasione; e con la proiezione di due spezzoni tratti dal film. A breve ecco salire sul palco la prima formazione: al piano Eric Legnini, accompagnato da Manhu Roche alla batteria, Flavio Boltro alla tromba, Pippo Matino al basso, Francesco Cafiso e, a sorpresa, Stefano Di Battista ai sax. Il pubblico è ormai magnetizzato, fa piacere notare che chi continua a chiacchierare lo fa in un bisbiglio; l’aria è per lo più in silenzio e continua ad esserlo fino alla fine del primo set. Durante l’intervallo Silvia Barba, che ha organizzato questo evento in particolare, legge una lettera inviata da Petrucciani a Manhu Roche dagli Stati Uniti. Un’altra clip; questa volta è il trailer. Poi subito pronti a ripartire con la seconda formazione, che vede al piano l’unica artista donna ad esibirsi in questo omaggio, Rita Marcotulli, assieme ad Aldo Romano alla batteria, Furio Di Castri al contrabbasso e nuovamente Flavio Boltro alla tromba. Qualcuno più impavido del pubblico si alza per scivolare fin sotto al palco e guardare la restante parte del concerto lì in piedi. C’è una coppia che balla. L’attenzione è sempre alta. Giunti a fine concerto la gente sembra quasi interdetta, non si alza, come fosse ancora incantata, Silvia Barba sul palco con gli altri sorride e propone un finale improvvisato con tutti gli artisti agli strumenti. La Marcotulli e Legnini suonano a quattro mani, alla batteria Roche e Romano si alternano, ne vien fuori qualcosa di strepitoso, meritevole di tutti gli applausi presi. Tanto che la gente alla fine (questa volta per davvero) sciama verso le auto a rilento.

Serena Marincolo

foto di Valentino Lulli

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