Jazz Agenda

BARI IN JAZZ live diary – 30 giugno 2011

«Water no get enemy». Fela Kuti. Una bottiglia e via. Acqua. E anche del temporale di qualche ora fa non resta che l’odore. Sospiro di sollievo. L’acqua non ha nemici. Nella sede dell’Abusuan di Strada Vallisa ci si incontra, appena il tempo di un bicchiere in compagnia. Sorrisi. Frammenti di vita. Incroci di lingue. C’è tutto un mondo in quest’angolo di Bari vecchia. L’Auditorium è colmo. Michele Giuliani & Reunion Platz sono pronti. Sonorità afro-cubane. Sapore di Sud. Si leva un inciso intenso, tribale. Avvolgono le voci. È un amalgama che consola e riscalda. Secondo intervento. Altra dimensione. Il piano di Giuliani porta lontano. Il pubblico è lì. Inchiodato. Distende. Calma. È un ascolto piacevole. E quando parte Step by Step la voce di Giuliani scava, sensuale. È un pensiero metropolitano che attraversa spazi esotici.  E viceversa. La  rigidità del suo attacco al tasto aggancia l’anima. Poche note. Scalfite. Il basso elettrico di Piarulli è morbido, avvolgente. Le percussioni di Pastanella spingono. C’è sound. L’album da cui sono tratti i brani proposti, tutti a firma Giuliani, è Roots (Zeitgeist Records, 2010). L’esperimento, «creare sonorità e ambienti etno-afro impiegando strumenti della tradizione europea, come il pianoforte o il basso elettrico», nota a margine Giuliani. L’impressione è che, al di là dei contesti geografici che si tenti di raggiungere o creare, Giuliani e i Reunion Platz conquistino un sound raffinato, personale, particolarmente piacevole, che prende, accompagna e appassiona. Ispirato e ottimista. Ovunque.

Piove. Ma al riparo. L’acqua non ha nemici. Approccio veloce ad un cibo che lamenta attenzioni e si corre verso il Piccinni. Appena arrivati l’atmosfera è incandescente. Si celebra il sodalizio Slettino – Bari. IlSylwester Ostrowsky & Piotr Wojtasik Quintet è lì. Francesco Angiulli è il quinto uomo d’una formazione tutta polacca. Perfetto. Il pianismo di McClung corre. È un suono che percorre, vivacizzato da sequenze elettriche, incandescenti. È un delirio di contrasti. I drums di McCraven rincorrono e distendono. La tromba di Wojtasik arriva puntuale, effervescente. Misurato e monocromo l’approccio di Ostrowsky. Gelido. Fitto il tessuto improvvisativo. Lunghi periodi, senza alcun cedimento. Divertente il dialogo a due, drums-tromba. Si va per piccoli moduli imitativi, scanzonati. Il risultato è febbricitante. Il tema acquieta, memorie jazz standard. Wojtasik è magnetico, intimo. Costruisce degli edifici sonori estremamente raffinati. Bello l’assolo del contrabbasso di Angiulli. La tavolozza dinamica è ricchissima. Si cambia sound. Si abbandonano le atmosfere dense per un respiro più leggero, distratto dallo scambio tromba-sax. Ostrowsky è più incisivo nel registro grave. Trascinante il tema. Il sincopato spinge. Pausa.

I tempi sono strettissimi. Il calendario rispettato al millesimo. Si apre il sipario. L’Apulian Orchestraè pronta, schierata. Luci basse. Ralph Alessi descrive da protagonista l’approccio ad una produzione speciale, dedicata all’edizione BIJ 2011. Dark Magus Walkin’ Out Of The Cool. È una presenza scenica forte, le dinamiche sono tutte spinte. È l’esasperazione di una terra che conosce l’orgoglio e sa farne la sua forza. Ed è inevitabile il confronto con sonorità, e personalità, diverse. Ottaviano conduce. È un gioco di stop e presenze, ricche, fittissime, dense. Debordante. Le dinamiche controllano e si controllano. Chiude. Si apre l’assolo della chitarra elettrica di Pino Mazzarano. Balbetta, distonica. Variazioni di intensità e piccoli delay. Tutto è scandito, percussivamente. È un gioco di pieni e vuoti. Ondeggia. Sinuoso. Rientra Alessi e distende. Giorgio Vendola, al contrabbasso, gli prepara un tappeto ritmicamente interessante e detonante. Ottaviano coordina i fiati, li raccoglie, li plasma. E sono vele che si levano. Da una parte Alessi. Dall’altra tutta la potenza percussiva delle sezioni ritmiche (D’Ambrosio-Accardi-Lampugnani) e l’intensità personale di Vendola. Le vele dei fiati, lì, nel mezzo. Gradino dinamico. Ed è ancora Vendola a sostenere, discreto, l’intervento lirico del piano di Mirko Signorile. Carica ancora. È un equilibrio di forme, timbri, colori. Ottaviano miscela, dosa e libera gli assoli. Ed è il piano a fare da ponte. Questa volta è Ottaviano stesso, direttamente dal suo sax soprano, a dare la direzione. Sicura, ricca, avvincente. Riempie a livelli. È un crescendo. E quando interrompe, a lampo si apre davanti un nuovo ambiente, fatto di echi, imitazioni e passi all’unisono con la tromba di Giorgio Distante. È l’elettronica, ora, a fare da ponte. I keyboards creano spazi che avanzano e retrocedono, in un singhiozzo dinamico che prepara l’ingresso della sezione dei fiati. Caldo l’intervento al sax di Vincenzo Presta. Ed è ancora Vendola a dettare il suo stile. Personalissimo. Quando si apre il suo assolo il silenzio è totale. Il respiro si fa affannoso. Palpita. È un percorso emozionale che cattura. È Vendola, sicuramente, una delle presenze più ricche dell’edizione di quest’anno del festival. Ritorna la tromba di Alessi, ritorna la chitarra elettrica di Mazzarano. Scala, fin su in cima. Ed è quasi rock. Divertenti i giochi di stop. Scanditi i quattro tempi di Ottaviano. Bloccano. Variano. Inseriscono un tema ponte. Ed è la volta della tromba di Distante. Il sound si fa quasi latin. Caratterizzata. Carismatica. Emerge, anche nel dialogo a due con Alessi. Si cambia ancora, ora per stop, ora per gradini dinamici. Ritorna il quaternario di netto, e la spensieratezza d’un tema di strada. Va di percussioni. Buio. Maurizio Lampugnani intona un frammento che ha colori d’Africa. Spazio percussivo. Si animano le sezioni ritmiche. È un ménage à trois. Iridescente.

Dal Piccinni a Piazza Ferrarese il passo è breve. Ma il salto di genere è forte e destabilizzante. È uno stato di trance permanente, a firma Anthony Joseph & Spasm Band. È un cocktail acido che porta, immediato, in un’altra dimensione. Alcolica la chitarra elettrica di Christian Arcucci. Convulso lo scambio percussivo Martinez-Castellanos. Antony è vorticoso, prende, travolge, devasta. È un ipnosi di gruppo. «Mi porta una birra?». Miscela esplosiva. Danza.

Eliana Augusti

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