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Locomotive Jazz Festival 2011 – Report

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6 agosto 2011. Sono da poco passate le due del mattino. Piazza Diaz è deserta. Solo il via vai degli infaticabili del service. Il Locomotive si smonta a pezzi, e si raccoglie con cura materna negli scatoloni che ne conserveranno, dolce, il ricordo, fino all’emozione della prossima edizione. C’è stanchezza, soddisfazione e già un pizzico di nostalgia negli occhi e nel cuore di chi ha partecipato lo spettacolo di Sogliano Cavour. Raffaele Casarano e Alessandro Monteduro sono lì, nel back stage, a regalare l’abbraccio di saluto sincero a chi, con loro, ha vissuto il caleidoscopico viaggio di suoni e colori del Jazz Circus 2011. E il diario di bordo non potrebbe essere più ricco. Bardoscia, Greco, Accardi, i fratelli Casarano, la Severini, Monteduro, Ferra, Di Ienno, Furian, Rubino, Bagnoli, Dalla Porta. E poi Fresu, le sonorità giunoniche di Dudu Manhenga, e ancora Conte, Nunzi, Benedettini, la Porter, il sax sincero di Partipilo e la tromba carismatica di Boltro. La follia trascinante e irriverente di Mototrabasso a fare da spartiacque. Le sue peregrinazioni fantastiche e fantasiose in loop, a bordo del curioso aggeggio metà motocicletta metà contrabbasso. Imprevedibile e geniale. Un circo. E ancora le commistioni forti delFood Sound System, il progetto a firma Don Pasta. Lì con lui ancora Bardoscia, Rollo, Carla e Raffaele Casarano e gli artisti dell’Ècole de Cirque Le Lido, tra acrobazie, giochi e tutti i sapori, gli odori e le voci della cucina salentina. La musica bolle, e lievita uno spettacolo metasensoriale che coinvolge a 360°. L’attesa per il gran finale di venerdì, 5 agosto.

Le armonie accoglienti di Zanisi e del Del Vitto Trio che soffrono la formula del “pre-concertone” e non trovano il giusto spazio d’ascolto, sacrificato dalla distrazione frenetica all’accaparramento del posto: pochi minuti e sarà Gino Paoli a conquistare la scena del Locomotive. Il suo “incontro in jazz” rapisce un pubblico variegato, di jazzofili e non. È il senso più autentico dell’incontro. Chiuso in un ghigno, scontroso e schivo, sembra rinascere sul palco. Rea, Bonaccorso, Boltro e Gatto sono accoglienti, e il progetto riscopre così, nel pregio della formazione, un’eleganza naturale e ipnotica che avvolge e sospende. Sono loro a fare la differenza, impreziosendo le spigolosità, dolci e severe, della voce di Paoli. Buio. Quando si riaccendono le luci sono i colori scalmanati dei Mascarimirì e il graffio di Terron Fabio a scuotere piazza Diaz. Cavallo detta il ritmo e scatena la festa. L’energia risveglia gli animi, ancora agganciati, torpidi, ad un’emozione. Quello che resta. L’emozione. E con lei gli amici del jazz, quelli che ritrovi in giro, per concerti, che vivi entusiasta, nelle storie di un viaggio, che ascolti e comprendi, sempre più intensamente, nell’esperienza rigenerante della musica, che senti negli abbracci sinceri di chi condivide la stessa passione e non ha bisogno di tante parole per raccontarsela. L’emozione del jazz. O, semplicemente, la gioia dell’incontro.

Eliana Augusti

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