Jazz Agenda

Erodoto Project in concerto all'Alexanderplatz Jazz Club

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Martedì 17 gennaio sul palcoscenico dell'Alexanderplatz di scena Erodoto Project. Un progetto in quartetto in cui il Jazz è la trama nella quale si intreccia un ordito fatto di Miti del Mediterraneo, di Medioriente e di Sicilia. Il repertorio di questa sera è composto da brani originali dei tre musicisti, e da canzoni della tradizione popolare mediterranea, rivisitati in chiave jazz, che hanno come tema il viaggio e il migrare; brani come “Amara terra mia” reso celebre da Domenico Modugno o lo struggente “Ti nni vai” di Rosa Balistreri acquistano così un nuovo colore, rendendoli ancora più attuali, trovando nuovi protagonisti nei migranti che attraversano il Mediterraneo nel nostro tempo, testimoni della infinita epopea del migrare.

Erodoto è forse considerato il primo “cronista” della storia, un vero e proprio reporter del mondo antico, grazie alla sua curiosità nel cercare di comprendere il mondo civilizzato e quello di cui si sapeva poco o niente, considerato "barbaro". Questa curiosità lo spinse a viaggiare e a vedere con i propri occhi quello che accadeva nel mondo o raccogliendo testimonianze concrete, dove non poteva arrivare di persona.

Le sue Storie, le sue cronache di guerra, hanno attraversato i secoli e sono giunte fino a noi insieme alle curiosità dei popoli incontrati durante i suoi viaggi. ERODOTO PROJECT si ispira a lui per raccontare le storie, i viaggi, gli incontri, messi a confronto da questo strumento fantastico che è il Jazz.

Erodoto Project, 

17 GENNAIO Alexanderplatz Jazz Club,

Via Ostia 9 Roma 

Info & Reservations 06 8377 5604 

prenotazioni.alexanderplatQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Open doors: 20:30 Live music: 21:30 

ON STAGE

Alessandro de Angelis: Pianoforte 
Giampaolo Scatozza Batteria, loop
Ermanno Dodaro Contrabbasso
Bob Salmieri Sax tenore, soprano, ney


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L'Alexanderplatz ospita la rassegna "Israel Week – The Sound of Middle East”

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L’Alexanderplatz Jazz Club, lo storico locale di Roma considerato uno dei 100 migliori locali jazz al mondo, ospiterà nella prima settimana di ottobre la rassegna “Israel Week – The Sound of Middle East” in collaborazione con l’Ambasciata di Israele. Aprirà la rassegna il 4 ottobre la percussionista Liron Meyuhas: ritmo, groove, melodie orientali e spiritualità. Percussionista, cantante e cantautrice, da quando ha scoperto la musica, la usa come chiave per comprendere ed esprimere le sue emozioni.  Quasi ogni luogo in cui ha viaggiato – Oriente e Occidente, Mediterraneo e Medio Oriente - è rappresentato nella sua musica. Il suo ultimo progetto – La Gitana – contiene materiali originali e tributi ai musicisti che l’hanno ispirata lungo il suo percorso. Suona lo hang drum, uno strumento a percussioni in metallo dalle sonorità evocative.

La rassegna continua il 5 ottobre con Gabriele Cohen, sassofonista, clarinettista e compositore  romano che presenta una raccolta dei suoi lavori ispirati dalla musica klezmer, la tradizione musicale popolare ebraica della quale è tra i massimi divulgatori in Europa. Gabriele Coen propone un inedito e personale incontro tra il jazz e la world music, compiendo un viaggio a 360 gradi nella fusione tra le diverse tradizioni musicali ebraica, mediterranea, balcanica e il jazz contemporaneo, affiancando la produzione di composizioni originali alla reinterpetazione di materiale tradizionale.

Il 6 ottobre è in scena Michael Rosen e il suo Trio. Il grande sassofonista newyorkese ormai apprezzatissimo in Italia per le sue collaborazioni con artisti quali Enrico Rava e Roberto Gatto, ma anche Mina, Celentano, Concato, Rossana Casale e Renato Zero.  Michael porta la sua esperienza di ebreo newyorkese, contaminato dalle sonorità mediterranee, nel grande melting pot della musica israeliana.

La rassegna si chiude il 7 e l’8 ottobre con il contrabbassista israeliano Ehud Ettun, una nuova stella emergente nel ricco panorama jazzistico di Israele. E’ stato per diversi anni negli Stati Uniti, dove ha suonato in luoghi che vanno dal Blue Note di New York al Kennedy Center di Washington e alla Boston Symphony Hall e ha collaborato con artisti come George Garzone, Danilo Perez, Fred Hersh, Eli Degibri, Anat Cohen, Ferenc Nemeth, Donny McCaslin, Frank London e altri. Tornato in Israele, Ehud Ettun si è trasferito nel Deserto del Negev dove continua le sue sperimentazioni sonore inseguendo le suggestioni che gli fornisce il contatto con la natura incontaminata.

Alexanderplatz via Ostia 9 - Roma
info tel. 06 83775604 

www.alexanderplatzjazzclub.it
Alexanderplatz dove ogni sera nasce il Jazz
da un’idea di Giampiero Rubei, Direzione Artistica Eugenio Rubei


4 ottobre LIRON MEYUHAS – World music e percussioni
5 ottobre GABRIELE COEN – Klezmer Experience
6 ottobre MICHAEL ROSEN – Quintet 
7 – 8 ottobre  EHUDE ETTUN – New York Trio 

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Amen Saleem in concerto all'Alexanderplatz Jazz Club

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Un concerto da non perdere venerdì 6 maggio sul magico palco dell'Alexanderplatz con Amen Saleem, uno dei bassisti di maggior talento della scena jazz internazionale. La sua ispirazione principale proviene dal jazz: Ameen è infatti un membro del quintetto di Roy Hargrove e di diverse big band- e la sua musica non può essere circoscritta in un genere particolare, ma rappresenta una fusione di vari stili, dal jazz al soul, funky.
 
VENERDI' 6 MAGGIO  ORE 22:00
 
AMEEN SALEEM ​ITALIAN UNCONVENTIONAL QUARTET
 
Ameen Saleem contrabasso - Francesco Lento tromba - Manlio Maresca chitarra - ​Enrico Morello batteria
 
Alexanderplatz
 
via Ostia 9 - Roma
 
telefono 06 8377 5604
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Danilo Rea e Alfredo Paixao Trio Carte Bianche in concerto all'Alexanderplatz Jazz Club

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Venerdì 15 aprile due grandi musicisti della scena musicale italiana e internazionale, Danilo Rea al piano e Alfredo Paixao al basso, accompagnati alla batteria da Giovanni Giorgi, si esibiranno sullo storico palco dell’Alexanderplatz in un concerto davvero unico, da non perdere. Si spazierà dal Latin Jazz al Pop alla musica brasiliana, rendendo così omaggio ad artisti come Fabrizio De Andrè, Gino Paoli, Pino Daniele alternati a standards jazz e della tradizione brasiliana.

Danilo Rea, bio

 
Diplomato in pianoforte, debutta nel ‘75 con Enzo Pietropaoli e Roberto Gatto formando il Trio di Roma. Insieme al jazz sviluppa particolare interesse per la musica progressive, partecipando alla formazione del gruppo New Perigeo, di cui è leader e fondatore il contrabbassista Giovanni Tommaso. Rea si fa strada nell'ambiente jazzistico sino a suonare con alcuni tra i più grandi solisti statunitensi, come Chet Baker, Lee Konitz, John Scofield, Joe Lovano, Art Farmer. Nel 1997 dà vita, con Enzo Pietropaoli e Fabrizio Sferra ai Doctor 3 e contemporaneamente iniziano le sue collaborazioni con artisti come Mina, Claudio Baglioni, Pino Daniele e occasionalmente Domenico Modugno, Fiorella Mannoia, Riccardo Cocciante, Renato Zero, Gianni Morandi e Adriano Celentano. Le sue improvvisazioni, che spaziano su qualsiasi repertorio, sono apprezzate durante i concerti che tiene nelle tournée per il mondo e durante i principali festival jazz. Nel 2009 è uno dei 70 artisti ospiti del doppio cd di Baglioni, Q.P.G.A., dove Rea suona il pianoforte nella canzone "Centocelle”. A giugno 2011 con Paolo Damiani e Rashmi V. Bahtt, ha improvvisato un memorabile concerto sui tetti di Roma e l'intero incasso è stato devoluto ad Emergency, la ONLUS di Gino Strada. Nel 2012 inizia la collaborazione con Gino Paoli con il quale collabora tutt’ora.

Alfredo Paixao, bio
 
Bassista e cantante, nato a Rio de Janeiro proviene da una famiglia di musicisti e inizia a suonare a sette anni. Il primo strumento fu il flauto traverso, ma ben presto fu sostituito dalla chitarra. Nel 1974, a soli 12 anni, si diploma in chitarra classica presso la scuola di musica di Brasília, inserendosi subito nell’ambiente della musica popolare brasiliana e accompagnando per molti anni il padre, noto sassofonista. All’epoca i suoi punti di riferimento si chiamavano: Elis Regina, Cesar Camargo Mariano, Francis Hime, Dori Caymmi, Ivan Lins. Le sue radici affondano nei ritmi tradizionali: suo zio è Moacir Santos, uno dei più grandi maestri della musica popolare brasiliana, che gli ha insegnato a leggere le note. Negli Stati Uniti, però, Paixão approfondisce la sua formazione musicale e professionale («non ho mai contemplato opzioni lavorative diverse dalla musica») frequentando lezioni private da Bunny Brunnel e Mick Goodrick. È vincitore di numerosi Grammy Awards e le sue collaborazioni lo hanno visto al fianco di Julio Iglesias, Ricky Martin, Liza Minelli, Henry Salvador, Justo Almario, Alex Acuna (Caldera), Joe Heredia, Eddie del Barrio Alejandro Sanz, Laura Pausini, Pino Daniele, Fiorella Mannoia.

Alexanderplatz via Ostia 9 - Roma

info nuovo numero telefono 06 8377 5604

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Francesca Trissati Quartet all’Alexanderplatz

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Sarà una serata all’insegna dello standard jazz, quella che si terrà domenica 16 maggio presso l’Alexanderplatz, . Francesca Trissati, leader dell’omonimo quartetto, proporrà una rivisitazione in chiave moderna dei grandi classici della tradizione e alcuni brani inediti del suo repertorio. Cresciuta con la musica nel sangue, la giovane cantante comincia a cantare fin dall’età di 10 anni e si avvicina al jazz ispirandosi alle grandi interpreti del passato come la grandissima Ella Fitzgerald.  Conosce molto bene gli standard e allo stesso tempo ama i grandi musicisti italiani come Rea, Trovesi, Coscia, Gatto, Zanchini eccetera. Una musicista versatile, dunque. E il quartetto che domenica sera riscalderà il palco dell’Alexanderplatz possiede proprio questa caratteristica, la capacità di spaziare tra ritmiche eterogenee come lo spirituals, l’Hard-Bop e il Funky, unita ad un sound pulito ed avvolgente.

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Lasciatevi incantare dal Sign Of Sound

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La parola chiave per la serata dello scorso martedì 7 all’Alexander Platz, potrebbe essere “rincorrersi”. Ad accompagnare il progetto di interazione pittorico-musicale Sign Of Sound, sono due insigni personaggi della scena jazz romana: Daniele Pozzovio e Davide Pentassuglia, che abbiamo già avuto modo di conoscere, assieme al produttore, chitarrista, compositore e video maker Alex Marenga. “Madre” di Sign Of Sound è Fabiana Yvonne, a cui abbiamo dedicato una breve intervista. 

Come nasce il progetto Sign Of Sound?

Nasce da una serie di incontri che hanno poi dato l’input all’idea. Io parto dalla danza classica e contemporanea, per poi affacciarmi alla pittura. È per quest’ultima che mi trasferisco a New York, dove entro molto a contatto con la scena jazz locale. Seguire molti concerti ed interagire con i musicisti mi ha portata a visualizzare queste dinamiche musicali. Man mano la visualizzazione è diventata più complessa e assieme all’improvvisazione musicale io improvvisavo visivamente, a mia interpretazione ovviamente, i suoni degli strumenti. Il processo si è sviluppato poi in maniera piuttosto incognita, nel momento in cui vi si è unita la danza. La tela per me troppo piccola e il forte rapporto che avevo col movimento e il corpo mi hanno portata sempre ad essere a cavallo tra questi due mondi, che si negavano a vicenda. La musica, in un certo senso, li ha fatti incontrare. Il primo musicista ad accogliere questo progetto è stato Gregoire Maret. È stato invece più difficile portarlo in Italia, nonostante ora abbia preso molto piede.

Ed invece questa formazione come si è creata?

Anch’essa dal risultato di un percorso. L’ultimo membro con cui sono entrata in contatto è Alex Marenga. Anche lui come me “manipolatore”! Mentre con Davide Pentassuglia ci lavoro già da circa un anno. Ci siamo trovati subito bene a lavorare insieme. Lui è un grande improvvisatore, oltre che effettista e rumorista. La cosa molto bella è che spesso sono io a “suonarlo”. Infatti spesso è il paint performer a creare un ritmo con le spatole (uno degli strumenti utilizzati), che il musicista segue.

Come è avvenuta la scelta dei materiali?

Avendo lavorato anche come scenografa, ho avuto modo di sperimentare diversi materiali; potendo studiare anche diverse cose come il taglio delle luci, l’intensità, le superfici… In base alla loro variazione, ovviamente, si hanno diversi effetti. La cosa nuova è che si lavora in sottrazione del colore, e non in addizione!

Oggi sei stata accompagnata da altre ragazze, chi sono?

Sono Carmen Nicoletti, Laura Fantuzzo (paint performer della serata) e Pamela Guerrini. Tre ragazze che hanno partecipato al seminario che ho tenuto alla Casa del Jazz e che stanno facendo formazione presso l’Accademia di belle arti.

Dicevamo quindi “rincorrersi” come parola chiave. Come il rincorrersi delle improvvisazioni, che non si fermano nemmeno per un minuto; il rincorrersi delle note allora, delle mani svelte di Pozzovio sul piano (o direttamente sulle sue corde), e quelle di Laura sul pannello; dei segni “dipinti” che vengono subito trasformati in nuovi. È indubbio l’affiatamento tra i musicisti, che creano netti contrasti tra i due principali strumenti, piano e batteria, che sembrano scontrarsi, lottare, per primeggiare. Di valenza significativa, soprattutto nel trasformarsi del pannello-scenografia, è la componente elettronica, con l’inserimento successivo di una chitarra, che apporta continuità e fluidità ai diversi momenti musicali e ai movimenti della performer. La divisione in due ambienti diversi delle componenti musicale e pittorica, purtroppo non rende a pieno la bellezza e il fascino creati dalla performance nella sua interezza. Sicuramente da vedere e rivedere ancora; perché, si sa, l’improvvisazione non dà mai gli stessi risultati!

Serena Marincolo

foto di Valentino Lulli

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Due serate per Rosalia de Souza all’Alexander Platz, un incantevole omaggio alla bossanova

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Nata e cresciuta a Rio de Janeiro, nel quartiere di Nilopolis, famoso per la scuola di samba Beija-Flor,Rosalia de Souza si trasferisce a Roma nel 1989 per studiare  teoria musicale, percussioni cubane, canto jazz e storia del jazz alla Scuola Popolare di Musica di Testaccio di Roma. Nel 1994 incontra il produttore e dj Nicola Conte, che la coinvolge nel Fez project. Solo un anno dopo arriva la partecipazione al disco del Quintet X: Novo Esquema De Bossa. Dal ’95 in poi per Rosalia sono anni di ascesa, in cui porta la sua musica sui migliori palcoscenici del jazz mondiale. E’ sempre Nicola Conte che produce il suo primo lavoro da solista, Garota Moderna (2003), che riscuote grande successo all’estero. Nel 2005 è la volta di Garota Diferente, in cui la de Souza riunisce i migliori musicisti e dj’s europei. Del 2006 la decisione di realizzare l’intero disco Brasil Precisa Balançar a Rio de Janeiro, con la direzione artistica di Roberto Menescal ( a cui affida, tra le altre, la composizione della canzone Agarradinhos) e la partecipazione di Marcos Valle

La presentazione dell’album all’Auditorium Parco della Musica le conferisce la stima di un vasto pubblico a livello globale; tanto da condurla fino in Giappone, al Cotton Club, con 6 repliche! Il suo ultimo lavoro si intitola D’Improvviso (2009); numero 47 nella chart greca. Ed è proprio D’Improvviso l’album che presenta all’Alexander Platz, con tanto di asta su una versione in vinile. In veste acustica a completare un quartetto (Edu Hebling al contrabbasso, Amedeo Ariano alla batteria e De Luisi al piano), si presenta con l’eleganza flessuosa che la contraddistingue. E il soffio della sua voce calma i tanti animi stipati nel locale, che pur di ascoltarla rimangono in piedi all’ingresso.

La formazione dimostra subito di essere affiatata tra scambi di battute e scherzosi battibecchi.  Rosalia, unica donna, padroneggia con garbo, senza far pesare la sua “figura importante”, armonizzando le parti. Il primo set è dedicato ad alcuni rifacimenti ed originali presenti nel suo ultimo lavoro. Tra questi, la de Souza riserva speciale attenzione a Samba Longe: nostalgico omaggio alla spiaggia dove, ci racconta, da ragazzina andava ad osservare il tramonto, e a D’Improvviso, traduzione italiana del classico De Repente, di Aldemaro Romero, particolarmente a cuore alla nostra ospite per via di una dichiarazione d’amore.

Vengono proposte, inoltre, interpretazioni di Canto Triste di De Moraes ed una Girl from Ipanema un po’ afro, oltre che ripescaggi dai suoi lavori precedenti come la samba lenta Maria Moita. Dopo una breve pausa e la scomparsa del batterista per alcuni minuti (nei quali De Luisi e Rosalia de Souza ci intrattengono con un pezzo voce e contrabbasso), il concerto riprende all’insegna dei classici: Menescal, Mendes, Toquinho, ancora De Moraes, Gilberto, Lobo, Joyce e altri, i cui pezzi, questa volta, vengono suonati e cantati tenendo fede all’originale. Tra le tante, citiamo Influenza do Jazz e Tristezza…

…E cos’altro dire di questa raffinata interprete del genere? Probabilmente basterebbe estendere un invito alla sua prossima data romana, perché possa personalmente ammaliarvi con la sua voce!”

Serena Marincolo

 

Foto di Valentino Lulli

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Stefano di Battista women’s land featuring Gino Castaldo inaugura la nuova stagione dell’Alexandeplatz


Quando parliamo di musica, generalmente siamo portati a credere che un compositore per prima cosa scriva la parte melodica. Magari potremmo dire che è stato ispirato da un’immagine, da qualcosa che lo ha attirato, dal ricordo di un viaggio, da un paesaggio particolare, ma è raro che dietro ad un insieme di composizioni (quelle che poi possono dar vita ad un CD) ci sia un pensiero ben strutturato. Forse detto in questo modo, questo concetto potrebbe sembrare un po’ artificioso, ma questo succede soltanto quando parliamo di musicisti che hanno l’estro o l’intelligenza per creare qualcosa con solide fondamenta.

Perché questo preambolo così noioso? Effettivamente basterebbe esporre le cose così come si sono svolte o descrivere uno per uno i brani della serata che stiamo per raccontare, ma a dir la verità la cosa ci è sembrata un po’ riduttiva. E allora partiamo dall’inizio e diciamo che innanzitutto la riapertura dell’Alexanderplatz non poteva che offrire uno spettacolo migliore con il ritorno di Stefano di Battista, sassofonista di fama internazionale, che ha presentato il suo nuovo progetto Women’s Land. Insieme a lui sono saliti sul palco Roberto Tarenzi, al pianoforte, Dario Rosciglione, al contrabbasso, Roberto Pistolesi, alla batteria, e c’è stata anche la partecipazione straordinaria diGino Castaldo, uno dei critici musicali più importanti in Italia.

E così siamo arrivati al nodo cruciale. Ogni brano proposto dal quartetto è stato introdotto da una lettura di Gino Castaldo: sono le donne del passato, quelle che hanno lasciato il segno nella storia, le protagoniste delle composizioni, ognuna legata al suo tempo, alle sue tradizioni, alla sua natura e anche alla musica del periodo in cui è vissuta. Ed ecco svelato il motivo per cui dietro alle musiche di Stefano di Battista c’è un pensiero ben strutturato, perché queste donne, che siano Anna Magnani, Rita Levi Montalcini, o Lara Croft, hanno preso vita proprio grazie all’ispirazione di un gruppo di musicisti che si sono calati, momento per momento, in epoche, mondi e culture diverse.

Dunque, tornando alla splendida serata che venerdì scorso abbiamo avuto il piacere di vedere all’Alexanderplatz, diciamo che il concerto è cominciato con la descrizione di Rita Levi Montalcini; due note di basso hanno accompagnato la voce di Gino Castaldo che ha iniziato raccontando una parte della vita di questa importante scienziata, quella trascorsa negli Stati Uniti. E poi, dopo questo breve preambolo, è cominciata la musica, il sassofono lentamente è salito d’intensità e ha preso il sopravvento; le parole, ciò che resta del mondo razionale, hanno lasciato il posto alla melodia, all’emotività, all’inconscio del suono. Il brano è cominciato con una melodia molto dolce, per poi approdare in un blues, una musica un po’ nostalgica che ci ha trasportato per qualche istante da un’altra parte, in America, magari quando Rita Levi Montalcini era in vacanza o in una delle sue tante lezioni universitarie. E poi sono arrivate le prime variazioni, la musica si è trasformata in improvvisazione pura fino a tornare al tema originale.

Ma di donne su cui parlare bisogna dire che ce ne sono davvero tante. E quindi è arrivato il turno di Molly Bloom, la Penelope di Joyce, è arrivato quello di Anna Magnani, la cui figura è stata accompagnata da una melodia malinconica che ben si lega all’immagine di una donna fragile e triste. E sempre con un po’ di immaginazione, spaziando da un periodo storico all’altro, il quartetto ci ha fatto avvicinare a Lucy, la prima donna del mondo, passando per Lara Croft, associata ad un ritmo ed una musica più moderni ed incalzanti, fino a raggiungere Coco Chanel, elegante come sempre anche attraverso i disegni del sassofono.

Ogni donna ha una sua musica, un suo linguaggio, qualcosa che la rappresenta o che può essere una fonte di ispirazione. Stefano di Battista questo lo ha compreso perfettamente e per questo ha dato vita ad un progetto del tutto originale, capace di spaziare tra musica e lettura. E quindi, lo possiamo proprio dire, per l’Alexanderplatz non poteva che esserci un’apertura migliore, un modo originale per inaugurare una nuova stagione che sicuramente ci darà modo di apprezzare tanti altri musicisti.

Carlo Cammarella

foto di Mauro Romano

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Un nuovo Max Ionata Trio all’Alexanderplatz

E’ stato un esperimento quello al quale abbiamo assistito venerdì sera all’Alexanderplatz, il primo concerto in cui questa formazione si è esibita dal vivo, la prima volta in cui Max Ionata al sassofono, Nicola Angelucci alla batteria e Vincenzo Florio al contrabbasso sono saliti sul palco insieme. C’è da dire che i musicisti già si conoscevano, Nicola proviene dallo stesso paese di Max, è presente in molti dei suoi dischi e fra i due c’è un’intesa perfetta. Anche per Vincenzo non si tratta di una prima volta, ha collaborato con Max in altre occasioni e possiede quell’alchimia necessaria per integrarsi fin da subito nel trio. E poi, quando la cornice in cui si suona è l’Alexanderplatz, l’atmosfera che si crea suscita forti emozioni e mette tutti a proprio agio.

Mentre aspettiamo che il concerto cominci, le luci sono ancora piuttosto tenui, i musicisti parlano delle ultime cose davanti al bancone del bar e dal palco si intravede soltanto la scritta azzurra con il nome del locale. Ma non appena il trio sale sulla scena, bastano pochi minuti, qualche sguardo d’intesa e scatta subito qualcosa, una scintilla prende subito vita e la parola passa direttamente alla musica. Si parte con un po’ di improvvisazione pura, qualcosa per rompere il ghiaccio con il pubblico del locale, poi si passa all’esecuzione di alcuni standard come  “A Weaver of Dreams”, “A Nearness of You” e “Woodin’ You”; alcune canzoni famose, altre un po’ meno, ma ciò che conta realmente è che le melodia raggiunga la sensibilità degli ascoltatori.

Esperimento riuscito, l’intesa si consolida fin da subito e tra uno standard e un altro c’è ampio spazio per l’improvvisazione dei singoli. Spicca il suono profondo del sassofono, spiccano le variazioni ritmiche della batteria, spiccano anche quei silenzi che messi al punto giusto possono dare quel tocco particolare al brano di turno. E durante il secondo set, poco prima della fine del concerto, non poteva mancare un gioiellino che abbiamo ascoltato con piacere, un tocco di inventiva e di virtuosismo che troviamo soltanto nei jazzisti più bravi. Il trio, infatti, si cimenta con Out of Nowhere, uno standard molto conosciuto, che tuttavia viene eseguito con un arrangiamento creato dai musicisti per l’occasione, cioè una Bossa Nova meno scandita, con aperture più particolari spesso utilizzate nel jazz moderno. Il concerto, quindi, scorre veloce, le note del sassofono continuano a deliziare l’udito dei presenti e Max, dopo un’ora e mezza di performance, saluta il pubblico che entusiasta applaude il trio.

A fine serata ci avviciniamo ai musicisti per farci raccontare alcuni retroscena. Max ci spiega che, pur avendo fatto poche prove, è contento di come si sono comportati sul palco, il trio è una delle formazioni che predilige e non è vero che senza pianoforte la musica è incompleta, anzi la dinamica dei brani acquista delle sonorità molto interessanti. Anche lui è d’accordo con il nostro giudizio, il brano riuscito meglio è senza dubbio Out of Nowhere che, grazie a quella ritmica particolare, ha acquisito un taglio distinguibile e personale; un’idea di Vincenzo che con l’occasione ha voluto proporre quel ritmo per quel preciso brano. Dopo questa breve chiacchierata Max ci saluta dicendoci che spera di poter suonare nuovamente con questa formazione e, quindi, di tornare presto nel locale. Dunque, lo possiamo proprio dire: “Buona la Prima” per questo nuovo “Max Ionata Trio”. E a questo punto non vediamo l’ora di poter assistere anche ad una seconda ed una terza volta.

Carlo Cammarella

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