Jazz Agenda

Eddie Palmieri Quartet alla Casa del Jazz

Si terrà alla Casa del Jazz domani, venerdì 15 luglio, il concerto del quartetto di Eddie Palmieri, featuring Horacio “el Negro” Hernandez & Brian Lynch. Cinquanta anni di carriera, nove Grammy Award, riconoscimenti e successi in tutto il mondo hanno fatto di Eddie Palmieri una figura leggendaria del Latin Jazz. E’ la prima volta in assoluto che si presenta in Europa in tournèe con una formazione in quartetto. La presenza sul palco insieme a lui di musicisti d’eccezione del calibro di Horacio “el Negro” Hernandez e Brian Lynch sottolinea l’esclusività del progetto. Una lunga collaborazione lega, infatti, Hernandez e Lynch a Palmieri, insieme al quale in passato hanno vinto due Grammy Award con “Listen Here!” e “Simpatico” nel 2005 e nel 2006. Il repertorio includerà composizioni di Palmieri, Hernandez e Lynch in un grande incontro tra il jazz ed i ritmi caraibici da non perdere. Eddie Palmieri, straordinario caposcuola del latin jazz, è nato da genitori portoricani nel dicembre del 1936 a Spanish Harlem, una delle aree ad alta presenza ispanica della New York d’anteguerra, nonché il quartiere che ha dato i natali a tantissimi grandi protagonisti della musica caraibica (vi ha passato l’infanzia Tito Puente tanto per citarne uno). Negli anni Quaranta Eddie Palmieri iniziò a suonare grazie all’incoraggiamento dei genitori e del fratello Charles, ma nella stessa epoca in cui prese parte a numerose formazioni di musica da ballo ispanoamericane coltivò una grande passione per Thelonious Monk.

La commistione tra i ritmi di salsa e swing fu una delle grandi intuizioni del giovane Palmieri che, nei primi anni Sessanta, formò il Conjunto La Perfecta, in cui cercò di interpretare la musica tradizionale della sua terra con una sezione fiati e una ritmica di matrice jazzistica. I risultati che diede questo storico gruppo, ampiamente in anticipo rispetto alla moda dei meticciati sonori di radice latina, incoronarono Palmieri come uno dei capiscuola del jazz afro-cubano. Nel corso della sua cinquantennale carriera da leader Eddie Palmieri ha registrato più di quaranta album a proprio nome e ha vinto ben nove Grammy Award. In questo concerto lo si ascolterà con tre straordinari musicisti: il trombettista Brian Lynch è una voce ben nota ai più attenti cultori della scena musicale statunitense; Horacio “El Negro” Hernandez è tra i grandi specialisti del clave applicato alla batteria e ha collaborato con un ventaglio di musicisti che va da Carlos Santana a Kip Hanrahan; infine il contrabbassista ventisettenne Luques Curtis ha suonato, tra gli altri, con Gary Burton, Stefon Harris e Donald Harrison.

Casa del Jazz: viale di Porta Ardeatina, 55
Info: 06/704731
http://www.casajazz.it
ingresso:20 euro, inizio concerto ore 21:00
EDDIE PALMIERI QUARTET
featuring
Horacio “el Negro” Hernandez & Brian Lynch
Eddie Palmieri pianoforte
Brian Lynch tromba
Luques Curtis contrabbasso
Horacio “El Negro” Hernandez batteria

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Michael Brecker Tribute Band alla Casa del Jazz

A partire da questa sera, mercoledì 13 luglio fino a domani, giovedì 14, la Casa del Jazz, nell’ambito del Festival che si sta svolgendo (per leggere il programma clicca qui) presenta una straordinaria produzione originale: ”Michael Brecker Tribute Band”, un omaggio alla musica del grande sassofonista scomparso qualche anno fa da parte di grandi musicisti: Alex Sipiagin alla tromba,Adam Rogers alla chitarra, Joey Calderazzo al pianoforte, Boris Kozlov al contrabbasso e Adam Nussbaum alla batteria. La particolarità di questa superband è la mancanza del sax, strumento suonato da Michael Brecker, proprio per evitare improponibili confronti improponibili e soprattutto per porre l’accento alla sua musica. Michael Brecker è stato  probabilmente il più influente e apprezzato sassofonista jazz sulla scena musicale a partire dagli anni ottanta. Ha avuto l’opportunità di suonare con Horace Silver e Billy Cobham, prima di formare con suo fratello Randy il gruppo fusion Brecker Brothers. Il gruppo, che durò con discreto successo dal 1975 al 1982, suonava una fusion in stile Weather Report, con una grande attenzione agli arrangiamenti ed alle ritmiche rock. Alcune sue parole spiegano bene l’anima di questo musicista «Per me la musica è sempre stata una missione e continua ad esserlo. Non l’ho mai vista come una professione, sono sempre eccitato dalla musica, dall’apprendere nuove cose. Mi diverto a scrivere musica, a registrare ed a suonare con altri musicisti. Diciamo che – relativamente alle tournée – lo spostamento diventa un lavoro, il puro viaggiare da un posto all’altro, ma certamente non il fare musica!».

Casa del Jazz: viale di Porta Ardeatina, 55

Info: 06/704731

www.casajazz.it

ingresso:20 euro

Mercoledì 13 e giovedì 14 luglio (parco della Casa del Jazz) ore 21

Alex Sipiagin tromba

Adam Rogers  chitarra

Joey Calderazzo pianoforte

Boris Kozlov contrabbasso

Adam Nussbaum  batteria

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Parte con Robben Ford ‘Guitar Legends’ alla Casa del Jazz

Al via la rassegna ‘Guitar Legends’, che vedrà sfilare nel parco della Casa del Jazz alcuni autentici mostri sacri delle sei corde. Si parte stasera con Robben Ford, uno tra gli indiscussi miti chitarristici ancora in circolazione. Impossibile etichettarlo o incatenarlo ai limiti di un genere: sa suonare e cantare il blues con grande classe, ma il suo percorso artistico prevede diverse tappe nel jazz, nella fusion, nel funky sino ad approdare al rock. Lunedi 18 luglio arriva John McLaughlin, uno dei personaggi più eclettici dell’intero panorama musicale mondiale, chitarrista dalla tecnica sopraffina,che può vantare  collaborazioni con i più grandi musicisti in ambito jazz, rock e fusion tra i quali il grande Miles Davis. Martedì 19 luglio, un doppio concerto: Jazzrock Project con Rocco Zifarelli (chitarra, oud), Linley Marthe, (basso e tastiere), Chander Sardjoe (batteria), unico concerto italiano di questo straordinario trio di virtuosi dei suoni elettrici. A seguire il nuovo fenomeno della chitarra  dall’Australia: Joe Robinson. Giovedì 21 luglio ecco gli Electric Hot Tuna. Prima volta a Roma in versione elettrica per la band simbolo del rock-blues Usa, che presenta il nuovissimo CD “Steady As She Goes”. Giovedì 4 agosto è il turno di Steve Lukather, all’esordio nella capitale con la sua band solista. Il chitarrista dei Toto presenta il suo sesto album, il recente “All’s well that ends well”. “Che cosa si prova a essere il più grande chitarrista del mondo? Vai a chiederlo a Steve Lukather“. Questa è la risposta data da Eddie Van Halen al celebre Johnny Carson durante il suo Tonight Show. La considerazione che i colleghi hanno dell’axeman la dice lunga sulla sua validità artistica.

Un festival di chitarristi non è cosa nuova ma è stimolante che sia la Casa del Jazz a ospitarne uno così “aperto”. Sei chitarristi straordinari, come tecnica e stile, per cinque serate dal grande fascino. Maestri ed allievi dichiarati, jazz e blues (l’edizione elettrica degli Hot Tuna non ha mai suonato a Roma neanche negli anni 70), rock e jazzrock, insomma tutto lo scibile chitarristico è racchiuso nello spirito di Guitar Legends. D’altronde la chitarra è lo strumento più utilizzato nella musica non classica (non fosse altro per la straordinaria diffusione nel pop e nel rock). Il passaggio dall’acustica all’elettrica è datato tra l’inizio degli anni 30 e la fine della decade successiva. Il primo pickup elettromagnetico fu inventato da Adolf Rickenbacker nel 1931, dispositivo in grado di trasformare le vibrazioni delle corde in impulsi elettrici. La Gibson nel 1935 sfornò la ES 150, la prima chitarra acustica dal suono elettrificato, che permise al chitarrista di poter suonare con gli altri membri del gruppo e farsi “sentire” anche dal pubblico. Il 1941 vide Lester William Polfus, meglio conosciuto come Les Paul, sfornare per la Epiphone la “The Log” (il ciocco, perché  costruita da un unico blocco di legno: la prima semi solid). Sempre la Gibson migliorò il progetto con la ES 335TD, la prima delle chitarre jazz-rock. Solo nel 1948 ci fu l’avvento della prima, vera, chitarra elettrica “solid body”, non una chitarra acustica amplificata ma uno strumento dal corpo pieno da cui partivano impulsi elettrici che potenziavano il suono mediante un amplificatore. Nacque così la Broadcaster per opera di Leo Fender. In questo periodo si data l’inizio della musica moderna di stampo chitarristico. Ma non è proprio così, o almeno non lo è del tutto. Per quale motivo? Perché nel 1937, ben 11 anni prima di Leo Fender, Valentino Airoldi di Galliate (provincia di Novara), tecnico della Stipel (Società Telefonica Interregionale Piemonte e Lombardia) con il pallino di suonare la chitarra con gli amici inventò la prima chitarra elettrica solid-body come testimoniato dal giornale “Il Popolo – Gazzetta della sera” del 29/30 settembre 1937, che riportava, oltre alla foto di Airoldi con una strana chitarra e un mandolino a cui aveva riservato il medesimo trattamento. “Chitarra e mandolino, sono questi i due strumenti che, privi della cassa armonica, hanno il loro suono amplificato notevolmente da un apparecchio radio con cui sono collegati. L’inventore è Airoldi Valentino, di Galliate”. Aveva risolto il problema del feedback, il famigerato effetto Larsen che ancora oggi affligge molti chitarristi acustici che amplificano il proprio suono, mettendo sul manico una calamita e due bobine e allacciando i capi delle bobine alla presa phono della radio. Funzionò, quasi incredibilmente. Ma, non è la prima volta nella storia delle invenzioni, la utilizzò solo per suonare con gli amici e non la brevettò, non diffuse la notizia. Così Leo Fender, 11 anni dopo…

“L’occasione Guitar Legends alla Casa del Jazz è troppo speciale per non testimoniarla adeguatamente, così ho telefonato ai miei amici chitarristi sparsi per il mondo, vere leggende nel proprio universo stilistico, e ho chiesto loro un brano da inserire nella compilazione con lo stesso titolo del festival – spiega l’organizzatore Guido Bellachioma – Dal blues elettrico a quello acustico, dal jazz rock al funky, dalle nuove visioni della chitarra portoghese al fingerpicking, senza dimenticare i puri virtuosi della chitarra . Questo è il risultato dei piani sonori di Guitar Legends”.

martedì 12 luglio ore 21

ROBBEN FORD
Robben Ford chitarra, voce
Andy Hess basso
Toss Panos batteria
Ingresso euro 20

lunedì 18 luglio ore 21

“JOHN MCLAUGHLIN & THE 4th DIMENSION”
John McLaughlin chitarra
Gary Husband tastiere, batteria
Etienne Mbappé basso
Ranjit Barot batteria
Ingresso euro 30

martedì 19 luglio ore 21

JAZZROCK PROJECT
Rocco Zifarelli chitarra, oud
Linley Marthe basso tastiere
Chander Sardjoe batteria
a  seguire

JOE ROBINSON
Joe Robinson,chitarra acustica ed elettrica, voce
Bernard Harris,basso
Marcus Hill,batteria
Ingresso euro15

giovedì 21 luglio ore 21

ELECTRIC HOT TUNA
Jorma Kaukonen chitarre, voce
Jack Casady basso
Barry Miterhoff mandolin & strumenti a corda
Skoota Warner batteria
Ingresso euro 20

giovedì 4 agosto ore 21

STEVE LUKATHER
Steve Lukather chitarra, voce
Steve Weingart tastiere, voce
Renee Jones basso, voce
Eric Valentine batteria
Ingresso euro 25

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Stewart Copleand, concerto esclusivo alla Casa del Jazz

Come già vi avevamo accennato in precedenza, giovedì 24 giugno prenderà vita, nell’ambito del Festival della Casa del Jazz, uno degli eventi più attesi del 2011: il concerto esclusivo di Stwart Copeland che ripercorrerà il repertorio storico dei Police in compagnia di illustri colleghi del calibro di Niccolò Fabi, Vittorio Cosma, Gianni Maroccolo, Armand Sabal Lecco e Mauro Refosco. In occasione dell’uscita della sua autobiografia dal titolo “Strange Things Happen”, pubblicata dalla casa editriceMinimum Fax, la 2PieR presenta, infatti, un evento speciale che celebrerà uno degli musicisti più innovativi ed eclettici della scena mondiale. Insieme a Sting e Andy Summers, ovvero gli altri due membri dello storico trio dei Police, Stewart Copeland ha ottenuto un successo planetario con 50 milioni di dischi venduti, decine di primi posti in Hit Parade, concerti che hanno fatto registrare il tutto esaurito nelle arene di cinque continenti. Ed è un amore, quello con i Police, che tutt’ora non sembra spegnersi, dato il successo dell’attesissimo Strange Things Happen Tour. Insomma, una prima d’eccezione a livello nazionale che vedrà protagonisti insieme a Copeland alcuni dei più grandi artisti italiani alle prese con una coinvolgente improvvisazione di quei brani dei Police che entrano di diritto nelle pagine della storia della musica. A completare il quadro ci sarà anche la proiezione del di “Everyone Stares – The Police Inside Out”, un video documentario firmato dallo stesso Copeland. Dunque, sarà un vero e proprio omaggio all’uomo, al musicista e all’artista in senso lato. In altre parole un evento rivolto a tutti gli amanti della musica, che porterà sul palcoscenico della Casa del Jazz,un musicista che ha veramente contribuito a scrivere la storia della musica.

Per guardare il programma completo del Festival della Casa del Jazz clicca qui

Casa del Jazz: viale di Porta Ardeatina, 55

Info: 06/704731

www.casajazz.it

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Casa del Jazz Festival, prima edizione

Manca poco all’ estate e come ogni anno tutti gli amanti del jazz si aspettano che durante la bella stagione il cielo della capitale si colori di jazz ospitando concerti, come sempre, di alto livello. E quest’anno a fare la differenza sarà proprio la Casa del Jazz (da poco sotto la direzione artistica diGiampiero Rubei) con un Festival senza precedenti che porterà su questo palcoscenico i più grandi musicisti italiani ed internazionali. Dunque, una novità per tutti gli amanti della blu note che quest’estate, se avranno voglia di stupirsi davanti a un bel concerto, non dovranno fare altro che recarsi in questo splendido posto. La cornice sarà, infatti, il suggestivo parco in cui è collocata, un vero e proprio gioiello situato nel cuore della città eterna.

Si comincia il 21 giugno con un evento speciale di rilievo internazionale: Michel Petrucciani “Body and Soul Tribute” Live Concert, un tributo ad uno dei più celebri pianisti di tutti i tempi con una superband composta da Rita Marcotulli, Aldo Romano, Furio Di Castri, Manhu Roche, Flavio Boltro, Eric Legnini, Pippi Matino e Francesco Cafiso. Il servirà, inoltre, a promuovere il film di Michael Radford (premio oscar con il Postino) “Michel Petrucciani-Body & Soul”, pellicola che narra la vita e la carriera di questo grande pianista/compositore scomparso nel 1999. Altra serata davvero speciale sarà quella del 24 giugno con l’esclusivo concerto di Stewart Copeland che ripercorrerà il repertorio dei Police con artisti del calibro di Niccolò Fabi, Vittorio Cosma, Gianni Maroccolo, Armand Sabal Lecco, Mauro Refosco. Insomma, un inizio veramente all’insegna della grande musica che già ci fa capire quale sarà la proposta musicale di questo nuovo Festival.

La buona notizia è che gli eventi che riempiranno questo cartellone estivo dureranno ininterrottamente fino al 15 settembre. E di concerti da seguire ce ne saranno davvero tanti. In più la Casa del Jazz non solo ospiterà il grande jazz con interpreti italiani ed internazionali e con piccole rassegne tematiche dedicate al Latin Jazz e al Jazz e Tango, ma diventerà un contenitore musicale più ampio aprendo le porte ad altri generi musicali come il rock indipendente, il progressive ed il blues. Una filosofia senza dubbio utile ad abbattere le barriere, a mescolare le carte in tavola, ad aprire l’universo musicale verso nuove collaborazioni e contaminazioni. Andando per ordine i grandi appuntamenti del Festival della Casa del Jazz andranno da Guitar Legends, con la partecipazione di alcuni autentici mostri sacri di questo strumento, a Progressivamente, rassegna dedicata al progressive attiva dal 6 all’11 di settembre. E ci sarà anche una collaborazione con il Circolo degli Artisti, punto di riferimento per il rock indipendente, che dal 1 al 5 luglio organizzerà, nell’ambito del Festival, la rassegna Soluzioni Semplici.

Ma l’iniziativa della Casa del Jazz non si esaurisce qui. Certamente di concerti ce ne saranno davvero tanti, e avremo cura di segnalarveli giorno per giorno, ma l’idea alla base di questo progetto è quella di rendere la Casa del Jazz un centro di cultura aperto non soltanto agli amanti del jazz. A tal proposito il Festival sarà anche un punto di partenza per una collaborazione con la New School di New Yorkattraverso un workshop che si svolgerà dal 18 al 24 di luglio con insegnanti (prestigiosi jazzisti internazionali) della scuola americana. Dunque, gli ingredienti per un’estate all’insegna della buona musica ci sono davvero tutti, grazie anche alla suggestiva location in cui è situata la Casa del Jazz…

Un elemento assolutamente da non sottovalutare…

PROGRAMMA CASA DEL JAZZ FESTIVAL

 

21 giugno, Michel Petrucciani “Body and Soul” – Tribute Live Concert:

Rita Marcotulli (pianoforte), Aldo Romano (batteria), Furio Di Castri (contrabbasso), Manhu Roche (batteria), Flavio Boltro (tromba), Eric Legnini (pianoforte), Pippo martino (basso elettrico), Francesco Cafiso (sax alto)

22 giugno, Marcello Rosa Jazz Party

+ P-Funking Band (marchin’ Band)

23 giugno, Giancarlo Maurino quartet: 23 giugno

24 giugno, Stewart Copeland “Strange Things Happen”

Line-up: Vittorio Cosma, Mauro Refosco, Armand Sabel Lecco

Special Guests: Niccolò Fabi, Gianni Maroccolo & more

25 giugno, Taylor  Eigsti quartet: 25 giugno

26 giugno, Lutte Berg trio

27 giugno, Giovanni Mirabassi / Gianluca Renzi / Eliot Zigmund trio

28 giugno, Federico Laterza ”Worldream”

29 giugno, Trio di Salerno & Solis String Quartet

30 giugno, Giovanni Tommaso “Apogeo”

1 luglio, Le Luci della Centrale Elettrica & Brunori Sas

(al Circolo degli Artisti)

2 luglio, Valentina Lupi & Marta Sui Tubi

(al Circolo degli Artisti)

3 luglio, Pan del Diavolo, I Cani, The Jacqueries, A Classic Education + ?

(al Circolo degli Artisti)

4 luglio, Offlaga Disco Pax & Paolo Benvegnù

(al Circolo degli Artisti)

5 luglio, Joan As Police Woman & Nada

(al Circolo degli Artisti)

6 luglio, Carolina Brandes’ Collective

7 luglio, Cinzia Gizzi guest Ada Rovatti

8 luglio, Andrea Biondi & Urban Tribe “I Soliti Ignoti”

9 luglio, Sarah Jane Morris

10 luglio, Luca Chiaraluce “Il Polistrumentista”

11 luglio, Joe Lovano con gli US Five

12 luglio, Robben Ford

(Guitar Legends)

13/14 luglio, Michael Brecker Tribute Band

con Alex Sipiagin, Adam Rogers, Joey Calderazzo, Boris Kozlov, Adam Nussbaum

15 luglio, Eddie Palmieri quartet

featuring Horacio “El Negro” Hernandez & Brian Linch

16 luglio, Gabriele Coen “Jewish  Experience”

17 luglio, Felt Music Club & School

Finale Concorso Nazionale per Cantanti e Big Band Jazz

18 luglio, John McLauglin & The 4th Dimention

(Guitar legends)

19 luglio, Jazzrock Project, Rocco Zifarelli, Linley Marthe, Chander Sardjoe + Joe Robinson

(Guitar Legends)

20 luglio, Mike Turk

21 luglio, Electric Hot Tuna (per la prima volta a Roma in versione elettrica)

(Guitar Legends)

22 luglio, Gegè Telesforo

23 luglio, Le parole altre, il lugno viaggio di Tiziano Terzani

Narrazione e commenti di Angela Terzani Staude

Musiche originali di Francesco Bruno eseguite dal “Francesco Bruno Ensemble”

24 luglio, Yaron Herman Trio

25 luglio, Maurizio Giammarco / Riccardo Del Fra “Rendez Vous quartet”

26 luglio, Stefano Rossini

(Latin jazz)

27 luglio, Claudia Marss

(Latin jazz)

28 luglio, Natalio Mangalavite

(Latin jazz)

29 luglio, Gianni Savelli Media Res

(Latin Jazz)

30 luglio, Michael Rosen Tricolor

(Latin Jazz)

31 luglio, Omar Sosa Trio

(Latin Jazz)

1 agosto, Rita Marcotulli / Javier Girotto / Luciano Biondini

2 agosto, David Kikoski

3 agosto, Stefania Tallini” Intimate Brasil”

4 agosto, Steve Lukather

(Guitar Legends)

5 agosto, Marco Albani Project

6/7 agosto, AREA Reunion opening con Luigi Cinque Trio

Con la partecipazione di Walter Paoli alla batteria

8 agosto, TBA

9 agosto, Susanna Stivali “Piani Diversi”

10 agosto, Joao Donato Trio

11 agosto, Notte Mediterranea

Con Stefano Saletti e la piccola Banda Ikona

Ospiti speciali Ambrogio Sparagna, Jamal Ouassini, Rashmi Bhatt

12 agosto, Gaia Quatro

13 agosto, Norma Beatriz Santillo

14 agosto, Javier Girotto & Friends

INTERRUZIONE ESTIVA

(Progressivamente)

7 settembre, Fonderia & Ozric Tentacles

(Progressivamente)

8 settembre, Goblin… Rebirth & Murple

(Progressivamente)

9 settembre, Young Lust: Pink Floyd laser show

(Progressivamente)

10 settembre, Le Orme & Three Friends

(Progressivamente)

11 settembre, Saint Just Again & Il Tempio delle Clessidre

(Progressivamente)

12/13 settembre, FESTIVAL JAZZ & FANTASY

14 settembre, Cinzia Tedesco Quintet: Like a Bob Dylan

15 settembre, Lino Patruno jazz show

Carlo Cammarella

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Riparte il Roman Classic Jazz Festival

Conclusa la rassegna “Summertime”, la Casa del Jazz continua a tenerci compagnia fino al 5 agosto con il Roman Classic Jazz Festival, giunto alla quinta edizione. La manifestazione, dedicata agli interpreti italiani del jazz più tradizionale stile New Orleans, si apre il 1 agosto con l’Emanuele Urso “King of Swing” Bop Sextet. Il gruppo del clarinettista-batterista Emanuele Urso si presenta con una novità: un gruppo “bop” ispirato alle incisioni che Benny Goodman effettuò con il tenorsassofonista Werdell Gray nel 1947/48 ispirate allo stile che Charlie Parker e Dizzy Gillespie diedero vita nella prima metà degli anni ’40. Con lui il fratello Adriano Urso al pianoforte, “discepolo” di Teddy Wilson e dei grandi pianisti degli anni ’30 e ’40. Lunedi 2 agosto gli Hot Stompers che, animati dal loro contrabbassista Gennaro D’Apote, dedicheranno gran parte del concerto al leggendario pianista e compositore di New Orleans, Jelly Roll Morton. Ospiti del gruppo il banjoista Lino Patruno e il vocalist inglese Clive Riche, uno dei più apprezzati e originali interpreti del festival. Martedi 3 agosto e’ la volta del Gianluca Galvani Sextet & Guests. Un omaggio al grande cornettista Bobby Hackett da parte di Gianluca, che coadiuvato dal trombonista bolognese Checco Coniglio (lo ricordiamo con i clarinettisti Pupi Avati e Lucio Dalla nella “Rheno Dixieland Gang” degli anni ’60) darà vita a una straordinaria performance qui al debutto di questa formazione messa in piedi proprio per il festival. Completeranno il cast il clarinettista Andrea Tardioli, il chitarrista Vincenzo Barbato e la vocalist Francesca Ciommei.
Mercoledi 4 agosto è la volta dell’Old Circus Jazz Band che si ispira alle formazioni bianche e nere degli anni ’20 (Jean Goldkette, McKinney Cotton Pickers, Duke Ellington)e, che sotto la guida di Remo Izzi, riproporrà i colori e i profumi newyorkesi dei Roaring Twenties. Chiudera’ il Roman Classic Jazz Festival giovedì 5 agosto il Lino Patruno Jazz Show, che si presenta con una formazione “tuttestelle” della quale fanno parte alcune figure storiche del jazz italiano come il clarinettista Gianni Sanjust e il trombonista Alberto Collatina. Special Guest il cornettista statunitense Michael Supnick, la vocalist Elena Paoletti e il violinista Mauro Carpi.

Ciccio Russo

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“Summertime” alla Casa del Jazz

Ritorna, come ogni estate, da domenica 27 giugno, Summertime, la rassegna di concerti all’aperto nello splendido parco della Casa del Jazz. “Nel segno che contraddistingue la programmazione della Casa del Jazz ci saranno autentiche star – spiega il direttore artistico Luciano Linzi presentando la manifestazione – protagonisti storici del Jazz mondiale come il trombettista Tom Harrel ed il sassofonista Steve Grossman, il contrabbassista Eddie Gomez, il batterista Joe La Barbera; i nuovi protagonisti del Jazz contemporaneo come il trio Fly (Mark Turner/Larry Grenadier/Jeff Ballard) o il trio del pianista Vijay Iyer (per la prima volta a Roma); alcuni dei migliori musicisti italiani come il sassofonista Rosario Giuliani e i batteristi Roberto Gatto e Lorenzo Tucci, il pianistaDado Moroni. Ma molto spazio verrà dedicato anche ai giovani:per il secondo anno consecutivo daremo vita ad una 2 giorni dedicata ai“Giovani Leoni Europei” in collaborazione con le Ambasciate svedesi ed olandesi ed all’Istituto Culturale Tedesco Goethe. In questo ambito,quest’anno daremo vita ad una vera e propria produzione originale con un workshop che creerà una band con elementi provenienti da tutti i Paesi coinvolti. E inoltre presenteremo il giovane gruppo rivelazione dell’anno in Inghilterra il Portico Quartet, presente quest’estate nei più importanti jazz festival europei. E particolare attenzione alle cosiddette “contaminazioni” con la presenza dei migliori musicisti norvegesi, come il chitarrista Eivind Aarset ed il sassofonista Hakon  Kornstad, del duo afro/francese di Ballake Sissoko e Vincent Segal o del progetto Omparty di Leon Pantarei. Il via alla manifestazione verrà dato il 27 giugno da un evento speciale il Franco Ferguson Improring Day: sotto questo pseudonimo vive il fermento di un collettivo d’improvvisazione totale che riunisce alcuni dei più importanti musicisti di quest’area. Un vero happening che avverrà dislocato in vari punti del Parco. Il tutto si concluderà ad agosto con l’ormai tradizionale Roman Classic Jazz Festival”.

Aprirà l’edizione 2010 di “Summertime” Franco Ferguson, un collettivo formato da musicisti/e che condividono un approccio critico, creativo e non ortodosso al jazz ed alle musiche ad esso correlate. Un vero happening che avverrà dislocato in vari punti del Parco dalle ore 18 alle 24.

Mercoledi 30 e giovedì 1 luglio, spazio ai “Giovani Leoni Europei” in collaborazione con le Ambasciate svedesi ed olandesi ed all’Istituto Culturale Tedesco Goethe. In questo ambito, quest’anno si darà vita ad una vera e propria produzione originale con un workshop che creerà una band con elementi provenienti da tutti i Paesi coinvolti. “Giovani Leoni Europei” presenterà:  mercoledì 30 giugno, tre concerti; ad aprire le danze il Piero Bianculli Trio(Olanda), a seguire Elin Larsson Group (Svezia), in chiusura di serata la rappresentanza italiana, conFrancesco Diodati Neko Quartet (Italia).

Giovedì 1 luglio, JazzPottery (Germania), a seguire, Christoph Spangenberg Trio + Heiko Fischer (Germania), a chiudere la serata una vera e propria produzione originale, International Jazz Workshop Band, un gruppo con elementi provenienti da tutti i Paesi coinvolti.

Lunedi 5 luglio, per la prima volta a Roma, il trio del compositore e pianista tra i più innovativi della scena jazz attuale,Vijay Iyer, al quale le più importanti riviste specializzate di jazz come Down Beat e Musica Jazz, hanno recentemente dedicato la copertina. Nato in America da immigrati indiani si forma negli ambienti jazz americani collaborando con musicisti dalle più svariate origini e tradizioni, come il sassofonista Steve Coleman che a metà degli anni ’90 gli offrirà il posto di pianista nella sua band. La musica di Iyer accoglie in effetti una vasta gamma di influenze che provengono sia dall’oriente che dalla tradizione afro-americana.

Il suo ultimo progetto discografico, osannato dalla critica, si intitola Historicity ed è il suo album d’esordio per la prestigiosa etichetta tedesca Act. Un album in trio che presenta fra altri una serie di cover di Stevie Wonder, Leonard Bernstein, Andrew Hill, che ridefinisce in maniera sublime le nozioni classiche del trio jazz alla maniera molto personale dell’artista. Nella sua musica tutta la tradizione jazz e le più nuove influenze d’avanguardia sono filtrate attraverso le proprie radici indiane.

Venerdi 9 luglio, Rosario Giuliani Quartet, che presenterà il nuovo disco”Lennies Pennies”, pubblicato dall’etichetta francese Dreyfus Jazz; uscito a fine marzo.Il disco ha ottenuto straordinari consensi dalla critica. Disco del mese su Musica Jazz e accolto entusiasticamente dal francese Jazz Magazine. A conferma dello status internazionale di questo grande musicista romano. Con lui saliranno sul palco musicisti d’eccezione come il pianista Dado Moroni, premiato all’ultimo Top Jazz come miglior pianista dell’anno, il leggendario batterista di Bill Evans, che raramente è possibile ascoltare in Italia, Joe la Barbera e il contrabbassistaDarryl Hall.

Lunedi 12 luglio Il gruppo Fly, un collettivo che vede riuniti tre fra i più creativi e avanzati jazzisti della scena jazzistica attuale, il sassofonista Mark Turner, il bassista Larry Grenadier e il batterista Jeff Ballard, in una sintesi riuscita e pienamente compiuta tra totale conoscenza del linguaggi improvvisativi, tecnica sopraffina, interazione perfetta tra le rispettive intenzioni musicali di ogni musicista e l’esito espressivo del gruppo nella sua interezza, che risulta caratterizzato da intensità, carisma e rigore inusuali. A dieci anni dai suoi esordi Fly è uno dei progetti musicali più intensamente creativi e rigorosi della scena jazzistica mondiale, capace di dare vita a esiti di valore assoluto continuando a distinguersi per integrità e profondità dalla classe cristallina. Il loro ultimo album su etichetta ECM e’ stato accolto con enorme favore critico nel mondo.

Martedì 13 luglio, Lorenzo Tucci presenta «Touch Three», il suo nuovo progetto che coinvolge anche il tastierista Luca Mannutza e il sassofonista Paolo Recchia. Capace di spaziare da un genere all’altro, Tucci si trova a suo agio sia quando reinterpreta gli standard dei grandi del jazz che quando affronta sonorità latine o repertori più sperimentali. Il concerto alla Casa del Jazz è l’occasione per ascoltare la sua musica e in particolare i brani tratti dall’ultimo album del batterista che propone un variopinto mondo musicale in cui tutto è possibile ed ecco che il jazz degli anni ’60 va a braccetto con il pop e con lo swing senza dimenticare groove gonfi di ritmo.

Lunedi 19 luglio,uno dei grandi protagonisti del jazz internazionale:Tom Harrell. Nel corso della sua carriera ha raccolto una messe di premi e riconoscimenti che pochi musicisti oggi viventi possono vantare, sia come trombettista che come compositore classificatosi per ben tre volte come miglior trombettista di jazz dell’anno dalla rivista Downbeat Magazine. Tom Harrell, sebbene affetto da una profonda disabilità psichica svolge la sua carriera sui palcoscenici di tutto il mondo. Prima di dedicarsi alla carriera solista ha registrato e suonato con il gotha del jazz mondiale. Ricordiamo tra gli altri : Stan Kenton’s orchestra, Woody Herman’s big band, Horace Silver Quintet, Lee Konitz Nonet, George Russell, Charlie Haden’s Liberation Orchestra Bill Evans, Dizzy Gillespie, Bob Brookmeyer, Lionel Hampton, Phil Woods Quintet . Ha registrato a proprio nome con le più prestigiose etichette mondiali come Pinnacle, Blackhawk, Criss Cross, SteepleChase, Contemporary Records, Chesky, and RCA. In questo concerto alla Casa del Jazz si presenta col suo quintetto con: Wayne Escoffery al sax, Danny Grissett, al pianoforte, Ugonna Okegwo, al contrabbasso e Johnathan Blake,alla batteria, con cui presenterà il materiale del suo ultimo disco “Roman Nights”, titolo premonitore di questo straordinario concerto.

Martedì 20 luglio un trio stellare con David Kikoski, pianoforte, Eddie Gomez, contrabbasso eRoberto Gatto, batteria. David Kikoski è da molti anni uno dei più completi e efficaci pianisti in attività, e vanta un curriculum impressionante. Il suo stile trae ispirazione da svariate fonti e presenta un distillato sapientemente equilibrato della storia del piano jazz, vista attraverso l’ottica di un musicista che ne vive l’evoluzione costantemente in prima linea da oltre due decenni sulla scena di New York. Tutto ciò, insieme a un bagaglio lessicale jazzistico apparentemente inesauribile, porta David Kikoski a fornire invariabilmente dal vivo un set di grande forza espressiva e peso specifico, che risulta assolutamente convincente. Eddie Gomez è uno dei più brillanti contrabbassisti della storia del jazz. Grande virtuoso del proprio strumento, si è da sempre contraddistinto per il suono altamente personale attraverso il quale sa esprimere una cavata possente e ricca di drive che genera un walking impeccabile, nonché per la ricchezza di idee e l’audacia melodica e armonica di cui riesce a dar prova nelle sortite da solista, il tutto sempre all’insegna di una grande sensibilità musicale e di una classe davvero notevole. Alla batteria l’eccellente Roberto Gatto, brillante ed eclettico musicista da vari decenni attivo ai massimi livelli del jazz italiano, che ha collaborato tra gli altri con Michael Brecker, John Scofield, Bob Berg, Richard Galliano, Paolo Fresu e Enrico Rava.

Lunedi 26 luglio è la volta del Portico Quartet. Chi ama il jazz sognante, la musica classica e quella minimale, meglio se prodiga di citazioni etniche (a confermarlo la passione smodata per le percussioni balinesi), non può non lasciarsi sedurre dal quartetto di South London che, per il secondo album, “Isla”, è approdato alla Real World di Peter Gabriel.

Martedì 27 luglio, Ballakè Sissoko & Vincent Segal. Un incontro straordinario tra due musicisti che, provenendo da esperienze diversissime, quasi opposte, si integrano alla perfezione. La tradizione popolare griot di Sissoko e la formazione colta, classica di Segal dialogano in modo sublime, producendo una sintesi musicale che è nettare per le orecchie. Djelimoussa “Ballake” Sissoko viene dal Mali ed è un custode della tradizione, uno scrigno contenente i tesori della storia e della cultura mandengue. Appartiene infatti ad una famiglia di griot, ed è tra i più̀ grandi interpeti della kora del suo paese. Ballaké Sissoko è figlio di Djelimady Sissoko, grande maestro della kora mandinga, nella cui scuola iniziò a studiare lo strumento fin da bambino; suona nel prestigioso Ensemble Instrumental National du Mali e accompagna vari cantanti maliani, prima di giungere sulla scena internazionale grazie alle collaborazioni con Toumani Diabate in New Ancient String e Taj Mahal nel progetto Kulanjan. Strumentista di straordinario talento, Sissoko si ispira alla tradizione, forgiando uno stile personale ed innovativo sempre aperto a nuove esperienze musicali.

Mercoledi 28 luglio, Eivind Aarset “Sonic Codex”, uno dei protagonisti più creativi e interessanti dell’underground scandinavo. Il norvegese Eivind Aarset, uno dei padri del nu jazz europeo, è fautore di una musica carica di energia ma allo stesso tempo misteriosa e decisamente contemporanea. Eivind Aarset ha anche collaborato a molte registrazioni e con musicisti diversi come Ray Charles, Dee Dee Bridgewater, Ute Lemper, Ketil Bjornstad, Mike Mainieri, Arild Andersen, Abraham Laboriel e Django Bates. Sonic Codex mantiene la cifra stilistica “noir” del leader, ma sembra spingersi maggiormente verso il rock più duro allontanandosi dalla sonorità aurea e visionaria del precedente Connected. La formazione da qualche tempo si è stabilizzata e vede in Audun Erlien (contrabbasso) e Wetle Holte (batterista dei Wibutee, formazione effervescente della scena norvegese) due complici ideali.

Giovedì 29 luglio, Leon Pantarei & Omparty con ospiti Hakon Kornstad e Luca Aquino. Leon Pantarei, multipercussionista calabrese guida il progetto Omparty, che pone all’attenzione del mondo del jazz e “dintorni” una nuova proposta discografica e live che si caratterizza per originalità ed impatto. Il progetto muove da Miles e dalla rilettura del modale, ma, grazie anche all’impianto percussivo di Leon (composto da tabla, bendir, darbouka, doira, bass djembè, tambora tiger e tambora conga, assemblati in un contesto jazzistico originale e, per certi versi, sorprendente), percorre, con assoluta originalità, anche i fascinosi territori del “Folklore immaginario”.Due prestigiosi ospiti del concerto:Håkon Kornstad, sassofonista,una delle figure centrali della scena musicale norvegese,che nel corso della sua carriera ha seguito percorsi diversi operando in un ampio campo di esplorazione ed espressione: dall’elettronica passando per collaborazioni importanti (Pat Metheny, Paal Nilssen-Love, Axel Dörner)e Luca Equino, recente vincitore, come miglior nuovo talento, del Top Jazz, promosso dalla rivista Musica Jazz.

Venerdì 30 luglio Steve Grossman Quartet. Un grandissimo interprete del jazz mondiale, che non ha bisogno di presentazioni, in un concerto imperdibile. Steve Grossmann ha unito le stilistiche diametralmente opposte di John Coltrane e Sonny Rollins in un suono inimitabile.Al fianco di Miles Davis, tuttavia, si dedicò soprattutto al sax soprano. Il grande musicista, infatti, lo volle in formazione appena diciassettenne. Dopo questo folgorante inizio seguì un’esperienza di grande prestigio che prese il nome di “Jazz Machine”. La sua fama è poi divenuta mondiale grazie a decenni di collaborazioni con musicisti del calibro di Chet Baker, Art Taylor, Barry Harris e Michel Petrucciani. Micheal Brecker ha detto di lui : “E’ il migliore di tutti noi”. Sarà accompagnato dal Danilo Memoli trio con cui costituisce una delle migliori sezioni ritmiche d’Europa.

All’interno del programma di Summertime inoltre sono previste alcune serate che vedranno protagonisti i giovani musicisti che partecipano ai concorsi indetti da alcune delle più importanti scuole di musica di Roma: Saint Louis College Of Music e Felt Music School.

Ciccio Russo

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The Enchanted Garden – Claudio Filippini si racconta

Giovane e talentuoso pianista originario di Pescara, Claudio Filippini è un musicista che nonostante la giovane età dimostra già una maturità fuori dal comune. Il suo ultimo lavoro da studio, dal titolo The Enchanted Garden, pubblicato nel settembre 2011 da Cam Jazz, rappresenta forse appieno il percorso musicale ed interiore che ha portato avanti in questi ultimi anni. Ad acompagnarlo in questa avventura Luca Bulgarelli al contrabbasso e Marcello di Leonardo alla batteria, due musicisti che collaborano con Claudio già da diverso tempo e che saliranno insieme a lui sul palcoscenico della Casa del Jazz, domani 5 gennaio 2012, per presentare questo progetto. Con l’occasione Claudio Filippini ci ha raccontato volentieri la genesi e lo sviluppo di questo suo “giardino incantato”.

Claudio, The Enchanted Garden è il tuo ultimo progetto che ti vede come leader. Come è nata questa avventura?

“The Enchanted Garden” nasce fondamentalmente come un’esigenza, un bisogno di voler finalmente testimoniare il lavoro di un trio iniziato 7 anni fa e che non era mai entrato in studio di registrazione. Quando iniziammo a suonare insieme, nel 2004, ogni concerto era diverso dall’altro; tutto era improvvisato e seguiva un corso molto naturale. Il nostro sound si è formato così, grazie all’improvvisazione ci siamo conosciuti sempre di più. Nell’ultimo anno ho scritto alcuni brani, di lì il passo è stato breve, una volta decisa la musica siamo entrati in studio.”

Il titolo di questo disco ci è sembrato fin da subito molto suggestivo e allo stesso tempo ci ha dato l’opportunità di viaggiare anche un po’ con la fantasia in territori nuovi che forse si nascondono solo nell’anima. Ci vuoi raccontare il percorso musicale ed interiore che ha portato alla nascita di questo tuo “Giardino Incantato”?

“E’ difficile rispondere a questa domanda! Il lavoro di composizione è stato molto lento, ho cercato di mettere insieme un repertorio che rispecchiasse la mia storia ed il mio mondo musicale, in tutte le sue sfaccettare; per fare questo ho deciso di prendermi tutto il tempo di cui avevo bisogno. L’idea del “Giardino Incantato” mi è venuta cercando di mettere in musica le mie ultime esperienze di vita. Da qualche anno abito in una casa in campagna, lontano da tutto e da tutti. Essendo abituato a stare nel caos della città praticamente da quando sono nato, questa mia nuova dimensione mi ha fatto scoprire molte cose nuove. Il “Giardino Incantato” è il posto nel quale torno dopo i vari tour, il mio spazio senza tempo nel quale posso concentrarmi e scrivere musica in tutta tranquillità.”

E le tue fonti di ispirazione?

“Musicalmente parlando sono una persona molto curiosa. Mi piace ascoltare di tutto senza pregiudizi, prendendo ciò che c’è di buono in ogni cosa. A volte scelgo che musica ascoltare in base all’umore, un po’ come quando si sceglie quale vestito indossare. Tuttavia credo che la vera ispirazione venga dalle esperienze che ognuno fa nella propria vita; dai viaggi, dalle passioni, dallo stress, dalle conquiste, dalle sconfitte, dalle gioie e dalle delusioni. E’ difficile che io mi sieda al piano e pensi “Ok, adesso scrivo un pezzo”. La maggior parte delle volte succede che sviluppo una semplice idea che già mi canticchio nella testa, che siano semplicemente tre note o una figurazione ritmica, un intervallo o qualsiasi altra cosa.”

Quali sono stati per te i più grandi maestri, quelli che davvero hanno lasciato il segno in tutta la tua esperienza nella musica?

“Non saprei stilare un elenco di chi abbia lasciato il segno nella mia esperienza musicale. Posso solo dire che nel mio percorso ho avuto la fortuna di incontrare tantissime persone, che hanno contribuito a fare di me ciò che oggi sono. E non parlo esclusivamente di musicisti. Viaggiando molto ho avuto la fortuna di conoscere esseri umani eccezionali, persone di grande cultura, grande carisma e ampie vedute. Spesso basta una frase detta in un modo particolare, un’occhiata, un semplice consiglio, che ci si aprono subito delle porticine. Io ho imparato molto da tante persone con più esperienza di me ma anche da chi con la musica non ha niente a che fare. Spesso si incontrano persone illuminanti quando meno te l’aspetti.”

Come vedi l’attuale panorama musicale italiano? E soprattutto è difficile per un giovane emergere in un periodo forse così difficile?

“L’Italia non sta vivendo un periodo felice di per sé, ci troviamo in un momento storico molto particolare e ovviamente la musica ne risente di conseguenza. E’ sempre più difficile fare musica dal vivo in Italia, ma credo che il problema principale sia il problema culturale. Il musicista in Italia viene ancora considerato come il giullare di corte (se gli va bene), e molti non sanno che per diventare un musicista professionista ci vuole fatica, studio e tanti sacrifici. Molta gente non sa che suonare un concerto per pianoforte e orchestra può avere lo stesso coefficiente di difficoltà che eseguire un trapianto a cuore aperto. Certo, i rischi non saranno gli stessi, di musica non è mai morto nessuno, ma la difficoltà può essere la stessa se non addirittura superiore. La musica è una cosa seria. Gli enti pubblici non finanziano più i festival, le rassegne, le mostre, gli spettacoli teatrali. L’Italia che era la culla delle arti in generale è diventata la patria della mediocrità e del pressappochismo. C’è anche il problema “televisione” che riguarda soprattutto i giovani. Al ragazzino che va ancora a scuola gli viene inculcata l’idea che la musica siano solo i Talent Show, e che vincere “X-Factor” sia il punto di arrivo di chi vuole fare musica nella vita. Il ragazzino non ha idea di come si accordi la chitarra ma a lui non interessa, il ragazzino vuole vendere milioni di copie. Il ragazzino non ha capito che se vuole cantare bene o suonare bene uno strumento e fare un disco deve stare zitto, ascoltare, e schiumare il sangue su quello strumento per anni. E che i risultati si vedono dopo anni e anni di fatica e sudore. La rovina di tutto è questa voglia sfrenata di successo. Per quanto riguarda la professione del musicista, spesso mi chiedono se si può vivere di sola musica. La mia risposta è sì a patto che non si abbiano le fette di prosciutto sugli occhi o ancora peggio nelle orecchie. Bisogna non avere pregiudizi, e cercare di suonare quanta più roba possibile con quanta più gente possibile. Un musicista, o nel mio caso un pianista, se vuole vivere di musica deve saper leggere bene la musica, conoscere gli stili e suonare in molte situazioni musicali diverse tra loro, conoscere l’armonia, avere nozioni di arrangiamento, conoscere gli strumenti musicali (o quantomeno i loro timbri e le loro estensioni), saper accompagnare, saper improvvisare, ma anche saper guidare un’automobile per molte ore di fila, riuscire a dormire 5 ore a notte, saper usare internet in modo intelligente, saper rispondere alle e-mail, avere un sito internet, curare i contatti, fare public relations, saper stare sul palco, essere sempre garbato con gli altri sul posto di lavoro e generalmente non rompere mai le palle se non è strettamente necessario, saper usare software per registrare musica, conoscere un minimo le tastiere e soprattutto avere molta molta pazienza.”

C’è un musicista in particolare con cui prima o poi ti piacerebbe suonare almeno una volta? Diciamo un sogno nel cassetto…

“Bella domanda, ce ne sono tantissimi! In particolare mi piacerebbe suonare con Brian Blade, Avishai Cohen, Wayne Shorter, oppure duettare con Herbie Hancock (in verità è già successo molti anni fa, a Sacile nella fabbrica dei Fazioli) o andare in tour con i Chemical Brothers, con gli Air, con Bjork, con Fiona Apple. Beh, direi che può bastare.”

E per quanto riguarda i prossimi progetti? Stai già pensando a qualcosa di nuovo?

“Sto già lavorando contemporaneamente a due dischi nuovi, sempre con la Camjazz. Il primo l’ho già registrato ed uscirà a Marzo, il secondo lo registrerò a metà gennaio e uscirà quest’estate, ma per il momento non voglio svelare niente!”

Grazie per la tua disponibilità e in bocca al lupo

“Crepi il lupo e grazie a voi di tutto!”

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Il Jazz fra due mondi – intervista a Lucio Ferrara

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E’ un progetto dal chiaro sapore internazionale quello che abbiamo avuto modo di ascoltare ieri allaCasa del Jazz, un disco che racchiude anni di viaggi e di lavoro ricchi di entusiasmo. Parliamo dell’ultimo lavoro del chitarrista Lucio Ferrara, “It’s all right with me”, presentato ieri in una delle location più belle della capitale. Insieme a lui c’erano Nicola Angelucci (batteria) e Luca Mannutza(hammond) due musicisti che Lucio conosce bene, con i quali ha condiviso molte esperienze e che hanno preso parte ad un progetto cominciato dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti. Dunque, un disco a cui hanno partecipato, oltre ai nomi appena citati, artisti come Lee Konitz, Antonio Ciacca, Ulysses Owens, Kengo Nakamura e Yasushi Nakamura. Lucio Ferrara ci ha raccontato in prima persona questa esperienza.

 Lucio, per cominciare volevo parlare dalla genesi di questo progetto: “It’s All Roght with me”. Come mai è stato registrato luoghi diversi, tra Sorrento, Roma e lo stato del New Jersey?

“Diciamo che non c’è un motivo preciso. Quello che ho scelto sono state le formazioni con cui preferisco sonare come il quartetto con pianoforte, il trio con lo hammond e il quintetto con il sassofono. La scelta vera e propria è stata l’idea di registrare un disco a New York, ma alla fine ho preferito aggiungere due brani con due musicisti, Nicola Angelucci e Luca Mannutza, con cui sono tutto l’anno. Con loro c’è un vero e proprio rapporto di amicizia perché ci vediamo continuamente, mentre le esperienze con i musicisti americani sono momenti occasionali in cui ci si incontra una volta all’anno a New York”.

foto di Valentino Lulli

Quindi, potremmo dire che in questo progetto c’è un’anima internazionale?
Esattamente, diciamo che in questo progetto viene fuori questa mia internazionalità legata ai rapporti di lavoro e ai viaggi continui. E’ un aspetto che effettivamente rappresenta gli ultimi anni della mia carriera.

E il titolo di questo tuo progetto è forse legato ad un tuo stato d’animo particolare?
“Sicuramente è legato a quella positività che incontro quando lavoro con gli american negli Stati Uniti e a quell’incoraggiamento che loro hanno verso la vita. Questo progetto rappresenta tutta quella positività che sento quando vado in questo paese. E’ un momento in cui sento un’altra aria e in cui respiro in un altro ambiente. Con questo titolo ho cercato di descrivere apertamente questo stato d’animo”.

Il fatto di non avere una formazione stabile è forse legato al fatto di considerare la musica come qualcosa in continuo cambiamento?
“Si, sicuramente c’è il vantaggio di suonare con diversi musicisti e di scoprire come la musica viene fuori in maniera sempre differente. Ovviamente la cosa ideale sarebbe quella di suonare con una band fissa con cui lavorare per tutta la vita perché soltanto in questo modo raggiungi un Interplay unico, però ci sono anche gli aspetti legati alle novità. Suonando con diverse persone Impari da tutti e collezioni esperienze che ti aiutano a crescere”.

Quindi, potremmo dire che l’approccio con i musicisti con cui suoni è legato proprio al concetto di Interplay?
“Credo di si, io lo vivo così. Il mio modo di suonare dipende anche dagli altri musicisti, dagli imput continui che mi trasmettono e dal continuo sviluppo del l’idea di Interplay”.

E il fatto di aver viaggiato tanto quanto può avere influito sulla tua musica?
“Sicuramente ha influito tantissimo. Viaggiare è fondamentale perché a un certo punto, quando pensi di sapere tutto, scopri che ci sono delle novità. Per crescere hai bisogno di cercare sempre nuove esperienze”.

E se dovessimo fare un parallelismo fra un’esperienza dal vivo in America ed una in Italia…
“Diciamo che il pubblico americano in generale è molto entusiasta e senti la sua presenza continuamente. E’ un pubblico attento che conosce bene la storia del jazz e al quale non hai bisogno di spiegare la musica che suoni. Quando ti esprimi con un bambino usi un determinato linguaggio e quando ti trovi in America è come se parlassi ad un adulto che ti capisce bene”.

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Caterina Palazzi presenta Sudoku Killer alla Casa del Jazz

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Caterina Palazzi è sicuramente una musicista che si sta rivelando uno dei talenti emergenti del panorama jazzistico italiano. Contrabbassista romana, amante del Jazz, ma anche del rock, ama far confluire nella sua musica molteplici influenze che derivano da un back ground sicuramente ricco e aperto alla sperimentazione. Qualche giorno fa Caterina ha presentato in via ufficiale il suo nuovo lavoro, Sudoku Killer, alla Casa del Jazz (un concerto che a quanto pare è stato molto gradito dal pubblico) e noi, che non neghiamo di essere rimasti davvero incuriositi, l’abbiamo raggiunta per farci raccontare la filosofia che si nasconde dietro un progetto tanto interessante quanto sperimentale.

Caterina, quanto c’è del tuo background in questo nuovo CD, mi riferisco alle diverse sonorità a cui hai attinto?

“Di base questo è un Cd che possiamo definire di Jazz, anche se contaminato da altre sonorità. Io sono partita dal rock di Jimi Hendrix, dei Rolling Stones, dei Red Hot Chili Peppers e anche dei Nirvana. E’ stata la mia passione fino ai 20 anni, poi c’è stata una fase jazzistica e adesso sto mescolando le influenze per scrivere una musica che definisco “la mia”. Ovviamente non può essere un lavoro che riprende le musiche degli anni ‘40 perché, essendo una musica composta da me, è normale che vengano altre influenze. Io, infatti, sono appassionata di rock, anche di musica elettronica e il disco è così contaminato proprio perché volevo seguire un mio percorso. Quindi, ho fatto inconsciamente leva su tutto quello che ho ascoltato in questi anni.”

Il titolo di questo lavoro “Sudoku killer” cosa rappresenta?

“Sudoku killer è un gioco matematico, una variante di quello normale, diciamo un Sudoku assassino perché è un gioco davvero “scervellotico”. Quindi, ho scelto questo titolo, primo perché sono appassionata dei giochetti di logica e, visto che la sera ne faccio tanti, è un cosa che rispecchia una parte della mia personalità. Secondo, ho deciso di usare questo nome perché i miei pezzi sono storie che apparentemente non sono collegate, ma che hanno un filo conduttore ben preciso. Il Sudoku, infatti, è un incrocio di numeri che messi insieme hanno uno a loro logica, quindi Sudoku Killer è un parallelismo fra logica e numeri che danno una coerenza a questo prodotto e alle canzoni che lo compongono.”

E questi titoli così inquietanti?

“Sicuramente sono appassionata di cinema e ho attinto ampiamente da questa tradizione. E poi il disco ha sonorità cupe, tutti minori, con i titoli collegati ad un’atmosfera che si avvicina al noir, ma con una buona dose di ironia.”

Quindi, quali sono gli scenari che dipingete attraverso la vostra musica?

“Principalmente partiamo dai film, anche dai libri, e poi sicuramente da stati d’animo della mia vita. Un titolo, per esempio, è Berlino Est ed è nato perché, quando sono stata a Berlino per la prima volta, ho avuto delle sensazioni che ho trasformato in musica senza sapere che erano collegate a quella visione. Ispirazioni, libri, cinema, atmosfere, qualunque cosa mi colpisca esce fuori attraverso un brano musicale.”

In alcune tue dichiarazioni hai affermato che suoni con spirito Punk, vuoi commentare questa frase?

“Il discorso è… Va bene che tutti siamo musicisti di professione, con massima serietà, però il jazz forse si prende troppo sul serio. A me, invece, piace sdrammatizzare, fare dell’ironia su quello che si fa, suonare con grinta anche se può essere che sbagli una nota. Anche se faccio due accordi, ci metto grinta e il messaggio arriva comunque.”

Può essere una nuova frontiera del Jazz il fatto di utilizzare nuove sonorità, come le chitarre distorte che richiamano anche la musica psichedelica?

“In realtà quello che noto nel jazz italiano, dal quale mi discosto, è che è un po’ influenzato dal jazz moderno americano, senza ritmiche rock e con un uso limitato degli effetti. Per esempio le chitarre elettriche sono poco sfruttate perché chiaramente il piano acustico è migliore di una chitarra acustica. Io, invece, mi sento vicina al jazz nord europeo che va verso una direzione molto interessante, senza tempi dispari o armonie molto complicate. Infatti, sono più melodica e gioco sul suono più che sul fatto di complicare un pezzo. Meglio due note con un suono pazzesco che con mille accordi come faceva John Coltrane.”

E questa sperimentazione è venuta fuori da sé? Quanto sono stati importanti i componenti del tuo gruppo?

“Loro sono fondamentali nel suono del disco. In realtà è già da tre anni che esiste questo gruppo, abbiamo iniziato con un’impronta jazz e, a furia di studiare insieme siamo cresciuti e abbiamo capito che suonare gli standard ci andava stretto. Avevo l’esigenza di fare un mio suono e per questo ho cominciato a proporre cose mie, loro mi hanno seguito, erano sulla mia lunghezza d’onda, forse prima più guidata, mentre adesso hanno chiaro quello che voglio. Adesso il gruppo è ben rodato. Inoltre a me piace fare delle piccole Suite, con molte variazioni, mi diverto a scrivere e, secondo me, è molto importante che un tema abbia la sua logica.”

Continuerete con questo progetto o è soltanto una parentesi?

“Certo, io sono determinata a portare avanti questo progetto, mi sembra che il pubblico sia entusiasta e vedere che cento persone sono rimaste senza biglietto alla Casa del Jazz, non può che farmi piacere. Abbiamo girato in Italia, continueremo a farlo e questo progetto lo continuo, cascasse il mondo! E’ un percorso difficile e originale, ma per adesso siamo stati ripagati ampiamente. Chiaramente continuerò con gli stessi componenti, ma non posso garantire per il futuro, a volte i percorsi di dividono.”

Un ultima domanda, quali saranno i tuoi prossimi impegni?

“Dopo questa presentazione ufficiale alla Casa del Jazz, anche se in realtà il Cd uscito a febbraio, a fine novembre saremo in Veneto, a fine dicembre in Lombardia e Liguria. Una settimana al mese di tour in Nord Italia, l’idea è questa. Inoltre abbiamo proposto due pezzi nuovi alla Casa del jazz e sono piaciuti anche più di quelli vecchi. Certo, per quanto riguarda un secondo CD, ora ti dico che  mi sto godendo il primo e non ho fretta. L’obiettivo è quello di suonare il più possibile per promuovere al meglio questo lavoro.”

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