Jazz Agenda

CASA DEL JAZZ LIVE DIARY : Le Orme e il Banco del Mutuo Soccorso chiudono Progressivamente

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Non c’è discussione sul fatto che i primi anni ’70 siano stati i più prolifici per il rock progressivo italiano, anni in cui le più importanti formazioni di questo genere producevano i migliori dischi e i migliori concerti. E le persone che spesso ci hanno raccontato di quel periodo, ce l’hanno definito come magico e irripetibile, come un qualcosa che si respirava nell’aria e che forse non sarebbe tornato più. Certo, se ci pensiamo un po’ su, la prima cosa che potremmo rispondere è che probabilmente hanno anche ragione, ma pensandoci meglio, potremmo anche contestare dicendo che domenica 11 settembre alla Casa del Jazz (nell’ambito del Festival Progressivamente), a vedere Le Orme e il Banco del Mutuo Soccorso, c’erano quasi tre mila persone. E non parliamo soltanto di nostalgici amanti della musica degli anni ’70, ma di un pubblico che forse rappresenta tutte le generazioni e che semplicemente ama la buona musica. Quindi, cerchiamo di proiettarci per un attimo in quella serata e per capire meglio l’atmosfera diciamo subito che ben prima dell’inizio del concerto non era rimasta l’ombra di un posto a sedere. Gente seduta per terra, in piedi, vicina al mixer e ai lati del palcoscenico per un concerto davvero indimenticabile che ci ha fatto sentire come dei privilegiati baciati da una buona stella, magari da “La croce del sud”, giusto per fare una citazione ad hoc. Ma lasciamo stare le parole rubate a persone che sicuramente hanno più inventiva di noi e cerchiamo di tuffarci nell’atmosfera di questa splendida serata.

I primi a salire su questo palcoscenico e ad incantare un pubblico più che mai ansioso di ascoltare sono Le Orme. Certo, è probabile che tutti gli amanti del progressive siano a conoscenza della separazione avvenuta fra gli ultimi due membri della storica line up, ovvero il batterista Michi Dei Rossi e il vocalistAldo Taglialapietra, ma questo non vuol dire che il gruppo abbia perso la voglia e l’inventiva per stupire e per stupirsi. E quindi, se pensiamo che adesso alla voce c’è Jimmy Spitaleri, fondatore dei Metamorfosi, allora possiamo proprio dire che sebbene le cose cambino, come a volte è anche giusto che sia, la buona musica rimane sempre tale e riesce sempre ad emozionare. E poi la presenza scenica non è da sottovalutare per niente. Spitaleri si presenta con una chioma lunga e folta e con tutta l’energia necessaria per affrontare una serata del genere.

 

Fin dall’inizio, infatti, da quando Le Orme cominciano a suonare, riescono a creare atmosfere surreali, a trascinarti in quell’arte della sperimentazione che soltanto pochi musicisti riescono a fare così bene. La prima parte è dedicata tutta all’ultimo lavoro d studio, La via della Seta. Testi che parlano di viaggi, sia terreni che mentali, musiche che hanno il potere di farti abbandonare la realtà per permetterti di tuffarti in un universo parallelo fatto di suoni, colori, ma anche di arte e poesia. Due viaggi, uno compiuto attraverso il suono degli strumenti, l’altro attraverso la narrazione e la conoscenza. C’è anche il tempo per fare un tuffo nel passato con il disco Felona e Sorona, suonato al momento della chiusura, e per ascoltare quella musica corale, sinfonica, monumentale che da sempre è stata, secondo noi, la principale caratteristica di questa formazione. E il concerto in questo modo acquista diverse sfaccettature, diversi momenti che lo rendono unico e irripetibile fino all’ultima chiusura della batteria di Michi Dei Rossi, sempre impeccabile, come del resto tutti gli altri membri delle Orme.

Ora, solitamente dopo che termina il primo concerto bisogna aspettare un po’ di tempo perché cominci il secondo. In generale passano una ventina di minuti, ma questa volta, forse perché la voglia di suonare era davvero tanta, non ne sono passati neanche cinque. Il Banco del Mutuo soccorso, infatti, sale sul palcoscenico della Casa del Jazz dopo un brevissimo tempo di intervallo e comincia a suonare con tutta l’energia che tutti gli amanti di questa band si aspettano di percepire. Francesco di Giacomo, voce della band, a 60 anni suonati ha ancora energia da vendere e Vittorio Nocenzi piuttosto che suonare vola sulla tastiera. Ma la cosa bella, che viene spesso sottolineata da più membri della band, è che la musica è condivisione. Senza il pubblico non ci sarebbe la stessa alchimia e quindi niente di tutto quello che abbiamo visto e sentito sarebbe possibile. Sono parole che ci fanno capire la passione che c’è dietro ogni singola nota suonata o pizzicata su ogni strumento. Energia pura, energia positiva, energia che ci fa viaggiare nello spazio e nel tempo e che allo stesso tempo riesce a metterti nelle migliori condizioni possibili.

 

Francesco di Giacomo ha ancora una voce capace di emettere suoni irripetibili e di alternare ad essi momenti di recitazione pura, come se il concerto fosse un’opera d’arte in continuo movimento. E sebbene ci sia un momento in cui ogni singolo elemento riesca ad emergere, la cosa più bella rimane sempre quella musica d’insieme che durante questa serata indimenticabile è riuscita ad ipnotizzare il pubblico per oltre un’ora e mezzo. Il concerto, quindi, scorre veloce e nella sua complessità risulta, leggero, coinvolgente quasi inafferrabile. Con il Banco tutto diventa semplice, si crea un legame fra pubblico e palco, i ritmi incalzanti e la potenza che viene sprigionata dalla formazione coinvolge tutti, anche quelli che magari si trovavano lì per caso ignari di quello che avrebbero ascoltato. E la cosa che ci ha davvero colpito è l’umiltà, la semplicità, la spensieratezza con cui la serata viene affrontata, come se questi illustri signori con alle spalle 40 anni di rock progressivo si fossero fermati davanti allo scorrere del tempo per regalarci attimi di estasi per i nostri timpani.

E come grande conclusione di questa serata, che sicuramente ricorderemo per un bel po’ di tempo, salgono sul palco insieme al Banco le Orme. E immaginatevi cosa può succedere in un concerto con due formazioni del genere che suonano insieme canzoni capolavoro come Non mi rompete. E’ qualcosa che ci viene veramente difficile da spiegare senza l’ausilio di quei musicisti che per 20 minuti ci hanno fatto viaggiare con ritmi e melodie che non si possono definire coinvolgenti perché altrimenti sarebbe troppo riduttivo. Insomma, quella di domenica è stata la conclusione in grande stile di un festival (Progressivamente) che per una settimana ci ha davvero tenuto compagnia con alcuni dei migliori musicisti della scena di ieri, di oggi e chissà… Forse anche di domani.

Carlo Cammarella

foto di Valentino Lulli

 

 

 

 

 

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Enrico Intra festeggia gli 80 anni alla Casa del Jazz

  • Pubblicato in Pagina News

 

Venerdì 3 luglio alla casa del Jazz Il Jazz romano incontra e festeggia Enrico Intra, un evento eccezionale dedicato al grande Maestro che festeggia i suoi ottant'anni con uno straordinario cast di musicisti, scelti tra coloro con cui il pianista, compositore e anche animatore culturale milanese ha percorso un tratto della sua lunghissima vicenda artistica. Tra brani orchestrali, duetti, trii, quartetti, il Maestro si alternerà al pianoforte e alla direzione, dialogando con musicisti che gli renderanno omaggio in una tappa importante di una carriera costellata di successi e di geniali intuizioni:         

 

Casa del Jazz: Viale di Porta Ardeatina, 55 - Roma

Info: 06/704731

Enrico Intra "80"

Venerdì 3 Luglio Ore 21.00 - Ingresso Libero

Casa del Jazz Summer Festival 2015

 

 

Interverranno

Giuseppe Bassi,

Bruno Biriaco,

Paolo Damiani,

Antongiulio Foti, 

Roberto Gatto,

Maurizio Giammarco,

Rosario Giuliani,

Vincenzo Martorella,

Stefano Mastruzzi & Saint Louis Jazz it Up

Gegè Munari,

Lino Patruno,

Marcello Rosa,

Giorgio Rosciglione,

Daniela Spalletta,

Roberto Tarenzi,

Giovanni Tommaso,

Israel Varela

 

 

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Casa del Jazz Summer Festival: la programmazione

Ritorna alla Casa del Jazz la rassegna estiva Casa del Jazz Summer Festival, nel suo splendido parco che si terrà dal 27 giugno all’11 luglio con concerti che vedranno protagonisti  grandi interpreti del jazz internazionale da Mike Stern e Didier Lockwood, dai brasiliani  Hamilton De Holanda & Diogo Nogueira, a Marc Ribot e alcuni dei più importanti musicisti italiani, Enzo Pietropaoli, Paolo Damiani con Rosario Giuliani, Massimo Nunzi con l’Orchestra Operaia, Fabio Zeppetella, l’omaggio a Enrico Intra, il concerto benefico di Giovanna Marini con il Coro e la Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio.

Ad aprire la rassegna, sabato 27 giugno, in collaborazione con Associazione Cultura è Libertà il concerto di Giovanna Marini con il Coro e la banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio, a sostegno del progetto “Liutai a Gaza, la musica al lavoro contro la distruzione”. Costruzione di un laboratorio per la riparazione di strumenti musicali. La Musica Come Arte Di Resistenza. E' una definizione della Scuola di Musica palestinese Al Kamandjati, presa dal film Just Play di Dimitri Chimenti, perfetta anche per il gran concerto di Giovanna Marini con il coro e la banda della scuola di Testaccio che contribuirà a sostenere il progetto “Liutai a Gaza, la musica al lavoro contro la distruzione” e in particolare l'acquisto degli strumenti da lavoro per un laboratorio di riparazione e di costruzione di strumenti musicali a Gaza.

Venerdì 3 luglio la Casa del Jazz e l'etichetta discografica Alfa Music presentano Enrico Intra "Ottanta!", il jazz romano incontra e festeggia Enrico Intra, un evento eccezionale dedicato al grande Maestro che festeggia i suoi ottant’anni con uno straordinario cast di musicisti, scelti tra coloro con cui il pianista, compositore e anche animatore culturale milanese ha percorso un tratto della sua lunghissima vicenda artistica.

Tra brani orchestrali, duetti, trii, quartetti, il Maestro si alternerà al pianoforte e alla direzione, dialogando con musicisti che gli renderanno omaggio in una tappa importante di una carriera costellata di successi e di geniali intuizioni: Giuseppe Bassi, Bruno Biriaco, Paolo Damiani, Roberto Gatto, Maurizio Giammarco, Rosario Giuliani, Stefano Mastruzzi, Gegè Munari, Lino Patruno, Marcello Rosa, Giorgio Rosciglione, Roberto Tarenzi, Giovanni Tommaso, Bruno Biriaco, Daniela Spalletta, Israel Varela e molti altri.

Sabato 4 luglio l’Orchestra Operaia Di Massimo Nunzi con la band ”La Batteria”. Due formazioni fuori dagli schemi che si incontrano mischiando i loro repertori e rileggendoli insieme. Una doppia orchestra con due batterie, due bassi, due chitarre e  fiati. Nunzi e i Lone Arrangers riscrivono "La Batteria" e "La Batteria" rilegge l'Orchestra Operaia. Suoni vintage e cinematici, modulati in chiave jazz.

Domenica 5 luglio, Fabio Zeppetella Quartet, con Fabio Zeppetella alla chitarra, Roberto Tarenzi al pianoforte, Dario Deidda al basso elettrico e Fabrizio Sferra alla batteria presenterà Handmade, il suo nuovo progetto discografico. Handmade è un'emozione che ci porta direttamente nell'anima dell'autore con  brani composti "a mano" da Zeppetella il cui nuovo progetto lo ritrova leader di un quartetto di jazzisti di livello internazionale.

Mercoledì 7 luglio, Enzo Pietropaoli Yatra Quartet con Enzo Pietropaoli al contrabbasso, Fulvio Sigurtà alla tromba, Julian Mazzariello al pianoforte e Alessandro Paternesi alla batteria presenterà “Yatra vol. 3”, il nuovo lavoro discografico che, in attesa di sviluppare nuove idee per il futuro, chiude una “trilogia” iniziata con “Yatra” nel 2011 e seguito da “Yatra vol. 2” nel 2013. Il gruppo è nato nel 2011 in occasione di alcuni concerti in India che hanno suggellato la coesione musicale e umana tra i componenti del gruppo, da qui il nome Yatra che in urdu hindustani significa appunto “viaggio”. Ci si evolve, si cambia, ma si conserva, Pietropaoli crede in una certa classicità, nella speranza che la sua musica possa rimanere attuale anche tra tanti anni, e con Yatra vol. 3 ha voluto ribadire quella filosofia musicale che tanti consensi ha ottenuto nei due lavori precedenti.

Mercoledì 8 luglio,un evento speciale,la Città di Rio de Janeiro presenta:“Bossa Negra” - Hamilton De Holanda & Diogo Nogueira” con Hamilton de Holanda, mandolino a 10 corde, Diogo Nogueira alla voce, André Vasconcellos al contrabbasso e Thiago da Serrinha alle percussioni. Bossa Negra è un concerto che promuove l'incontro di due dei maggiori esponenti della nuova generazione della musica brasiliana: il cantante Diogo Nogueira e il mandolista Hamilton de Holanda ed è la fusione di generi che entrambi i musicisti hanno sempre seguito: samba, choro e jazz. L’idea di Bossa Negra nasce dal primo incontro in un duo nel 2009 a Miami (USA), il nome di Bossa Negra è nato quel giorno, l'amicizia tra gli artisti si è solidificata e ha permesso loro di portare avanti il progetto con continuità. La loro musica  rievoca il sole, i colori e i profumi delle spiagge di Copacabana. Hamilton de Holanda è stato ribattezzato da qualcuno il Jimi Hendrix del bandolim.

Giovedì 9 luglio il concerto di Mike Stern & Didier Lockwood Band. Mike Stern è tra i chitarristi contemporanei più influenti per tecnica e creatività, con riconoscimenti prestigiosi, tra cui i Grammy Award. Stretto collaboratore di Miles Davis, ha sempre corso sul crinale tra jazz e blues, condividendo questo percorso oggi con Didier Lockwood, considerato a ragione uno dei fenomeni del violino a livello mondiale.

Venerdì 10 luglio il concerto di Paolo Damiani New Band featuring Rosario Giuliani con Paolo Damiani al violoncello, Rosario Giuliani al sax alto, Francesco Fratini alla tromba, Luigi Masciari alla chitarra e Alessandro Paternesi alla batteria. Questo nuovo progetto del compositore e violoncellista romano, Direttore del Dipartimento Jazz del Conservatorio di Santa Cecilia, vede ospite lo straordinario sax di Rosario Giuliani. Nei brani, pur fortemente strutturati, le linee del contrappunto tendono a generare spazi sonori  aperti e flessibili in cui il respiro e il gesto improvviso danzano liberamente e con gioia. La cantabilità delle composizioni non rinuncia mai alla ricerca, intesa soprattutto come ascolto curioso, invenzione, stupore, ironica erranza, piacere, godimento.

Sabato 11 luglio chiuderà Casa del Jazz Summer Festival, il chitarrista americano Marc Ribot, musicista eclettico, icona della musica d’avanguardia contemporanea, alla testa del suo Ceramic Dog, completato dal bassista Shahzad Ismaily e dal batterista Ches Smith, un trio che sfugge ad una catalogazione di genere, ma rivela molteplici influenze, spaziando dal jazz al punk, dalla musica cubana al blues, dal funk all’improvvisazione più radicale, dal rock al klezmer, con autoironia e grande dose di divertimento.

 

Casa del Jazz: viale di Porta Ardeatina, 55

Info: 06/704731

Casa del Jazz Summer Festival 2015

(parco della casa del jazz)

dal 27 giugno all’11 luglio 2015 ore 21

 

 

sabato 27 giugno ore 21

GIOVANNA MARINI in concerto

con il Coro e la banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio

In collaborazione con Associazione Cultura è Libertà

Ingresso libero

 

venerdì 3 luglio ore 21

ENRICO INTRA "OTTANTA!"

Il Jazz romano incontra e festeggia Enrico Intra

Con Giuseppe Bassi, Bruno Biriaco, Paolo Damiani, Roberto Gatto,Maurizio Giammarco, Rosario Giuliani, Stefano Mastruzzi, Gegè Munari, Lino Patruno, Marcello Rosa, Giorgio Rosciglione, Roberto Tarenzi, Giovanni Tommaso,Bruno Biriaco,Daniela Spalletta, Israel Varela e molti altri…

In collaborazione con AlfaMusic

Ingresso libero

 

sabato 4 luglio ore 21

L’ORCHESTRA OPERAIA di MASSIMO NUNZI meets LA BATTERIA

ORCHESTRA OPERAIA

Massimo Nunzi direzione e arrangiamenti

Marta Colombo voce

Mario Caporilli, Fabio Gelli trombe

Stan Adams, Pierluigi Bastioli tromboni

Claudio Giusti, Alex Tomei, Carlo Conti, Duilio Ingrosso sassofoni

Alessandro Gwiss tastiere

Manlio Maresca chitarra

Lorenzo Feliciati basso elettrico

Pier Paolo Ferroni batteria

Claudio Toldonato, Marco Vismara, Alberto Buffolano, Damiano La Rocca The Lone Arrangers

LA BATTERIA

Emanuele Bultrini chitarra

Stefano Vicarelli tastiere

Paolo Pecorelli basso elettrico

David Nerattini batteria

Ingresso euro 10

 

domenica 5 luglio ore 21

FABIO ZEPPETELLA QUARTET “HANDMADE”

Fabio Zeppetella chitarra

Roberto Tarenzi pianoforte

Dario Deidda basso elettrico

Fabrizio Sferra batteria

Ingresso euro 15

 

martedì 7 luglio ore 21

ENZO PIETROPAOLI QUARTET “YATRA 3”

Enzo Pietropaoli contrabbasso

Fulvio Sigurtà tromba

Julian Mazzariello pianoforte

Alessandro Paternesi batteria

Ingresso euro 15

 

mercoledì 8 luglio ore 21

La Città di Rio de Janeiro presenta

“BOSSA NEGRA” - HAMILTON DE HOLANDA & DIOGO NOGUEIRA

Hamilton de Holanda mandolino a 10 corde

Diogo Nogueira voce

André Vasconcellos contrabbasso

Thiago da Serrinha percussioni

Ingresso euro 20

 

giovedì 9 luglio ore 21

MIKE STERN / DIDIER LOCKWOOD BAND

featuring STEVE SMITH & TOM KENNEDY

Mike Stern chitarra

Didier Lockwood violino

Tom Kennedy basso elettrico

Steve Smith batteria

Ingresso euro 25

 

venerdì 10 luglio ore 21

PAOLO DAMIANI NEW BAND

featuring ROSARIO GIULIANI

Paolo Damiani violoncello

Rosario Giuliani sax alto

Francesco Fratini tromba

Luigi Masciari chitarra

Alessandro Paternesi batteria

Ingresso euro 15

 

sabato 11 luglio ore 21

MARC RIBOT CERAMIC DOG

Marc Ribot chitarra

Shahzad Ismaily chitarra, basso, elettronica

Ches Smith batteria e percussioni

Ingresso euro 20

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CASA DEL JAZZ LIVE DIARY: Fonderia , Nico Di Palo & Vittorio Scalzi “New Trolls”

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Eccoci qui , come al solito a seguire il festival PROGRESSIVAMENTE , evento ospitato dalla Casa del Jazz .Questa sera ascolteremo prima uno splendido progetto quale quello della Fonderia, gruppo formato da Emanuele Bultrini (chitarra), Stefano Vicarelli (piano  organo synths), Federico Nespola (batteria), Luca Pietropaoli (tromba) e Paolo Pecorelli (basso). Subito dopo, per non farci mancare nulla, Nico Di Palo (voce e tastiera) e Vittorio De Scalzi (voce ,tastiere,chitarre e flauto) ci riporteranno agli albori del prog italiano con la loro storica formazione dei New Trolls, accompagnati da Andrea Maddalone (chitarra e voce), Francesco Bellia (basso e voce), Roberto Tiranti (voce e chitarra) e Giorgio Bellia (batteria). La Fonderia ci propone un’emozionate miscela di prog, jazz, rock e funk. La musica scorre leggera e ci lasciamo prendere dai ritmi dati dalla batteria e dai fantastici suoni emessi dal basso, che passa dalle sonorità rotonde e piene degli anni ’70 a suoni più duri, quasi rock. Il tutto è intramezzato da splendide melodie di tromba che ci riportano a suoni più vicini al jazz, e da una chitarra e una tastiera che ci avvicinano più al mondo del progressive. Gradita sorpresa è stata la partecipazione di Barbara Eramo, che con la sua splendida voce ha dato vita, insieme alla Fonderia, a un momento magico ed emozionate . In conclusione questo progetto risulta piacevole, ben fatto e soprattutto molto sentito dal gruppo. Il risultato che ne esce è sicuramente frutto di un duro lavoro, e gli si renda merito di questo.

 

“New Trolls”, cosa vogliamo aggiungere? Un concerto tenuto magistralmente, una carica che qualche spettatore definisce migliore di quella dei tempi che furono. Non credo di essere abbastanza bravo per descrive la forza , il ritmo e l’aria che si respirava mentre suonavano. Le voci di Nico Di Palo e di Vittorio De Scalzi sembrano essere le stesse di qualche decennio fa; sembra che per loro il tempo si sia fermato, e ancora brucino il palco. Vittorio De Scalzi si agita alle tastiere canta e suona il flauto, mentre Nico Di Palo, più contenuto, ci stupisce con la sua voce. Il resto della band non è da meno e sembra di sentire le vocalizzazioni dei vecchi “New Trolls” . Iniziano suonando parte del Concerto Grosso n° 1 e del Concerto Grosso n° 2. Ci deliziano con il nuovo album Concerto Grosso – The Seven Seasons, dove si avvalgono della collaborazione di Shel Shapiro per le liriche in inglese e chiudono con i loro pezzi classici del primo pop italiano. A mezzanotte si sta per concludere il concerto, ma il pubblico chiede a gran voce un bis. Con grande sforzo dell’organizzazione gli viene concesso. Chiudono, a sorpresa, con la partecipazione diMax Tortora che interpreta assieme a Vittorio De Scalzi l’ultimo pezzo della serata. Se avete la possibilità non perdetevi un concerto di questa formazione…anzi non dovete assolutamente perderlo!

Valentino Lulli

foto di Valentino Lulli

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CASA DEL JAZZ LIVE DIARY: Goblin…Rebirth e Murple a Progressivamente

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Quanti avranno rimpianto la lunga chioma di gioventù da poter scuotere assieme alla batteria diAgostino Marangolo ieri sera? Quello a cui abbiamo assistito nell’ambito del festivalProgressivamente, è stato un concerto dal dovuto successo (nonostante, purtroppo, la Casa del Jazznon fosse gremita come in altre occasioni), trascendente ogni discussione riguardo la divisione della band originaria in due analoghe. I Goblin…Rebirth ci hanno regalato il meglio di se stessi, suonando con la passione e l’entusiasmo che sempre li ha contraddistinti. L’attuale formazione, voluta da Fabio Pignatelli e Agostino Marangolo, due dei componenti storici dei Goblin, ha accolto nelle sue filaAidan Zammit e Danilo Cherni alle tastiere e un instancabile quanto virtuoso Giacomo Anselmi alle chitarre. Ad acclamarli anche un buon numero di giovanissimi; tra i quali il gruppo è diventato popolare probabilmente più attraverso Profondo RossoSuspiria ed altri noti film che vantano colonne sonore a cura di Pignatelli e Marangolo. Eppure sotto (e sopra!) il palco ci sembrano tutti giovani e ruggenti al momento, presi dal tuffo negli “anta ribelli” che stanno vivendo. Per un’ora e mezza, senza sosta, l’attenzione è rapita. Sono loro a farla da padrone. Nessuno si muove (sono pochi gli audaci che sfidano i vicini di sedia alzandosi col rischio di distrarre l’intera fila!), non c’è chiacchiericcio. Solo sguardi d’intesa e scrosci di applausi. Alle spalle dei musicisti, in un loop psichedelico, scorrono scene dei film ai quali i Goblin hanno “prestato gli strumenti”, creando un’atmosfera inquietante ed “allucinogena”.

I brani si incalzano, Anselmi si destreggia rapido tra una chitarra elettronica ed una acustica. C’è spazio però per una parentesi in cui è Marangolo a prendere la parola e presentare il progetto proposto per l’occasione. Goblin è forse uno dei momenti più intensi del concerto, nel quale è proprio Marangolo a regalarci un provocante assolo di batteria e in cui comunque tutti gli strumenti risultano più spinti. Alla fine, quando Anselmi prende in mano il suo bouzouki, sappiamo tutti bene cosa ci attende! Sulla scritta “Avete visto PROFONDO ROSSO di Dario Argento” i Goblin Rebirth ci salutano; e noi li omaggiamo con una meritatissima standing ovation. Si riaccendono le luci. Le sedie vuote. Per la nostra band non è finita qui! Difatti il pubblico si è affrettato sotto il palco a complimentarsi di persona, a porgere un saluto o semplicemente nel tentativo di scambiare una chiacchiera con uno dei musicisti. Ed è proprio da questo lato del palco che ci colpisce un Wolkswagen, parcheggiato come se fosse in esposizione per i sopracitati “anta ribelli”, che reca la scritta Murple, il secondo gruppo previsto per questa sera. Speriamo di vederli saltar fuori proprio da lì al momento giusto, ma non è così.

Sono già sul palco a prepararsi, approfittando della distrazione momentanea. Forse l’attenzione per questa formazione è stata mal valutata, perché invece ci hanno dimostrato di avere una gran carica ed ironia. Pier Carlo Zanco, Mario Garbarino e Duilio Sorrenti hanno ricostruito il gruppo nel 2008, “regalando” ai fans un secondo album: Quadri di un’esposizione. Ispirato all’omonima creazione di Musorgskij. Ad accompagnarli durante la serata Maurizio Campagnano alla chitarra e la giovanissima voce di Claudia d’Ottavi. L’emozione dei componenti è palpabile; la d’Ottavi, probabilmente nuovissima recluta, cerca conferma negli occhi degli altri quando si tratta di presentare i brani. Con grande tenerezza viene supportata dal gruppo, che un po’ la burla (bonariamente è ovvio!), un po’ la incoraggia. Il tempo per loro è breve, per questo non si risparmiano mai. Il salto da un progressive più “duro” ad atmosfere più folkeggianti è piacevole e ci rilassa. Baba Yaga, tutta al femminile, ci piace molto; e Claudia d’Ottavi dimostra di saper gestire bene il palco col suo volteggiare e il fare un po’ teatrale a discapito dell’aria lievemente impacciata che sembrava avere all’inizio. La dimostrazione è che i Murple hanno saputo coraggiosamente tener testa al caleidoscopio di emozioni che li avevano preceduti, senza tentennare. Divertendosi e divertendo hanno dato degna chiusura alla serata. Peccato per chi non c’era, perché noi ne siamo usciti entusiasti!

Serena Marincolo

foto di Valentino Lulli, Riccardo Arena

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CASA DEL JAZZ live diary – 6 settembre 2011 – Rita Marcotulli “racconta” i Pink Floyd

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La Casa del Jazz ci regala l’ultima rassegna in questa estate settembrina, abbandonando le sonorità che hanno contraddistinto il “Casa del Jazz Festival”, per 6 giorni di puro progressive. “Progressivamente”, questo il nome della rassegna, apre con un gruppo d’eccellenza guidato da una pianista d’altrettanta fama: Rita Marcotulli. “Us and them – Pink Floyd sounds” è un omaggio che attinge alle diverse realtà musicali dei componenti, dal risultato per nulla scontato! La folla alla biglietteria non tradisce le aspettative. Del resto i Pink Floyd rientrano in quella categoria di gruppi che uniscono generazioni, e forse anche la presenza sul palco del cantante Raiz, storico frontman degli Almamegretta, ha il suo peso. Fatto sta che ci ritroviamo tutti sul solito prato, frequentato un’estate intera (per chi è rimasto un vacanziero di città!), con le facce più abbronzate e rilassate a farci stupire ancora una volta. C’è meno rigore e più voglia di interagire con chi ci sta intorno. Ai tavoli le chiacchiere hanno il sapore dei viaggi che ciascuno racconta, ma tutti buttano un occhio al palco almeno una volta, in segno di attesa. Lo spiedo del kebab c’è ancora, ad impregnare l’aria, a ricordarci che in fondo può essere ancora estate. L’afa ha lasciato il posto ad un’aria più leggera, così si ha più piacere a stare all’aperto (ed anche a pensare di essere già tornati a Roma!). 

Alla breve presentazione della serata e del festival in sé, tutti si ricompongono pronti all’ascolto. Sul palco salgono in sette: oltre alla Marcotulli al piano e Raiz alla voce, abbiamo Andy Sheppard al sax;Pippo Matino al basso elettrico; Fausto Mesolella alla chitarra elettrica; Michele Rabbia alle percussioni e Mark Mondesir alla batteria. Se l’impronta di Raiz si avverte distintamente nelle sonorità arabeggianti, Michele Rabbia le valorizza con la sua bravura nel manipolare i suoni degli oggetti più disparati (in questo caso in particolare, la capacità di ricreare suoni “elettronici” attraverso una lastra di metallo). Fiori all’occhiello i virtuosismi di Sheppard e della Marcotulli. Pur non volendo stravolgere la struttura originaria dei brani, essi si ripresentano nuovi, non sempre immediatamente riconoscibili, ma ugualmente affascinanti ed inebrianti. L’uso del riverbero li rende eterei, avvolgenti; lascia che diventino un ricordo, un sogno. Come se la loro presenza lì, in quel momento, non fosse del tutto scontata. Colpisce, tra i brani, il modo in cui “Shine on you crazy diamond” sia stata spogliata da qualsiasi orpello virtuosistico, lasciandone emergere la bellezza del testo ed accentuando il contrasto tra la voce graffiante di Raiz e quella più “pulita” di David Gilmour. Senza tentare di surclassare o dare un’interpretazione originale di un brano unico nel suo genere.

Il progetto è ambizioso e ben riuscito. Riesce a calamitare l’attenzione e a regalare un po’ di nostalgia a chi i Pink Floyd li ama dagli esordi.

Serena Marincolo

foto di Valentino Lulli

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Live report: Javier Girotto e gli Aires Tango

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Nella serata del 14 agosto, in una Roma quasi deserta, scopriamo con sorpresa una Casa del Jazz quasi piena. La giornata è calda e umida con una splendida luna piena. Con un sottofondo di instancabili cicale aspettiamo tutti quanti l’inizio del concerto. Questa sera suonerà Javier Girotto al sassofono accompagnato dai fedeli Aires Tango. In ordine: Natalino Mangalavite al pianoforte e voce ,Santiago Greco al basso e Martin Bruhn alla batteria e voce.  Tutti i musicisti sono di Cordoba, Argentina, paese di nascita di Javier Girotto, e presentano un disco dal titolo Alrededores de la Ausencià, disco dedicato ai 30.000 desaparecidos argentini scomparsi tra il 1967 e il 1983 durante la dittatura militare.  Appena iniziano a suonare veniamo trascinati in Argentina, le sonorità e i ritmi ci ricordano, la samba e il tango si fondono con il jazz. Girotto suona  e si avvinghia al suo sax lasciando trasparire le proprie sensazioni ma non vuole dominare la scena e lascia spesso spazio a gli altri musicisti. Martin Bruhn  il batterista , si lascia andare a ritmi di samba, mentre Natalino Mangalavite esegue soli di piano alternati da splenditi pezzi cantati, alcuni dei quali estremamente emozionali.

La gente applaude e alcuni ballano anche. Durante le pause Girotto racconta aneddoti sui musicisti, scherza e ride. Tutto ci lascia in bocca un sapore conviviale e allegro tipico della gente sud-americana. Il concerto si chiude tra un fragoroso applauso e avviandoci verso casa non riusciamo a resistere alla tentazione di battere le mani al ritmo si samba o canticchiare qualche melodia rimasta che questa splendida serata ci ha lasciato impressa.

Valentino Lulli

Foto di Valentino Lulli

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Stefano Saletti e la piccola banda Ikona alla Casa del Jazz

Giovedì 11 agosto, Casa del Jazz Festival presenta: “Notte Mediterranea” con Stefano Saletti e laPiccola Banda Ikona. Ospiti speciali: Ambrogio Sparagna, Jamal Ouassini. Stefano Saletti presenta un progetto particolare dedicato a far conoscere affinità e differenze negli stili vocali e musicali dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo: le influenze, le contaminazioni, le specificità. Un viaggio affascinante tra i canti e i suoni del Mediterraneo: dalla polifonia balcanica ai canti del sud d’Italia, dai mouwashas arabo-andalusi, al fado portoghese, dai canti sefarditi della diaspora ebraica alle esperienze del canto in Sabir l’antica lingua del Mediterraneo. Polistrumentista, profondo conoscitore delle musiche del Mediterraneo e direttore di ensemble musicali internazionali, Saletti è il fondatore della Piccola Banda Ikona, formazione che al suo interno ha prestigiosi musicisti come le cantanti Barbara Eramo e Ramya, il fiatista Gabriele Coen, il violinista Carlo Cossu, il bassista Mario Rivera e il batterista Leo Cesari. Il gruppo per questa “Notte Mediterranea” si arricchisce di ospiti come Ambrogio Sparagna direttore dell’Orchestra Popolare italiana e il violinista Jamal Ouassini direttore della Tangeri Cafè orchestra. La Piccola Banda Ikona canta in Sabir, l’antica lingua franca che marinai, pirati, pescatori, commercianti, armatori, parlavano nei porti del Mediterraneo: da Genova a Tangeri, da Salonicco a Istanbul, da Marsiglia ad Algeri, da Valencia a Palermo.

Saletti e la Piccola Banda Ikona hanno ripreso questa sorta di esperanto marinaro, formatosi poco a poco con termini presi dallo spagnolo, dall’italiano, dal francese, dall’arabo, e l’hanno fatto rivivere scrivendo intensi brani che percorrono le atmosfere sonore della tradizione popolare del centro-sud Italia miscelate a melodie balcaniche, arabe, greche, sefardite. Nel 2008 è uscito per l’etichetta Finisterre il Cd “Marea cu sarea”, che è entrato ai vertici della classifica di Folk Roots, l’autorevole rivista inglese di world music e nella classifica dei migliori dischi del 2008 stilata dalla World Music Charts Europe, la classifica ufficiale della World music europea. La Piccola Banda Ikona nel 2009 ha ricevuto il prestigioso “Coups de coeur du jury” al Babel Med di Marsiglia per il Cd “Marea cu sarea”. In questi anni ha effettuato tour in diversi paesi europei e del Mediterraneo: Spagna, Portogallo, Francia, Bosnia, Grecia, Croazia, Svizzera e, naturalmente, in Italia.

Il precedente Cd “Stari Most” – pubblicato nel 2005 – era dedicato al Ponte Vecchio di Mostar in Bosnia, fatto crollare nel ’93, che da sempre rappresentava il simbolo dell’incontro e del passaggio dall’Occidente all’Oriente. Il disco è stato inserito nelle liste dei dischi più belli usciti nel 2005 stilate da World Music Charts Europe e da Folk Roots. Il loro brano Tagama è stato incluso in Buddha Bar vol. VIII e in Buddha Bar Ten Years che racchiude il meglio della produzione della famosa compilation dell’etichetta francese GeorgeV, oltre che nel Cd di Folk Roots (agosto/settembre 2006). La Piccola Banda Ikona ha effettuato numerosi lavori teatrali. Nell’estate 2007 ha riscosso un grande successo nell’esecuzione dal vivo delle musiche originali composte da Stefano Saletti per “l’Iliade l’aspra contesa”, andato in scena al Fori di Traiano a Roma e a Segesta per la regia di Piero Maccarinelli, con Massimo Popolizio e Manuela Mandracchia. Lo spettacolo viene ripreso l’anno successivo e nel 2010 viene rappresentato a Gibellina, nel Cretto di Burri. Il gruppo ha lavorato al fianco di Giancarlo Giannini nello spettacolo di musica e poesia “Il dolce canto degli dei”, debuttando al Festival di Taormina e proseguendo la lunga tournèe nei più importanti siti archeologici nazionali.

Casa del Jazz: viale di Porta Ardeatina, 55
Info: 06/704731
http://www.casajazz.it
ingresso:12 euro

Stefano Saletti e la Piccola Banda Ikona
ospiti speciali: Ambrogio Sparagna, Jamal Ouassini
Stefano Saletti: bouzuki, oud, chitarre, voce
Barbara Eramo: voce
Ramya: voce
Mario Rivera: basso
Gabriele Coen: clarinetto, sax, flauti
Carlo Cossu: violino, voce
Leo Cesari: batteria e percussioni

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Live Report: La reunion degli Area alla Casa del Jazz

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Una fresca giornata estiva con un cielo stellato che avvolge il palcoscenico della Casa del Jazz. E’ questa la cornice in cui hanno suonato gli Area, storico gruppo degli anni 70’, che abbiamo avuto il privilegio di ascoltare proprio ieri nel parco all’aperto di questa splendida struttura. Ad aprire il concerto, ci ha pensato il Luigi Cinque Opera Quartet. E appena il Sole è tramontato, dopo una breve presentazione del gruppo, la parola è passata subito alla musica. Questa formazione, dalle forti tinte sperimentali, è composta da Alexander Balanescu al violino, Salvatore Bonafede al pianoforte,Luigi Cinque ai clarinetti ed elettronica e Patrizio Fariselli (membro degli Area) al pianoforte e tastiere. E cominciamo col dire che la musica di questo quartetto è qualcosa che esce fuori da qualsiasi identificazione o etichetta. La partenza viene affidata ad un tappeto di note dissonanti che generano uno stato di tensione, o se preferite una specie di disordine primordiale con una logica ben precisa. Una musica lasciata in sospeso, che nella seconda track si trasforma in qualcosa di più concreto, in una melodia più nitida ed orecchiabile, che con un po’ di fantasia ci trasporta, perché no, nei paesi balcanici al centro di una piazza in festa. Il concerto prosegue e poi, quasi a spiazzarti, trova la sua conclusione in “Tangeri Cafè”, brano che comincia con una base dance e che si conclude sotto le note di una inaspettata cornamusa. E dopo questa breve parentesi arriva il momento tanto atteso. Senza che nessuno se ne accorga, dopo un breve periodo di pausa dovuto al cambio di palco, Paolo Tofani si siede sul palco a gambe incrociate con uno strano strumento in mano.

Ora, se avete presente almeno un po’ come si presentava un po’ di anni fa, forse penserete che di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta. E infatti, lasciati gli Area nel 1977, Tofani intraprese, un cammino spirituale che lo portò a diventare monaco, cosa che non gli impedì di continuare a sperimentare con l’elettronica, con strumenti tradizionali e con la fusione fra essi. E dopo quasi 35 anni dalla sua ultima apparizione con gli Area eccolo qui, con un look (passateci il termine) molto diverso, ma con la stessa voglia di suonare e con la stessa ironia di sempre. Lo strumento che ha in mano, costruito apposta a Cremona in una forma elettrificata, si chiama “Trikanta Veena a tre voci” e proviene dalla tradizione indiana. E che ci crediate o no con l’ausilio dell’elettronica fa delle cose davvero incredibili. Dunque, questo musicista geniale, serafico nel suo modo di stare sul palcoscenico e perfettamente a suo agio davanti al pubblico, comincia ad improvvisare su melodie orientaleggianti che ci trasportano in luoghi dal sapore mistico ed esotico. E mentre esplora universi paralleli per noi incontaminati, utilizzando al meglio tutte le potenzialità del suo strumento, il volume in uscita comincia a gracchiare un po’. Lui, immerso nella sua calma, non si perde d’animo e ci scherza su: “Forse agli angeli non piace la mia musica” commenta rivolgendosi al pubblico presente e in pochi minuti tutto torna alla normalità. A questo punto subentra la parte elettronica e si cambia registro.

Le melodie cantate dalla Trikanta Veena, strumento che ci ha davvero sorpreso, si mescolano con i suoni sintetizzati e ne fuoriesce una musica che sembra provenire da un altro pianeta. La tradizione si fonde con la sperimentazione, con il futuro, con delle sonorità che, giusto per darvi un’idea, potrebbero essere uscite da un film come 2001 Odissea nello Spazio. E a questo punto il momento tanto atteso è arrivato. Tofani, che durante il concerto non si è mai alzato in piedi, presenta Ares Tavolazzi al basso, Patrizio Fariselli al pianoforte e tastiere e il batterista Walter Paoli, questa sera ospite dei tre membri degli Area. E con l’entrata di tutti i componenti di questa formazione, la reunion vera e propria comincia con un groove incalzante e con tutta la potenza che da sempre li ha contraddistinti. Dopo un’introduzione della band, Fariselli presenta al pubblico il brano “Sedimentazioni” che non è altro che una sintesi di tutti i brani più rappresentativi del gruppo. L’unico problema è che tutte le composizioni vengono riproposte tutte insieme in una sorta di Big Bang apocalittico e sorprendente. Quindi, dopo un momento lasciato all’ironia, comincia il concerto vero e proprio, fatto di nuove composizioni, tratte dai singoli progetti di ognuno, e dai pezzi più classici del repertorio della band. Ad arricchire la performance ci pensa anche Maria Pia de Vito che sale sul palcoscenico per unirsi al quartetto. Il secondo brano a cui prende parte, secondo quanto ha detto Fariselli sul momento: “Racconta la storia una cometa”. Ora, queste parole, dette in una calda notte ricoperta di stelle, ci hanno fatto pensare, chissà poi perché, a tre re che seguono la loro pista tracciata nel cielo. E il brano, in cui si distingue il suono nitido del sintetizzatore, si risolve in una melodia arabeggiante che ci fa pensare a qualcosa di sacro ed ancestrale. La voce potente di Maria Pia de Vito disegna geometrie perfette e quando la musica diventa più minimale esce fuori con tutta la sua potenza.

C’è anche lo spazio per conoscere qualcosa di nuovo. Il brano successivo, infatti, si intitola “Epitaffio di Seikilos” e si tratta di un omaggio, o se preferite una reinterpretazione, del più antico esempio sopravvissuto di composizione musicale, ritrovato su una lapide in Turchia. Fariselli spiega al pubblico che questa melodia, la più antica a noi pervenuta, è stata dedicata da Seikilos alla moglie defunta. E lui la reinterpreta con leggerezza regalandoci un attimo di intimità e rilassatezza. La fase successiva del concerto è dedicata ai brani del repertorio più conosciuto e non mancano brani come l’Elefante Bianco e in ultimo Gioia e Rivoluzione, che riscalda un pubblico più che mai in estasi. E poi loro sono sempre gli stessi, sembra che il tempo, anche se c’è qualche capello bianco in più, non sia mai passato e l’energia sprigionata dalle loro note è sempre coinvolgente. Per noi, che non abbiamo vissuto quell’epoca, è una fortuna poter vedere una formazione così eclettica capace di mescolare generi, stili e tendenze. Ascoltare dal vivo un brano come Gioia e Rivoluzione non ha potuto che farci sentire dei privilegiati proprio perché ci ha fatto intravedere lo spirito di un’epoca passata, che ha segnato in maniera indelebile le rotte musicali delle generazioni future. E forse era proprio vero che a quell’epoca: “Combattere una battaglia con il suono delle dita” era una cosa possibile.

Carlo Cammarella

Foto di Valentino Lulli

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Live Report: Electric Hot Tuna alla Casa del Jazz

Jorma Kaukonen e Jack Casady, in qualità di membri originari dei Jefferson Airplane, sono stati tra i pionieri del rock psichedelico degli anni 60. Nel 1970 i due hanno dato vita al progetto  Hot Tuna(in origine il nome previsto era “Hot Shit” ma fu la casa discografica ad opporsi) una delle più longeve band di roots-music americana. Dopo i primi quattro leggendari album (a partire dal secondo First Pull Up, Then Pull Down,  del 1971, entrò nella band anche il grandissimo violinista Papa John Creach), seguiti da una separazione e una da reunion negli anni 80, gli Hot Tuna si sono ciclicamente ripresentati alla ribalta in varie formazioni, con la costante presenza dei membri fondatori Casady e Kaukonen. A partire dal 2000 si sono succeduti vari tour sia in versione elettrica che acustica, e l’accento stilistico si è andato via via spostando verso il Country Blues, anche perché  alla line-up si è nel frattempo aggiunto Barry Mitterhoff, virtuoso del mandolino elettrico e vero e proprio veterano di generi quali il Bluegrass.  Quest’anno, con l’uscita di “Steady As She Goes“, primo disco in studio dal 1999,  e con un nuovo tour mondiale, gli Hot Tuna sono tornati a rendere bollenti  i cuori degli appassionati di Vintage Rock. Se infatti il termine vintage si riferisce ad oggetti d’annata con qualità superiori rispetto alle produzioni più moderne, allora gli Hot Tuna sono l’incarnazione vivente di questa definizione.

Il concerto svoltosi giovedì scorso, 21 luglio, al Parco della Casa del Jazz di Roma è iniziato con un’atmosfera assolutamente “relaxed”, come se si stesse assistendo a un’esibizione tra amici, magari in una fattoria di Woodstock, dove (ma guarda caso….) è stato registrato il nuovo album. Grazie all’approccio rilassato e divertito, la band del “Tonno bollente” riesce immediatamente a creare una gradevolissima atmosfera live che ipnotizza il pubblico romano accorso in massa malgrado la superofferta di concerti di questa stranamente fresca estate romana. I tre brani di apertura, “I see the Light” (ballatona country-acida), “Children of Zion” (blues superclassico) e “Wish you would” (sarà piaciuto particolarmente ai fan di Iggy Pop), ci danno la misura di quel che ci attende per il resto della serata: una cavalcata di oltre due ore, durante la quale la band di Kaukonen e Casady passa agevolmente attraverso tutti gli stili che hanno fatto grande la musica moderna Americana, quella con la A maiuscola per intenderci. Blues, Folk, Country, Rock, tutto distillato attraverso il fluido chitarrismo “finger-picking” e la rauca voce di Kaukonen, il basso genialmente semplice e galoppante di Casady, gli arpeggi virtuosi del “Mandolin Hero” Mitterhoff ed il preciso e potente drumming di Abe Fogle. Stupisce la freschezza dell’impatto sonoro, quasi come se invece che a degli ultrasessantenni ci trovassimo di fronte a dei ventenni impegnati nel loro primo tour. Ma le lunghe cavalcate acide dei Tuna  rivelano tutta l’esperienza dei nostri, grandiosi nell’intrecciare trame sonore straordinariamente coinvolgenti. Kaukonen, pelle bruciata dal sole e braccia coperte di tatuaggi, come un vecchio timoniere conduce la platea verso i lisergici deserti californiani di fine anni 60: verso metà concerto si raggiunge uno degli apici, grazie alla cover di un brano dei “compagni di strada lisergica” Grateful Dead (“I Know You Rider“). Ma anche i brani del nuovo album “Steady As She Goes” non sfigurano affatto (una menzione particolare per la quasi byrdsiana “Things That Might Have Been“, inno all’innocenza perduta di un’infanzia americana degli anni ’50, e forse dell’intera nazione). Si chiude con gran parte del pubblico in piedi, che (complici  la birra e gli ottimi cocktail serviti dal Bar della Casa del Jazz?) si mette ad ondeggiare come gli hippy a Woodstock. Gran finale con due brani tratti da America’s Choice, l’album uscito nel 1974: “Funky #7″ e  “Hit Single #1″. Non c’è dubbio: il tonno è ancora bollente!

Raphael Gallus e Francesco Varone

Set list:

I see the light

Children ofZion

Wish you wood

Ode to Billy Dean

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