Live Report: Stewart Copeland alla Casa del Jazz
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Ci sono musicisti che anche con il passare del tempo rimangono sempre gli stessi, magari con qualche capello bianco di troppo, ma con la stessa grinta e voglia di esibirsi che sembra quasi appartenere agli adolescenti. Tra questi c’è Stewart Coplend, storico batterista dei Police, che venerdì scorso abbiamo avuto modo di vedere alla Casa del Jazz, in questa splendida cornice che per una notte ha messo da parte il Jazz per “ospitare” un evento molto particolare. E mentre il Sole sta per tramontare, in un venerdì ancora scandito dal traffico cittadino, mentre gli ultimi ritardatari cercano di trovare un improbabile parcheggio molto lontano dal luogo del concerto, davanti al botteghino c’è una fila che sembra non finire mai, tipica di quei concerti che richiamano un gran numero di fan. Entriamo, allora, nel vivo di questo racconto; la pima cosa che possiamo dire è che quello di venerdì non è stato un vero e proprio concerto, ma forse la celebrazione di un personaggio affascinante ed intelligente che ha suonato nelle arene più grandi del mondo, con uno dei gruppi più famosi al mondo, davanti a centinaia di migliaia di persone.
Usiamo la parola “celebrazione” non a sproposito, perché il concerto di Stewart Copeland non comincia proprio subito. Dopo una breve esibizione del “Copeland Junior”, con i suoi Hot Head Show, infatti, la serata entra nel vivo ed il batterista dei Police, che dopo tanti anni sembra ancora agile come una gazzella, sale sul palcoscenico della Casa del Jazz presentato da Gino Castaldo e Vittorio Cosma. E la prima parte di questa serata ha inizio con la presentazione, fatta tramite intervista, della biografia di Stewart Copeland, “Strange Things Happen”, libro pubblicato da Minimum Fax in cui questo musicista, in maniera forse estemporanea, ripercorre la sua vita e alcune delle sue tappe fondamentali. Da qui vi raccontiamo un aneddoto divertente della serata. La presentazione del libro viene, infatti, accompagnata da alcuni video e in uno di questi Stewart Copeland, probabilmente per girare uno spot pubblicitario, si trova in sella ad un cavallo in mezzo a delle giraffe: “Ci sono voluti tre giorni per girare quei 20 secondi” confessa ridendo davanti al pubblico e raccontando che il cavallo aveva una paura folle degli animali selvatici… Giraffe comprese. Insomma, questa prima parte della serata se ne vola via così, con un batterista che scopriamo essere un intrattenitore anche seduto su di una poltrona piuttosto che su di uno sgabello con il sedile rotondo.
Quindi, al termine di questa breve intervista Stewart saluta per un momento il pubblico, che per la verità stava anche cominciando a sbuffare un po’ per la lunga attesa, ed esce dalla scena per prepararsi a suonare. Pochi minuti ed il concerto vero e proprio comincia. La line-up è composta da Vittorio Cosma (purtroppo per lui un braccio ingessato), Armand Sabel Lecco, Cesare “Mac” Petricich e Giovanni Imparato; il sound da loro proposto è un misto di rock, reggae, musica popolare, forse salentina, condito da una chiara matrice mediterranea. Sonorità che forse Copeland ha interiorizzato nei suoi lunghi periodi di permanenza in Italia e che ora ripropone attraverso questa nuova formazione. Come special guest della serata si sono alternati sul palcoscenico John de Leo, ex cantante dei Quintorigo, Max Gazzè che per l’occasione ha cantato Don’t box me in dei Police (in un modo che non possiamo di certo definire impeccabile) e Niccolò Fabi che si è cimentato con Does everyone stare. Una performance nel complesso piacevole che, tuttavia, è durata per circa tre quarti d’ora, lasciando gran parte dei fan, che si aspettavano di ascoltare i bani più famosi dei Police, con un po’ di amaro in bocca. Rimane sempre il fatto che la location in cui si è svolto l’evento è la Casa del Jazz, che per noi rimane sempre un luogo accogliente e affascinante, specie quando la bella stagione è ormai sopraggiunta.
Carlo Cammarella