Jazz Agenda

Torna il Vinòforum Jazz Festival

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Seconda edizione per il Vinòforum Jazz Festival, la rassegna (inclusa nel programma della manifestazione enogastronomica Vinòforum) che, dal 28 maggio all’11 giugno, farà incontrare, nei giardini tra il Lungotevere Marcello Diaz e la Farnesina, gli amanti del buon vino con gli estimatori del buon jazz. Posto che le due categorie possano escludersi. Fra i musicisti che si esibiranno in uno spazio di 1.000 metri quadri che comprende l’area concerti, un’area eventi, un cocktail bar, un ristorante e un’area ospitalita’, si segnalano Ron Seguin (28 maggio), Gianni Sanjust & Riccardo Biseo (29 maggio), Max Ionata, Battista Lena, Roberto Gatto e Marco Fratini (30 maggio), Emanuele Urso (2 giugno), Federica Zammarchi (3 giugno), Silvia Manco (4 giugno), Giampaolo Ascolese (5 giugno), Luca Velotti (6 giugno) e Riccardo Biseo & Elisabetta Antonini (10 giugno).

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Jazz e vino sulle colline romane

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Sempre meno musica per un pubblico ristretto e, almeno ad occhi profani, elitario, sempre più contorno di eventi, esposizioni e sagre. Commercializzazione o occasione per far conoscere il Jazz ad un pubblico sempre più vasto? Un interrogativo che richiederebbe un dibattito più ampio. Fatto sta che i “luoghi del Jazz” nella capitale continuano a moltiplicarsi.

Colline Romane, nell’ambito della XIII edizione di Giochi d’Acqua e di Verde, ha presentato “DiVino Jazz nelle Colline Romane”, una serie di concerti che si svolgeranno nei comuni intorno all’Urbe. Si parte domenica 23 maggio con il concerto gratuito dell’Antonio Flinta Trio nel centro storico di Monte Porzio Catone, località che ospiterà il 6 giugno, a Villa Mondragone, anche Rossana Casale. Sabato 19 giugno sarà la volta di Javier Girotto, che si esibirà a Frascati con l’Atem Sax Quartet. Chiusura affidata, il 27 giugno, all'”Organ Project” dell’iperattivo Roberto Gatto, sempre nella cornice frascatese di Villa Torlonia. I concerti saranno accompagnati da degustazioni di vini.

Ciccio Russo

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Mike Stern Band di scena all’Auditorium

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E’ un musicista che oggi viene considerato da tutti come un’icona della chitarra, un maestro senza eguali che fa parte a pieno titolo della storia della musica, un artista fra i più apprezzati dal pubblico e dai critici. Parliamo di Mike Stern, uno dei chitarristi più amati nel mondo, che martedì 18 maggio farà visita all’Auditorium insieme alla sua band composta da Bob Malach al sax, Dave Weckl alla batteria e, special guest della serata, Richard Bona al basso elettrico e voce. E dire che la carriera di Mike Stern non comincia proprio sotto la stella del jazz, ma sotto l’influenza del blues e del rock’nroll di Eric Clapton e Jimi Hendrix. Tuttavia la sua vera formazione avviene negli anni ’70, quando frequenta il Berklee College of Music. Ed è questo il periodo in cui il giovane ragazzo di Boston inizia a consolidare quello stile che lo porterà a compiere diverse collaborazioni con musicisti di fama internazionale (fra i più importanti ricordiamo Miles Davis, Jacopo Pastorius, ilvibrafonista Mike Mainieri e il sassofonista Michael Brecker). Il suo album di debutto è “Upside Downside” (1986) al quale partecipano Sansborn, Pastorius e il batterista Dave Weckl, ma la sua vera consacrazione avviene con l’album “Play” del 1999 e con Voices del 2001. E quella di martedì sarà per gli amanti della chitarra e del jazz una serata da non perdere.

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Francesca Trissati Quartet all’Alexanderplatz

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Sarà una serata all’insegna dello standard jazz, quella che si terrà domenica 16 maggio presso l’Alexanderplatz, . Francesca Trissati, leader dell’omonimo quartetto, proporrà una rivisitazione in chiave moderna dei grandi classici della tradizione e alcuni brani inediti del suo repertorio. Cresciuta con la musica nel sangue, la giovane cantante comincia a cantare fin dall’età di 10 anni e si avvicina al jazz ispirandosi alle grandi interpreti del passato come la grandissima Ella Fitzgerald.  Conosce molto bene gli standard e allo stesso tempo ama i grandi musicisti italiani come Rea, Trovesi, Coscia, Gatto, Zanchini eccetera. Una musicista versatile, dunque. E il quartetto che domenica sera riscalderà il palco dell’Alexanderplatz possiede proprio questa caratteristica, la capacità di spaziare tra ritmiche eterogenee come lo spirituals, l’Hard-Bop e il Funky, unita ad un sound pulito ed avvolgente.

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Torna "Lady Maggio" al Charity Cafè

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Prosegue al Charity Cafè di via Panisperna – ogni mercoledì, giovedì e venerdì – la rassegna “Lady Maggio”, dedicata alle voci femminili più belle del Jazz e giunta alla sua quarta edizione. Partita la scorsa settimana con le esibizioni delle band di Chiara Izzi, Antonella Aprea e Alice Ricciardi, la manifestazione prosegue mercoledì 12 con il “Rejoice Quartet” di Isabella Nicoletti, che renderà omaggio alla vocalist e chitarrista carioca Joyce. Atmosfere brasiliane anche il giorno successivo, che vedrà Sonia Cannizzo alle prese con i classici della bossanova. Venerdì 14 calcherà invece il palco del club di Monti Antonella Vitale, con una scaletta caratterizzata da standards come omaggio alle grandi dive del Jazz americano. Le ultime due settimane del mese vedranno protagoniste, tra le altre, Laura & Sade, Marta Capponi, Silva Maco e Piera Pizzi.

Ciccio Russo

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A Campo de’ Fiori il Jazz incontra il cinema italiano

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Quattro film tra i più rappresentativi della storia del cinema italiano reinterpretati in chiave Jazz. E’ il programma della prima edizione di “Jazz al Centro“, manifestazione che si propone di portare la musica nei luoghi storici di Roma e del Lazio. La location è uno dei luoghi dello spettacolo e della cultura dell’Urbe: quel Cinema Farnese, a Campo de’ Fiori, che ha ospitato le esibizioni di Aldo Fabrizi e Renato Rascel, di Macario e Wanda Osiris. E’ qui che, ogni giovedì di maggio, alle 22:30, la grande musica e la settima arte dialogheranno in uno spettacolo diviso in due tempi da quaranta minuti, come un vero film: un esperimento originale non solo nella formula, ma anche nell’obiettivo di diffondere la cultura in spazi non convenzionali.

Si parte il 6 maggio con uno dei simboli della scena Jazz capitolina: Enrico Pieranunzi che presenterà, in una conversazione con Vittorio Castelnuovo, il suo nuovo album “Wandering”. Nel “secondo tempo” Marcello Rosa (leader della Jac Band, formazione nata proprio in occasione di questa manifestazione) e Riccardo Biseo renderanno omaggio ai “Soliti Ignoti” di Monicelli, capolavoro della commedia all’italiana musicato da Piero Umiliani. Una settimana dopo sarà la volta dell’Afro Hammond Jazz di Ivan Vicari, accompagnato da Mauro Salvatore alla batteria e da Alessandro Tomei al sassofono. Alle percussioni un ospite davvero d’eccezione come lo statunitense Karl Potter. Sul palco saliranno poi Riccardo Fassi e Antonello Salis, che reinterpreteranno “Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, uno dei temi più celebri scritti da Ennio Morricone. Il 20 maggio spazio alle contaminazioni. Il primo tempo verrà affidato agli Acustimantico, band che, con i suoi “Concerti del Silenzio”, ha fatto della ricerca di spazi alternativi per l’espressione musicale parte integrante della sua filosofia artistica. Si prosegue con le sonorità Klezmer della Gabriele Coen Jewish Experience, che si cimenteranno con Nino Rota e “Otto e Mezzo”, l’onirico capolavoro di Federico Fellini. Il 27 maggio “Jazz al Centro” ci dirà arrivederci con un’esibizione del Trio Filante Mazzeogrottelligwis e con il debutto dal vivo della Jac Band, che farà calare il sipario con una jam session ispirata alle musiche di Armando Trovajoli tratte da “Il viaggio di Capitan Fracassa”.

Ciccio Russo

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La Centrale Montemartini apre le porte al Jazz

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Con la rassegna “Montemartini Blue Note”, partita lo scorso 9 aprile, ha aperto al pubblico della capitale lo Spazio Eventi della Centrale Montemartini, straordinario esempio di archeologia industriale che, dopo essere diventato sede permanente delle collezioni di più recente acquisizione dei Musei Capitolini, continua ad offrire nuovi spazi alla cultura e allo spettacolo. La nuova area è stata ricavata dal riallestimento della sala macchine dell’ex centrale termoelettrica. La manifestazione(organizzata da Zètema Progetto Cultura in collaborazione con Rai Nuovi Media, per la direzione artistica di Federica Gentile) ha visto finora esibirsi, sullo sfondo della turbina a vapore e dei colossali motori diesel della struttura, formazioni come lo Stefano di Battista Jazz Quartet e il Remo Anzovino Trio. Ma gli appuntamenti con il grande jazz italiano proseguiranno, ogni venerdì e sabato, fino al prossimo 5 giugno.

Venerdì 7 maggio e sabato 8 maggio doppio appuntamento con il pianoforte di Enrico Pieranunzi solo (ore 20.00) e in duo (ore 22.00) con Luca Bulgarelli al contrabbasso. In occasione della Notte dei Musei, sabato 15 maggio toccherà al GeGè Telesforo Quintet  (GeGè Telesforo voce e percussioni, Max Ionata sax tenore e soprano, Alfonso Deidda piano, flauto, sax alto e baritono, Dario  Deidda basso acustico & hollowbody e Amedeo Ariano alla batteria). Venerdì 21 e sabato 22 maggio si esibirà invece il Maurizio Giammarco Jazz Quartet, con Maurizio Giammarco ai sassofoni, Luca Mannutza al pianoforte, Francesco Puglisi al contrabbasso e Marcello Di Leonardo alla batteria) mentre venerdì 28 e sabato 29 maggio sarà la volta di Danilo Rea, al piano la prima sera e in trio la seconda. Chiuderà la rassegna jazz venerdì 4 giugno e sabato 5 giugno il Roberto Gatto Quartet, con Roberto Gatto alla batteria, Daniele Tittarelli al sassofono, Luca Mannutza al pianoforte e Luca Bulgarelli al contrabbasso.

Ciccio Russo

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Live Report: i Latin Mood di Bosso e Girotto per l’anteprima dell’ultimo disco “Vamos”

ROMA – La 35° edizione del Roma Jazz Festival chiude la sua seconda settimana di concerti nella sala Goffredo Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica sabato 26 novembre. A pochi minuti dall’inizio del concerto posti liberi non ce ne sono, ad aspettare il sestetto sul palco troviamo gli strumenti già schierati, immobili ancora per poco, in una formazione che vede le percussioni e la batteria sullo sfondo, una linea mediana occupata dal basso elettrico affiancato dal pianoforte a coda e sul proscenio, vicinissimi al pubblico, il sax soprano e baritono per Javier Edgardo Girotto, la tromba e il flicorno per Fabrizio Bosso. Sarà perché in Italia il gioco del calcio è l’argomento di molte discussioni, sarà che in platea c’è il campione del mondo del 1982 Marco Tardelli, ma il fatto certo è che il primo brano riporta alla mente l’appuntamento domenicale davanti alla radio durante la sigla di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Il concerto si apre così, con il brano rivisitato già nel 1965 da Herb Alpert, The taste of honey. Il secondo brano è Theorema, di Girotto, che mette in evidenza il pianista, il ritmo è più compassato, il flicorno più dolce, l’atmosfera può far pensare a un signore che canticchia fra sé una canzone di cui non sa le parole.

L’assolo di Bosso si fa più deciso e quelle parole indistinte adesso sono scandite con chiarezza. Applausi del pubblico e lo spartito passa a Girotto che posa il sax soprano per dedicarsi un po’ a quello baritono.Africa Es, di Mangalavite, impone un gran lavoro per il batterista Lorenzo Tucci, è vero che tocca lo strumento solo con le bacchette ma a guardarlo sembra che suoni anche con i gomiti e le spalle. Il busto sale, il collo sparisce, una compulsione che stimola le percussioni. Al pianoforte la testa di Natalio Mangalavite fa così tante volte su e giù che è un miracolo che non si sviti. Il brano finisce con le percussioni di Bruno Marcozzi che insieme al batterista porta il suono a un ritmo incalzante. ConMaragliao di Girotto è il momento di Luca Bulgarelli, al basso elettrico in posa statuaria. I due leader del gruppo restano accucciati per tutta la durata dell’assolo come a voler convogliare l’attenzione alle loro spalle. Girotto si rialza, percorre da solo qualche riga di spartito ed è raggiunto da Bosso, questa volta con il flicorno. Quando il pezzo si chiude gli applausi della platea partono dal maestro Nicola Piovani, seduto proprio accanto a noi. Adesso solo voce e tastiera, gli altri musicisti lasciano il palco. C’è solo Mangalavite che intona Algo Contigo di Chico Novarro, l’atmosfera è misteriosa, all’inizio le parole sono in una lingua sconosciuta poi i riflettori si fanno meno soffusi, il resto dei Latin Mood rientra in scena, le parole ora sono in lingua spagnola, non sappiamo cosa abbia cantato fino a questo momento ma è piaciuto a tutta la sala.

Virtuosismi di Bosso quando esegue El Mastropiero di Girotto, si piega a metà, il busto gli oscilla al punto che la tromba gli arriva alle ginocchia, le dita impazziscono, infilano una serie di accordi che lasciano la Petrassi imbambolata prima di sfruttare quel tacito vuoto che incoraggia l’applauso, ma è già il momento del basso, poi di Girotto, di Bosso e Girotto e di tutti e sei. Mathias di Bosso è un pezzo notevolmente più morbido, quasi fiabesco negli inserti delle campane tubolari, Girotot ha ripreso il sax tenore, Bosso il flicorno. In tutta sincerità questo è proprio un brano romantico, da cena a lume di candele, se vi capita un incontro del genere assicuratevi che le orecchie siano servite da Mathias.

In a sentimental Mood di Duke Ellington, brano del 1935 eseguito nel corso del secolo scorso anche da John Coltrane, Ella Fitzgerald e Billy Joel solo per citarne alcuni, segna il ritorno della tromba, un andamento del pianoforte più secco, il sax tenore alterna tonalità in salita e in discesa, sembra che stia ingaggiando con la tromba una gara a chi arriva più lontano. Javier e Fabrizio si capiscono con gli sguardi e quando lasciano  il posto al resto del gruppo consultano la scaletta, qualcosa nelle loro menti è cambiato. Alla fine del pezzo la decisione è diramata al resto dei leggii, assistiamo a un su e giù di spartiti e via al brano successivo. Matias, di Girotto questa volta, ha un ritmo allegro, basso e flicorno duettano sottovoce giusto il tempo per quest’ultimo di prendere la rincorsa e soffiare più forte. Entrano in scena il pianoforte, le percussioni e la batteria, Javier se li guarda, si diverte e si contorce intorno al sax baritono con la sua Vamos, brano che dà il nome all’ultimo lavoro dei Latin Mood, sul mercato a partire da marzo 2012. Javier batte il tempo con la gamba, butta una spalla avanti negli acuti, molleggia sulle ginocchia e questo solo per raccontarvi del corpo, sapeste che suono. Bosso intanto spreme la tromba fino all’ultima nota.

Il sestetto lascia la scena, ma l’applauso ininterrotto lo richiama per regalarci un bis che prevede The shadow of your smile, che ha conosciuto interpreti come Barbara Streisand, Sarah vaughan e Frank Sinatra, e African Friends (Bosso). Il 28 novembre del 2008 usciva “Sol”, brano d’esordio della formazione dei Latin Mood, sabato sera, quasi a celebrare l’anniversario di quell’esordio c’è stata l’anteprima non ufficiale del loro ultimo lavoro, Vamos, che sarà presentato al “The Place” di Roma,  il 13 marzo 2012.

Andrea Palumbo

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Live Report: ¡Flamenco! bollente con Rodrigo y Gabriela

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Rodrigo y Gabriela sono la musica. Attraversano i vari generi, legandoli assieme, con disinvoltura, naturalezza; con la consapevolezza che tutto ciò che è percepibile al nostro orecchio possa diventare, senza distinzioni, musica. Tutto è riconducibile a quest’unico genere. Loro ne sono la prova. Partiti da trash metal in Messico, la loro storia attraversa l’Europa per approdare a Dublino, con un repertorio che va dal metal, agli standard jazz; dal flamenco, al rock. Tutto rigorosamente in acustico. Filo conduttore che lega tutto ciò che questo duo rappresenta, sono le proprie origini e la capacità di renderle una costante inconfondibile. Le loro chitarre, lanciate in velocità, non sono per nulla intimorite dalla sfida, tant’è che all’attivo la coppia ha sei dischi tra registrazioni in studio e live, ed uno in arrivo. Dopo questa premessa, potete ormai ben immaginare che tipo di concerto ci abbiano riservato martedì 22all’Auditorium! La sala Sinopoli è satura molto prima dell’orario d’inizio. Il pubblico è prettamente giovane, anche se qua e là non disdegna di far capolino qualche chioma canuta. La compostezza che ci ha accompagnati durante i precedenti spettacoli, oggi non ha senso d’essere. L’eccitazione si palpa nelle urla d’acclamazione e nell’incapacità di restare seduti sulla propria poltroncina.

Tutto questo, probabilmente, le maschere non se lo aspettavano; tant’è che ronzano preoccupate da porta a porta cercando un modo per tenere la situazione sotto controllo. Quando si spengono le luci svanisce ogni tipo di inibizione data dal luogo, per far posto ad applausi, fischi, scalpitio di piedi e fragore. Sul palco, soli e senza alcun tipo di scenografia, Rodrigo e Gabriela riempiono totalmente lo spazio. Hanno già imbracciato le chitarre e senza perder tempo cominciano a suonare. Siamo ipnotizzati al punto da non renderci conto che i brani scorrono alla stessa velocità delle loro mani sugli strumenti. Vederli suonare è un’esperienza incredibile. Quattro mani bastano -a loro!- a suonare per un’intera formazione. Nelle pause, in attesa che vengano riaccordate le chitarre, si intrattengono con noi raccontandoci la loro storia in rigoroso spagnolo messicano, che non tutti capiscono, ma che riceve sempre una risposta.

Nonostante il successo e gli attestati di stima attribuiti da musicisti di fama mondiale, il modo di fare è rimasto spontaneo e caloroso, come la propria terra ha loro insegnato. E questo è un merito ancor maggiore, che gli consente di entrare in sintonia, anche solo per quelle due ore, con il pubblico d’occasione. “Volvemos a tocar” ci dice Rodrigo riprendendo lo strumento; e viene da pensare che bella parola sia tocar -suonare-, nell’indicare sia l’azione che il gesto. Materializzandoli entrambi in un’unica immagine. Il concerto prosegue diventando a più riprese un vero e proprio “botta e risposta” tra i due, che non perdono l’opportunità di sfidarsi in riff sempre più veloci e complessi. Ogni tanto viene accennata un’Orion o una Sweet child o mine, ed è ben più che visibilio! Poi una nuova pausa; siamo arrivati quasi alla fine e Rodrigo ci invita a ballare su un omaggio ad Astor Piazzolla, Libertango, seguito da un medley dei pezzi più belli e richiesti. Ovviamente non ce lo lasciamo ripetere due volte! Nel panico generale della sicurezza, siamo in tantissimi a raggiungere il palco e scatenarci tra le risate e lo sbigottimento di quelli a cui abbiamo ricordato per un momento la propria gioventù. Siamo lì, così vicini che possiamo allungare le mani per toccare le loro, qualcuno si becca addirittura la scaletta del concerto, per tutti gli altri c’è quel momento di complicità generale, di condivisione di un momento di gioia che nessuno potrà dimenticare.

Serena Marincolo

foto di Valentino Lulli

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Live Report: al Roma Jazz Festival la Musica è Nuda

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Basterebbe dire Musica Nuda per lasciare almeno intendere la variante di emozioni ed esperienze sensoriali che un concerto, come quello di sabato 19 all’Auditorium, può riservare. E non sarebbe comunque abbastanza. Ferruccio Spinetti (contrabbasso) e Petra Magoni (voce) sono quello che non ti aspetti. Lei, algida musa nella sua giacca di pelliccia appena sale sul palco, si rivela nel corso del concerto una donna ironica (ed autoironica) dall’estro imponente. Lui si nasconde timido dietro il suo contrabbasso, ma una volta rimasto solo in scena non perde occasione di interagire col suo pubblico, o di imbracciare scherzosamente lo strumento a mo’ di chitarra. Insieme formano una coppia completa ed eccentrica. Si definiscono un gruppo pur essendo un duo, e di questo gliene diamo atto. Dal 2004 a marzo di quest’anno si esibisco in cover dalla rivisitazione del tutto personale, pubblicando 5 dischi di successo. Il loro ultimo lavoro, invece, vede la prevalenza di pezzi originali e varie collaborazioni; da Max Casacci (chitarrista dei Subsonica) a Sylvie Lewis, ad Alessio Bonomo e Pacifico. La “nudità” della loro musica lascia spazio all’immaginazione ed allo spettacolo, che entrambi intessono con il proprio strumento. Spogliati di ogni eccesso ed orpello stilistico, i brani si rivestono di abiti nuovi. 

 

Prendiamo il caso di Bocca di Rosa: frenetica, soffocante, ben descrive musicalmente il testo della canzone. Petra Magoni abbandona la malinconia originaria data da De Andrè, per dare un corpo alla storia e alla donna, al suo tormento. Immancabili Came Together, Eleanor Rigby e Dear Prudence, omaggio beatlesiano dovuto ed acclamato. Un po’ jazz, un po’ canzone d’autore, un po’ rock e infine anche musica classica. Il suono originalissimo di Petra e Ferruccio si insinua in ogni composizione e le restituisce vita nuova. Ciò che ci ha affascinati maggiormente è la capacità di questo gruppo/duo di prendersi in giro, raccontare aneddoti di vita vissuta e, perchè no, di metterli in musica. Come inProfessionalità; scherzoso battibecco di una coppia alle prese con la poca serietà di alcuni manovali. I bis, a fine serata, sono tre, tra cui la più richiesta,  Il cammello e il dromedario, e la prima canzone suonata assieme, una romantica e coinvolgente Guarda che luna…che ben sostituisce la mancanza de La canzone dei vecchi amanti.

 

Serena Marincolo

 

foto di Valentino Lulli

 

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