Jazz Agenda

Fabrizio Bosso presenta il nuovo album “State of the Art” al Monk di Roma

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Mercoledì 26 aprile al Monk di Roma, Fabrizio Bosso presenta in concerto il suo nuovo album State of the Art uscito lo scorso il 12 aprile. Ospite della rassegna “Jazz Evidence - Un viaggio a tappe nella musica jazz di oggi”, Bosso sarà accompagnato sul palco dal suo quartetto composto dal pianista Julian Oliver Mazzariello, dal contrabbassista Jacopo Ferrazza e dal batterista Nicola Angelucci.

Uscito per la Warner e registrato dal vivo durante i concerti di Roma, Tokyo e Verona, State Of The Art di Fabrizio Bosso è un’istantanea fedele di una fase tra le più felici nella carriera del trombettista, che ha voluto fissare su un album alcuni momenti memorabili del tour dell’anno scorso con il suo quartetto. Tour che non è mai terminato ma che continua ancora oggi con numerose date in Italia e all’estero.

 

Questo doppio album vuole anche rappresentare il passaggio a una nuova fase della carriera di BossoQuando ho deciso di mettere in piedi questo quartetto, non l’ho fatto pensando a un disco. Avevo piuttosto voglia di ascoltare la mia musica suonata da altri musicisti, con un’energia e un “colore” che fossero diversi, freschi. Questo è il suono del mio presente – afferma Fabrizio - e loro sono, oltre che degli amici, anche i musicisti che mi appagano di più sul palco perché capaci di tirare fuori il suono che ho in testa. Con loro, il mio grande lusso è che potrei permettermi di non suonare e la musica funzionerebbe ugualmente.

 

Nelle dieci tracce di questo doppio album si ravvisa, oltre al noto talento per l’improvvisazione, anche una cifra compositiva sempre riconoscibile (Rumba For Kampei, Mapa, Black Spirit, Dizzy’s Blues, Minor Mood) e, soprattutto, è palpabile la caratura di Bosso in qualità di leader, in grado di trascinare il gruppo e, nello stesso tempo, lasciare tutto lo spazio necessario per esprimere le singole personalità.

 

Quest’attitudine di Bosso si riscontra fin dalla scelta dei brani proposti, nei quali figura anche Goodness Gracious, a firma di Julian Oliver Mazzariello, che qui trova spazio accanto alle composizioni originali del trombettista e agli standard. Tra questi, spicca una toccante The Nearness Of You di Hoagy Carmichael. Accanto ai fedelissimi Julian Oliver Mazzariello al piano e Nicola Angelucci alla batteria, troviamo poi un avvicendamento al contrabbasso, con la presenza del giovane JacopoFerrazza che ha preso il posto di Luca Alemanno, da qualche mese di stanza a Los Angeles.

 

Una musica che ha il potere di rinnovarsi costantemente. I brani originali si vestono di una luce diversa, inedita; gli standard si personalizzano, arricchendosi di nuove sfumature. Ogni brano racconta una storia diversa, la temperatura di quella serata, il calore di quel pubblico, le latitudini diverse. Tutti questi elementi fanno di State Of The Art un album che riesce da un lato, a fissare il suono di quello che è Fabrizio Bosso oggi, dopo oltre venti album incisi come leader, collaborazioni eccellenti e diversi tour in giro per il mondo. Dall’altro, ha la capacità di restituire all’ascolto tutta l’urgenza di un album interamente registrato dal vivo, con tutta la tridimensionalità dell’esperienza live.

 

 

Formazione

Fabrizio Bosso, trumpet

Julian Oliver Mazzariello, piano

Jacopo Ferrazza, double bass

Nicola Angelucci, drums

 

mercoledì 26 aprile ore 21:00

Monk Roma

Ingresso riservato ai Soci con Tessera Arci 2017

Contributo 15 o 13 + dp

Via Pietro Borsieri 37

Infoline 02 69016888

 

FABRIZIO BOSSO 4ET TOUR

12/04 Milano, Blue Note

13/04 Camogli (GE), Teatro Sociale

14/04 Salerno, Moro Club ospite d’eccezione Enrico Rava

15/04 Ferrara, Jazz Club Il Torrione

26/04 Roma, Monk

27/04 Imola, Crossroads ospite d’eccezione Enrico Rava

28/04 Wolfsburg (Germania), Autostadt

18/05 Bologna, Bravo Caffè

19/05 Agropoli (SA), Officina 72

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Jazz Evidence: Dayme Arocena in concerto al Monk Club

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Cantante, compositrice, arrangiatrice, direttrice di coro e band leader, Dayme Arocena che mercoledì 14 aprile sarà di scena al Monk Club nell'ambitop della rassegna Jazz Evidence, a 24 anni è già una veterana e una presenza carismatica nella scena musicale cubana, dove ha esordito da professionista all'età di 14 anni. A cominciare dagli studi sui canti e sulle musiche tradizionali, ha via via scoperto e assimilato altri stili, in particolare il jazz e il soul.

Grazie alle sue straordinarie doti è riuscita a catturare ben presto l'attenzione degli addetti ai lavori. Nel 2010, entra a far parte del quintetto jazz fusion, Sursum Corda, con cui si esibisce anche al di fuori del suo paese. Il suo status cresce ulteriormente, finanche arrivando a duettare prima con Wynton Marsalis e la sassofonista canadese Jane Bunnett e poi con Ed Motta e Roy Ayers. Nel frattempo era stata notata da Gilles Peterson, spesso a Cuba in ambito della collaborazione con il progetto Havana Cultura, che era rimasto estasiato al punto da volerla fortemente nel roster della sua etichetta.

Nueva Era, prodotto tra Londra e L’Havana è il titolo, quanto mai profetico, del suo album di esordio pubblicato a giugno 2015 dalla Brownswood Records. Un album in cui mescola jazz e musica afro-cubana a strutture musicali moderne, riuscendo a creare un’affascinante fusione. Un lavoro che ne conferma le immense doti e che fa di Daymè Arocena una moderna interprete di una scuola, quella Cubana, ricca di tradizioni.

Dal vivo si presenta con una band dove spicca la presenza di uno dei pianisti inglese più importanti della scena contemporanea, il pluri premiato Robert Mitchell, musicista che ha collaborato tra gli altri con Norma Winstone, Steve Coleman, Greg Osby, Courtney Pine e Omar Puente, e vede inoltre la presenza di Crispin Robinson alla batteria, tra i più noti esperti di ritmi sacri afro-cubani, che ha collaborato tra gli altri con Soul II Soul, Galliano, Roni Size, Brian Eno, Lamb, Divine Comedy, Coldplay.

INGRESSO con tessera ARCI 2016 

TESSERAMENTO:
Se non hai ancora la Tessera ARCI e desideri diventare socio di C'MON! compila la registrazione qui, per ritirare la Tessera all'ingresso:http://www.monkroma.club/tesseramento/

Monk // C'Mon! // Circolo Arci Roma
Via G. Mirri, 35 - Portonaccio - RM

open ore 20:30

Inizio concerto ore 22:30

INFO:
http://www.monkroma.club/
06 6485 0987
INGRESSO con Tessera ARCI

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Man Trio (Spadoni – Galatro – Morello) al 28divino

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Si scrive Man Trio, ma secondo il suo fondatore –  Roberto Spadoni, chitarrista, compositore, arrangiatore e direttore, insegnante e divulgatore –  si legge Man-trah, come una preghiera indiana, come una declinazione musicale sobria e di qualità, come il piccolo gioiello al quale abbiamo assistito la sera di giovedì 27 maggio 2010 al 28divino.

Roberto è uno di quei musicisti eclettici che in silenzio e con pazienza lavorano costantemente per fare in modo di espandere il più possibile il linguaggio del jazz tra le giovani generazioni. Nella breve chiacchierata che facciamo prima del suo set parliamo di questo sistema Italia, delle difficoltà che attraversa, soprattutto nel campo culturalee musicale. Roberto mi spiega che in realtà c’è un movimento amplissimo di giovani ragazzi che non solo sono estremamente capaci e talentuosi, ma che credono fino in fondo alla possibilità di vivere e lavorare nel campo del jazz. La rete li aiuta molto, hanno a disposizione una tale quantità di materiale che gli permette di partire con delle basi molto più ampie di quelle che hanno avuto musicisti anche solo di dieci anni più ‘anziani’. Roberto insegna a Ferrara, a Rieti, a Chieti, e incontra ogni volta giovani di ogni età e classe sociale. Sono molto preparati, mi dice, e tante volte mettono in imbarazzo persino gli insegnanti, contestandoli senza paura, discutendo animatamente, interagendo ben più del ‘dovuto’ o del ‘normale’.

Grazie all’ospitalità di Marc e Natacha, (che il cielo ringrazi sempre chi gestisce un jazz club nel 2010), riusciamo a chiacchierare ancora un po’ davanti a un bicchiere di ottimo rosso anche con Francesco Galatro  ed Enrico Morello, contrabbasso e batteria. Sono loro, anche loro, i giovani di cui mi parlava Roberto. Francesco Galatro ha 26 anni e viene da Salerno, si è caricato il contrabbasso sulle spalle ed è arrivato nella capitale armato di un talento fuori del comune, talento che esprime in una intonazione perfetta, in un groove trascinante soprattutto nelle uscite dei soli e una tendenza alla ripetizione discendente e cromatica delle frasi, che era tanto cara a certi grandi, penso a Scott LaFaro, o al tardo Mingus.  Enrico Morello di anni ne ha 22 e la batteria non la suona, la muove lentamente dentro il brano, saltando gli accenti in un modo che ti fa perdere i battiti del cuore, rientrando e riuscendo dal tempo come fosse quella cabina telefonica dove entrava il dottor Who. Forse nessuno si ricorda il dottor Who, ma chi se ne frega. Era un complimento. Chiacchiero con questi ragazzi e ne scopro oltre al talento anche la voglia di mollare e andare via. Usare Roma solo come un trampolino, e poi fare come hanno già fatto in tanti, andarsene in America, a combattere davvero per la musica. Anche loro mi parlano di giovani. Giovani diciottenni americani che suonano in un modo pazzesco, che hanno voglia di emergere, energia per fare. Io, che ormai la musica la vivo solo di striscio, mi limito a rispondere che uno che ha voglia di suonare suona, suonerà sempre. Annuiscono. Non so fino a che punto mi credono.

Poi scendiamo. Il 28 divino ha questa bella anticamera dove puoi fermarti a bere un bicchiere senza scendere negli inferi della live music. C’è il bar, ci sono i tavoli, c’è il disco di Roberto che suona (a proposito, si chiama Panta Rei, e potete ascoltarne qualche estratto sul suo myspace (http://www.myspace.com/rspadoni ), ma se volete addentrarvi nella liveroom dovete scendere una scala stretta che sembra di entrare in un locale della 52a di New York, rosso fuoco, dominato da ‘numero5′, il robot che abbiamo ammirato in ‘Corto Circuito’, che Marc ha pazientemente e diligentemente ricostruito.

Il Man Trio suona i brani originali di Spadoni. Apre con ‘La sfera blu’, che è un blues dedicato al mitico ‘Sphere’ Monk, il tempo di introdurre il tema e fare un paio di chorus di solo e Roberto spacca il mi cantino della chitarra. In tanti anni di onorata carriera, sussurra ai suoi, non era mai successo al primo brano. Ma non c’è alcun problema. Francesco ed Enrico tengono il brano alla grande per tutto il tempo in cui lui deve cambiarla. Così si riprende con i salti di tempo e gli obbligati di ‘Mingus 5 e 6′, lo swing pesante e cadenzato di ‘Sofdudu’, la cadenza bluesy di ‘Girotondo’. Quello che vediamo (e ascoltiamo) è un gruppo composto, sobrio, intento a suonare parti anche piuttosto difficili, mai banali, a tratti sorprendenti. Il primo set finisce con una versione di ‘All the things you are’ rapidissima, enorme, con il suono della chitarra di Spadoni che non so per quale motivo mi fa venire in mente una specie di incrocio tra Metheny e Barney Kessel. In realtà è Roberto Spadoni, e il suo stile  non fa mai una piega, mai una concessione, è di un rigore clamoroso, mentre  l’ottimo vino di Marc sta facendo effetto su di me e sulla mia macchinetta fotografica.

Sì perché il jazz, quando ci metti vicino il buon vino, fa delle cose che neanche ti immagini. Me ne accorgo durante il secondo set, quando ad un certo momento, tra i bei brani di Roberto, ne parte uno, lento, che si intitola ‘Sulle spiagge”. Ora, dovete immaginarvi un ragazzo che con la batteria sappia farvi riscoprire il rumore del mare, utilizzando le spazzole, i piatti, una specie di collarino di cozze (sono cozze? scheletri di gambero? che diavolo sta usando?) e altri marchingegni fantastici e poveri, e che stia facendo tutto questo mentre legge su uno spartito. Roberto inserisce un tema romantico e struggente, Francesco accarezza i cordoni del contrabbasso e tutto il locale si trasforma. Vedi le coppie che si stringono, i festeggianti che ammutoliscono, e un velo, una patina di qualche cosa di magico che ci si posa addosso a tutti. La cosa più incredibile è che questa specie di magia la stanno leggendo su una partitura, dannazione, la curiosità mi rode: che diavolo c’è scritto su quella parte?

Si chiude con il magnifico blues ‘La pensione degli artisti’, titolo quanto mai appropriato di questi tempi, e alla fine il pubblico chiede insistentemente un bis. Il Man Trio concede una bella versione – molto metheniana per la verità – di ‘On green dolphin street’. Buonanotte a tutti. Saluto, salgo sulla mia bici, me ne vado a casa, me ne vado a dormire, con quel pedalone iniziale del brano di Kaper & Washington che mi martella nella testa. Allo stesso tempo non posso fare a meno di pensare a quel mare, quel rumore del mare, quell’atmosfera del mare che stava dentro ‘Sulle spiagge’, e a Roberto, Francesco, Enrico nel locale di Marc e Natacha. Ma che diavolo c’era scritto su quelle partiture?

Adelchi Battista

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