Jazz Agenda

Federica Cerizza racconta il disco Casa: “Niente mi rappresenta di più del piano solo”

Si intitola Casa il disco d’esordio della pianista Federica Cerizza uscito per l’etichetta Filibusta Records nel novembre del 2022. Un disco in piano solo elegante, raffinato e ricco di contaminazioni dove il jazz si fonde con la classica e dove la musica diventa il sottofondo per raccontare una storia. Ecco il racconto di questo progetto…

Perché la scelta di fare un disco in piano solo?

Il piano solo è la dimensione più antica e personale che ho, mi accompagna da sempre, dall’infanzia ad oggi. Sedersi al pianoforte con lo scopo di cercare i miei suoni e dar loro senso e logica fino a costruire un discorso è qualcosa di cui ho ricordo dal momento stesso in cui ho messo le mani su un pianoforte. E’ la mia parte più autentica e personale, la cosa più onesta che posso offrire. Quando ho pensato al mio primo album è stato quasi automatico pensare ad un piano solo.
In questi anni ho avuto occasione di suonare in tante formazioni, dal duo a piccoli collettivi di improvvisatori, suonare con gli altri è meraviglioso e fa parte delle esperienze più belle che la musica e la vita possano regalare. Ma per ora nulla mi è più caro e sento più vero e mio dell’immaginario musicale che ho creato al pianoforte nell’arco di questi vent’anni di musica e di studio. E’ la mia fantasia, il mio modo di sentire la musica. In questo momento non c’è niente che mi rappresenti di più del piano solo.

Dopo l’uscita di alcuni singoli, nel 2022 sei arrivata a comporre un album, quale è stato il tuo percorso?

I due singoli usciti prima dell’album, Pastorale e Vibrazioni, sono nati dopo l’incontro con Luigi Bonafede con cui ho avuto l’onore di registrarli. Ma non erano inseriti in un progetto o in un’idea musicale più ampia. Sono riuscita a dare invece una forma al lavoro in piano solo dopo circa un paio d’anni di lavoro intensivo in questa direzione, in questo senso l’incontro con Stefano Battaglia e il lavoro che ho svolto con lui sono stati molto significativi per me.

Come descriveresti il genere e le sonorità di questo album

La musica del disco nasce dall’unione dei mondi musicali che amo di più: il jazz, la musica classica del Novecento, l’improvvisazione libera e alcune atmosfere del rock progressive.

I brani raccontano tue emozioni, raccontano storie?

Dietro ogni brano c’è un piccolo racconto o in generale un significato. Voci di fiume per esempio è il tentativo di ricreare l’effetto acustico di due fiumi che si incrociano, un luogo che esiste realmente e al quale sono affezionata. La bambina nella bolla è un brano dedicato al mondo dell’infanzia e in particolare è ispirato al racconto scritto da una bambina di cui sono stata maestra. Casa invece è un racconto sonoro che parte da atmosfere piuttosto cupe e a tratti meccaniche e man mano si schiarisce in una sorta di viaggio metafisico verso casa, inteso come il ritorno a percepire la propria umanità, ritrovarsi.

I brani sono associati a dei quadri, da dove sei partita, dalle composizioni che avevi in mente o dall’ispirazione visuale?

Prima c’è sempre la musica. Sono convinta che la musica abbia un significato intrinseco in sé, come pura arte del suono e non necessiti di parole per essere spiegata o immagini per essere resa meno astratta. Esiste però un pubblico oltre al musicista e io sono assolutamente convinta della necessità di andare oltre un pubblico di soli amatori o appassionati. La musica deve e può arrivare a tutti, a volte basta poco per superare certe barriere. Con gli house concert che organizzo a casa mia tocco con mano questa consapevolezza, tutti restano affascinati dalla musica e dall’energia che si crea.

Quando ho incontrato Laura Cignacco, l’autrice dei quadri, abbiamo ragionato su questo: dare agli ascoltatori una chiave di lettura in più per immergersi nella musica, pensando soprattutto a un tipo di ascoltatore che magari è sì affascinato dalla musica, che la cerca, ma che non è il classico appassionato di jazz, di classica... Dal mio punto di vista è un ottimo pubblico quello che dal nulla resta colpito da un tipo di musica che non ha mai ascoltato prima.   I quadri sono un linguaggio in più e sono pensati per circondare il pianoforte durante i concerti. Laura è stata completamente libera di creare le tele, non le ho dato nessun tipo di indicazione, le ho solo fatto ascoltare i brani finiti. Per me sono quadri bellissimi, ad altissimo impatto visivo.

Da cosa hai preso ispirazione per le tracce dell’album?

Il mio modo di comporre parte dal pianoforte, le idee nascono dalla pratica di tante ore di studio e improvvisazione libera. Poi cerco di condensare il discorso fino a creare un ambiente sonoro specifico che posso collegare a una mia esperienza diretta. Una cosa che mi sta a cuore e che sento mia. L’amore per il mondo dell’infanzia, la casa, il luogo dove si incrociano i fiumi che mi piace visitare, tutte cose molto vicine a me e personali ma che possono essere lette in modo ampio e universale.

Da cosa trarrai ispirazione per il prossimo album?

Non so ancora! E’ tutto da vedere, di certo sarà un disco pensato per una formazione, dal trio in su.

Hai delle date in programma?

Sì, suonerò il 10 dicembre alla Filanda di Martinengo (BG), l’11 dicembre alla Fondazione Piseri a Brugherio (MB) e il 13 alla Pieve a Cologno Monzese (MI).  A gennaio suonerò il 14 da Kono Dischi a Biella, il 19 al Libero Pensiero a Lecco e il 25 a Milano nella Sala Devatta.

 

 

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Esce Controra: il disco d'esordio degli ALP Trio – etichetta Filibusta Records

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Si intitola Controra il disco d’esordio degli ALP Trio in uscita per l’etichetta discografica Filibusta Records (distr. Digitale Believe, distr. Fisica Goodfellas). La band è formata da tre polistrumentisti molto versatili, attivi da tempo in diverse formazioni e in progetti solisti. Parliamo di Fabio Anile, pianista che ha composto musiche per cortometraggi e installazioni audiovisuali, Luca Pietropaoli, alla tromba e al basso che ha collaborato in gruppi come Fonderia, Pensiero Nomade ed Ensemble Enarmonia, e infine Salvatore Lazzara, chitarrista e bassista, che è il fondatore di Pensiero Nomade ed uno dei componenti della band prog rock dei Germinale.

Cosa si nasconde dietro a questo progetto? Partiamo dal titolo. Fin dall’antichità, in certi luoghi, nel pieno dell’estate, le giornate hanno un giro d’ore, dopo il mezzogiorno, in cui la calura è più profonda, la luce più abbagliante e il mondo è immerso in una calma immobile e rovente. Chiunque abbia fatto esperienza della stagione estiva al sud, o comunque nelle zone mediterranee, sa di cosa stiamo parlando: si potrebbe dire che questa parola sintetizza non solo una serie di cose che si fanno (o meglio, che non si fanno) durante quel periodo del giorno, ma anche i pensieri che nascono, e con loro i desideri.

Secondo Platone, in questo periodo di tempo il sole si arresterebbe a metà del suo corso e renderebbe infuocati il cielo e la terra; le cicale cantano e inducono torpore mentale, gli uomini abbandonano i luoghi aperti e si rifugiano al coperto, nelle grotte o nelle case per riposarsi. In quel momento escono Pan, le Ninfe ed altre divinità, che possono invasare e possedere gli incauti che escono. La controra è letteralmente un’ora contraria, avversa all’attività, in cui si rifugge l’aperto e si cerca riparo al fresco di una casa, in un giardino, in un luogo appartato. E perciò diventa un momento di rifugio, attesa, riposo e di sospensione del tempo. Abbiamo provato a immaginare quale musica potesse nascere nella controra e, da mediterranei, abbiamo provato a mescolare le nostre influenze sulla base di questa idea, dando vita appunto ad una musica per lenire il caldo, l’apatia languida, e che lascia sospesi in attesa che il tempo scorra. Ogni traccia segue il fluire delle ore e delle fasi del sonno, fino all’inevitabile risveglio.

ALP Trio – bio: Controra: la musica possibile, dopo il silenzio. ALP Trio è il tentativo di trovare una risposta alla domanda sulla musica che può accompagnare il nostro tempo. Soprattutto dopo che ogni genere è stato attraversato, ogni esperienza compiuta, ogni suono ascoltato. Quello che potrete trovare in questo progetto musicale è il risultato di un intenso e meticoloso lavoro di sottrazione, di ricerca dell’essenza, della misura e del ritmo necessario. Non è un caso che il cd si chiami “controra”, quel momento del giorno in cui non è possibile tollerare azioni superflue, pensieri superflui, desideri superflui. La parte del giorno che si dichiara più vicina alla quiete, solo apparentemente stanca e lenta. Che è poi l’unico modo di esistere e resistere in questa vita inutilmente veloce, francamente illusoria, spesso inautentica. Fabio Anile, Salvo Lazzara e Luca Pietropaoli hanno compiuto un’opera di sublimazione dei generi a loro più cari, il jazz, l’ambient, l’elettronica, alla ricerca di una pulsazione e una risonanza più profonde.

 

Link per ascoltare il disco

https://bfan.link/controra

 

Line up:

Salvo Lazzara: electric guitar, 9 strings touch guitar, noises & soundscapes

Luca Pietropaoli: trumpet, electric bass, double bass, drum programming

Fabio Anile: piano, synths, percussions

 

Tracklist:

[14:00 PM] / [14:05 PM] / [14:11 PM] / [14:14 PM] / [14:23 PM] / [14:27 PM] / [14:33 PM] / [14:38 PM]

 

Discografia:

ALP Trio – Controra (Filibusta Records, 2022, album)

 

Luca Pietropaoli: Ha cominciato a giocare con la musica fin da tenera età: i vinili di Bach, Inti-Illimani, The Beatles, Simon & Garfunkel erano perfette colonne sonore di concerti immaginari da mettere in scena con ogni sorta di strumento improvvisato. Principale canale espressivo del desiderio di creatività, la musica lo ha da sempre attratto nelle sue innumerevoli declinazioni temporali e geografiche. Trombettista, cornettista, bassista, sound designer e compositore, ha lavorato e pubblicato album in ambito progressive jazz (Fonderia), world jazz (Pensiero Nomade), rinascimentale (Concerto Romano, Officina Musicae), sinfonico (Ensemble Enarmonia) ed elettronico (in veste solista), esibendosi dal vivo in Italia, Inghilterra, Germania, Austria, Belgio, Lussemburgo. Album e collaborazioni: “Fonderia” (Bizzarre Production, 2002) con Fonderia; “Re>>Enter” (Vinyl Magic, 2006) con Fonderia; “My Grandmother’s Space Suit (Biz, 2010) con Fonderia; “Imperfetta solitudine” (Filibusta records, 2013) con Pensiero Nomade, “Guided by Noise” (Filibusta records, 2017) con Salvo Lazzara; “Appunti per una teoria delle maree” (Filibusta records, 2018) con Salvo Lazzara, Davide Guidoni e Claudio Milano; “Outside the Cave” (NAU records, 2014) come solista; “Microdancing” (2020) come solista.

Fabio Anile: Pianista di formazione classica, Fabio anile (classe 1970) si è accostato sin da giovanissimo alla musica spaziando in generi diversi, ma sempre con una predilezione per la dimensione cinematica di essa. Dalle atmosfere dell’ambient più rarefatta, all’ostinato del minimalismo classico, la ricerca sonora di Fabio Anile si muove sempre lungo la stessa direttrice: la sua musica è un lavoro sul tempo e la sua percezione. Ha composto musiche per cortometraggi e istallazioni audiovisuali. Album e collaborazioni: “Music for Piano and Strings” (in uscita a Gennaio 2023), “Fractal Sextet” (Alchemy records, 2022), “Weightless” (Laverna, 2009), “Fractal Guitar 1”, “Fractal Guitar 2” (con Stephan Thelen), “Materia e Memoria” (con Pensiero Nomade), “Sacro e Profano” (soundtrack per mostra fotografica), “Non da sola” (corto di Xavier Plagaro Mussard, 2011), “La Pelosa” (corto di Xavier Plagaro Mussard, 2010), “Artificialia” (istallazione multimediale di Luigi Pagliarini). Live Performance: si è esibito in numerosi festival nazionali e internazionali a Roma, Firenze, Milano, Zurigo, Colonia, Berlino, Anversa e negli States a Santa Cruz (come headliner), San Diego, Oakland. Nel 2009 si è esibito on-line al primo Virtual Sound and Visual Festival (VSV Festival) e ha prodotto in primo “International Live Looping Festival” in Italia (Roma, 2009).

Salvo Lazzara: Chitarrista e bassista. Dopo gli esordi nella new wave e dark wave si dedica al progressive rock con la band Germinale, con cui incide cd fino alla fine degli anni ’90. All’inizio degli anni 2000 inizia un percorso solista con il moniker Pensiero Nomade, un progetto in cui si dedica alla ricerca sonora, fra musica acustica e world jazz, contaminata da minimalismo ambient e da elettronica. Album e collaborazioni: “E il suo respiro ancora agita le onde” (Mellow records) con Germinale; “Cielo e terra” (Mellow records) con Germinale; “Scogli di sabbia” (AMS BTF) con Germinale; “La vostra ansia di orizzonte” (MA.RA.CASH. records) con Stefano Giannotti; “Guided by Noise” (Filibusta records) con Luca Pietropaoli; “Appunti per una teoria delle maree” (Filibusta records) con Luca Pietropaoli, Davide Guidoni e Claudio Milano; “Per questi ed altri naufragi” (AMS BTF) con Pensiero Nomade; “Tempi migliori” (AMS BTF) con Pensiero Nomade; “Materia e memoria” (Dodici Lune) con Pensiero Nomade; “Imperfetta solitudine” (Filibusta records) con Pensiero Nomade; “Da nessun luogo” (Filibusta records) con Pensiero Nomade; “Canti del disincanto” (Filibusta records) con Pensiero Nomade; “Un cerchio perfetto” (Filibusta records) con Pensiero Nomade.

 

Link:

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Giuseppe Santelli parla del nuovo disco Il Sognatore: “Un punto di partenza per nuovi stimoli”

Pubblicato dall’etichetta Filibusta Records, l Sognatore è l’ultimo disco del pianista Giuseppe Santelli. Un progetto ricco di contaminazioni in cui il jazz incontra il mondo classico, sposando culture provenienti da diverse parti del mondo. Completano la formazione che ha preso parte a questo lavoro Alessio Iorio al basso elettrico e contrabbasso e Simone Ritacca alla batteria e percussioni. Il leader di questo trio ci ha raccontato questa nuova avventura

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Il disco è composto da otto mie composizioni e per realizzarle mi sono ispirato a storie, film e stati d’animo differenti. Per illustrare musicalmente questi “quadri” ho utilizzato varie tecniche compositive attingendo dalla mia esperienza di studi e di ascolti in cui ho incontrato sia il mondo classico che quello jazz.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Da anni mi dedico alla composizione e ho pensato che i brani de “Il Sognatore” avessero bisogno di due musicisti come Simone Ritacca (batteria e percussioni) e Alessio Iorio (basso e contrabbasso). Ci eravamo già incrociati musicalmente in altre formazioni, ma è grazie alla preparazione del disco che il trio ha raggiunto un legame e un interplay necessari a conferire un suono personale ai brani.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

Proprio così! “Il Sognatore” è la fotografia di questo mio tempo, in cui sto mettendo in ordine tutto il materiale musicale percepito in questi anni. Mi piace pensare che ogni progetto sia sempre un punto di partenza che mi renda pronto a nuovi stimoli e a nuove evoluzioni.

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

Nel corso della mia formazione musicale, molte sono state le influenze che hanno lasciato una traccia nelle mie composizioni; il cassetto è pieno di nomi e di generi musicali: passando dal Rock e Hard Rock dei Led Zeppelin, Deep Purple, Quenn, Pink Floyd, al Pop italiano e internazionale di Pino Daniele, Fabio Concato, Stevie Wonder, fino ad arrivare al jazz di Bill Evans, Michel Petrucciani, Michel Camilo, Miles Davis, ecc.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

Non posso prevedere quale possa essere l’evoluzione del mio progetto perché le mie composizioni si basano sul mio stile di vita attuale. Abbiamo il grande desiderio di portare “Il Sognatore” in giro per il mondo e riempire la valigia di nuove esperienze che sicuramente contribuiranno alla scrittura di nuovi brani.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Stiamo predisponendo in comune con la nostra etichetta e l’ufficio stampa un tour di concerti; intanto la sala prove è un appuntamento fisso per mantenere l’amalgama tra di noi, e per testare e sperimentare le mie nuove idee compositive.

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Poetesse in Musica è il nuovo disco di Franco Tinto - etichetta Filibusta Records

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La poesia che si fonde con il jazz in un disco elegante, raffinato, colto. In questo modo potremmo riassumere l’essenza di Poetesse in Musica, ultimo lavoro del maestro e chitarrista Franco Tinto in uscita il 31 marzo 2022 per l’etichetta Filibusta Records. Questo progetto musicale nasce dall’incontro con la poetessa Silvia Cozzi, autrice di una poesia dal titolo “Il Jazz”. Questo il punto di partenza che inizialmente ha portato alla stesura di una canzone, a cui ha fatto seguito un progetto più ampio. Pensando al lavoro precedente intitolato Accordi di Donne, l'idea maturata è stata quella di prendere poesie scritte sempre da donne per crearne dei brani musicali. Nel precedente disco, dunque, le autrici dei testi si erano fatte ispirare direttamente dalla musica, mentre in questo lavoro sono nati prima i testi che in un secondo momento sono stati musicati per poi essere trasformati in canzoni. Da queste poesie, pertanto, sono usciti fuori 16 brani a cui è stata conferita un’impronta più jazzistica, intimista e cantautorale.

Per l’occasione Franco Tinto, principale autore delle musiche, si è avvalso di un sestetto chiamato “Poetry Sextet”, formato da Annalisa Peruzzi alla voce, Fabio Penna al basso, Luca Chiaramonte alla chitarra acustica, Lucio Perotti al piano, Pier Paolo Ferroni alla batteria. Alcuni brani, inoltre, sono stati impreziositi dalla partecipazione di Gabriele Coen, al clarinetto e sax.

BIOGRAFIA: Franco Tinto intraprende lo studio della chitarra a 14 anni sotto la guida del Mo. Sergio Notaro, già allievo del grande Andrés Segovia, diplomandosi presso il conservatorio Piccinni di Bari nel 1987. Ha iniziato la sua attività di insegnante presso lo storico Centro Romano della Chitarra fino al 1993, per poi passare alla sua attuale sede di lavoro, la scuola di musica Sylvestro Ganassi. Ha tenuto concerti in Italia e all'estero. Da qualche anno fa parte del cast, come musicista in scena, presso il Globe Theatre di Roma. Ha inciso 4 dischi il primo intitolato “Vita (& Bossa) Nova” e il secondo dei quali, Accordi di Donne, ha debuttato all'Auditorium Parco della Musica. Gli ultimi 2, "Poetesse in Musica" e "Noble, Sentimental” sono in uscita nel 2022, a breve distanza l’uno dall'altro.

 

Facebook Page

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Spotify

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Tracklist

Tutte le composizioni sono di Franco Tinto. Tra parentesi le autrici del testo

Il Jazz (Silvia Cozzi)

Fino a sfiorare il cielo (Paola Bosca)

L'esistenza (Cinzia Erdas)

Quando il giorno arriva (Miriam Gambacorta)     

Il cielo s'imbruna (Ludovica d'Erasmo)

Vieni, Amore Mio (Antonella Mei)

Fermiamo l'incanto (Maria Rizzi)

Volo (Jennifer Tomassi)

L'incantesimo del Bene (Roberta Lipparini)

Matrimoni sotterranei (Marisa Camboni)

Forse domani (Vittoria Nenzi)

Per...  (Alessia Rocco)

Il Regno dei Miracoli (Selene di Domenicantonio)

Parte tutto da un respiro (Tiziana Mezzetti)

Gli Avi di Miyajima (Ilaria Agostini)

Sono nata con il cuore da guerriera (Ilaria Giovinazzo)

 

 

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Come Again - l’esordio discografico del duo B.I.T: “La musica portata alla sua essenza”

 

Un disco che attinge gran parte del repertorio dalla tradizione classica rivisitando i brani attraverso l’improvvisazione jazz. In questo modo potremmo riassumere l’essenza di Come Again, disco d’esordio dei B.I.T., ovvero Danielle Di Majo al sax e Manuela Pasqui al pianoforte, uscito per l’etichetta Filibusta Records. Ecco il racconto delle due autrici...

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Certo! Forse non brevemente...Come Again è un disco molto melodico, parola chiave: Lirismo. Cerchiamo la melodia, il canto sopra ogni altra cosa, spesso a discapito dei fuochi artificiali e degli esibizionismi tecnici che in genere sono argomenti di facile presa, soprattutto nell'ambito del jazz e dell'improvvisazione. Abbiamo cercato di ridurre, spogliare la musica e portarla a una essenza quasi embrionale, lavorando sui brani della tradizione e su nostre composizioni in maniera totalmente spontanea e estemporanea. E' un disco “live”, cioè non ci sono sovraincisioni. E' una fotografia realistica del momento presente, senza trucco, senza paura. Da un punto di vista ideologico Come Again è anche il nostro grido di resistenza al silenzio e all'immobilità imposti dalla gravità di questo evento sconvolgente che è stato e in parte ancora è la pandemia.

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo duo e come si è evoluto nel tempo?

Abbiamo cominciato a collaborare all'interno di un altro progetto musicale, un quartetto dedicato a Wheeler, nell'anno precedente la pandemia. Lì ci siamo conosciute musicalmente e personalmente. E' stata proprio la pandemia a darci la spinta per fare altro. Un modo per approfondire legame e ricerca in un momento molto, molto faticoso e penoso.

Perché la scelta di mescolare brani tradizionali con la tradizione jazz?

Come ti spiegavamo nella presentazione del disco, abbiamo scelto di lavorare sui brani della tradizione, la nostra tradizione (quella del bel canto per intenderci), soprattutto per una questione di ricerca melodica. Quello tradizionale è un patrimonio potremmo dire genetico, che abbiamo cercato di ricontattare, come un'analisi dell'inconscio, attraverso il nostro approccio alla musica e all'improvvisazione: molti dei brani del disco provengono dalla tradizione “classica”; non è un'operazione nuova quella di attingere al passato, soprattutto per musicisti trasversali, cioè che affondano le loro radici in linguaggi diversi, dal patrimonio classico, al folk o al jazz. Entrambe abbiamo queste caratteristiche, seppur con esperienze e approfondimenti differenti e questo ci ha da subito messe in grande sintonia. Manu lavora da tanto sulla rielaborazione in chiave improvvisativa del patrimonio antico e con Danielle ci siamo riconosciute anche nella direzione, nella ricerca del suono e dell'espressività. E' una sintonia intellettiva e emotiva che ci conduce attraverso il lavoro sui brani originali, sull'interazione e sugli arrangiamenti.

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Il musicista di riferimento di Danielle è senza dubbio suo marito, Giancarlo Maurino, con il quale condivide la vita privata ma anche musicale. Giancarlo è un musicista di grande peso nella scena italiana (ha collaborato con musicisti del calibro di Mingus, Don Cherry, Elsa Soraes, Rava, Fresu, e molti molti altri); I riferimenti di Manuela sono svariati, e nei confronti di tutti la stessa intensa gratitudine: primi amori pianistici sono stati per Pieranunzi, Marcotulli, Venier, Tylor e poi Chopin, Skryabin, Grieg, Bach.

Dal momento che parliamo di un disco nato nel pieno della pandemia cosa rappresenta per voi Come Again?

Come Again è nato proprio a cavallo dei primi lock down e considera che siamo entrate in studio a dicembre del '20! Ci sono voluti circa nove mesi, quelli più difficili di questa pandemia, e quindi si, ha rappresentato moltissime cose per entrambe. Il  senso di  impotenza e l'isolamento che tutti abbiamo sperimentato, sono diventati la spinta per inventare e costruire delle possibilità alternative di espressione. Come Again è questa possibilità, rappresenta la voglia di ricominciare a essere insieme, di resistere, di comunicare e di farlo attraverso la musica. E' una speranza, un augurio, una direzione.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Come Again in effetti è stato il punto di partenza per capire che direzione prendere e ci siamo rese conto che abbiamo una nostra originalita, un nostro suono. E a dire il vero stiamo già lavorando a un nuovo repertorio di brani originali. Passata la fase della conoscenza reciproca, ci sentiamo pronte per sostenerci creativamente anche in questa direzione espressiva così delicata, sempre mantenendo il filo del lirismo, dell'espressivita e della sincerità.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Filibusta Records sta organizzando una presentazione all'Auditorium, più o meno a ottobre, insieme a Antonella Vitale Quintet che presenterà il suo cd “Segni invisibili” nel quale Danielle ha collaborato come solista. Progettiamo di suonare il prossimo anno oltre oceano e, come ti accennavamo prima, stiamo già lavorando ad un nuovo disco di brani originali. Speriamo di riuscire a realizzare tutto!!!

 

 

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Last Breath of Summer il nuovo singolo di One Flower Left: intervista ad Alessandra Patrucco

 

Si intitola Last Breath of Summer il primo singolo del progetto One Flowert Left pubblicato dall’etichetta Filibusta Records. Un brano in cui il jazz e l’elettronica si incontrano scritto proprio a fine estate. La band è composta da Alessandra Patrucco alla voce e all’elettronica, che ha scritto e arrangiato tutti i brani dell’album, Angelo Conto al piano e all’elettronica, Luca Curcio al contrabbasso e basso elettrico e Nicholas Remondino alla batteria, oggetti ed elettronica. Alessandra Patrucco ci ha raccontato come è nata questa avventura.

Il titolo del brano Last Breath of Summer è molto evocativo: ci vuoi raccontare cosa rappresenta per voi?

Ho scritto questa canzone a fine estate, quando senti il sole cambiare e i colori e gli odori ti lasciano già immaginare settembre. Stavo andando in bicicletta quando mi ha sorpreso una sensazione di gioia pura, la stessa di quando da bambina facevo gli ultimi giri in bicicletta tra le colline prima di ricominciare la scuola, libera di poter stare nel movimento, nel ritmo e nel vento. Questa esperienza ha fatto nascere in me un profondo senso di gratitudine anche per altri momenti di vita intensi e discreti, il valore dei quali non avevo potuto riconoscere fino ad allora, ballare è uno di questi.

In questo brano il jazz e l’elettronica si incontrano: volete descrivere brevemente Last Breath of Summer ai lettori di Jazz Agenda?

Il brano è composto di tre caratteri differenti: intro e coda sono jazz e scarni, voce e pianoforte, il tema in quartetto è molto cantabile e poi c’è l’inserto dance con l’elettronica. La batteria è sempre suonata dal vivo, Nicholas ha un suono propulsivo bellissimo che si è incontra felicemente con l’elettronica minimalista di Angelo. Anche il basso è sempre suonato dal vivo.

E come avete lavorato alla realizzazione di questo brano? 

Quando siamo andati in studio era già chiara la struttura e che qualità timbriche dovesse avere, per cui anche questo brano lo abbiamo registrato tutti insieme, in modo che rimanesse comunque un certo margine per l’improvvisazione nell’area dance. La parte vocale è stata registrata al momento con la mia vecchia loop station.

E’ il primo singolo che ascoltiamo: anticipa forse la stesura di un disco? Ci volete dare in caso qualche anticipazione?

Last breath of summer è il primo singolo ma è il brano che chiude l’album. Temporalmente è l’ultima canzone che ho scritto ed è molto diversa da tutte le altre proprio perché è l’unica ad avventurarsi in territori così lontani dal jazz. Ho scritto il resto dell’album in un tempo dilatato e ogni brano è nato in momenti diversi e significativi. I prossimi singoli in uscita rivelano altre influenze che si innestano sulla matrice jazz.

Ascoltando questo brano, rispetto ai vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Ho ascoltato molto i Radiohead, Bjork e James Blake in quel periodo.

Chiudiamo con una proiezione per il futuro: quali potrebbero essere secondo voi le evoluzioni di questo progetto?

Non sono una che progetta la musica con anticipo, aspetto che le canzoni mi vengano a cercare ma senz’altro la musica elettronica nelle sue varie declinazioni assorbe molto del mio interesse come la ricerca verso l’essenziale e la ripetizione. Mi interessa continuare a esplorare e riuscire a trovare una sintesi tra linguaggi differenti, poter giocare con il contrasto, la sorpresa e la forma.

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Last Breath of Summer: esce il primo singolo di One Flower Left

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Last Breath of Summer, primo singolo del progetto One Flower Left, esce venerdì 26 marzo per l’etichetta Filibusta Records (distrib. digitale Believe Distribution Services) anticipando l’uscita del disco che avverrà tra pochi mesi. Alessandra Patrucco alla voce e all’elettronica ha composto scritto e arrangiato tutti i brani dell’album. La band è completata da Angelo Conto al piano e all’elettronica, Luca Curcio al contrabbasso e basso elettrico e Nicholas Remondino alla batteria, oggetti ed elettronica. La musica energica ed elegante si muove tra influenze jazz, che ritroviamo soprattutto nella voce della vocalist, l’elettronica, il pop e le atmosfere dance. Il brano accattivante e dinamico risulta un vero e proprio mix artistico in cui ritroviamo linguaggi, stili che si mescolano alla perfezione legando tradizione e musica moderna. Last Breath of Summer nasce da un sentimento di gioia e gratitudine per le piccole cose della vita che portano ad un irrefrenabile desiderio di ballare.

SPOTIFY

https://open.spotify.com/album/1bUK1FoRNg04gi0OJVM9Lh

BIO: Alessandra Patrucco è cantante, scrive musica e testi ed è attiva sulla scena europea. Come compositrice e interprete ha creato un linguaggio personale in cui confluiscono gli interessi per il jazz, il pop, la musica elettronica, la tradizione popolare e l'improvvisazione. Ha pubblicato tre album: Circus (ICP 045, Tondist 2006), Varda la luna/Sasa’ (Nota 2006), Majin/Dindun (2013). Ha collaborato con diversi artisti: Pierre Favre (Zurigo), ICP orchestra (Amsterdam), Villa Sonora, gruppo vincitore del Jur Naessens Music Award 2007 (Amsterdam), con il musicista londinese Nitin Shawney al Festival Marsatack (Marseille).

Ha tenuto concerti tra gli altri, per il Festival Internazionale del Libro di Torino- Lingua Madre, Europa Cantat XVIII, Festival Premio Nazionale Musica Popolare di Loano con il suo trio Dindun, Festival OperaEstate (Bassano) e Festival Short Theatre (Roma), per la Mostra Sonora i Visual (Barcellona) e Museruole/Women in experimental music (Bolzano) con il suo progetto Ramat de so, per il Festival Lem (Barcellona), Dispositivo Campo Magnetico (Barcellona) e MITO educational Festival Internazionale della Musica (Torino), per il Teatro Stabile di Torino con lo spettacolo Admurese, per il Tremplin Jazz Festival (Avignone), e due edizioni del Torino jazz festival con il suo quartetto.

Line up:Alessandra Patrucco - voce, composizione ed elettronica, Angelo Conto - piano ed elettronica, Luca Curcio - contrabbasso e basso elettrico, Nicholas Remondino - batteria, oggetti ed elettronica 

 

One Flower Left:

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Il Quinto Elemento e il nuovo disco Introducing: “Un patchwork che rappresenta le nostre anime”

Pubblicato dall’etichetta Filibusta, Records Introducing è il disco d’esordio de “Il Quinto Elemento”, formazione formazione composta dalle cinque vocalist Irene Giuliani, arrangiatrice dei brani, Mya Fracassini, Elisa Mini, Paola Rovai, Stefania Scarinzi. Un quintetto jazz a cappella che con gusto, ironia e teatralità ha realizzato un album con brani di vario genere arrangiati in una chiave originale e moderna. Ecco il racconta delle cinque vocalist per i lettori di Jazz Agenda

Il Quinto Elemento è un Quintetto Jazz a cappella che in questo primo disco ha affrontato brani di diverso tipo: per cominciare l’intervista volete descriverlo ai lettori di Jazz Agenda?

Mya: Questo è il nostro primo “figlio”, frutto dei primi anni di collaborazione insieme; è un patchwork che rappresenta le varie nostre anime, le nostre differenze e le nostre affinità, armonizzate dalla penna di Irene, che riesce a far convivere nella sua musica gli umori e gli amori di ben cinque cantanti donne, sempre però con una bella spolverata di autoironia.

Visto che i brani sono molto diversi tra loro, volevamo chiedervi anche le motivazioni delle vostre scelte artistiche proprio in merito alle canzoni riarrangiate

Irene: La scelta dipende dai brani che incontro, anche casualmente, e che mi ispirano. Spesso dipende dalla vocazione teatrale, pur nascosta, di questi pezzi. Le idee arrivano e mi accompagnano per un po’, le voci provano già nella mia testa. Pian piano si delineano le strutture che vengono poi esplicitate sul foglio musicale.

Per quanto riguarda i brani inediti, invece, raccontateci anche come li avete composti e come ci avete lavorato. Insomma, siamo anche curiosi di sapere qualcosa del vostro lavoro in sala prove: tutto quello che avviene dietro le quinte.

Irene: I brani originali di mia composizione (Introducing Quinto Elemento e Farnetico) sono evidentemente autoreferenziali.

Elisa: Ci piace molto insistere sulle particolarità del gruppo e di ognuna di noi, mettere in risalto la diversità che costituisce una grande ricchezza.

Irene: Con Introducing mi sono divertita a mettere insieme una specie di collage zappiano dove ogni componente ha un suo momento in cui canta nel proprio stile prediletto.

Mya: I brani arrivano arrangiati da Irene ed ognuna legge la propria parte ma già dalle prime prove facciamo delle modifiche, sperimentiamo soluzioni e alla fine quello che viene fuori è un lavoro collettivo, sia pur partendo dalle idee che scaturiscono dalla testa di Irene.

Nella vostra formazione, essendo un quintetto jazz a cappella, non c’è una sezione ritmica né tantomeno altri strumenti. Premesso che tutto funziona benissimo, ci volete motivare questa scelta?

Irene: Le sole voci che suonano insieme creano una magia irresistibile, quasi sacra. Linee singole si incontrano nello spazio, si fondono e diventano un unico strumento. È un incantesimo a cui non sappiamo sottrarci. La nostra musica è dichiaratamente per voci, solo talvolta imitiamo gli strumenti.

Mya: anche se non esiste una sezione ritmica, la scrittura delle varie parti costruisce sempre un supporto ritmico piuttosto forte, a partire dal basso, che non è sempre affidato alla stessa voce, e comunque anche le altre voci si intrecciano per dare sostegno ritmico e armonico a chi in quel momento ha ruolo solistico.

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e anche il percorso che avete fatto dalla vostra nascita fino all’uscita del disco!

Irene: Per questo bisogna ascoltare “Farnetico”, è tutto spiegato per filo e per segno, ma alla base di tutto c’è l’amore per la musica e l’amicizia.

Un disco può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Irene: Tutte e tre le cose. Documenta il nostro primo periodo insieme, fotografa il repertorio che sentiamo adesso più rappresentativo, ci dà modo di chiudere un capitolo e stilare finalmente la tracklist del prossimo disco.

Se parliamo dei vostri riferimenti cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti o anche dei filoni musicali che per voi come band rappresentano un punto di riferimento?

Irene: Il riferimento primario è quello dei King’s Singers, storico gruppo vocale maschile inglese di fama mondiale, ospite ricorrente dei teatri fiorentini. Arrangiamenti sopraffini, ironia british, suono celestiale. In realtà ci discostiamo dal loro approccio per quanto riguarda gli interventi solistici: mettiamo in risalto la differenza delle nostre singole voci e personalità. E qui si apre un mondo di altri riferimenti: dal vocal jazz più classico a Zappa, dalla Bossa nova all’Alternative rock, dai madrigali rinascimentali a Rossini, dal classico allo sperimentale.

Mya: Alla fine il nostro punto di riferimento è proprio il giocare con gli stili e i generi musicali. Non esitiamo davanti a nessuna commistione.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Irene: C’è una discreta “wish list” di brani che attendono di essere cantati dal Quinto Elemento, gli arrangiamenti in parte realizzati, in parte solo teorizzati.

Elisa: Alcuni brani sono originali, altri come nostra usanza sono estrapolati dai più vari repertori.

Mya: Forse dovremmo fare al più presto due nuovi dischi seguendo le due diverse direzioni o più probabilmente continueremo a unire ciò che appare differente. In fondo questa è la nostra più profonda vocazione.

 

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Segni Invisibili: il nuovo disco di Antonella Vitale

  • Pubblicato in Pagina News

Un disco crossover che sintetizza il percorso musicale di una vita, cominciato nel jazz per abbracciare in seguito la musica d’autore, il soul e tanti altri linguaggi. Si presenta così Segni invisibili, ultimo progetto della vocalist Antonella Vitale che esce il 6 novembre per l’etichetta Filibusta Records. Un progetto trasversale che rappresenta per certi versi il punto di stabilità di una artista che dopo 25 anni di intensa attività, si libera da ogni condizionamento, abbandonando ogni concetto legato alle classificazioni. Non a caso hanno partecipato alla realizzazione di questo lavoro musicisti con i quali la vocalist si trova per la prima volta a collaborare: tra questi Gianluca Massetti, al pianoforte and keyboards, principale arrangiatore dei brani che ha dato un supporto determinante alla realizzazione di questo lavoro con un suono moderno, fresco e originale. A lui si aggiungono Andrea Colella al contrabbasso, Francesco De Rubeis alla batteria e percussioni e Danielle Di Majo al sax Soprano/alto sax/flute (artista con la quale ha collaborato nella formazione Ajugada Quartet nel disco Hand Luggage). Segni Invisibili rappresenta un inno alla libertà di comporre, libertà di seguire il proprio gusto musicale, senza regole ben precise, superando le etichette e aprendo la strada ad una contaminazione elegante che non tradisce mai un trascorso jazzistico sempre presente e mai abbandonato del tutto. Da questo punto di partenza Antonella Vitale si muove tra la musica d’autore, omaggiando due brani storici della canzone italiana come Per me è importante (Tiromancino) e Tu non mi basti mai (Lucio Dalla) e spaziando tra la musica funky, il soul e composizioni spesso dai tratti onirici.

Il disco si apre con Eschilo uno dei brani più ritmati, forse il più vicino alla black music, che associa alla vena cantautorale un groove deciso e determinato, ma mai eccessivo. Amara è invece composizione dai suoni mediterranei, caratterizzata da arrangiamenti minimali e un testo introspettivo, carico di significati personali. In Superfice è senza dubbio una delle track più oniriche e melodiche, dove subentra anche un buon utilizzo dell’elettronica sempre elegante e mai invasivo. Incoerenza è un brano malinconico, con un testo evocativo associato ad un ritmo dalle tinte funk che si sposa con una poetica sempre legata al cantautorato. Segni Invisibili è senza dubbio la composizione che sintetizza alla perfezione l’essenza di un album che diventa un crocevia e una confluenza di stili amalgamati alla perfezione: un brano raffinato ricco di interplay in cui oltre al canto di Antonella Vitale, fuoriesce un bel fraseggio di sassofono che a tratti diventa la voce principale. Infine Tra le Nuvole è un bel dialogo tra piano e voce, forse la composizione che rappresenta al meglio il trait d’union tra un passato jazzisitico tradizionale e una nuova curiosità che apre la strada ad altri stili abbracciando perfettamente il concetto di contaminazione.

“I segni invisibili sono soffi di vento, i riflessi dell’acqua, sono ombra e luce, un profumo, il suono del silenzio, l’eco di una voce lontana. I segni invisibili sono piccole tracce che inseguo alla ricerca di una risposta ostinata, su cui mi aggrappo quando sento che sto per cadere. Posso afferrarli attraverso i sensi, posso immaginarli perché la loro forza nascosta è cosi immensa da riuscire a trasportarmi via in mondi lontani, fino ad amplificare al massimo le mie percezioni. Io ho bisogno del mio mondo invisibile perché rende visibile la parte più nascosta di me, di cui ancora non so nulla ma che mi diverto ad esplorare soprattutto attraverso la musica…. e tolgo la maschera (Eschilo)”

Antonella Vitale

 

Line-up
Antonella Vitale, voce

Gianluca Massetti, pianoforte and keyboards - arrangiamenti

Andrea Colella, contrabbasso,

Francesco De Rubeis, batteria e percussioni e

Danielle Di Majo, sax Soprano/alto sax/flute

 

Track-list

Eschilo

In superficie

Tu non mi basti mai (cover/ L. Dalla)

Amara

Incoerenza

Tra le nuvole

Segni invisibili

Per me è importante (Tiromancino)

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Gloria Trapani racconta il disco Life is There And Everywhere: “Tutto nasce dalla necessità di raccontare e raccontarmi”

Pubblicato da Filibusta Records Life is There And Everywhere è l’ultimo disco di Gloria Trapani uscito a cinque anni di distanza dal precedente lavoro Rough Diamond. Un progetto dalle diverse sfaccettature che fonde il jazz con il folk e la canzone d’autore al quale hanno partecipato musicisti quali Alessandro Del Signore al contrabbasso, Luigi Di Chiappari al pianoforte e Mattia Di Cretico alla batteria. Gloria Trapani ha raccontato a Jazz Agenda questa avventura:

“Questo progetto è frutto di una grande passione e del grande desiderio di raccontare e raccontarmi attraverso musica. Ho iniziato a dedicarmi alla scrittura circa una quindicina di anni fa ma solo nel 2011 questo desiderio si è concretizzato quando Alessandro Del Signore, Luigi Di Chiappari e Mattia Di Cretico hanno accolto questo mio desiderio e con loro è iniziato questo bellissimo percorso. Originariamente la formazione era quella classica del quartetto jazz con la voce ed infatti il primo disco che abbiamo realizzato, Rough Diamond, porta proprio il nome del Quartetto.

Abbiamo lavorato a quel disco dandogli un'impronta molto live e lasciando molto spazio alle improvvisazioni. Da allora abbiamo avuto la grande fortuna di suonare tanto insieme, e non solo per questo progetto, ma anche per progetti paralleli, e questo ci ha aiutato tanto a trovare una bella sintonia e soprattutto a consolidare la sinergia tra le nostre attitudini diverse. La cosa bella è stata scoprire negli anni la volontà di creare musica insieme condividendo una progettualità.”

Gloria Trapani ci ha raccontato anche il percorso che ha portato alla nascita del disco:

“Sono trascorsi ben 5 anni da quel lavoro, tempo necessario per sviluppare una nuova direzione. Ricordo benissimo nel 2014, di ritorno da un concerto fatto insieme a Lucca, parlai loro della necessità di cambiare il nostro modo di lavorare, e così è iniziato il percorso che ha portato alla realizzazione di quest' ultimo disco “Life is there and everywhere”. Volevo realizzare una musica che ci rappresentasse realmente, in cui potermi rispecchiare al cento per cento e in cui potessero rispecchiarsi anche loro, mettendo a frutto non solo le loro qualità di esecutori ma anche il loro talento creativo. Ho raccolto le 10 canzoni per me più significative che rappresentavano ciò che volevo raccontare in questo disco, sia umanamente che musicalmente, e insieme ai ragazzi abbiamo cercato la veste più adatta.

E così è nato questo disco dove ognuno di noi fa ciò che è necessario alla musica e allo stesso tempo è parte fondamentale del discorso sonoro. Per la prima volta oltre che cantare ho suonato la chitarra il piano e il rodhes ed è stata per me un'esperienza bellissima e anche un passo molto importante; Luigi oltre a suonare il piano e il rodhes ha registrato alcune chitarre, l'organo, Alessandro ha suonato il basso, il contrabbasso e tante linee di arco che hanno dato carattere ai brani, Mattia oltre alla batteria ha sperimentato percussioni e oggetti come catene, unghie di pecora, scope che dessero un tocco originale alla ritmica...insomma nessuno di noi si è risparmiato.”

Un disco, inoltre, dove non è mancata anche una buona dose di sperimentazione e una ricerca timbrica e sonora non indifferente…. 

Avevo scritto un arrangiamento per quartetto d'archi e trombone - prosegue - su un brano che si intitola She walks, dedicato a mia madre, e ho potuto realizzarlo anche sul disco grazie alla collaborazione di grandi musicisti e amici, Donato Cedrone (violoncello), Teresa Iannilli (viola) Daniel Miskiev (violino) e Davide Di Pasquale (trombone)che aveva già collaborato al disco precedente.

Abbiamo poi scelto un fonico che ci potesse aiutare nella realizzazione del suono che avevamo in mente, e uno studio che avesse la giusta struttura e strumentazione a disposizione, e sono stati Davide Abruzzese, che ha curato le riprese e il missaggio, e il Groovefarm che ringraziamo ancora per la grande professionalità, insieme ad Andrea Guastadisegni che invece è il fonico che ha curato poi il master.”

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