Jazz Agenda

B.I.T.: ‘Puccini my love un omaggio al compositore e un esperimento audace’

Dopo un tour estivo negli Stati Uniti, con diverse tappe importanti, e una presentazione alla Casa del Jazz, la pianista Manuela Pasqui e la sassofonista Danielle Di Majo, ovvero il duo B.I.T., ci raccontano il loro nuovo disco “Puccini, my love”. Un progetto pubblicato da Filibusta Records che chiaramente rappresenta una dedica al grande musicista italiano in occasione del centenario dalla sua morte. Inutile dire, dunque, che siamo di fronte a un esperimento, a nostro avviso ben riuscito, in cui il jazz incontra la musica classica. Ne parliamo direttamente con Manuela e Danielle.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

E' un omaggio a Giacomo Puccini, un compositore all’avanguardia musicalmente e comunicativamente, che a cavallo di due secoli ha rappresentato l'Opera Italiana, plasmando l'immaginario collettivo e seminando melodie entrate a fare parte dell'immaginario collettivo italiano e mondiale (basti pensare agli innumerevoli film e pubblicità che hanno utilizzato e utilizzano, le sue musiche).

Abbiamo fuso la nostra sensibilità creativa con la musica lirica di Puccini, in un esperimento audace, che offre una nuova prospettiva sulle sue opere. Questo evento è particolarmente significativo in quanto si è svolto nel centenario dalla morte del Maestro toscano, celebrando il suo impatto duraturo sulla musica. Ogni brano è reinterpretato con arrangiamenti originali di Manuela, mostrando come la musica di Puccini possa essere trasformata e rinnovata attraverso diversi stili e interpretazioni. A spingerci in questa operazione è stata anche la sua visione del femminile. Le donne da lui raccontate, infatti, rivelano molti elementi moderni e di certo hanno ispirato la generazione delle donne a lui contemporanee e hanno contribuito a plasmare la percezione del pubblico sul ruolo stesso delle donne, offrendo esempi di figure femminili più pronte ad auto-determinare la propria condizione. Non mancano nel progetto i brani originali che sono il filo di connessione con il lavori precedenti e con quelli futuri.

Avete appena realizzato un tour in America. Raccontateci anche come andato e quali sono state le vostre emozioni!

Si! L'uscita di questo terzo album diB.I.T. (Manuela Pasqui e Danielle Di Majo, “Puccini, my love” per Filibusta Records, distrib. fisica IRD, distrib. digitale Altafonte Italia), dedicato a Giacomo Puccini, è stato presentato in anteprima con un sold out alla Casa del Jazz di Roma, e come dicevi, portato in tour negli USA tra maggio e giugno 2024:

29/05 Abramson Family Auditorium di NYU – Washington DC (Istituto Italiano di Cultura di Washington), 30/05 Fulton Street Collective – Chicago (Istituto Italiano di Cultura di Chicago), 2/06 Bobstop club Cleveland (Ohio), 4/06 Festa della Repubblica - Chicago, 7/06 Artitlab Jazz Festival – Madison (Wisconsin)

E' stata un'esperienza di grande impatto emotivo per noi: abbiamo incontrato un pubblico entusiasta in ognuna delle nostre tappe e questo ci ha molto gratificate artisticamente. E' una soddisfazione quando puoi condividere il tuo progetto musicale con un largo pubblico di differenti provenienze culturali, e soprattutto quando senti che è avvenuta la magia della musica, la comunicazione oltre il linguaggio verbale. E poi ci siamo divertite da matte!!! 

Parlateci adesso di voi: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Ci siamo incontrate nel 2019,  suonando insieme nel quartetto Kind Folk. Fin dall'inizio è nato un legame speciale, una grande sintonia e abbiamo scoperto di condividere gli stessi obiettivi artistici. Dopo quel primo incontro abbiamo cominciato a lavorare in duo e da allora non ci siamo mai fermate, neanche durante la pandemia; in questa formazione  abbiamo già registrato tre album per la Filibusta Records, nel 2021 e nel 2023. Il primo album del duo B.I.T. (Back-in-Time) “Come Again” era basato su una nuova interpretazione di materiale tratto da repertori classici e canzoni originali. In questa fase la nostra intenzione era quella di costruire un suono e un lirismo personali, oltre a sviluppare un linguaggio musicale comune. Il nostro secondo album “Equilibrismi” era una raccolta esclusiva di brani originali. Ha fornito un terreno fertile per approfondire l’espressivita’ melodica e l'arte dell'interazione dialettica tra i nostri due strumenti musicali. Il risultato di una ricerca continua e profonda, sia compositiva che improvvisativa. Ora c’è “Puccini, my love”.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Fotografia di un momento. Stiamo lavorando per crescere artisticamente come duo e individualmente e i dischi rappresentano delle istantanee, come i segni sul muro che si fanno per misurare la crescita dei bambini di casa.

Cosa vi ha spinto ad approcciarvi con Puccini?

L’idea di fondere l’improvvisazione jazzistica con la musica lirica di Puccini nasce dal desiderio di affondare nelle radici della nostra tradizione musicale. Sai, le nostre nonne ci cantavano le arie di Puccini invece delle ninna nanne. E' stato per noi un viaggio nel tempo, un modo per ricordare e riscoprire le generazioni precedenti le nostre. Insomma, un lavoro archeologico ispirato da curiosità e tenerezza. Siamo inoltre entrambe delle musiciste proveniente dagli studi classici e questo lavoro di fusione tra i grandi del nostro patrimonio musicale e il linguaggio improvvisativo, è una cifra stilistica che offre molti spunti creativi.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Stiamo già lavorando a un nuovo progetto, anzi a due nuovi progetti! Il prossimo B.I.T. , dedicato alla poesia e un progetto in quartetto di cui manteniamo ancora il segreto.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Come dicevo, stiamo preparando il prossimo disco e a Dicembre saremo i sala di registrazione ma non ci facciamo mancare i live, che sono sempre fonte di ispirazione e il 12 ottobre presso il Circolo Arci Writer Monkey, a Monterotondo (RM), il 3 novembre al Moncalieri jazz Fest e nei giorni seguenti, fino al 6, suoneremo sempre a Torino in altri club e teatri (trovate tutte le indicazioni sui nostri siti www.danielledimajo.comwww.manuelapasqui.com e sui nostri social personali e del duo B.I.T.)

 

Come dicevo, stiamo preparando il prossimo disco e a Dicembre saremo i sala di registrazione ma non ci facciamo mancare i live, che sono sempre fonte di ispirazione e il 12 ottobre presso il Circolo Arci Writer Monkey, a Monterotondo (RM), il 3 novembre al Moncalieri jazz Fest e nei giorni seguenti, fino al 6, suoneremo sempre a Torino in altri club e teatri (trovate tutte le indicazioni sui nostri siti www.danielledimajo.comwww.manuelapasqui.com e sui nostri social personali e del duo B.I.T.)

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Linda Gambino: 'Unexpected è un disco che rappresenta un ritorno al jazz’

Un viaggio musicale che attraversa generi ed epoche, dimostrando la versatilità artistica ed eclettismo creativo. In questo modo potremmo sintetizzare Unexpetced, primo album jazz della cantante Linda Gambino recentemente uscito per l’etichetta Filibusta Records. Un titolo che riflette perfettamente l'origine spontanea del progetto, iniziato come un semplice confronto sugli accordi di un brano tra Linda e il chitarrista Andrea Zacchia. È Linda Gambino a raccontarci la storia di questo progetto.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Certo, si tratta del mio album d'esordio e contiene 7 brani di cui tre sono originali e gli altri sono interpretazioni di alcuni standard jazz che mi sono sempre piaciuti. Ho pensato che come album d'esordio fosse giusto registrare anche degli standard per rendere piùfacile al pubblico l'ascolto di un'artista jazz "nuova" e apprezzarne lo stile e la voce su brani che già conosce. Ma desideravo davvero anche far conoscere il mio modo di comporre e scrivere anche nel jazz. Infatti all'interno della cover dell'album ho voluto scrivere una frase "Silence is a lie" cioè "il silenzio èuna bugia" proprio perchéera un bel po’di tempo che non scrivevo niente per varie ragioni e si vede che dentro di me avevo qualcosa da esprimere!

I tre brani originali sono due ballad direi intense e uno swing up tempo con un testo ironico e divertente. Tutto questo in inglese ovviamente perchéèla lingua del jazz e perchéio sono praticamente bilingue avendo vissuto negli Stati Uniti quando ero piccola.

Lo standard con cui l'album inizia èuna versione in 4/4 di "My favorite things": mi piaceva molto l'idea e Andrea Zacchia, con cui ho collaborato nella composizione e realizzazione del disco, ha creato un arrangiamento leggero ma dinamico al tempo stesso e per questo l'ho scelto come primo brano. Anche gli altri standard sono molto "up" e dinamici, mi piace cantare brani veloci!

I musicisti che suonano nell'album sono tutti affermati musicisti della scena romana, io sono romana anche se attualmente vivo a Firenze: Andrea Zacchia alla chitarra, Giordano Panizza al contrabbasso e Maurizio De Angelis alla batteria. Conoscevo solo Andrea Zacchia per precedenti esperienze musicali live che abbiamo condiviso. Gli altri sono stati una piacevolissima scoperta ma li ho conosciuti per la prima volta solo al momento di iniziare a registrare. Ci siamo trovati, anche perchéloro suonano spesso insieme in altre formazioni e progetti.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

L'evoluzione èstata rapidissima: come dicevo, dopo circa un paio di anni, un giorno mi sono messa alla mia mini tastiera con l'esigenza di mettere in musica l'ispirazione che avevo avuto; ho fatto un demo e l'ho inviato appunto ad Andrea Zacchia per avere un feedback e dato che lui ha subito apprezzato molto quello che avevo scritto mi ha proposto di registrarlo da lui, in studio e abbiamo iniziato a lavorarci su insieme per migliorarlo armonicamente e arrangiarlo. Poi mi ha detto di scriverne altri e, perchéno, fare un album. Ha poi chiamato i musicisti e dopo poco ci siamo ritrovati tutti a registrare. Tra la prima nota e il completamento della registrazione saranno passati circa due mesi. La collaborazione di Andrea èstata totale e davvero generosa.

Un disco per un'artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

Per me rappresenta un ritorno al jazz. Ero partita da lì , se vogliamo tornare parecchio indietro nel tempo, direi che le prime canzoni che ho cominciato ad ascoltare da molto piccola erano brani jazz perchévivevo in Usa a New York, a Washington, a Los Angeles con i miei genitori ed era quella la musica che si sentiva alla radio in tv, nei negozi (certo non solo quella) ma mi èsubito diventata familiare.

Peròèsolo piùtardi, quando sono partita per Boston alla volta della Berklee College of Music, che mi sono immersa nel jazz e ho cominciato a studiarlo e anche a cantarlo. Tornata in Italia ho cominciato ad esibirmi live in duo, trio etc. nei locali di Roma.

Peròpoi ho voluto fare esperienza in altri generi perchéla musica mi piace quasi tutta. Quindi dopo aver scritto brani pop/soul per un lungo periodo, ho sentito la voglia di mettermi alla prova di nuovo con il jazz, ispirata anche dalle cantanti contemporanee uscite negli ultimi anni, molte delle quali, sono tornate a proporre un jazz piùtradizionale, anche se attuale, che èproprio quello che mi piace. Quindi ho ripreso a studiare e anche a scrivere. Un ritorno alle origini insomma.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

Ne ho alcuni che non provengono dal jazz. Sono stata sempre affascinata dalle voci particolari, scure e dai testi importanti, appassionati, poetici. Una voce che mi ha colpito profondamente èstata quella di Joan Armatrading nei suoi pezzi piùintimi e subito dopo Joni Mitchell di cui ho ascoltato "Hejira" all'infinito, i cui testi mi hanno rapito. Un'altra voce senz'altro èstata Anita Baker e per arrivare a tempi piùrecenti, la mia icona Amy Winehouse, i suoi testi anche se inseriti in brani pop/soul sono inarrivabili secondo me e lei, unica!

Nel jazz invece al primo posto Sarah Vaughn e al secondo Betty Carter cosìfuori dagli schemi e cosìcreativa. Ma certo la prima che mi ha messo sulla strada èstata Ella Fitzgerald.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

Voglio scrivere altri brani originali, dopo circa 3 anni di traslochi vari in giro per l'Italia e non solo, finalmente mi sono fermata e proprio oggi ho comprato una tastiera vera (mi ero dovuta accontentare di una mini tastiera che certo non era il massimo) e posso tornare a divertirmi a suonare e comporre. MI piacerebbe anche avere altri musicisti sui miei brani, un sassofono, una tromba, arrangiamenti piùarticolati e sofisticati.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Vorrei portare la mia musica su palchi più grandi e importanti e anche internazionali. La mia, modestamente, ottima pronuncia inglese me lo consentirebbe. E poi al più presto, già magari dal prossimo autunno iniziare con un nuovo album. Vi aggiornerò con le news! Grazie Carlo!

 

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Encontro: ‘La musica è un linguaggio trasversale senza confini’

Pubblicato dall’etichetta Filibusta Recrods, Encontro è il primo lavoro voluto dalla cantante Antonella Vitale, dalla chitarrista Giulia Salsone e dalla cantante brasiliana Claudia Marss. Tre musiciste assai attive nella scena italiana e internazionale che sintetizzano alla perfezione il facile connubio tra artisti italiani e brasiliani. Un album che si arricchisce anche della partecipazione speciale del baiano Gabi Guedes, considerato tra i più importanti percussionisti brasiliani, e di altri musicisti tra cui Francesco Puglisi, Marco Siniscalco, Simone Prattico, Alessandro Marzi ed Ernesto Romero. Ecco il racconto delle protagoniste.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco e di questo percorso musicale: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

È un disco corale voluto dalla cantante Antonella Vitale, la chitarrista Giulia Salsone, la cantante brasiliana Claudia Marss e arricchito dalla presenza del percussionista baiano Gabi Guedes specialista nella musica dei rituali afro brasiliani. Il percorso jazz e brasiliano delle protagoniste converge intorno ad una sorta di leitmotiv” che è la provenienza afro di entrambe le culture. Partecipano altri musicisti eccezionali come i bassisti Francesco Puglisi e Marco Siniscalco, i batteristi Simone Prattico e Alessandro Marzi ed il pianista argentino Ernesto Romero, chicca a sorpresa. L'intero progetto è stato registrato e mixato da Stefano Isola, presso Arcipelago Studio di Roma che ha sapientemente conferito un sound impeccabile e di ottima fattura a tutte le tracce del CD e uscito con l’etichetta Filibusta Records.

Quali sono le ragioni che vi hanno spinto a collaborare in questo nuovo progetto che attinge dalla cultura brasiliana?

La passione per questa musica. Giulia collabora da anni con entrambe le cantanti e Claudia ha scritto il testo in portoghese di due canzoni di Antonella. Da lì, il passo è stato breve.

E quali sono i punti che avete trovato in comune e che vi hanno spinto a dar vita a questo disco?

Durante il periodo in cui eravamo tutti rinchiusi in casa abbiamo registrato a distanza alcuni brani e vista la loro bellezza e la nostra intesa non potevamo fare a meno di pubblicarli.

Il titolo anche del disco, Encontro, è affascinante. Può la musica secondo voi essere un mezzo per superare confini e barriera anche in un momento non felice come quello che stiamo vivendo?

La musica da sempre ha un linguaggio trasversale e senza confini. Ogni volta che si somma, si moltiplica risaltando la ricchezza della diversità che la compone. Se ci pensiamo bene è unimportante caratteristica alla base sia della musica jazz, sia della musica brasiliana. A questo proposito anche la scelta della cover del CD  si è orientata verso un immagine capace di dare  risalto al concetto  della diversità e dell'incontro, il dipinto "Sedimentazioni" dell'artista Giancarlo Isola funge da vocabolario espressivo, in cui il gioco tra colore e forme astratte crea un perfetto equilibrio armonico tra elementi differenti, nel nostro caso, la musica jazz, etnica, di folclore, di tradizione.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Una convergenza appunto!

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti, soprattutto con riferimento a questo disco?

Lidea del disco è nata dopo la registrazione del brano Rio Amazonas di Dory Caymmi. Il rapporto che alcuni autori brasiliani come Caymmi, Milton Nascimento, Flavio Venturini, per citarne alcuni, hanno con la propria terra, ci affascina. Terra come logos” e come elemento della natura oggetto di culto come essere senziente, eredità dei rituali religiosi degli afro discendenti in Brasile e degli Ìndios. La loro musica racconta storie e la natura ne è un testimone presente e partecipante.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Stiamo preparando per la stagione autunnale questo progetto live che verrà presentato il 24  novembre alla “Casa del Jazz” a Roma.

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Lucia Ianniello, KEEP LELT And Go Straight South: ‘Un lavoro senza filtri e compromessi’

Pubblicato dall’etichetta Filibusta Records KEEP LELT And Go Straight South è il terzo disco come bandleader della trombettista e compositrice campana, Lucia Ianniello. Un progetto composto interamente da brani originali in cui per la prima volta l’artista è anche autrice di alcuni testi, in qualità di cantante, oltre che di strumentista. Questo album è anche la rappresentazione sonora di un profondo cambiamento, sia musicale che interiore. Hanno partecipato alla realizzazione di questo lavoro il pianista, compositore e didatta Paolo Tombolesi, il chitarrista Roberto Cervi e Alessandro Forte, batterista, presente in quattro dei nove brani. Ecco il racconto di Lucia Ianniello.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

È un lavoro composto interamente da brani originali, nove tracce che indicano più che un percorso, una direzione coerente d’intenti, condivisa insieme ai musicisti che hanno reso possibile questo disco: Paolo Tombolesi  pianoforte e tastiere, Roberto Cervi chitarre e Alessandro Forte batteria. E la direzione è quella di un utopico Sud, come scrive Filippo La Porta nelle note di copertina, soprattutto di un mito culturale e civile.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto, come si è evoluto nel tempo e in cosa si differenzia dai progetti precedenti?

È cominciato tutto in trio; infatti, la batteria di Alessandro si è aggiunta solo in quattro brani ma poi ho deciso che la dimensione del quartetto fosse più congeniale per il live e aumentasse il grado di espressività e i colori della nostra musica. I primi due dischi pubblicati nel 2015 e 2017 con SLAM Production, rispettivamente Maintenant in quartettoe Live at Acuto Jazz in quintetto, sono strettamente collegati tra loro perché buona parte del repertorio è dedicato alla musica della Pan Afrikan Peoples Arkestra e all’opera e alla visione di Horace Tapscott. Poi c’è stato nel 2022 My one and only Planet (Freely Records) realizzato in quintetto con musica interamente improvvisata.

KEEP LEFT and go straight South appena pubblicato con Filibusta Records non è stato un progetto ragionato, pur contenendo anche brani molto strutturati, ha preso forma nelle lunghe passeggiate lungo il mare. Spesso ho canticchiato motivi e testi che, sul momento, ho registrato col cellulare e poi riportato sulla tastiera del pianoforte. Rispetto ai precedenti lavori la componente compositiva è più presente, a parte un brano firmato da Paolo Tombolesi, tre sono scritti a quattro mani (di cui uno con il chitarrista Roberto Cervi) e tutti gli altri sono mie composizioni."

Questo disco rappresenta per te un cambiamento musicale e interiore. Ce ne vuoi parlare?

Penso che questo lavoro contenga in sé una schiettezza e una semplicità che, pur essendo caratteristiche del mio carattere, ho tenuto celate nei precedenti dischi e che qui si sono manifestate naturalmente attraverso l’uso della lingua napoletana e la scrittura di tre brevi testi. Sono sicura che procederò mantenendo questa nuova direzione perché comporre la propria musica ed essere autrice dei testi che canto, non da cantante, tengo a precisarlo, ma essendo una strumentista, è molto appagante. Non ho certo scoperto l’acqua calda ma è quello che oggi motiva la mia urgenza espressiva, perché riduce la distanza dal pubblico e mi consente di veicolare messaggi, pensieri, non soggetti a fraintendimenti.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

Rappresenta quello che sono in questa fase, o meglio che sono stata, perché è già esperienza passata, non è né partenza, né arrivo, solo verità di rapporto e di vita vissuta appieno e in armonia con me stessa e con gli altri musicisti. Questo lavoro non è passato attraverso alcun filtro, mi riferisco ad eventuali compromessi a cui ci si sottopone, a volte, per rendere più appetibile un prodotto musicale composito. È un punto di vista musicale libero e ha il pregio, secondo me, di far riflettere su argomenti non propriamente leggeri come le diseguaglianze sociali, il razzismo, i movimenti migratori, con garbo e solarità.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

Devo confessare che ascolto di tutto da sempre, dalla musica popolare a quella pop, dalla classica al jazz, alla musica sperimentale contemporanea. Tra i trombettisti, per esempio, ha avuto un certo ascendente su di me la britannica Alison Balsom, musicista classica, almeno per quel che riguarda il suono e la naturalezza dell’emissione. Stilisticamente punto di riferimento sono stati: Miles Davis, Jon Hassell, Nils Petter Molvær e Arve Henriksen. E comunque, ripeto, ascolto e apprezzo molti musicisti ma la lista sarebbe troppo lunga.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi, quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

Evito di rispondere. Non amo vivere proiettata nel futuro, la mia musica è quello che sono mentre vivo con i musicisti con cui mi accompagno al momento. E da cosa nasce cosa, sull’onda delle emozioni e dei sentimenti.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

La prima presentazione del CD è prevista il 31 maggio ad Atina (FR) come anteprima del Festival Atina Jazz 2024, poi saremo a Lucca Jazz, a Terracina Jazz Festival, a luglio in Germania nell’ambito del Fliedner Musiktage, un festival innovativo rivolto a pazienti psichiatrici ma aperto anche al pubblico. Con la riapertura, dopo l’estate, presenteremo il CD alla Casa del Jazz di Roma, etc.

In cantiere, più che una nuova registrazione c’è la pubblicazione di un libro… ma questa è un’altra storia.

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Ultime foglie: l’ottavo disco di Pensiero Nomade raccontato dal leader Salvatore Lazzara

Pubblicato dall’etichetta Filibusta Records, Ultime foglie è l’ottavo disco di Pensiero Nomade: un lavoro che rappresenta la sintesi di tutte le ispirazioni musicali del leader Salvatore Lazzara che rappresenta un nuovo punto di partenza. Completano la line-up di questo album Davide Guidoni (Batteria, percussioni), Edmondo Romano (flauto basso, duduk, fluier, chalumeau, clarinetto, low whistle) e Giorgio Finetti al violino. Ci racconta questo progetto Salvatore Lazzara.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Il tema centrale del progetto è la voglia di cambiare, di affrontare un viaggio esistenziale, di mettersi in movimento per andare altrove. Non è un concept album, ovviamente, ma c’è questo filo rosso che lega tutte le tracce: da un lato il bisogno di allontanarsi e di prendere distanza dalle cose consuete, dall’altro la smania di conoscere cose nuove e mettersi in gioco. Questo diciamo è il concetto, l’idea. Se metti tutto questo in musica trovi Ultime foglie, che infatti si muove da presupposti ormai consolidati per me, sia sul piano compositivo che strumentale, ma si spinge un po' più in là, nell’uso di strumenti diversi, nella ricerca di atmosfere diverse.

E cosa è cambiato in questo disco rispetto ai precedenti di Pensiero Nomade?

Un cerchio perfetto, l’ultimo lavoro fin qui, provava a mettere dei punti fermi sul piano dello stile e della forma: c’era il bisogno di fare sintesi di tutte le ispirazioni che avevo, di consolidare la maniera in cui componevo. E soprattutto c’era il bisogno di fissare l’immaginario musicale, che era fatto di jazz, di progressive rock, di musica elettronica e acustica, di world music. Tante direzioni diverse che volevano trovare una sintesi. In Ultime foglie c’è una tensione più al ritmo, al movimento e al racconto; per certi versi è venuta fuori una musica cinematica, meno riflessiva o estatica.

Raccontaci adesso la tua storia: come si è evoluto nel tempo Pensiero Nomade e cosa è cambiato dall’inizio?

Pensiero nomade è nato come un progetto con tante influenze, spesso anche contrastanti fra loro. Era un bisogno di mettere dentro tutto l’universo musicale che mi affascinava in qualcosa che fosse mio e che mi rappresentasse. C’era dentro anche tanta ingenuità e forse un pizzico di presunzione nell’accostarsi alla musica di artisti che consideravo dei mostri sacri pensando di riproporla in una miscela personale. In alcuni momenti questa miscela è stata più instabile che in altri. Oggi, dopo otto cd, Pensiero nomade ha una sua personalità distinta, molti approcci sono cambiati, molte idee si sono rivelate velleitarie, altre si sono consolidate. Sono convinto che chi mi ha seguito fin qua ha compreso lo sforzo di “raffinare e semplificare”, che ho fatto in questi anni (nel 2025 il progetto avrà 18 anni esatti). È un’attività faticosa, ma ho avuto ottimi compagni di strada, alcuni dei quali sono ancora qui con me a fare musica insieme. E questo per me è il più grande segnale che qualcosa di buono è stato fatto.

Cosa rappresenta per te questo disco: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza?

Diciamo che sono soddisfatto dell’attuale forma del progetto, e penso che Ultime foglie sia una giusta rappresentazione di cosa rappresenta oggi per me Pensiero nomade. Dicevo prima che il concetto guida del progetto è la voglia di cambiare e di mettersi in movimento: Ultime foglie vuole trasmettere proprio la gioia e l’ebbrezza del viaggio e del cambiamento (come in Avidi gli occhi). Ma a volte anche la fatica e la disperazione del viaggio (come, ad esempio, in Passava un angelo che è una traccia ispirata dal tema delle migrazioni).

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

La lista sarebbe lunghissima, anche perché non sono mai stato troppo legato a questa o quella corrente musicale al punto di farmene assorbire completamente. Ci sono musicisti che non ho mai abbandonato, penso agli Oregon di Ralph Towner, ai progetti solisti di Robert Fripp; altri che ho amato da lontano, come David Sylvian o Sakamoto, altri che mi hanno affascinato per un po’. Ci sono “estetiche” musicali che mi affascineranno sempre, come il jazz della ECM, altre che ho solo sfiorato. In tutto questo poi molto è stato determinato da chi con me ha creato la musica di Pensiero nomade, i musicisti che hanno portato il loro immaginario e la loro estetica dentro al progetto. Oggi in generale sono meno legato agli artisti e più alla musica, anche quella meno nota che arriva da tutto il mondo (e che magari non è conosciuta da noi, ma famosa altrove).

Pensiero Nomade ci sembra un progetto sempre in evoluzione. Come lo vedi nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

L’essenza del progetto è, strano a dirsi, nel suo nome; Pensiero nomade può evolversi ancora, senza dubbio, ma sono convinto che ci saranno sempre dei punti fermi, perché se è vero che con il pensiero viaggiamo veloci, con il corpo, con la materia, facciamo fatica a spostarci a sradicarci dalla nostra zona di confort. Quindi ci saranno cambiamenti, ma nella direzione che ormai caratterizza il progetto, una miscela di world music e jazz, di acustico e di elettronico, con un orecchio al mediterraneo ed uno al resto del mondo.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

C’è già tanta musica che sto scrivendo, per almeno un paio di progetti. Ma in tanto c’è questo cd da far ascoltare a tante persone; quindi sicuramente il viaggio continua!

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Dario Piccioni racconta il suo ‘Hortus del Rio’: un disco ricco di contaminazioni

Pubblicato dall’etichetta Filibusta Records, Hortus del Rio è il terzo disco da leader del bassista e contrabbassista Dario Piccioni. Un lavoro in cui il jazz contemporaneo incontra la tradizione in un viaggio interiore dove groove e ritmi più energici si sposano con melodie dirette e suoni provenienti da altre culture. Completano la band Vittorio Solimene al pianoforte e al fender rhodes, Michele Santoleri alla batteria ai quali si aggiungono in quattro brani Antonello Sorrentino alla tromba e in un brano e Veronica Marini alla voce. Ecco il racconto di Dario Piccioni.

Per cominciare l'intervista parliamo subito di questo disco, ricco di contaminazioni. Vuoi descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

"Il disco senza dubbio è ricco di contaminazioni. Anche nei primi due album avevo lavorato in questa direzione, accostando al sound di matrice jazzistica delle idee frutto di esperienze di viaggi di studio e di concerti in Spagna, Turchia, Grecia, dove mi ero approcciato, ad esempio, alle musiche gitane e a quelle di repertorio per oud, saz e bouzuki. Non si trattava di un' accurata ricerca etnomusicologica, bensì di suggestioni personali frutto di una passione viscerale per quei suoni e armonie. Ho voluto continuare questo lavoro sulle contaminazioni in questo terzo disco, continuando a fare ricerca sulle possibilità di sviluppare un linguaggio personale di jazz contemporaneo, questa volta facendo leva sulla mia passione per la musica brasiliana. Tra il 2013 e il 2017 a Roma ho avuto la fortuna di conoscere e di suonare con diversi musicisti che provenivano da varie città del Brasile (tra i tanti cito il chitarrista di Rio De Janeiro Robertinho De Paula, figlio del grande Irio De Paula) in seguito, ascoltando dischi di Hermeto Pascoal, Egberto Gismonti, Joao Donato, Maria Joao, Flora Purim, Azimuth, Airto Moreira, Filo Machado, ho potuto apprezzare un certo filone della musica brasiliana, anch'esso a sua volta contaminato, legato al jazz, alla fusion, alla world music.

Anche la frequentazione di importanti musicisti ed esperti italiani, che da tempo si interessavano all'universo brasiliano è stato decisivo; cito ad esempio il conduttore radiofonico Max De Tomassi, con il suo programma "Brazil" di Radio Rai 1, dove ho avuto, tra l'altro, il piacere di suonare con varie formazioni; Eddy Palermo, grande chitarrista con cui ho avuto la possibilità di approfondire i classici dello choro, della bossa nova, del samba jazz come, Pixinguinha, Jobim, Menescal, Sergio Mendez e molti altri. L'idea di partenza di "Hortus del Rio" è stata cercare di sviluppare un suono di jazz contemporaneo innestando richiami, ritmici, timbrici, melodici tratti dal mio stato attuale di ascolti ed esperienze nell' "Universo Brasile"; lascio a chi vorrà ascoltare il disco scoprire questi richiami nelle singole tracce."

Hortus del Rio il titolo di questo disco ha un significato particolare per te?

"Il titolo di questo disco Hortus del Rio è l'unione tra una parola latina ed un'altra portoghese. Volevo rappresentare l'idea alla base di questo lavoro cioè l'unione tra la musica brasiliana e la mia esperienza del suonare jazz a Roma. Con "Hortus", "giardino" in latino, mi riferisco a una zona verde in cui ho vissuto l'infanzia, nella zona sud-ovest di Roma, molto vicina al Tevere, il "rio".”

Raccontaci adesso il percorso di questo disco: come è nata la band e come si è evoluta nel tempo?

“Vittorio Solimene è sempre stato presente nei miei progetti da bandleader, con la sua conoscenza della tradizione jazz pianistica e la sua apertura a nuove sperimentazioni. Con Michele Santoleri, ci siamo conosciuti a Piacenza al concorso nazionale per gruppi jazz "Chicco Bettinardi"; qualche mese dopo lo contattai perché il batterista con cui suonavo prima si era trasferito a Londra. Da quel momento è entrato a far parte stabilmente nel trio. Nelle precedenti produzioni, come in questa, ho lavorato con il trio ma inserendo dei guest: il grande sassofonista Eugenio Colombo nel primo disco al sax soprano, Daniele Di Pentima alle tabla. Poi a Veronica Marini alla voce ed il trombettista Antonello Sorrentino, entrambi presenti anche in questo disco.”

Un disco per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

“Il disco rappresenta un periodo in cui ho accettato di rimanere a Roma, un momento di stasi, in cui purtroppo si sono dovuti interrompere i progetti di viaggi, trasferimenti, residenze artistiche. Hortus del Rio rappresenta una visione personale di Roma e del mio quartiere, che ho voluto stravolgere in un caleidoscopico affresco sonoro. Ho ripensato luoghi in cui coesistono memorie di infanzia in uno scenario utopico di fusione culturale.”

Volendo parlare dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

“Hermeto Pascoal, Egberto Gismonti, e Maria Joao, cantante e compositrice portoghese. Fuori dal Brasile attualmente sto ripercorrendo il lavoro di Tom Harrell, Chick Corea, Dave Holland, e il loro stile compositivo.”

Essendo un disco ricco di contaminazioni le evoluzioni future possono essere infinite. Hai in mente già delle nuove idee, da mettere in cantiere?

“Continuerò senza dubbio in questa direzione con il mio nuovo lavoro già in cantiere, che andrò a sviluppare durante la mia residenza artistica presso l'istituto italiano di cultura di Città del Messico, ad aprile 2024.”

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

"Di ritorno da una tournée in Cina (da dove scrivo ora) e da una serie di concerti in Francia a febbraio, il 22 marzo sarò al Bourbon Street a Napoli. Di prossima pubblicazione un nuovo lavoro in collaborazione con due grandi della scena romana, il flautista e sassofonista Paolo Innarella ed il batterista Lucrezio de Seta, un disco pianoless incentrato principalmente sull'improvvisazione, con alcune mie composizioni.

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InControVoce, uno duo che sperimenta la creatività su un materiale preesistente

 

E’ uscito per l’etichetta Filibusta Records il primo album del duo del InControVoce, dal titolo omonimo. In questo caso è l’idea che ha dato forma al progetto di questo duo composto da Gloria Trapani e Alessandro Del Signore. Tutto nasce dalla volontà di esplorare l’affascinante dialogo che si può sperimentare con questa formazione e dal desiderio di fondere diversi linguaggi sonori in un viaggio musicale ricco di sfumature. Ecco il racconto di questa avventura attraverso le parole dei protagonisti.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

GLORIA: Il disco è uscito a giugno per l’etichetta romana Filibusta Records e porta il nome del nostro progetto InControVoce, un duo formato da me alla voce e Alessandro Del Signore al contrabbasso e basso elettrico. Sia io che Ale amiamo molto l’aspetto creativo della musica e se in altri dischi o progetti abbiamo sperimentato una creatività legata alla scrittura e all’arrangiamento di brani nostri originali questa volta avevamo entrambi il desiderio di rapportarci con un materiale preesistente e sperimentare una altrettanto affascinante creatività che abbiamo sicuramente praticato nell’attività live ma poco nei lavori in studio. Così in questo disco troverete 8 brani meravigliosi di diversi compositori e autori come Caetano Veloso ed Egberto Gismonti, di George Gershwin e di Thelonious Monk, di Charles Mingus e Joni Mitchell, di Michel Jackson e Bob Marley nella scelta dei quali ci siamo lasciati guidare dalla bellezza e dalla poesia che ci comunicavano, sia della musica che dei testi.

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

GLORIA: Il progetto è nato circa 6 anni fa anche se con Alessandro siamo legati affettivamente e musicalmente da tantissimo tempo e nel corso di questi più volte ci è capitato di suonare in duo. La pandemia e i mesi di lockdown ci hanno però spinto a lavorare un po' più a fondo sulla musica e sulla nostra idea di progettualità insieme; inoltre nel 2021 ho dedicato la mia tesi di biennio in Conservatorio proprio al Duo, e questo ci ha permesso ulteriormente di trovare una nostra identità musicale grazie allo studio e alla ricerca sia individuali che d’insieme, ed è stato un lavoro molto stimolante per entrambi, perché il Duo è una formazione molto affascinante, se da un lato ti da maggiori responsabilità perché è un gioco a due, dall’altra ti apre strade espressive e di dialogo entusiasmanti e inaspettate. Dobbiamo ringraziare davvero tanto una persona molto speciale per noi che è Susanna Stivali, che ci ha incoraggiati e guidati nell’approfondire il progetto proprio durante il lockdown suggerendoci una direzione che probabilmente è stata per noi l’evoluzione più importante: sviluppare un approccio al dialogo contrappuntistico tra le nostre due voci e di pensare anche a momenti in cui uscire dai nostri ruoli canonici (di accompagnamento del basso ed espositivo tematico della voce).

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

GLORIA: Sicuramente per noi rappresenta tutte queste cose, perché indubbiamente un disco è la fotografia di un momento ben preciso del percorso sia del musicista singolarmente ma anche del progetto; ed è sicuramente il punto di arrivo di un percorso sia musicale fatto di ricerca, studio, prove, concerti, ma anche umano e di vita, quindi è una tappa importante che inevitabilmente segna anche un nuovo inizio. La Musica per noi rappresenta un modo di vivere, una ricerca costante, le strade che abbiamo percorso ci hanno portato ad essere ciò che siamo in questo momento ma non si smette mai di “imparare”, di cercare il proprio suono e anche il proprio ruolo, il proprio posto  in relazione agli altri nello spazio musicale, è una ricerca bellissima, è come  nella vita, si lavora su se stessi ma anche in relazione agli altri, la Musica quando la ami profondamente ispira la tua vita così come la vita ispira la musica che fai.

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

ALESSANDRO: Sicuramente le nostre influenze e i nostri riferimenti musicali sono molteplici perché sia io che Gloria amiamo la musica a 360 gradi, dal jazz alla musica classica dal rock al cantautorato, dalla musica brasiliana al soul, e in qualche modo questo si può dedurre sia dalla scelta dei compositori e dei brani presenti nel disco che dagli arrangiamenti. Per questo disco in particolare oltre a ciò che si può evincere dalla scelta dei compositori altrettanti input importanti forse li abbiamo avuti da alcuni concerti a cui abbiamo avuto la fortuna di assistere, l’intimità e la magia di Caetano Veloso in solo al teatro Sistina, la ricerca e la raffinatezza della musica, degli arrangiamenti e del sound di Paolo Conte all’Auditorium Parco della Musica, il Jazz esplosivo, coinvolgente e carismatico di Brandford Marsalis, la ricerca, il pensiero musicale, il tocco e la sintesi bellissima di blues, classicismo e jazz di Bred Meldau in solo…e potremmo continuare all’infinito.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Sicuramente il desiderio è di continuare su questa strada magari provando anche a scrivere musica originale per questo progetto. Vediamo dove ci porterà la musica…

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

ALESSANDRO: Dopo i due concerti di presentazione del disco che abbiamo fatto nel mese di giugno e un concerto tenuto a Fondi qualche giorno fa stiamo lavorando ad alcune date autunnali, sia a Roma che fuori, un po' in giro per l’Italia. Le pubblicheremo e pubblicizzeremo al più presto quindi invitiamo tutti i lettori interessati ai nostri concerti a seguire le nostre pagine e profili sia facebook che instagram. Nel frattempo quest’estate invece saremo impegnati in vari concerti sia io che Gloria con diversi progetti di cui facciamo parte.

GLORIA: Ringraziamo Jazz Agenda per questa bella occasione e auguriamo a tutti i lettori una splendida estate piena di musica e di jazz e chissà che non ci si possa vedere in giro magari a qualche concerto, noi ce lo auguriamo.

 

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Chiara Orlando e Danielle di Majo raccontano il disco d’esordio ‘Nothing is Vain’

Si intitola Nothing is Vain il disco d’esordio di Chiara Orlando e Danielle di Majo uscito per l’etichetta Filibusta Records. Un disco che rievoca diverse atmosfere che passano dall’hard bop fino a raggiungere atmosfere più latin e Even Eights. Completano la formazione Enrico Zanisi al pianoforte e piano elettrico, Pietro Ciancaglini al contrabbasso e Alessandro Minetto alla batteria.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

È un disco fatto interamente da musica originale, che stilisticamente risente delle influenze dei musicisti che hanno maggiormente segnato la formazione musicale mia e di Pietro Ciancaglini, in primis Tom Harrell. Si passa da brani più hard bop, a quelli latin, o even eights.

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Io e Danielle ci siamo conosciute musicalmente nel 2018, quando l'ho contattata per suonare alla mia tesi di laurea sulle "donne strumentiste italiane", è stato un incontro speciale che mi ha segnata sia dal punto di vista musicale sia umano. Danielle è davvero una ragazza magnifica, oltre che una bravissima musicista, non si può non volerle bene da subito! Da quel momento abbiamo sentito l'esigenza di condividere altra musica ed abbiamo iniziato a pensare ad un progetto insieme.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Per noi questo disco rappresenta un punto di partenza!

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Chiara: i mie punti di riferimento più importanti sono Tom Harrell, Chet Baker, Bill Evans, Art Farmer, Oscar Peterson, Sarah Vaughan, Joe Henderson, ma anche artisti più moderni come Avishai Cohen bass player, Esbjörn Svensson etc.

Danielle: i miei riferimenti musicali sono Wayne Shorter, Cannonball Adderley in primis, la persona che ammiro e che stimo musicalmente e che è la mia forte e continua fonte d’ispirazione è mio marito, il sassofonista Giancarlo Maurino

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Naturalmente speriamo che la nostra collaborazione possa avere lunga vita e la nostra musica si evolverà di pari passo con le nostre esperienze musicali e non.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Poiché in Italia è ancora pesante la distinzione di genere dal punto di vista musicale ed in particolare nel jazz, naturalmente stiamo cercando di proporre il nostro progetto e speriamo di poterlo portare in giro! Parallelamente ci occupiamo anche di altri nostri progetti sia da leader sia da coleader per cui stiamo già registrando dei dischi.

 

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Andrea Bonioli e il nuovo disco Figli Forever: “Sono attratto dal jazz post moderno”

Si intitola Figli Forever l’ultimo album del batterista Andrea Bonioli recentemente uscito per l’etichetta Filibusta Records. Un lavoro eterogeneo, ricco di contaminazioni che pur mantenendo un linguaggio jazzistico apre la strada al pop e al rock e a tante altre declinazioni. In questo modo l’autore prosegue con la linea del concept album già sperimentata nei precedenti “Today. The commercial album“ e “Pop”. Ecco il racconto di Andrea Bonioli.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Ciao, “Figli Forever” penso sia un disco  piuttosto eterogeneo con  diverse contaminazioni provenienti da differenti ambiti musicali come la word music, la musica per immagini, il cosiddetto pop, il rock, il tutto declinato con il linguaggio jazzistico. Ci sono brani in piano trio, altri in quartetto, altri in sestetto, ci sono momenti “lirici” per così dire con due viole che si intersecano, c’è un mantra iniziale affidato alla voce  che sugella l’idea del disco stesso. In ogni brano si evince quasi sempre il concetto della “dualità”, tema che da qualche anno vivo costantemente io nella vita privata ( ho avuto due gemelli) e che ho voluto in qualche modo tradurre tematicamente in musica.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Il concetto portante del disco, come il titolo chiaramente espone, è la permanenza nello stato di “figlio” anche quando si diventa genitore. In qualche modo capire che si ha sempre necessità di un conforto, di una guida anche quando tu devi essere ciò per altri. Il che non vuol dire penso una non evoluzione verso una completa maturità, perché penso che accettando questa condizione, invece, si possa maturare meglio e con più serenità. Era una cosa a cui pensavo da molto tempo, ed ora è tempo di tradurla musicalmente. Credo sia questa l’evoluzione di questo pensiero, almeno la mia, poi ognuno può naturalmente rifletterci come vuole!

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

Per me rappresenta una fotografia del momento, come anche gli altri due dischi precedenti lo sono stati, di un concetto che appunto maturavo da qualche anno, oggi penso questo, domani si vedrà!

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Chi mi conosce sa della mia passione per i Floyd (presente una cover, mentre nel precedente disco un brano si intitola proprio Pink Floyd direttamente). Per me sono stati un faro, ovviamente non solo. Jazzisticamente sono attratto dal  jazz post moderno, continentale, nord europeo, fatto di melodia, atmosfere, interplay più che da stilemi bebop, di cui riconosco l’importanza, ma i miei ascolti degli ultimi 10 anni sono davvero stati trasversali. Amo la musica inglese, David Sylvian, Brian Eno per citare solo due giganti. Avendo poi io suonato con Ennio Morricone per più di 18 anni trovo in questo genere di musica ( non solo la sua) una familiarità molto forte. Mi fa pensare, forse nasce per questo, ma credo che la forza vera della musica per immagini si celebri quando funziona anche senza immagini!

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Parallelamente a questo ultimo disco ho elaborato un altro progetto di musica elettronica, (Bonniemusic) senza improvvisazione, secondo me la mia naturale evoluzione sarà improvvisare su aree tematiche non propriamente jazzistiche, credo sia la cosa che mi venga meglio, quella che più mi appartiene.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Abbiamo fatto in Trio un bellissimo Tour nord europeo di 7 date, è stato molto intenso, c’è stata una bella risposta del pubblico, questo mi spinge a continuare a guardare anche fuori dai confini nazionali, ma non solo, in autunno presenteremo il lavoro alla Casa Del Jazz a Roma. Penso che chiunque faccia ancora dischi non li faccia per averli a casa, l’intento è far conoscere il proprio messaggio, quale esso sia, da vivo, suonando. Quindi mia intenzione è cercare di suonare il più possibile, ovunque la mia proposta sarà accettata!

 

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B.I.T. e il nuovo album Equilibrismi: “la ricerca dell’espressività melodica”

Pubblicato dall'etichetta Filibusta Records, Equilibrismi è l'ultimo progetto discografico del duo B.I.T, composto dalla pianista Manuela Pasqui e dalla sassofonista Danielle de Majo, uscito il 28 aprile del 2023. ll procedente lavoro discografico, con il quale la band ha esordito, era incentrato sulla rivisitazione di materiale proveniente dal repertorio classico. Questo secondo album è invece composto esclusivamente da brani originali. Un terreno fertile sul quale poter approfondire la dialettica fra i due strumenti e l'espressività melodica. Ecco il racconto di questa seconda avventura attraverso protagoniste.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Questo nostro secondo album è composto esclusivamente da brani originali, scelta determinata dalla necessità di condividere un terreno fertile sul quale poter approfondire la dialettica fra i due strumenti e l'espressività melodica; è frutto di una continua e profonda ricerca sia compositiva che improvvisativa; è cuore e fondamento del nostro lavoro e può essere perfettamente riassunto da questa parola: EQUILIBRISMI. Cercare e trovare l'equilibrio tra i molti elementi in gioco, mo(vi)mento dopo mo(vi)mento, istante dopo istante. Ci muoviamo così, come trapeziste su di una corda, alla continua ricerca di quell’equilibrio che fa dimenticare la paura del vuoto.

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Lavoriamo sul duo da circa quattro anni; già dal nostro primo incontro è scaturita una grande sintonia, l'evidenza di una condivisione di obiettivi artistici che ha dato la scintilla ad un vero e proprio “ricercare” . Il primo disco del duo B.I.T. era incentrato sulla rivisitazione di materiale proveniente dal repertorio classico e su brani originali, con l'intento di costruire un sound specifico e di sviluppare un linguaggio comune; il risultato lo potete ascoltare su COME AGAIN (Filibusta Records). La storia prosegue con EQUILIBRISMI (sempre Filibusta Records) e perchè privarvi del piacere della scoperta? Ascoltate anche questo secondo disco e dateci una vostra opinione!

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Sicuramente una fotografia del momento, dato l'approccio totalmente live dell'incisione, ma ne' un punto di partenza (siamo già in viaggio da 4 anni) ne' uno di arrivo. Abbiamo intenzione di continuare ad andare avanti!

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Il musicista di riferimento di Danielle è senza dubbio suo marito, Giancarlo Maurino, con il quale condivide la vita privata ma anche musicale. Giancarlo è un musicista di grande peso nella scena italiana (ha collaborato con musicisti del calibro di Mingus, Don Cherry, Elsa Soraes, Rava, Fresu, e molti molti altri); I riferimenti di Manu sono svariati, e nei confronti di tutti la stessa intensa gratitudine: primi amori pianistici sono stati per Chopin, Skryabin, Grieg, Bach e poi Pieranunzi, Marcotulli, Venier, Tylor.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Come dicevamo precedentemente, abbiamo intenzione di continuare ad andare avanti. Aspettatevi un nuovo lavoro presto, sempre con Filibusta.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Molti concerti, seguite la programmazione sui nostri siti personali o su IG o FB. Il prossimo concerto a giugno al Writer Monkey di Monterotondo, vi aspettiamo!

 

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