Jazz Agenda

Come Again - l’esordio discografico del duo B.I.T: “La musica portata alla sua essenza”

 

Un disco che attinge gran parte del repertorio dalla tradizione classica rivisitando i brani attraverso l’improvvisazione jazz. In questo modo potremmo riassumere l’essenza di Come Again, disco d’esordio dei B.I.T., ovvero Danielle Di Majo al sax e Manuela Pasqui al pianoforte, uscito per l’etichetta Filibusta Records. Ecco il racconto delle due autrici...

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Certo! Forse non brevemente...Come Again è un disco molto melodico, parola chiave: Lirismo. Cerchiamo la melodia, il canto sopra ogni altra cosa, spesso a discapito dei fuochi artificiali e degli esibizionismi tecnici che in genere sono argomenti di facile presa, soprattutto nell'ambito del jazz e dell'improvvisazione. Abbiamo cercato di ridurre, spogliare la musica e portarla a una essenza quasi embrionale, lavorando sui brani della tradizione e su nostre composizioni in maniera totalmente spontanea e estemporanea. E' un disco “live”, cioè non ci sono sovraincisioni. E' una fotografia realistica del momento presente, senza trucco, senza paura. Da un punto di vista ideologico Come Again è anche il nostro grido di resistenza al silenzio e all'immobilità imposti dalla gravità di questo evento sconvolgente che è stato e in parte ancora è la pandemia.

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo duo e come si è evoluto nel tempo?

Abbiamo cominciato a collaborare all'interno di un altro progetto musicale, un quartetto dedicato a Wheeler, nell'anno precedente la pandemia. Lì ci siamo conosciute musicalmente e personalmente. E' stata proprio la pandemia a darci la spinta per fare altro. Un modo per approfondire legame e ricerca in un momento molto, molto faticoso e penoso.

Perché la scelta di mescolare brani tradizionali con la tradizione jazz?

Come ti spiegavamo nella presentazione del disco, abbiamo scelto di lavorare sui brani della tradizione, la nostra tradizione (quella del bel canto per intenderci), soprattutto per una questione di ricerca melodica. Quello tradizionale è un patrimonio potremmo dire genetico, che abbiamo cercato di ricontattare, come un'analisi dell'inconscio, attraverso il nostro approccio alla musica e all'improvvisazione: molti dei brani del disco provengono dalla tradizione “classica”; non è un'operazione nuova quella di attingere al passato, soprattutto per musicisti trasversali, cioè che affondano le loro radici in linguaggi diversi, dal patrimonio classico, al folk o al jazz. Entrambe abbiamo queste caratteristiche, seppur con esperienze e approfondimenti differenti e questo ci ha da subito messe in grande sintonia. Manu lavora da tanto sulla rielaborazione in chiave improvvisativa del patrimonio antico e con Danielle ci siamo riconosciute anche nella direzione, nella ricerca del suono e dell'espressività. E' una sintonia intellettiva e emotiva che ci conduce attraverso il lavoro sui brani originali, sull'interazione e sugli arrangiamenti.

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Il musicista di riferimento di Danielle è senza dubbio suo marito, Giancarlo Maurino, con il quale condivide la vita privata ma anche musicale. Giancarlo è un musicista di grande peso nella scena italiana (ha collaborato con musicisti del calibro di Mingus, Don Cherry, Elsa Soraes, Rava, Fresu, e molti molti altri); I riferimenti di Manuela sono svariati, e nei confronti di tutti la stessa intensa gratitudine: primi amori pianistici sono stati per Pieranunzi, Marcotulli, Venier, Tylor e poi Chopin, Skryabin, Grieg, Bach.

Dal momento che parliamo di un disco nato nel pieno della pandemia cosa rappresenta per voi Come Again?

Come Again è nato proprio a cavallo dei primi lock down e considera che siamo entrate in studio a dicembre del '20! Ci sono voluti circa nove mesi, quelli più difficili di questa pandemia, e quindi si, ha rappresentato moltissime cose per entrambe. Il  senso di  impotenza e l'isolamento che tutti abbiamo sperimentato, sono diventati la spinta per inventare e costruire delle possibilità alternative di espressione. Come Again è questa possibilità, rappresenta la voglia di ricominciare a essere insieme, di resistere, di comunicare e di farlo attraverso la musica. E' una speranza, un augurio, una direzione.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Come Again in effetti è stato il punto di partenza per capire che direzione prendere e ci siamo rese conto che abbiamo una nostra originalita, un nostro suono. E a dire il vero stiamo già lavorando a un nuovo repertorio di brani originali. Passata la fase della conoscenza reciproca, ci sentiamo pronte per sostenerci creativamente anche in questa direzione espressiva così delicata, sempre mantenendo il filo del lirismo, dell'espressivita e della sincerità.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Filibusta Records sta organizzando una presentazione all'Auditorium, più o meno a ottobre, insieme a Antonella Vitale Quintet che presenterà il suo cd “Segni invisibili” nel quale Danielle ha collaborato come solista. Progettiamo di suonare il prossimo anno oltre oceano e, come ti accennavamo prima, stiamo già lavorando ad un nuovo disco di brani originali. Speriamo di riuscire a realizzare tutto!!!

 

 

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Last Breath of Summer il nuovo singolo di One Flower Left: intervista ad Alessandra Patrucco

 

Si intitola Last Breath of Summer il primo singolo del progetto One Flowert Left pubblicato dall’etichetta Filibusta Records. Un brano in cui il jazz e l’elettronica si incontrano scritto proprio a fine estate. La band è composta da Alessandra Patrucco alla voce e all’elettronica, che ha scritto e arrangiato tutti i brani dell’album, Angelo Conto al piano e all’elettronica, Luca Curcio al contrabbasso e basso elettrico e Nicholas Remondino alla batteria, oggetti ed elettronica. Alessandra Patrucco ci ha raccontato come è nata questa avventura.

Il titolo del brano Last Breath of Summer è molto evocativo: ci vuoi raccontare cosa rappresenta per voi?

Ho scritto questa canzone a fine estate, quando senti il sole cambiare e i colori e gli odori ti lasciano già immaginare settembre. Stavo andando in bicicletta quando mi ha sorpreso una sensazione di gioia pura, la stessa di quando da bambina facevo gli ultimi giri in bicicletta tra le colline prima di ricominciare la scuola, libera di poter stare nel movimento, nel ritmo e nel vento. Questa esperienza ha fatto nascere in me un profondo senso di gratitudine anche per altri momenti di vita intensi e discreti, il valore dei quali non avevo potuto riconoscere fino ad allora, ballare è uno di questi.

In questo brano il jazz e l’elettronica si incontrano: volete descrivere brevemente Last Breath of Summer ai lettori di Jazz Agenda?

Il brano è composto di tre caratteri differenti: intro e coda sono jazz e scarni, voce e pianoforte, il tema in quartetto è molto cantabile e poi c’è l’inserto dance con l’elettronica. La batteria è sempre suonata dal vivo, Nicholas ha un suono propulsivo bellissimo che si è incontra felicemente con l’elettronica minimalista di Angelo. Anche il basso è sempre suonato dal vivo.

E come avete lavorato alla realizzazione di questo brano? 

Quando siamo andati in studio era già chiara la struttura e che qualità timbriche dovesse avere, per cui anche questo brano lo abbiamo registrato tutti insieme, in modo che rimanesse comunque un certo margine per l’improvvisazione nell’area dance. La parte vocale è stata registrata al momento con la mia vecchia loop station.

E’ il primo singolo che ascoltiamo: anticipa forse la stesura di un disco? Ci volete dare in caso qualche anticipazione?

Last breath of summer è il primo singolo ma è il brano che chiude l’album. Temporalmente è l’ultima canzone che ho scritto ed è molto diversa da tutte le altre proprio perché è l’unica ad avventurarsi in territori così lontani dal jazz. Ho scritto il resto dell’album in un tempo dilatato e ogni brano è nato in momenti diversi e significativi. I prossimi singoli in uscita rivelano altre influenze che si innestano sulla matrice jazz.

Ascoltando questo brano, rispetto ai vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Ho ascoltato molto i Radiohead, Bjork e James Blake in quel periodo.

Chiudiamo con una proiezione per il futuro: quali potrebbero essere secondo voi le evoluzioni di questo progetto?

Non sono una che progetta la musica con anticipo, aspetto che le canzoni mi vengano a cercare ma senz’altro la musica elettronica nelle sue varie declinazioni assorbe molto del mio interesse come la ricerca verso l’essenziale e la ripetizione. Mi interessa continuare a esplorare e riuscire a trovare una sintesi tra linguaggi differenti, poter giocare con il contrasto, la sorpresa e la forma.

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Last Breath of Summer: esce il primo singolo di One Flower Left

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Last Breath of Summer, primo singolo del progetto One Flower Left, esce venerdì 26 marzo per l’etichetta Filibusta Records (distrib. digitale Believe Distribution Services) anticipando l’uscita del disco che avverrà tra pochi mesi. Alessandra Patrucco alla voce e all’elettronica ha composto scritto e arrangiato tutti i brani dell’album. La band è completata da Angelo Conto al piano e all’elettronica, Luca Curcio al contrabbasso e basso elettrico e Nicholas Remondino alla batteria, oggetti ed elettronica. La musica energica ed elegante si muove tra influenze jazz, che ritroviamo soprattutto nella voce della vocalist, l’elettronica, il pop e le atmosfere dance. Il brano accattivante e dinamico risulta un vero e proprio mix artistico in cui ritroviamo linguaggi, stili che si mescolano alla perfezione legando tradizione e musica moderna. Last Breath of Summer nasce da un sentimento di gioia e gratitudine per le piccole cose della vita che portano ad un irrefrenabile desiderio di ballare.

SPOTIFY

https://open.spotify.com/album/1bUK1FoRNg04gi0OJVM9Lh

BIO: Alessandra Patrucco è cantante, scrive musica e testi ed è attiva sulla scena europea. Come compositrice e interprete ha creato un linguaggio personale in cui confluiscono gli interessi per il jazz, il pop, la musica elettronica, la tradizione popolare e l'improvvisazione. Ha pubblicato tre album: Circus (ICP 045, Tondist 2006), Varda la luna/Sasa’ (Nota 2006), Majin/Dindun (2013). Ha collaborato con diversi artisti: Pierre Favre (Zurigo), ICP orchestra (Amsterdam), Villa Sonora, gruppo vincitore del Jur Naessens Music Award 2007 (Amsterdam), con il musicista londinese Nitin Shawney al Festival Marsatack (Marseille).

Ha tenuto concerti tra gli altri, per il Festival Internazionale del Libro di Torino- Lingua Madre, Europa Cantat XVIII, Festival Premio Nazionale Musica Popolare di Loano con il suo trio Dindun, Festival OperaEstate (Bassano) e Festival Short Theatre (Roma), per la Mostra Sonora i Visual (Barcellona) e Museruole/Women in experimental music (Bolzano) con il suo progetto Ramat de so, per il Festival Lem (Barcellona), Dispositivo Campo Magnetico (Barcellona) e MITO educational Festival Internazionale della Musica (Torino), per il Teatro Stabile di Torino con lo spettacolo Admurese, per il Tremplin Jazz Festival (Avignone), e due edizioni del Torino jazz festival con il suo quartetto.

Line up:Alessandra Patrucco - voce, composizione ed elettronica, Angelo Conto - piano ed elettronica, Luca Curcio - contrabbasso e basso elettrico, Nicholas Remondino - batteria, oggetti ed elettronica 

 

One Flower Left:

https://www.facebook.com/One-flower-left-110348527779064

http://www.klang.to.it/Alessandra/index.html

 

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Il Quinto Elemento e il nuovo disco Introducing: “Un patchwork che rappresenta le nostre anime”

Pubblicato dall’etichetta Filibusta, Records Introducing è il disco d’esordio de “Il Quinto Elemento”, formazione formazione composta dalle cinque vocalist Irene Giuliani, arrangiatrice dei brani, Mya Fracassini, Elisa Mini, Paola Rovai, Stefania Scarinzi. Un quintetto jazz a cappella che con gusto, ironia e teatralità ha realizzato un album con brani di vario genere arrangiati in una chiave originale e moderna. Ecco il racconta delle cinque vocalist per i lettori di Jazz Agenda

Il Quinto Elemento è un Quintetto Jazz a cappella che in questo primo disco ha affrontato brani di diverso tipo: per cominciare l’intervista volete descriverlo ai lettori di Jazz Agenda?

Mya: Questo è il nostro primo “figlio”, frutto dei primi anni di collaborazione insieme; è un patchwork che rappresenta le varie nostre anime, le nostre differenze e le nostre affinità, armonizzate dalla penna di Irene, che riesce a far convivere nella sua musica gli umori e gli amori di ben cinque cantanti donne, sempre però con una bella spolverata di autoironia.

Visto che i brani sono molto diversi tra loro, volevamo chiedervi anche le motivazioni delle vostre scelte artistiche proprio in merito alle canzoni riarrangiate

Irene: La scelta dipende dai brani che incontro, anche casualmente, e che mi ispirano. Spesso dipende dalla vocazione teatrale, pur nascosta, di questi pezzi. Le idee arrivano e mi accompagnano per un po’, le voci provano già nella mia testa. Pian piano si delineano le strutture che vengono poi esplicitate sul foglio musicale.

Per quanto riguarda i brani inediti, invece, raccontateci anche come li avete composti e come ci avete lavorato. Insomma, siamo anche curiosi di sapere qualcosa del vostro lavoro in sala prove: tutto quello che avviene dietro le quinte.

Irene: I brani originali di mia composizione (Introducing Quinto Elemento e Farnetico) sono evidentemente autoreferenziali.

Elisa: Ci piace molto insistere sulle particolarità del gruppo e di ognuna di noi, mettere in risalto la diversità che costituisce una grande ricchezza.

Irene: Con Introducing mi sono divertita a mettere insieme una specie di collage zappiano dove ogni componente ha un suo momento in cui canta nel proprio stile prediletto.

Mya: I brani arrivano arrangiati da Irene ed ognuna legge la propria parte ma già dalle prime prove facciamo delle modifiche, sperimentiamo soluzioni e alla fine quello che viene fuori è un lavoro collettivo, sia pur partendo dalle idee che scaturiscono dalla testa di Irene.

Nella vostra formazione, essendo un quintetto jazz a cappella, non c’è una sezione ritmica né tantomeno altri strumenti. Premesso che tutto funziona benissimo, ci volete motivare questa scelta?

Irene: Le sole voci che suonano insieme creano una magia irresistibile, quasi sacra. Linee singole si incontrano nello spazio, si fondono e diventano un unico strumento. È un incantesimo a cui non sappiamo sottrarci. La nostra musica è dichiaratamente per voci, solo talvolta imitiamo gli strumenti.

Mya: anche se non esiste una sezione ritmica, la scrittura delle varie parti costruisce sempre un supporto ritmico piuttosto forte, a partire dal basso, che non è sempre affidato alla stessa voce, e comunque anche le altre voci si intrecciano per dare sostegno ritmico e armonico a chi in quel momento ha ruolo solistico.

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e anche il percorso che avete fatto dalla vostra nascita fino all’uscita del disco!

Irene: Per questo bisogna ascoltare “Farnetico”, è tutto spiegato per filo e per segno, ma alla base di tutto c’è l’amore per la musica e l’amicizia.

Un disco può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Irene: Tutte e tre le cose. Documenta il nostro primo periodo insieme, fotografa il repertorio che sentiamo adesso più rappresentativo, ci dà modo di chiudere un capitolo e stilare finalmente la tracklist del prossimo disco.

Se parliamo dei vostri riferimenti cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti o anche dei filoni musicali che per voi come band rappresentano un punto di riferimento?

Irene: Il riferimento primario è quello dei King’s Singers, storico gruppo vocale maschile inglese di fama mondiale, ospite ricorrente dei teatri fiorentini. Arrangiamenti sopraffini, ironia british, suono celestiale. In realtà ci discostiamo dal loro approccio per quanto riguarda gli interventi solistici: mettiamo in risalto la differenza delle nostre singole voci e personalità. E qui si apre un mondo di altri riferimenti: dal vocal jazz più classico a Zappa, dalla Bossa nova all’Alternative rock, dai madrigali rinascimentali a Rossini, dal classico allo sperimentale.

Mya: Alla fine il nostro punto di riferimento è proprio il giocare con gli stili e i generi musicali. Non esitiamo davanti a nessuna commistione.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Irene: C’è una discreta “wish list” di brani che attendono di essere cantati dal Quinto Elemento, gli arrangiamenti in parte realizzati, in parte solo teorizzati.

Elisa: Alcuni brani sono originali, altri come nostra usanza sono estrapolati dai più vari repertori.

Mya: Forse dovremmo fare al più presto due nuovi dischi seguendo le due diverse direzioni o più probabilmente continueremo a unire ciò che appare differente. In fondo questa è la nostra più profonda vocazione.

 

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Segni Invisibili: il nuovo disco di Antonella Vitale

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Un disco crossover che sintetizza il percorso musicale di una vita, cominciato nel jazz per abbracciare in seguito la musica d’autore, il soul e tanti altri linguaggi. Si presenta così Segni invisibili, ultimo progetto della vocalist Antonella Vitale che esce il 6 novembre per l’etichetta Filibusta Records. Un progetto trasversale che rappresenta per certi versi il punto di stabilità di una artista che dopo 25 anni di intensa attività, si libera da ogni condizionamento, abbandonando ogni concetto legato alle classificazioni. Non a caso hanno partecipato alla realizzazione di questo lavoro musicisti con i quali la vocalist si trova per la prima volta a collaborare: tra questi Gianluca Massetti, al pianoforte and keyboards, principale arrangiatore dei brani che ha dato un supporto determinante alla realizzazione di questo lavoro con un suono moderno, fresco e originale. A lui si aggiungono Andrea Colella al contrabbasso, Francesco De Rubeis alla batteria e percussioni e Danielle Di Majo al sax Soprano/alto sax/flute (artista con la quale ha collaborato nella formazione Ajugada Quartet nel disco Hand Luggage). Segni Invisibili rappresenta un inno alla libertà di comporre, libertà di seguire il proprio gusto musicale, senza regole ben precise, superando le etichette e aprendo la strada ad una contaminazione elegante che non tradisce mai un trascorso jazzistico sempre presente e mai abbandonato del tutto. Da questo punto di partenza Antonella Vitale si muove tra la musica d’autore, omaggiando due brani storici della canzone italiana come Per me è importante (Tiromancino) e Tu non mi basti mai (Lucio Dalla) e spaziando tra la musica funky, il soul e composizioni spesso dai tratti onirici.

Il disco si apre con Eschilo uno dei brani più ritmati, forse il più vicino alla black music, che associa alla vena cantautorale un groove deciso e determinato, ma mai eccessivo. Amara è invece composizione dai suoni mediterranei, caratterizzata da arrangiamenti minimali e un testo introspettivo, carico di significati personali. In Superfice è senza dubbio una delle track più oniriche e melodiche, dove subentra anche un buon utilizzo dell’elettronica sempre elegante e mai invasivo. Incoerenza è un brano malinconico, con un testo evocativo associato ad un ritmo dalle tinte funk che si sposa con una poetica sempre legata al cantautorato. Segni Invisibili è senza dubbio la composizione che sintetizza alla perfezione l’essenza di un album che diventa un crocevia e una confluenza di stili amalgamati alla perfezione: un brano raffinato ricco di interplay in cui oltre al canto di Antonella Vitale, fuoriesce un bel fraseggio di sassofono che a tratti diventa la voce principale. Infine Tra le Nuvole è un bel dialogo tra piano e voce, forse la composizione che rappresenta al meglio il trait d’union tra un passato jazzisitico tradizionale e una nuova curiosità che apre la strada ad altri stili abbracciando perfettamente il concetto di contaminazione.

“I segni invisibili sono soffi di vento, i riflessi dell’acqua, sono ombra e luce, un profumo, il suono del silenzio, l’eco di una voce lontana. I segni invisibili sono piccole tracce che inseguo alla ricerca di una risposta ostinata, su cui mi aggrappo quando sento che sto per cadere. Posso afferrarli attraverso i sensi, posso immaginarli perché la loro forza nascosta è cosi immensa da riuscire a trasportarmi via in mondi lontani, fino ad amplificare al massimo le mie percezioni. Io ho bisogno del mio mondo invisibile perché rende visibile la parte più nascosta di me, di cui ancora non so nulla ma che mi diverto ad esplorare soprattutto attraverso la musica…. e tolgo la maschera (Eschilo)”

Antonella Vitale

 

Line-up
Antonella Vitale, voce

Gianluca Massetti, pianoforte and keyboards - arrangiamenti

Andrea Colella, contrabbasso,

Francesco De Rubeis, batteria e percussioni e

Danielle Di Majo, sax Soprano/alto sax/flute

 

Track-list

Eschilo

In superficie

Tu non mi basti mai (cover/ L. Dalla)

Amara

Incoerenza

Tra le nuvole

Segni invisibili

Per me è importante (Tiromancino)

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Gloria Trapani racconta il disco Life is There And Everywhere: “Tutto nasce dalla necessità di raccontare e raccontarmi”

Pubblicato da Filibusta Records Life is There And Everywhere è l’ultimo disco di Gloria Trapani uscito a cinque anni di distanza dal precedente lavoro Rough Diamond. Un progetto dalle diverse sfaccettature che fonde il jazz con il folk e la canzone d’autore al quale hanno partecipato musicisti quali Alessandro Del Signore al contrabbasso, Luigi Di Chiappari al pianoforte e Mattia Di Cretico alla batteria. Gloria Trapani ha raccontato a Jazz Agenda questa avventura:

“Questo progetto è frutto di una grande passione e del grande desiderio di raccontare e raccontarmi attraverso musica. Ho iniziato a dedicarmi alla scrittura circa una quindicina di anni fa ma solo nel 2011 questo desiderio si è concretizzato quando Alessandro Del Signore, Luigi Di Chiappari e Mattia Di Cretico hanno accolto questo mio desiderio e con loro è iniziato questo bellissimo percorso. Originariamente la formazione era quella classica del quartetto jazz con la voce ed infatti il primo disco che abbiamo realizzato, Rough Diamond, porta proprio il nome del Quartetto.

Abbiamo lavorato a quel disco dandogli un'impronta molto live e lasciando molto spazio alle improvvisazioni. Da allora abbiamo avuto la grande fortuna di suonare tanto insieme, e non solo per questo progetto, ma anche per progetti paralleli, e questo ci ha aiutato tanto a trovare una bella sintonia e soprattutto a consolidare la sinergia tra le nostre attitudini diverse. La cosa bella è stata scoprire negli anni la volontà di creare musica insieme condividendo una progettualità.”

Gloria Trapani ci ha raccontato anche il percorso che ha portato alla nascita del disco:

“Sono trascorsi ben 5 anni da quel lavoro, tempo necessario per sviluppare una nuova direzione. Ricordo benissimo nel 2014, di ritorno da un concerto fatto insieme a Lucca, parlai loro della necessità di cambiare il nostro modo di lavorare, e così è iniziato il percorso che ha portato alla realizzazione di quest' ultimo disco “Life is there and everywhere”. Volevo realizzare una musica che ci rappresentasse realmente, in cui potermi rispecchiare al cento per cento e in cui potessero rispecchiarsi anche loro, mettendo a frutto non solo le loro qualità di esecutori ma anche il loro talento creativo. Ho raccolto le 10 canzoni per me più significative che rappresentavano ciò che volevo raccontare in questo disco, sia umanamente che musicalmente, e insieme ai ragazzi abbiamo cercato la veste più adatta.

E così è nato questo disco dove ognuno di noi fa ciò che è necessario alla musica e allo stesso tempo è parte fondamentale del discorso sonoro. Per la prima volta oltre che cantare ho suonato la chitarra il piano e il rodhes ed è stata per me un'esperienza bellissima e anche un passo molto importante; Luigi oltre a suonare il piano e il rodhes ha registrato alcune chitarre, l'organo, Alessandro ha suonato il basso, il contrabbasso e tante linee di arco che hanno dato carattere ai brani, Mattia oltre alla batteria ha sperimentato percussioni e oggetti come catene, unghie di pecora, scope che dessero un tocco originale alla ritmica...insomma nessuno di noi si è risparmiato.”

Un disco, inoltre, dove non è mancata anche una buona dose di sperimentazione e una ricerca timbrica e sonora non indifferente…. 

Avevo scritto un arrangiamento per quartetto d'archi e trombone - prosegue - su un brano che si intitola She walks, dedicato a mia madre, e ho potuto realizzarlo anche sul disco grazie alla collaborazione di grandi musicisti e amici, Donato Cedrone (violoncello), Teresa Iannilli (viola) Daniel Miskiev (violino) e Davide Di Pasquale (trombone)che aveva già collaborato al disco precedente.

Abbiamo poi scelto un fonico che ci potesse aiutare nella realizzazione del suono che avevamo in mente, e uno studio che avesse la giusta struttura e strumentazione a disposizione, e sono stati Davide Abruzzese, che ha curato le riprese e il missaggio, e il Groovefarm che ringraziamo ancora per la grande professionalità, insieme ad Andrea Guastadisegni che invece è il fonico che ha curato poi il master.”

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“Surya”: un nome in sanscrito per prospettive che cambiano

Jazzagenda incontra la cantante e autrice Eleonora Bianchini, che da poco ha pubblicato con Filibusta Records il suo quinto album da leader “Surya”. Un lavoro cantautorale in cui ritroviamo gli anni di carriera e di studio vissuti all'estero tra Stati Uniti, Ecuador e India.

“Surya” è il tuo quinto album da leader: in quale momento della tua carriera arriva questo disco?

Surya arriva poco dopo il mio rientro in Italia in seguito a 9 anni vissuti all’estero, tra gli Stati Uniti, l’Ecuador e la recente permanenza in India nel 2017; arriva in un momento di maggiore consapevolezza riguardo la mia vita, in un momento in cui cercavo più stabilità e spazio/tempo che mi permettesse di dar voce, in musica, alle cose vissute ed imparate. Questi ultimi anni in Italia sono stati molto belli, hanno dato vita a due dischi in duo con Enzo Pietroapoli, ma parallelamente nutrivo sempre il desiderio di lavorare e dar vita a dei brani originali attraverso i quali poter continuare ad esprimere il mio messaggio come persona e come musicista.

In quale misura i diversi Paesi in cui hai vissuto rientrano musicalmente in questo nuovo lavoro?

Devo sempre, e lo faccio con molto affetto, ringraziare il Berklee College of Music di Boston che mi ha spinto a scrivere la prima canzone, mettendomi in contatto con quello che nemmeno io “sapevo di sapere”. In quel momento c’è stata un’unione spontanea interna tra tutti i generi di musica diversa che erano in grado di emozionarmi, così che sin da allora questa continua ad essere la mi formula di scrittura. L’America Latina e la sua musica continuano sicuramente, anche se in forma minore rispetto agli album precedenti, ad essere parte delle mie composizione e negli arrangiamenti, penso che tutto quel mondo sia ormai parte di un DNA acquisito, semmai fosse possibile. Sicuramente la mia ultima esperienza in India ha segnato profondamente quest ultimo lavoro, tanto da usare un nome in sanscrito, “SURYA” come titolo dell’album. Anche grazie all’India la mia prospettiva riguardo il mondo esterno ed interno ha iniziato a cambiare, ad evolvere, a spostarsi verso una visione della realtà ricca di più coraggio, positività e volontà di realizzare al meglio ciò che si desidera più nel profondo. 

Potremmo definire “Surya” un album cantautorale: quali storie racconti nelle diverse tracce?

Sì, in realtà la mia carriera musicale non inizia come cantautrice, ma poi, negli anni, mi sono accorta della bellezza e dell’autenticità di potermi esprimere al massimo attraverso le mie composizioni, comunicando quello che uno ha dentro e sente di condividere in musica. Mi piace raccontare di me o di chi mi colpisce nelle sue storie, come è successo nei brani SURYA e LA PENTOLA SUL FUOCO, mi piace raccontare come io vedo le cose, di come le emozioni smuovono un mondo interno, cercando poi, attraverso la musica, quella magia in grado di arrivare al cuore di chi vuole ascoltare. Ci sono state inoltre collaborazioni molto importanti per me, quella con Franco Ventura per esempio, eccezionale compositore e chitarrista romano, dalla nostra collaborazione è nato il brano “NUVOLE”, Enrico Zanisi è inoltre un ospite importante che ha saputo, nella sua ecletticità, immediatamente colorare i brani nella maniera più opportuna, questo è stato bello, che ogni musicista abbia rispettato e quindi onorato ogni brano nella sua natura.

Vi sono artisti italiani o stranieri che hanno influenzato la tua scrittura musicale o la tua espressività vocale?

Mi è sempre piaciuto ascoltare musica brasiliana, per puro piacere, per scorrevolezza naturale: Jobim, Djavan, Ivan Lins per poi arrivare a Rosa Passos che mi ha influenzato profondamente ispirandomi anche a rendere la chitarra più presente nella mia vita, sul palco e nel momento della composizione. Un'altra cantante che amo profondamente e che per me è un forte punto di rifermento vocale è Mayte Martin, cantante di flamenco spagnola, nella sua voce rieccheggia tutto il mio desiderio e il mio sentire stesso.

Raccontaci dell'esperienza acustica e di arrangiamento del tuo duo con Enzo Pietropaoli “DOS”.

L’incontro con Enzo è stato uno dei regali più belli che l’universo poteva farmi. Ci siamo incontrati e conosciuti alla fine di un suo concerto, gli ho dato un mio disco, come di solito succede con gli artisti che ammiri particolarmente, l’ha ascoltato, e dopo poco abbiamo iniziato a collaborare con l’intento di riarrangiare i brani che avevano influenzato entrambi musicalmente. Lavorare voce e contrabbasso è sempre molto intenso e delicato, l’uno si appoggia sull’altro e quindi diventa essenziale imparare a respirare insieme, muoversi insieme; sento che con Enzo questa sorta di complicità sia scattata da subito e continua ad evolversi ogni volta che suoniamo dal vivo. L’idea riguardo l’arrangiamento dei pezzi nasce dall’esigenza di viverli nella loro essenza esaltando gli elementi di semplicità e d’intenzione che li caratterizza.

Hai già altri progetti in cantiere?

E’ iniziata da poco una collaborazione con un gradissimo chitarrista romano d’adozione brasiliana, Eddy Palermo, con cui stanno avendo inizio una serie di belle iniziative musicali.

Lasciaci tutte le coordinate web per rimanere aggiornati sulla tua musica

Certo, con piacere.

Il mio sito web www.eleonorabianchini.com

La mia pagina facebook https://www.facebook.com/eleonorabianchini.music/

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Emiliano Candida racconta Jaggae: “Non esistono classificazioni e tutto è interconnesso”

Una musica che rompe le barriere, che fonde gli stili e che stravolge completamente il concetto di “genere”. Questa l’essenza di Jaggae, disco pubblicato dall’etichetta Filibusta Records, che porta la firma di due chitarristi virtuosi quali Francesco Mascio ed Emiliano Candida. Il primo dei due ci ha raccontato la genesi e soprattutto l’essenza di un progetto intrigante, che fonde il jazz con il reggae, e dietro il quale si cela una profonda riflessione sulla musica, la vie e la società…

Jaggae – ci spiega Emiliano Candida - è un lavoro discografico che incarna l' unione e la condivisione fra stili musicali differenti, in particolare il jazz e il reggae. La formazione di base è composta da me e dal chitarrisa Francesco Mascio; ci siamo poi avvalsi della collaborazione di Angelo Olivieri alla tromba e Alberto Maroni Biroldi alle percussioni e didgeridoo. I brani dell'album sono nove, di cui 4 originali. Il primo, Enjoy è un brano inedito e un puro inno alla gioia, mentre il secondo, Bongo Man é un celebre brano della tradizione giamaicana; abbiamo reso omaggio al maestro Duke Ellington suonando la conosciutissima Caravan in chiave ska/reggae, mentre la seguente Scraple From The Apple è un brano della tradizione bop firmato dal grande Charlie Parker; non poteva mancare una rivisitazione del celebre brano di Bob Marley, Buffalo Soldier. Incontro Stoppato è un brano originale così come lo è Natural Mente che fa da cornice ad una preghiera a Madre Terra, scritta e recitata da Sonia Lippi. Un omaggio alla tradizione jazz è Swing Gitan, mentre il disco si conclude con un altro brano originale ispirato dalla musica tradizionale africana: Guinea Ska, un immensa devozione al gioco e alla felicità creativa.

Emiliano Candida ci racconta anche la genesi di questo progetto che nasce per l’appunto da un’idea di condivisione di stili differenti…

“Il disco - prosegue Emiliano Candida - nasce dall’intento comune mio e di Francesco Mascio di “unire” ciò che è diviso, attraverso l'unione di due stili musicali apparentemente diversi. In questo modo facciamo passare l'idea che in realtà non esistono classificazioni definite e che tutto è talmente interconnesso che, attraverso la musica, è possibile avviare un processo di “guarigione” del nostro pianeta. Mi piace pensare che esiste un parallelismo tra il fondere più stili musicali e “L’Unione Universale”. Inoltre la forte amicizia che mi lega a Francesco ci ha portato entrambi verso una crescita interiore e ad una presa di consapevolezza rispetto all' importanza di riavvicinarsi alla NATURA. Ci tengo a precisare che per me Francesco Mascio e stato ed è tuttora uno dei miei maestri musicali.

Un disco, dunque, che oltre a proporre una fusione di stili diventa anche una ricerca interiore volta ad abbattere la barriere.A proposito Emiliano Candida prosegue dicendo che Jaggae:

“E' una ricerca concreta dell’essenziale, che si esterna attraverso l'abbattimento delle barriere mentali e morali che la società spesso ci impone. Questo disco è una sorta di percorso, che cerca di portare, con le sue vibrazioni solari e gioiose, una maggiore Consapevolezza, passando necessariamente attraverso un “ritorno” a Madre Terra in maniera armonica e proseguendo verso tutto ciò che “Natural-Mente” la nostra coscienza, dovrebbe portare a mettere in atto. Siamo esseri di luce e se nutriamo profondamente la nostra essenza di luce positiva, ciò che ne deriverà saranno vibrazioni in grado di attuare una cura profonda per noi stessi e per il pianeta, dando vita all’unione e alla condivisione come in una grande famiglia. Questo è il messaggio che cerco di trasmettere attraverso Jaggae e mi auguro di cuore che ciò sia percepito quanto più possibile dall’ascoltatore.”    

 

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Federica Michisanti racconta Isk: “Un disco come consolidazione della mia personalità musicale”

Un progetto dal sapore intimo e introspettivo dove le melodie dei tre strumenti si intrecciano dando vita a spunti interessanti con un risultato originale e inaspettato. Si presenta così Isk secondo disco che porta la firma di Federica Michisanti pubblicato nel 2017 dall’etichetta Filibusta Records, leader di questo trio che prende il nome di Trioness. Hanno partecipato a questa avventura il pianista Simone Maggio, già sodale nella precedente avventura discografica e il polistrumentista Matt Renzi al sax tenore, oboe, corno inglese e clarinetto basso. Una formazione caratterizzata dall’assenza della batteria con tante peculiarità caratterizzata da una brillante composizione. Ne abbiamo parlato proprio con Federica Michisanti:

Il mio progetto - ci spiega - è un trio senza batteria di nome "Trioness" (che è anche il titolo del primo album del 2012). Trioness è un termine che ho inventato aggiungendo il suffisso "ness" alla parola trio. L'idea mi venne dal nome di un disco di duetti di Charlie Haden, "Closeness duets" . Dapprima usai "Duoness" quando suonavo in duo con Simone Maggio, poi, appunto, è arrivato "Trioness" ad indicare la mia personale idea di suonare in questo tipo di formazione, ossia attuare un'intenzione comune di interagire gli uni con gli altri, mettendosi a disposizione della musica e di quello che succede attimo dopo attimo, superando ciascuno il ruolo funzionale previsto dal proprio strumento e creando costantemente insieme agli altri una nuova trama sonora.Ovviamente questo richiede una grande affinità con i musicisti con cui suono, presenza costante ed una reciproca fiducia e prodigalità nel lasciare spazi vuoti. Quando nel 2010 ho iniziato a provare i pezzi che scrivevo, mi mancava il batterista, ma mi accorsi subito che questo tipo di formazione mi offriva l'opportunità di lavorare in maniera diversa e di andare verso questa idea di trio che ho appena esposto. Quindi iniziai ad arrangiare la musica appositamente per un trio drum less, lavorando sia sulle composizioni che nell'improvvisazione in maniera contrappuntistica. Del trio fanno parte Simone Maggio al piano, con il quale suono ormai da parecchi anni, e Gianluca Vigliar al sax tenore.

Federica Michisanti ci spiega anche il percorso che dapprima ha portato alla nascita del primo disco, Trioness, e in seguito a questo secondo progetto:

Il secondo disco, che si intitola "Isk" ( una parola araba che vuol dire "Amore") e che è uscito a gennaio di quest'anno con la Filibusta Records, l'ho registrato alla fine del 2015 insieme a Simone Maggio e Matt Renzi, che ha suonato non solo il sax tenore, ma anche il clarinetto basso, l'oboe ed il corno Inglese. Ho scelto di suonare con lui anche per questa sua versatilità negli strumenti a fiato oltre che al suo magnifico fraseggio che si presta benissimo alla mie composizioni ed alla formazione. La realizzazione di questo secondo lavoro è stata, dopo una pausa di qualche anno dalla registrazione del primo, un'esigenza improvvisa di riprendere a suonare seguendo la mia idea musicale; il che mi ha portato alla rapida decisione di incidere. Avevo molto materiale originale che pensavo fosse arrivato il momento di fissare in una registrazione e mi sentivo pronta a suonare la mia musica con più esperienza e consapevolezza rispetto al primo disco. Il periodo passato tra i due album è stato un percorso verso me stessa, non solo musicale, uno scavare sempre più a fondo cercando di fare silenzio (non a caso "Hush" è il titolo della prima traccia) per arrivare al mio modo di scrivere e suonare, cercando di lasciare spazio al mio personale senso musicale, all'utilizzo di quegli intervalli, quelle geometrie armoniche e quelle sonorità che sento dentro di me quando mi siedo a scrivere. Il viaggio ovviamente non è ancora finito, ma sicuramente la strada è intrapresa.

 Un disco che per Federica Michisanti rappresenta senza dubbio un traguardo ed il raggiungimento della maturità artistica. A proposito la contrabbassista romana conclude dicendo che:

Questo nuovo disco per me rappresenta dunque la consolidazione della mia personalità musicale, il raggiungimento di una maggiore consapevolezza della mia identità come compositrice e contrabbassista. Se nel primo mi sono affacciata un po' in punta di piedi alla musica, in questo ho preso una direzione con un'intenzione più cosciente e decisa. Scrivo e suono quello che sento, non c'è molta scelta in questo. "ISK" è lo specchio di me stessa nella musica e sono contenta che al mio fianco nella sua realizzazione ci siano stati due grandi musicisti, i quali hanno permesso alla musica di "essere" nel migliore dei modi che avrei potuto volere.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Augusto Creni racconta Alter & Go: “un quartetto Hard Bop e un lavoro di ricerca verso il moderno”

Un quartetto d’eccezione che parte dalla poetica tipica hard bop per creare un sound moderno che unisce tradizione e musica contemporanea. Questa l’essenza di Alter & Go, band formata da Roberto Bottalico al sax tenore, Pietro Ciancaglini al contrabbasso, Augusto Creni alla chitarra, Pietro Fumagalli alla batteria con la partecipazione Tiziano Ruggeri alla tromba nel ruolo di special guest. Roberto Bottalico, principale autore dei brani della band ha raccontato a Jazz Agenda questo nuovo progetto pubblicato dall’etichetta Filibusta Records:

Questo disco - ci spiega - è nato come molti altri progetti, in una sala prove che in questo caso è quella di Roberto Bottalico, il sassofonista della band. L’idea alla base era quella di creare un quartetto Hard Bop che mantenesse una forma di jazz tradizionale e che allo stesso tempo esprimesse anche un lavoro di ricerca verso il moderno, strizzando l’occhio alle infinite possibilità del suono e cercando di legare il tutto con una propria concezione musicale. Abbiamo deciso di suonare brani inediti del sassofonista Roberto Bottalico e standard da noi arrangiati prendendo ispirazione verso i modelli di Wayne Shorter, Horace Silver, Art Blakey e il sassofonista John Coltrane. Da questo punto di partenza, dunque, è nato il quartetto che è composto da Roberto Bottalico al sax tenore, Pietro Ciancaglini al contrabbasso, Augusto Creni alla chitarra, Pietro Fumagalli alla batteria con la partecipazione speciale di Tiziano Ruggeri alla tromba. Per iniziare questo percorso abbiamo deciso di registrare il tutto e nel marzo 2017 con l’etichetta Filibusta Record abbiamo pubblicato il disco Alter & Go.”

Augusto Creni ci racconta anche come è nato il quartetto e soprattutto qual è stato il punto di partenza di questa nuova formazione:

Tutto è cominciato - prosegue - dall'Unione del trio sax, chitarra e batteria, incontratisi nella Roma Big Band diretta dal M. Claudio Prado. Insieme abbiamo maturato l’idea di lavorare ad un suono che potesse spaziare dal jazz anni 50' al '60, ma senza chiudersi e come dicevo strizzando l’occhio alla musica contemporanea. Il bello è stato capire la direzione, soprattutto all’inizio con l'assenza di uno strumento fondamentale per il quartetto, il Contrabbasso. Questo ci ha aiutato a essere più liberi negli arrangiamenti, anche se ci sono stati dei musicisti che ci hanno aiutato a verificare se la direzione fosse quella giusta: tra questi Marco Contessi, Giuseppe Talone, Eddy Cicchetti ci hanno aiutato a capire che eravamo arrivati ad un buon punto. Per noi era ed è tuttora necessario avere un suono ed una forma che possa distinguerci, con le composizioni ed il fraseggio del sassofonista Roberto Bottalico, con le armonie pianistiche della chitarra, con la batteria hard bop di Pietro Fumagalli e la capacità di Pietro Ciancaglini di diventare parte integrante del progetto. Il disco, poi, è venuto da solo, suonandolo in maniera naturale, cosa che ci ha portato più volte a essere anche impreparati a quella semplicità e bellezza che appartiene soltanto al jazz.”

Ma cosa rappresenta il disco per il quartetto? E’ forse un punto di partenza che ben rappresenta l’essenza del progetto. A proposito Augusto Creni prosegue nella descrizione di Alter & Go:

Per noi effettivamente il disco è una fotografia del momento che stiamo vivendo musicalmente: composizioni differenti per esprimere alcune parti fondamentali delle nostre emotività musicali. Alcuni brani omaggiano i grandi del jazz come Coltrane, jazz Messangers e Dexter Gordon, altri, molto più moderni spaziano tra il jazz modale, gli Standards, i Contrafact, rappresentano dove e come ci piace suonare. Ma il disco per noi è anche un punto di partenza rappresentato dalle strutture hard bop, dalla scelta degli strumenti, delle sonorità e degli arrangiamenti, dalla libertà, ma anche dalla voglia di quintetto con un creativo Tiziano Ruggeri alla Tromba, che ci porta subito ai Jazz Messangers. Il titolo Alter & Go. rappresenta bene il significato di contrapposizione che ci appartiene e nel disco lo si ascolta e lo si apprende in maniera del tutto naturale.

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