Jazz Agenda

Lorenzo Bisogno racconta il nuovo disco Open Spaces uscito per Emme Record Label

Pubblicato dall’etichetta Emme Record Label, Open Spaces è il disco d’esordio di Lorenzo Bisogno alla testa di un quartetto completato da Manuel Magrini al pianoforte, Pietro Paris al contrabbasso, Lorenzo Brilli alla batteria e lo special guest Massimo Morganti al trombone. Un lavoro elegante e dall’innato senso melodico dove il contemporary jazz si sposa alla perfezione con i suoni della tradizione. Ecco il racconto di Lorenzo Bisogno.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Nel disco sono presenti 8 tracce di cui 5 brani originali composti nell'ultimo anno, una composizione scritta durante il mio soggiorno a New York ("Searching for the next") e due arrangiamenti di standards ai quali sono molto legato: "The Moontrain" di Woody Shaw e " 317 East 32nd Street" di Lennie Tristano. A completare la band ci sono Manuel Magrini al pianoforte, Pietro Paris al contrabbasso, Lorenzo Brilli alla batteria e la special guest Massimo Morganti al trombone.

Raccontaci adesso la storia di questo progetto: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Volevo incidere un disco ormai da diverso tempo, soprattutto al ritorno dal mio lungo periodo a New York dove ho frequentato il master in jazz Studies presso il Queens College in cui ho avuto molti stimoli ed incontri importanti. Grazie alla vittoria del premio Massimo Urbani nel 2021 ho avuto la possibilità di registrare e produrre questo album presso il Tube Recording studio per l'etichetta discografica Emme record Label di Enrico Moccia. Ho voluto subito coinvolgere dei musicisti ai quali sono sempre stato legato sia umanamente che professionalmente: Manuel Magrini al pianoforte, Pietro Paris al contrabbasso e Lorenzo Brilli alla batteria. Mi piaceva l'dea di registrare questo album insieme a loro perché sono diversi anni che cerchiamo di costruire insieme un suono in quartetto; inoltre ad impreziosire il tutto ho voluto inserire uno dei musicisti che più ammiro nella scena internazionale, il trombonista, arrangiatore e compositore Massimo Morganti.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

Per me questo disco rappresenta un nuovo punto di partenza; per un artista registrare un disco significa mettere un punto fermo per la carriera, una fotografia di quel particolare momento, raccogliendo i pregi e i difetti che ne derivano. Essendo molto critico con me stesso, questa opportunità è stata l’occasione per decidere di incidere questo primo disco da leader. Il disco oggigiorno è un biglietto da visita per il musicista, un modo per far conoscere la propria musica, quindi mi sto impegnando molto per portarlo in giro nei vari festivals jazz.

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Sicuramente il primo grande impatto con il jazz è stato grazie all’incontro con Ramberto Ciammarughi, che mi ha fatto capire come raccontare una storia mentre si improvvisa, sviluppando una personalità e un suono proprio. Più tardi grazie all’esperienza newyorkese ho avuto modo di conoscere musicisti incredibili come Antonio Hart, sassofonista che è stato la spalla di Roy Hargrove per tanti anni; Tim Armacost uno dei tenoristi più apprezzati della scena jazz internazionale che è stato per me un grande coach musicale e non solo; Jeb Patton, pianista dal quale ho imparato la vera essenza dello swing; poi ce ne sono tantissimi altri che sono stati di grande impatto per il mio percorso come ad esempio Joel Frahm, Mark Turner, Ari Hoenig, Tom Harrell, Lee Konitz. Ovviamente poi ci sono tutti i musicisti che hanno fatto la storia del jazz e che tutti abbiamo trascritto e studiato almeno una volta per capire a fondo questo linguaggio come S. Rollins, D. Gordon, F. Hubbard, J. Coltrane, B. Powell etc.

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Spero di portare avanti questo quintetto, suonando la mia musica nei vari festival jazz d’Italia e d’Europa; veniamo da un’estate intensa dove abbiamo suonato un’anteprima del mio album in Italia, in Svizzera e in Spagna e spero di poter continuare con questo progetto.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

C’è già l’idea di un nuovo album, magari con una formazione diversa. La dimensione del duo con pianoforte o fisarmonica mi affascina molto e mi piacerebbe cimentarmi in un nuovo progetto così diverso; ma anche la formazione trio con contrabbasso e batteria è sempre stato un suono molto affascinante per me, essendo più libero armonicamente e ritmicamente. Ora sto lavorando per cercare concerti da fare con questo quintetto e il prossimo appuntamento sarà a Roma presso ‘Il Cantiere’’, un posto fantastico gestito dal collettivo Agus.

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